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mercoledì 13 agosto 2014

Giornalista italiano muore a Gaza Filmava il disinnesco di un missile

Esplosione a Gaza: 5 morti, uno è un giornalista italiano




C'è un giornalista italiano tra i cinque morti nell’esplosione di un missile israeliano nel nord della Striscia di Gaza. Lo riferisce su Facebook il portavoce del ministero della Sanità palestinese a Gaza Ashraf al-Qedra, precisando che le vittime sarebbero tre palestinesi, un italiano, il videoreporter romano Simone Camilli, 35 anni, e un quinto di nazionalità sconosciuta. Secondo il portavoce, le vittime sono state investite dalla deflagrazione di un missile israeliano che non era esploso. Fino a questa sera alle 21 è in corso una nuova tregua nella Striscia di Gaza per permettere il proseguimento dei colloqui indiretti tra israeliani e palestinesi con la mediazione egiziana al Cairo.

Simone Camilli - Simone Camilli lavorava per Associated Press. La deflagrazione è avvenuta durante il tentativo di disinnescare un ordigno israeliano. Ad avvertire le autorità dell’ordigno erano stati i residenti dell’area e sul posto si era recata, ha spiegato Iyad al Bozom, portavoce del ministero dell’Interno, "una unità di ingegneri specializzata in queste operazioni".

La Farnesina - Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha espresso il suo cordoglio per la morte di Camilli a Gaza. "La morte di Simone Camilli è una tragedia, per la famiglia e per il nostro Paese", ha detto, dopo che la Farnesina ha confermato "il decesso del connazionale Simone Camilli, avvenuto nella Striscia di Gaza". "Ancora una volta è un giornalista a pagare il prezzo di una guerra che dura da troppi anni e per la seconda volta in pochi mesi piangiamo la morte di ragazzi impegnati con coraggio nel lavoro di reporter", ha ricordato Mogherini. "E se ve ne fosse stato bisogno, l’uccisione di Simone dimostra ancora una volta quanto urgente sia arrivare a una soluzione finalmente definitiva del conflitto in Medio Oriente", ha aggiunto. "Ai famigliari e agli amici di Simone voglio esprimere a nome mio e di tutto il governo le condoglianze per questa perdita così dolorosa", ha concluso.

Risparmi tartassati, guida per evitare la stangata: mosse e consigli, così si dribbla la patrimoniale di Renzi

Tasse sulle rendite finanziarie: ecco come evitare il salasso




I risparmi sono finiti da tempo nel mirino di Renzi e Padoan. Chi ha messo qualcosa da parte vede il proprio capitale divorato dalla pressione fiscale. L'aumento delle imposte sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento ha creato diversi dubbi tra i risparmiatori sulla scelta su dove investire i propri risparmi. Proviamo a capire quali possono essere le opzioni più convenienti per evitare un salasso. L'aumento della tassazione non riguarda Bot e Btp, il cui rendimento è però ormai talmente basso (un Bot a un anno offre oggi poco più dello 0,50% lordo di guadagno) che diverrà inevitabile differenziare gli investimenti; in questa chiave tornano in auge libretti bancari, conti deposito e buoni fruttiferi. I libretti di risparmio, postali o bancari, sono strumenti simili ai conti correnti, molto pratici e semplici da usare, utilizzati spesso per la pensione (di anzianità, di vecchiaia, la pensione di invalidità) o comunque in sostituzione del conto. Un libretto di risparmio, secondo la definizione italiana, non ha Iban, è anche un documento cartaceo, non può far eseguire bonifici. La tassazione sugli interessi dei libretti resta al 20% e non aumenta al 26% come per le obbligazioni bancarie, le azioni, i bond societari, i dividendi, i pronti conto termine, le polizze di investimento, i fondi comuni. 

