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sabato 6 settembre 2014

Mentana nel mirino. Una collega va da Cairo: "Ho un loculo per ufficio. E poi c'è Enrico che..."

La7, i dolori di Lilli Gruber: un loculo per ufficio ed Enrico Mentana che ruba minuti a Otto e mezzo




Un loculo per studio e un collega troppo ingombrante come vicino di palinsesto. Sarebbero questi i dolori di Lilli Gruber, pronta a una nuova stagione di Otto e mezzo su La7 e più combattiva che mai. A Marco Ghigliani, ad della rete di Urbano Cairo, la rossa giornalista-mezzobusto avrebbe sfogato qualche malumore. Secondo quanto riferito da Marco Castoro su lanotiziagiornale.it, la Gruber avrebbe fatto notare le misure striminzite del suo ufficio. Ma soprattutto, a non andar giù all'ex europarlamentare dei democratici di sinistra è l'abitudine di Enrico Mentana, direttore del TgLa7 e "padre padrone" dell'informazione della rete. L'incontenibile Mitraglietta ha infatti il vizio di sforare sull'orario dell'edizione delle 20, facendo slittare proprio Otto e mezzo. Un eccesso di entusiasmo che non va giù alla Gruber, costretta a vedersi ridurre il minutaggio per il suo talk. Sospiro di sollievo: quest'anno perlomeno non dovrà lottare contro un gigante come Ballarò, che fino alla scorsa stagione con la copertina di Maurizio Crozza le mangiava lo share dalle 21 in poi. Giovanni Floris, come noto, farà parte della squadra di La7. Un solista in più per mister Cairo, ma occhio perché le prime donne iniziano a essere tante.

venerdì 5 settembre 2014

La bomba atomica di Giuliano Ferrara, ricetta-choc contro i jihadisti: "Possiamo fermarli solo così..."

Ferrara: contro l'Islam, una violenza incomparabilmente superiore




Un editoriale durissimo e intenso quello di Giuliano Ferrara contro l'Islam. L'elefantino usa parole forti e chiare. Per Ferrara non ci sono dubbi: "L'unica risposta è una violenza incomparabilmente superiore". Scrive. "Guerra al terrore o al terrorismo va bene se è per il marketing politico, ma nella definizione, peraltro respinta dai riluttanti e dagli umanitari in quanto espressione bellicista sta un equivoco colossale". Ferrara ricorda come, diversi anni fa, il Foglio pubblicò "come un Caravaggio la testa mozzata di Nick Berg" e raccontò la storia di Daniel Pearl, "decollati entrambi in nome del Misericordioso, ma è un sospetto scorretto, una verità intollerabile: è questa una guerra di religione, della cui ferocia ultimativa e coesiva, appunto religiosa, solo un fronte è consapevole, il loro. La madre dell'ultimo reporter ucciso in nome della giustizia divina si dice convinta che l'Islam è stato tradito quando su ordine di un Califfo uno sgherro occidentale tutto vestito di nero, stufo probabilmente di fare il dj, ha impugnato la lema e ha tolto dal busto il collo di un figliolo d'Occidente e niente è proibito a una mamma addolorata e trafitta senza pietà nell'amore che solo è suo. Ma sappiamo che non è così. E' ideologico esorcizzare il rito del nemico, provare a diminuirlo, essere ciechi di fronte alla carabura feroce di bene in cui si specchia il nostro feroce male". 

Violenza maggiore - La conclusione di Giuliano Ferrara non lascia spazio al dibattito: "So di dire qualcosa di sconcertante, ma non si risponde a questa altezza di sfida e a questa brutalità santificante con lo stato di diritto, con un'idea di polizia internazionale, con la denuncia della violenza; l'unica risposta è una violenza incomparabilmente superiore. 

Napoli: In tre sullo scooter non si fermano all'alt 17enne ucciso dai carabinieri Scoppia la rivolta: distrutta auto polizia

