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lunedì 11 agosto 2014

"MIO PADRE ERA UN NAZISTA" Il libro che la Merkel non vuole

Germania, un libro che inquieta Angela Merkel. L'autobiografia del vice-cancelliere: "Mio padre era nazista"




Un libro fa tremare Berlino e Angela Merkel. Una biografia ingombrante. Un testo già scritto e pronto per essere pubblicato, ma che ancora non è arrivato nelle librerie. Dalle parti della Cancelliera va di moda la censura. Come racconta il Corriere della Sera, Sigmar Gabriel, leader dei socialdemocratici e vice-cancelliere della Merkel ha scritto un'autobiografia  dal titolo Una vita e mezza. Tra le pagine del libro, Gabriel racconta la sua vita e soprattutto la sua infanzia. Secondo il racconto Gabriel confessa di avere avuto un padre nazista, violento e sostenitore del negazionismo dell'Olocausto. Il testo che è già pronto per la stampa dallo scorso febbraio, è stato bloccato. L'editore Kipenheuer & Witsch ha rinviato la pubblicazione a dicembre. E così sono scattate subito le voci maligne: "Forse è diventata una biografia inopportuna", ha ipotizzato il Der Spiegel.

Indiscrezione su Renzi: "Ha chiesto al Cav di...". Ira in Forza Italia

La voce: "Matteo Renzi ha chiesto a Silvio Berlusconi di entrare nel governo"




Sono passati diversi giorni dall'ultimo faccia a faccia tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sulla legge elettorale, ma continuano ad emergere indiscrezioni e retroscena. L'ultimo sul sito Affaritaliani secondo cui il premier avrebbe offerto al Cav di entrare nell'esecutivo per "puntellare la maggioranza, sapendo che nel Pd i dissidenti sono sempre in agguato". Insomma, Matteo avrebbe cercato di tastare il terreno per capire quante possibilità ci sono per arrivare a quelle larghe intese tanto care a Napolitano. Ma la risposta di Silvio avrebbe spento, almeno per ora, tutte le speranze. "La proposta è molto interessante, ti ringrazio. Ma per il momento lasciamo perdere", così avrebbe risposto alla proposta di Matteo. 

Le considerazioni - A farli prendere tempo sarebbero state, secondo quanto scrive Affaritaliani, da una parte i mal di pancia che scuotono Forza Italia: da una parte Raffaele Fitto, dall'altra Renato Brunetta che non avrebbero affatto gradito "l'abbraccio" con il presidente del Consiglio. Non solo. Dietro quel no di Silvio ci sarebbero anche delle considerazioni sulla possibili reazioni di Daniela Santanchè. Insomma, il "matrimonio" con Renzi avrebbe ulteriormente diviso Forza Italia. In più avrebbe rotto definitivamente il dialogo con la Lega (le elezioni regionali non sono lontane...). 

"Genero degenero, mi fai pena. Vattene. Le tue scuse? Cazz...". Coccolone per Bova: avrà letto la lettera maliziosa dell'ex suocera?

Raoul Bova, la lettera (equivoca) dell'ex suocera Annamaria Bernardini de Pace: "Genero degenero, vai e non tornare"




"Caro genero degenerato, vai e non tornare". Firmato: Annamaria Bernardini de Pace. Se Raoul Bova ha sfogliato il Giornale sarà venuto un colpo. Perché quell'articolo di fuoco, misto di logica razionale e umore nero, è opera di sua suocera. Anzi ex suocera, visto che l'attore romano e Chiara Giordano si sono separati nel 2013 dopo 13 anni di matrimonio e nello stesso anno Bova ha allacciato una relazione con la bella attrice spagnola Rocio Munoz Morales, 26 anni (e 17 in meno di lui).

Le "cazzate" del (de)genero - Chiariamo subito una cosa: l'articolo della Bernardini de Pace è una rilettura letteraria del classico triangolo moglie-marito-amante di lui, visto dal punto di vista della suocera, mamma della compagna tradita. Uno sfogo, dunque, che in certi passaggi non può non suggerire ai più maliziosi qualche riferimento velenoso e personale. O semplicemente generare qualche equivoco imbarazzante. Forse per questo la divorzista più famosa d'Italia (che ha rifiutato di assistere la moglie nella causa di separazione, "Raoul è il padre dei miei nipoti, come potrei?", ha spiegato), si premura di piazzare subito un indizio rivelatore: "Vi ho curato la bimba ogni giorno finché tu non hai guadagnato abbastanza per permetterti finalmente una tata". No, non si sta parlando di Raoul e Chiara. O almeno non nel dettaglio. Ma il dubbio che la Bernardini de Pace si sia immedesimata con molta facilità nel ruolo della suocera inviperita resta eccome, perché forse certi passaggi li ha dovuti passare anche lei. Per esempio, quello delle classiche scuse del genero, che cerca di scaricare sulle spalle della moglie "rigida" e "opprimente" la cause della separazione. "Tutte cazzate - scrive la divorzista -. Menzogne opportunistiche che dimostrano anche la tua irriconoscenza verso tua moglie". "Prima di slacciarti i pantaloni fuori dalla tua casa, hai pensato che impatto avrebbe avuto questa patetica scena nella vita della tua famiglia?", prosegue la lettera aperta di questa "suocera universale". 