Conti deposito - Tra gli strumenti bancari più ricercati per evitare la mazzata ci sono i conti deposito occupano uno dei posti principali. Questi sono progressivamente diventati il mezzo attraverso cui il risparmiatore cerca di far fruttare una certa somma di denaro pur non volendola vincolare per lunghi periodi di tempo, specialmente in seguito al sostanziale azzeramento dei tassi d'interesse dati dai conti correnti. Sono quindi nati i conti deposito, che possono offrire alti rendimenti in ragione di due fattori: l'assenza di spese di gestione e il vincolo. Con i conti deposito è possibile avere comunque il capitale a disposizione se si ipotizza di averne bisogno; anche nel caso di questi prodotti, però, i rendimenti aumentano se le somme vengono bloccate per un numero di mesi crescente. Sui conti deposito vige un'imposta di bollo progressiva: da gennaio 2014 l'imposta è dello 0,2% delle liquidità. La tassa sugli interessi dei conti deposito rimane invece al 20%.

Affrancamento - Un'altra mossa per evitare la patrimoniale di Renzi è quella che riguarda l'affrancamento.  In sostanza il titolare di un deposito titoli in regime amministrato deve comunicare all'intermediario entro il 30 settembre 2014 l'intenzione di avvalersi dell'affrancamento che si estende a tutti i titoli, inclusi nel rapporto di custodia o amministrazione, posseduti al 30 giugno 2014. In questo caso gli intermediari verseranno l'imposta entro il 16 novembre 2014, addebitando il controvalore sul conto del cliente. 

LA TENTAZIONE SINISTRA "Dobbiamo tassare i Bot. Gli italiani ci perdono? E' la vita..."

Lucrezia Reichlin: "Ristrutturare il debito deprezzando i Bot"




Deprezzare i Bot. E pazienza se a rimetterci sarebbero i piccoli investitori/creditori italiani. La professoressa Lucrezia Reichlin ci riprova e a Repubblica rilancia la sua ricetta anti-crisi per ristrutturare il debito sotto la regia della Bce: "Assumiamo che in Italia il 40% del debito sia dovuto alla crisi: questa parte viene cartolarizzata e acquistata a sconto da una bad bank europea che poi li rimette sul mercato. Con un debito così alleggerito l'Italia può finanziare le iniziative di rilancio". Idea, come anticipato, già ribadito più volte in questi mesi dalla docente della prestigiosa London Business School e in passato (e futuro?) predicato di diventare ministro dell'Economia con governi a trazione Pd. La ricetta è la "ristrutturazione del debito", tentazione trasversale che accomuna Beppe Grillo a certe frange democratiche, Stefano Fassina in testa. Ma non solo, perché anche il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio, uno che nel governo conta molto, ha affacciato l'idea di tassare i Bot. Perché al netto delle teorie economiche, ristrutturare il debito sovrano è sinonimo di tassa occulta sui titoli di Stato italiani.

Chi ci perde con la "ristrutturazione del debito" - Era stato un deputato Pd ed economista, Giampaolo Galli, a mettere in guardia sul punto nell'eventualità di questa ristrutturazione: "Gli italiani, per lo più famiglie ma anche banche e imprese, si vedrebbero più o meno dimezzato il valore dei loro titoli di Stato. Chi avesse investito in un Bot che oggi vale 98 si troverebbe con un titolo magari trentennale con una cedola assai bassa e un valore di mercato nell'intorno di 50 o 60. In sostanza si tratterebbe di una tassa straordinaria e straordinariamente elevata nell'ordine di svariate decine di punti di Pil". 

La tentazione di Reichlin e Delrio - Questo la Reichlin lo sa e anzi lo ammette candidamente: "Acquistare un titolo di Stato comporta dei rischi - ribadisce ancora al Corriere, come già spiegato a L'Espresso -. E' una leggenda metropolitana che il capitale sia garantito". Più o meno lo stesso pensiero di Delrio, che a febbraio a In Mezz'ora su Raitre, pochi giorni prima dell'insediamento di Renzi a Palazzo Chigi, imbarazzava il premier in pectore con frasi tipo questa: "Se una signora anziana ha messo da parte 100mila euro in Bot non credo che se le togli 25 o 30 euro ne avrà problemi di salute. Vediamo". Bot e rendita finanziaria da tassare, vecchio pallino della sinistra ma sempre attuale.