Non si ferma all'alt, ragazzo di 17 anni ucciso dai carabinieri




Tre ragazzi in sella a uno scooter non si fermano all'alt dei carabinieri. Durante la fuga, un ragazzo di 17 anni, è stato ucciso da un carabiniere che, secondo la ricostruzione degli stessi militari, ha sparato in maniera accidentale un colpo con la pistola di ordinanza. È successo la scorsa notte nel quartiere Traiano di Napoli. Durante un servizio per il controllo del territorio i carabinieri del Nucleo Radiomobile di Napoli hanno notato tre persone in sella ad uno scooter che stavano percorrendo, sempre secondo la ricostruzione dei militari, con fare sospetto il viale Traiano. I carabinieri riferiscono che i tre non si sono fermati all’alt. Da qui è nato un inseguimento che si è concluso su via Cinthia, quando il conducente dello scooter in corsa ha centrato un’aiuola perdendo il controllo del mezzo, urtando la Gazzella e cadendo a terra. Subito dopo la caduta uno dei sospetti, inseguito da un carabiniere, è riuscito a fuggire a piedi facendo perdere le tracce. Mentre l’altro militare stava procedendo a bloccare e a mettere in sicurezza gli altri due, ha accidentalmente esploso un colpo con la pistola d’ordinanza che ha raggiunto uno dei sospetti, un ragazzo di 17 anni. Il giovane è stato soccorso e portato all’ospedale San Paolo, dove è deceduto. L’Autorità Giudiziaria, subito intervenuta sul posto, sta ascoltando alcuni testimoni per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Dopo l'accaduto ci sono state dure proteste da parte della gente durante le quali sono state distrutte due auto.

Assenze per malattia: sarà più facile il licenziamento

CASSAZIONE Assenze tattiche al lavoro: licenziamento assicurato




Assenze per malattia sistematiche «a macchia di leopardo», comunicate all’ultimo momento, «costantemente agganciate ai giorni di riposo del lavoratore» e spesso avvenute nei turni di fine settimana oppure notturni, possono avere come conseguenza il licenziamento per «giustificato motivo». Lo ha stabilito una sentenza depositata dalla sezione lavoro della Cassazione, che ha rigettato il ricorso di un uomo licenziato dalla società datrice di lavoro. Il ricorrente, al quale avevano dato torto anche i giudici del tribunale di Vasto e quelli della Corte d’appello dell’Aquila, chiedeva di dichiarare illegittimo il licenziamento, sostenendo che questo «può intervenire solo se viene superato il periodo di comporto», ovvero il numero complessivo di assenze, fatto che non si era verificato nel caso in esame. I giudici dell’Aquila, invece, avevano rilevato che «l’eccessiva morbilità, dovuta a reiterate assenze, anche indipendente da colpevolezza dello stesso e nei limiti del periodo di tolleranza contemplato dalla contrattazione collettiva», aveva integrato «gli estremi dello scarso rendimento», cosicchè la prestazione del dipendente «non si rilevava più utile per il datore di lavoro».

Scompensi organizzativi - La Suprema Corte ha condiviso le conclusioni dei giudici del merito, rilevando che le assenze, «per le modalità con cui si verificavano», per «un numero esiguo di giorni, due o tre, reiterate all’interno dello stesso mese e costantemente ’agganciate' ai giorni di riposo del lavoratore» (fino a raggiungere anche 520 ore in un anno) «davano luogo - si legge nella sentenza - ad una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile per la società, rivelandosi la stessa inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale così da giustificare il provvedimento risolutorio». Le assenze in questione, continua la Cassazione, davano anche «luogo a scompensi organizzativi»: «comunicate all’ultimo momento», infatti, «determinavano la difficoltà, proprio per i tempi particolarmente ristretti, di trovare un sostituto», osservano gli ’alti' giudici, anche considerato che il lavoratore «risultava assente proprio allorchè doveva effettuare il turno di fine settimana o il turno notturno, il che causava ulteriore difficoltà nella sostituzione (oltre che malumori nei colleghi che dovevano provvedere alla sostituzione), ciò anche in ragione del verificarsi delle assenze ’a macchia di leopardo'». Per la Corte, dunque, la «censura delle non irrogabilità del licenziamento» nei casi in cui non sia stato superato il periodo di comporto è «priva di fondamento»: la «malattia - concludono i giudici di ’Palazzaccio' - non viene in rilievo di per sè, ma in quanto le assenze in questione, anche se incolpevoli, davano luogo a scarso rendimento e rendevano la prestazione non più utile per il datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione aziendale».

La polizia sciopera contro Renzi

Polizia e forze armate scioperano contro la Madia


Mobilitazione contro il probabile blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici anche per l'anno prossimo



"La polizia s'incazza" è il titolo di un popolare "B movie" degli anni '70. A farla incazzare, in quegli anni, erano i criminali: rapinatori, ladri, terroristi di quella grigia stagione di piombo. A farla incazzare, oggi, è invece una ministra della Repubblica col visino angelico, i capelli biondi e gli occhi chiari: cioè il ministro della PA Marianna Madia, che ha annunciato nelle scorse ore il probabile blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici anche per il prossimo anno.

