CARCERE Parla Riina: "I documenti di Dalla Chiesa e Borsellino li hanno i Servizi". E su Renzi e Berlusconi...
«Questo Dalla Chiesa ci sono andati a trovarlo e gli hanno aperto la cassaforte e gli hanno tolto la chiave. I documenti dalla cassaforte e glieli hanno fottuti». Nelle conversazioni fiume tra Totò Riina e Alberto Lorusso, il suo compagno d’aria al carcere di Opera di Milano, il boss corleonese parla anche del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte per mano mafiosa. Riina e Lorusso ne parlano durante il «passeggio» del 29 agosto dell’anno scorso. Le conversazioni sono tutte intercettate e sono state depositate - poco più di 1300 pagine - nell’ambito del processo sulla trattativa tra Stato e mafia. «Minchia il figlio faceva ... il folle. Perchè dice c’erano cose scritte. Loro - continua Riina - quando fu di questo... di Dalla Chiesa... gliel’hanno fatta, minchia, gliel’hanno aperta, gliel’hanno aperta la cassaforte, tutte cose gli hanno preso. Perchè i discorsi di Palermo, i discorsi a Palermo sono, sono assai, tutti grossi e tutti, tutti bomb... tutti, tutti morti. Morti, morti di tanti livelli».
L'agenda rossa - Riina si sofferma anche su un altro mistero, quello legato all’agenda rossa di Paolo Borsellino, attribuendo ai servizi segreti la sua scomparsa: «Gliel’hanno presa ed è sparita». Nelle conversazioni con Lorusso, rievoca anche la vicenda legata alla perquisizione ritardata del suo covo, dopo l’arresto del 1993. La sua cassaforte? Nella versione di Riina, non conteneva documenti: «Io cose importanti non ne avevo, se le avevo le tenevo in mente».
Giudizi politici - Il boss dei boss, come si legge sul Fatto, parla anche di attualità e non si risparmia sui giudizi riguardo i protagonisti politici. Matteo Renzi per Riina «E' forte perché è giovane», ma diventa «un carabiniere» quando si oppone all'amnistia; Angelino Alfano viene bollato come «vigliacco e traditore» più o meno come Gianfranco Fini «un miserabile e meschino». Massimo D’Alema viene visto dal capomafia come uno «mangia e bene», «Il più disgraziato che c’è»; Beppe Grillo invece «è malato di testa, ormai è impazzito». Riina non nasconde le sue simpatie per Andreotti «uno grande», per Marina Berlusconi «una seria» e Daniela Santanché «una forte». Un ragionamento moralistico viene fuori quando parla di Silvio Berlusconi bollato come «un mutannaro» (mutandaro) e accusato di essere un «porco, malato di minorenni». «Più che il partito di Forza Italia - dice a Lorusso - dovrebbe fondare Forza Culo perché è un disgraziato». Ma al leader azzurro non perdona soprattutto di aver «tradito» le speranze mafiose. «Aveva il 66%, doveva mandare alla fucilazione i magistrati, aveva la corda per affogarli tutti». Dice Riina che «c'è tanta gente incarcerata senza malu fine (cioè l'ergastolo)», ma lui «non ha fatto niente, è stato un gran sbirrone». Quanto a Giorgio Napolitano, definito "berrettone" che in dialetto siciliano vuol dire "colui che vuole fare tutte le cose", il capo dei capi sostiene che è «il più pulcinella di tutti».
Messaggi per chi? - Le parole intercettate in carcere sono dei messaggi che il capomafia ottantenne lancia all’esterno? Per la presidente della commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi «c’è ancora molto da capire», per il presidente del Senato Piero Grasso «queste sono valutazioni che spettano agli organi competenti». Di certo c'è, secondo la Bindi, che «quando Riina sapeva di essere intercettato non ha parlato. La logica ci dice che quando parla non sa di essere intercettato ma tutto ciò resta comunque un interrogativo. È da interpretare e capire...».