Vittorio Feltri chiude i confini: "Stranieri, siamo esausti. State a casa vostra e mangiate le banane"

Vittorio Feltri chiude i confini: "Stranieri, siamo esausti. State a casa vostra e mangiate le banane"



"Cari immigrati, l'Italia è sfinita se non finita. Perciò è giunto il triste momento di chiudere le frontiere". E' la lettera-appello di Vittorio Feltri agli stranieri disperati che si imbarcano rischiando la vita per arrivare nel fu Belpaese. Il quadro dipinto dal fondatore di Libero ed editorialista del Giornale è a tinte foschissime. Se realistico o drammatizzato, giudicheranno i lettori. Di certo, non cambia di una virgola il senso del fondo: "Stranieri, state a casa vostra, seguitate a mangiare le vostre banane che almeno non sono avvelenate. Noi siamo cinici, ma almeno siamo franchi: girate alla larga dalla Penisola. Non illudetevi. Qui non c'è lavoro per noi, figuriamoci per voi".

"Campagna di dissuasione" - Dall'inizio del 2014 sono 95mila gli immigrati clandestini sbarcati in Italia. "Troppi, non sappiamo dove metterli - scrive Feltri -. I posti sono esauriti. Non c'è più trippa per gatti. Abbiamo consumato ogni risorsa, siamo in bolletta marcia". Per mantenere ogni immigrato, ricorda l'editorialista, si spende il doppio di quel che serve per remunerare un poliziotto. "Non aiutiamo più nessuno perché siamo diventati cattivi, crudeli e insensibili, cari amici africani e mediorientali - spiega ancora Feltri -. Vi vogliamo bene. Soffriamo quando la tivù manda in onda servizi giornalieri sulle vostre tribolazioni in mare. Vorremmo aiutarvi, ma come?". Di fronte a un Paese "esausto", "senza più risorse" per soccorrere i migranti, non resta che dissuadere gli stranieri: "Non imbarcatevi, perché stareste peggio qui che laggiù. Recatevi in Spagna, in Francia, dove vi garba, l'ospitalità è un lusso che non possiamo concedervi". 

Colpa dei "cretini di sinistra" - Letta e Renzi, punge Feltri, "non hanno capito un tubo". L'operazione Mare Nostrum non ha funzionato, anzi. E la "invasione" è colpa dei "cretini di sinistra, i buonisti che frequentano Parlamento e redazioni dei giornali. Parlano a vanvera, non hanno capito nulla". Tutta gente, è la sentenza del fondatore di Libero, che "finge di amare gli stranieri per apparire migliore di quanto non sia e poi assume gli extracomunitari come domestici e non paga loro né il salario né i contributi previdenziali. Sfrutta, maltratta, predica bene e razzola pessimamente". 

Confessione di Maria De Filippi: "Vi dico chi è l'uomo della mia vita..." E spunta una foto in bikini...

Maria De Filippi a "Oggi": "Mio figlio Gabriele è l'uomo della mia vita"




Bikini perfetto e fisico scultoreo per Maria De Filippi in vacanza con tutta la famiglia al mare. L’attrice ha rilasciato un’intervista a Oggi nella quale ha parlato di politica e del figlio adottivo, Gabriele.  “Io spero che Matteo Renzi ce la faccia. E direi la stessa cosa con un leader di qualsiasi altra parte politica. Lo spero per gli italiani. Certo, la situazione è un disastro, lo vediamo ovunque. Ma bisogna aver fiducia” ha spiegato la conduttrice. Poi torna sul rapporto con suo figlio: "E' l'uomo della mia vita. Gabriele non è fidanzato e, per ora, sta con noi rompiscatole in famiglia. Mi spiace scalfire questo ritratto, ma Gabriele non è neanche fidanzato. Le due storie importanti che ha avuto finora sono state con ragazze che ho conosciuto e che mi piacevano anche molto. Non c’è nessuna fidanzata straniera".