La decisione - Così, i sindacati di polizia e il Cocer interforze (che rappresenta (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di finanza) minacciano uno sciopero generale "entro la fine di settembre",  e "azioni di protesta" in tutta Italia con una "capillare attività di sensibilizzazione" dei cittadini sui  rischi ai quali viene esposto il settore se il blocco del tetto delle retribuzioni fosse prorogato. Una iniziativa di portata storica, visto che mai le forse di polizia e le forze armate hanno scioperato. E un inizio coi fiocchi di quell'autunno "caldo" che molti pronosticano per Matteo Renzi e il suo governo.

La prima volta - "Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica - sottolineano sindacati e Cocer - siamo costretti a dichiarare lo sciopero generale" del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, "verificata la totale chiusura del governo ad ascoltare le esigenze delle donne e degli uomini in uniforme. Quando abbiamo scelto di servire il Paese - scrivono i sindacati di polizia, Corpo forestale, penitenziaria, vigili del fuoco e Cocer interforze al termine della riunione servita a fare il punto della situazione dopo le dichiarazioni del ministro Madia - eravamo consci di aver intrapreso una missione votata alla totale dedizione alla Patria e ai suoi cittadini con condizioni difficili per mancanza di mezzi e di risorse. Quello che certamente non credevamo è che chi è stato onorato dal popolo italiano a rappresentare le istituzioni democratiche ai massimi livelli, non avesse nemmeno la riconoscenza per coloro che, per poco più di 1.300 euro al mese, sono pronti a sacrificare la propria vita per il Paese". "Per questo motivo, e nello spirito di servizio e di totale abnegazione per continuare a garantire la difesa, la sicurezza e il soccorso pubblico al nostro Paese - si legge in un documento congiunto - qualora nella legge di stabilità sia previsto il rinnovo del blocco del tetto salariale, chiederemo le dimissioni di tutti i capi dei vari Corpi e Dipartimenti, civili e militari, e dei relativi ministri poichè non sono stati capaci di rappresentare i sacrifici, la  specificità, la professionalità e l’abnegazione del proprio personale".

 La risposta di Renzi - "Volentieri apriamo un tavolo di discussione con le forze di sicurezza che sono fondamentali  per la vita dell’Italia. Ma siamo l’unico Paese che ha cinque forze di polizia: se voglio discutere siano pronti a farlo, su tutto. Ma non tocchiamo lo stipendio nè il posti di lavoro di nessuno". Lo ha detto Matteo Renzi, stando a quanto si apprende, commentando con il suo entourage, lo sciopero annunciato dai
sindacati di polizia.


MATTEO VENDITORE DI FUMO Renzi si riprende gli ottanta euro con le sigarette: ecco cosa succede

Matteo Renzi si riprende gli ottanta euro con le sigarette

di Franco Bechis 


Arriva la prima stangata sui fumatori di ogni genere firmata dal governo di Matteo Renzi. In un decreto legislativo trasmesso al Parlamento da Maria Elena Boschi a fine agosto è infatti previsto un riordino delle accise sui prodotti da fumo che non risparmierà né fumatori di sigarette e sigari tradizionali, né gli amanti delle sigarette elettroniche. La manovra consentirà allo Stato di incassare 163 milioni di euro all’anno in più di oggi grazie a un mix di disposizioni favorevoli, fra cui l’abolizione dell’imposta sui fiammiferi e di norme fiscali introdotte nel 2013 (-53 milioni di euro), e il rincaro di sigarette (+48 milioni di euro), di prodotti da fumo diversi (come i sigari: +36 milioni di euro) e soprattutto della sigaretta elettronica (+132 milioni di euro l’anno).


Il conto finale è salato, e potrebbe portare a un aumento di circa 20 centesimi a pacchetto di sigarette, e a una vera stangata sulle ricariche con nicotina per le sigarette elettroniche, visto che viene invece esclusa la tassazione sui componenti elettronici. Ma il mercato dei fumatori ha tirato negli ultimi due anni un brutto scherzo alle casse dello Stato. Il governo cerca infatti di fare quadrare attraverso continui aumenti di accise e di Iva sui prodotti da fumo due elementi che per principio sono in contrasto: la salute degli italiani (disincentivando il fumo) e quella dell’erario (che deve incassare sempre di più anche se si fuma meno). L’operazione per anni è riuscita, anche in tempi molto recenti. Come spiega il nuovo decreto legislativo nella sua relazione introduttiva, nel periodo 2006-2011 «il consumo di sigarette è diminuito di circa 8,3 milioni di chilogrammi (-8,89%), mentre il gettito - a titolo di accisa - è aumentato del 10,65%, con un maggiore gettito, nei sei anni, di 1 miliardo e 25 milioni di euro». Operazione perfetta: meno gente che fumava, più salute in generale (anche quella ha un costo per le casse dello Stato), ma quelli che rimanevano fumatori pronti comunque a mettere mano al portafoglio ad ogni aumento di accisa voluto dallo Stato. Il sistema perfetto però si è inceppato in questi ultimi due anni, durante i quali sui prodotti da fumo si sono abbattuti contemporaneamente ben tre manovre sulle accise e due aumenti dell’Iva a distanza di poco tempo (prima dal 20 al 21% poi quella varata dal governo di Enrico Letta al 22%).