Lamento del consigliere Ncd: "6.800 euro al mese sono pochi"

Il lamento del consigliere Ncd: "6.800 euro al mese sono pochi"

di Paolo Ricciarelli 


Diciamo la verità, la regola secondo la quale c’è un tempo per parlare ed un altro per tacere, andrebbe osservata sempre più spesso. Soprattutto in politica, dove il vento della protesta contro la Casta cambierà rapidamente direzione, a seconda del momento e del governo, ma è sempre pronto a gonfiare le vele della rivolta.
Questa volta, sulla strada dell’indignazione popolare, ha trovato Pino Cangemi, consigliere regionale Ncd alla Regione Lazio, che ha consegnato al quotidiano romano Il Messaggero una intervista destinata a lasciare il segno. Perché l’esponente alfaniano, stipendio di 6.800 euro netti al mese, non è soddisfatto di quanto prende. A suo dire, è troppo poco. Ovviamente nessuno vuol fare demagogia spicciola, di quella a buon mercato che va tanto di moda, dato che ciascuno è in grado di valutare la portata di queste parole. Ma il fatto non può essere sottovalutato. O nascosto, peggio ancora minimizzato.

Torniamo al nocciolo della questione, dunque. Come detto l’esponente del Nuovo Centrodestra, con un passato da paracadutista con encomio a Mogadiscio, oggi politico a tempo pieno, è uno dei cinquanta consiglieri regionali del Lazio. Visto che è del 1970, tra sei anni prenderà anche il vitalizio, perché nella scorsa legislatura è stato assessore esterno alla Sicurezza nella giunta guidata da Renata Polverini, eletta alla Camera nelle fila di Forza Italia. 

Lui, però, dice che gli hanno tolto il permesso Ztl e per spostarsi in centro a Roma e deve usare la sua auto. E poi non ci sarebbero altri soldi per la segreteria del partito e lui e gli altri iscritti devono contribuire alle spese delle sedi. Prima, dice lui, lo stipendio era di 12.000 euro al mese. Poi sono scoppiati gli scandali Fiorito (meglio conosciuto come Er Batman di Anagni) e Maruccio e allora qualche benefit è stato tolto. E dai 6.800 euro netti attuali il Governo Renzi taglierà fino a 5.200 euro. Ovvero quanto prende il sindaco di Roma, Ignazio Marino. Ma quando il giornalista de Il Messaggero, Mauro Evangelisti, gli fa notare che chi prende 1.000 euro al mese si arrabbierà per le sue affermazioni, il consigliere regionale del Lazio, Giuseppe Cangemi, fa notare che per fare politica ci vogliono i soldi e che sarà costretto a tagliare sedi e collaboratori. Insomma, per Cangemi è un’ingiustizia. A volte tacere è meglio, molto meglio. Perché il silenzio è d’oro.

Addio a don Pierino Gelmini Una vita per i tossicodipendenti

Perugia, morto don Piero Gelmini dopo lunga malattia




E' morto don Pierino Gelmini, fondatore della Comunità Incontro di Amelia. Don Gelmini era da tempo malato e si è spento nelle sue stanze di Molino Silla di Amelia. Accanto a lui i suoi ragazzi. "Don Pierino Gelmini è stato assistito fino in ultimo dai ragazzi che lui ha assistito per una vita" ha detto Gian Paolo Nicolasi, uno dei suoi più stretti collaboratori. Don Gelmini è stato da sempre impegnato nel recupero dei tossicodipendenti. La comunità ha sedi in tutto il mondo.

Il processo - Nel 2008 don Gelmini è stato coinvolto in un'inchiesta della procura di Terni per presunte molestie sessuali nei confronti di una decina di allora ospiti della struttura. Accuse che don Gelmini ha sempre respinto in maniera decisa rivendicando la correttezza del suo operato. Circa un anno dopo l'inizio dell'indagine don Gelmini ha chiesto ed ottenuto di essere ridotto allo stato laicale. Il processo in corso davanti al tribunale di Terni era da tempo sospeso proprio per le precarie condizioni di salute di don Gelmini. "Non è in grado di partecipare coscientemente" al processo a suo carico stabilì la perizia disposta dal tribunale di Terni.