Questa volta i fumatori si sono ribellati, e non hanno operato nemmeno scelte di ripiego tradizionali, come quella di passare a pacchetti di sigarette meno costosi (ma con le stesse accise degli altri, con effetto quindi netto sulle casse dello Stato). Spiega mestamente il governo Renzi: «Negli ultimi due anni invece è stata registrata una riduzione dei consumi di circa 11,5 milioni di chilogrammi, cui è conseguita una contrazione del gettito - a titolo di accisa - di circa 500 milioni di euro. Metà del guadagno extra dello Stato dei cinque anni precedenti se ne è andato - bisogna proprio dirlo - in fumo nel biennio successivo. E non era mai accaduto. I consumatori per la prima volta si sono ribellati semplicemente non comprando più sigarette o facendosi durare di più il pacchetto acquistato, se proprio non riuscivano a smettere.

«Gli aumenti di prezzo sono stati giudicati eccessivi dal mercato, il quale ha quindi registrato una forte riduzione dei consumi e di conseguenza una diminuzione delle entrate erariali», scrive l’esecutivo. E che ti inventano per invertire la crisi? Un nuovo aumento delle sigarette. Sembrano schizofrenici, visto quel che hanno appena finito di spiegare, ma è così. Il fatto è che il governo se ne rende conto, e prova a spiegarsi: la manovra sulle accise colpirà soprattutto i pacchetti di sigarette venduti a prezzo più basso, perchè i produttori si sono difesi dal calo dei consumi abbassandone il prezzo (e quindi danneggiando l’erario). Non ci dovrebbero essere contraccolpi sulla fascia alta dei fumatori. Vengono colpiti i più poveri quindi, ma secondo il governo non ci sarà effetto negativo per l’erario perchè proprio in quella fascia di consumo la capacità reddituale è in aumento negli ultimi mesi. Non è citato direttamente, ma l’aumento è legato ai famosi 80 euro. Che il governo spera vivamente vadano in fumo.

giovedì 4 settembre 2014

Il deliro del prete anti-Cavaliere contro la figlia di Latorre: "Non scrivere stronz..."

Don Giorgio De Capitani attacca la figlia del marò: "Implora in ginocchio la clemenza della giustizia indiana"

di Angelo Scarano 


C'è qualcuno a cui lo sfogo della figlia del marò Massimiliano Latorre non è piaciuto per nulla. Si chiama Don Giorgio De Capitani, prete anti Cav rimosso dalla parrocchia di Rovagnate e ora a Dolzago (Lecco). In un post sul suo profilo Facebook, il parroco si è rivolto a Giulia Latorre in questi termini: "Dàtti una calmata, rifletti, non scrivere stronzate, e implora in ginocchio la clemenza della giustizia indiana!".

Dopo che il padre è stato colpito da un lieve ictus, la figlia si era sfogata attaccando l'Italia e le istituzioni: ("Paese di merda, pensa più agli immigrati che a mio padre") e chiedendo ai connazionali di scendere in piazza e protestare per la liberazione del fuciliere. Ma per Don De Capitani è stato uno sfogo privo di senso. "Ho letto i tuoi commenti deliranti contro l'Italia, gli italiani e così via. Sul momento, volevo scriverti una letteraccia. Poi mi sono detto: a che servirebbe? Penso che tu sappia ciò che ha combinato tuo padre, non mi sembra che stesse per difendere la Patria italiana. I veri patrioti sono di ben altro calibro!. Questa storia dei marò mi sta annoiando e irritando per come viene pubblicizzata dai nostri mass media e gestita dalla politica. Non accusare gli extracomunitari che non rispettano le leggi italiane! Tuo padre ha forse rispettato la legge indiana? Quando una persona è fuori dell'Italia chi è? Non fa parte degli extracomunitari?".