La scappatella e il sesso - E quando si parla della scappatella fatale (con una ragazza molto più giovane, appena più grande della figlia maggiore), i toni si alzano: "Prima ancora di essere traditore, sei stato sleale". Ma la vendetta è vicina. "La tua vita sembra trovarsi a suo agio nella palude piagnucolosa e frivola in cui l'hai collocata. Ma sono certissima che non vivrai mai più sereno senza la famiglia che hai svenduto ai tuoi capricci". Tranquillo, caro (de)genero: "L'amore di tua moglie per te è morto. Ammazzato da te, dalle tue bugie, dalla viltà, dai dolori generosamente inferti come colpi di maglio su di un bambino allegro e giocoso". "Non hai né fegato né cuore - conclude la suocera -. La tua forza, anche sessuale, dura per il tempo di uno spot. Sei un uomo a breve termine di conservazione. Scaduto". 

Vespa azzoppato: la Rai ridimensiona Bruno e lancia l'anti-Porta a Porta. Ecco chi è...

Porta a Porta, Bruno Vespa cede una serata a Petrolio di Dulio Giammaria




La notizia era nell'aria da tempo, adesso è ufficiale: nella prossima stagione Rai, Porta a Porta perderà una serata. Dal 25 agosto Bruno Vespa dovrà cedere una delle serate di Porta a Porta (il lunedì) per far posto a Petrolio di Duilio Giammaria. Un programma quello di Rai Uno che si pone come l'anti-talk show. Un programma d'inchiesta affidato ad un inviato speciale che a quanto pare non teme il confronto con Vespa. "Credo che il confronto sia salutare per ogni professionista dell'informazione e dell'approfondimento. Vespa propone un modello collaudato di fare tv, non migliore o peggiore. Se la linea editoriale di Rai Uno si arricchisce con Petrolio di nuovi spunti e si dimostra capace di proporre altri linguaggi, ritengo sia un bene per tutti". Insomma Giammaria ha le idee chiare. La sfida a Vespa è cominciata. 

PENSIONI, ETA' E CALCOLI Ecco quando si può lasciare, professione per professione

Pensioni, età e calcoli: ecco la guida previdenziale





Dopo lo stop su Quota 96 e tetto per il prepensionamento di docenti e medici, arriva un nuovo piano del governo per avviare la riforma previdenziale che da tempo viene annunciata da palazzo Chigi. Vediamo dunque qual è in questo momento la situazione previdenziale in Italia e tutte le modalità in vigore per chiedere il pensionamento nel settore pubblico e privato. 

Dipendenti privati - Come racconta il Corriere della Sera sul fronte dei privati l’età anagrafica per le pensioni di vecchiaia resta fissata a 66 anni e 3 mesi per gli uomini e 63 anni e 9 mesi per le donne. Dal gennaio 2012, l’età delle donne è salita a 62 anni - soglia alla quale già nel 2013 sono stati aggiunti 3 mesi (per via dell’adeguamento alle speranze di vita) - ed è stata ulteriormente elevata a 63 anni e 9 mesi nel 2014. 

Autonomi - Per i lavoratori autonomi tutto resta così com'è. Per artigiani, commercianti e coltivatori diretti, l'età di vecchiaia è stabilita a 66 anni e 3 mesi. Penalizzate le donne lavoratrici autonome, per le quali lo scalone del 2012 è stato di 3 anni e 6 mesi: l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo. Limite che è salito a 63 anni e 9 mesi nel 2013 e a 64 e 9 mesi nel 2014.

Dipendenti pubblici - Novità invece sul fronte della pubblica amministrazione. L’età di vecchiaia per i pubblici dipendenti è fissata a 66 anni e 3 mesi. Per anni le dipendenti pubbliche hanno potuto beneficiare di un trattamento agevolato rispetto alle colleghe impiegate nel privato: potevano andare in pensione dopo 20 anni di servizio (15 anni se sposate o con figli). Ora la situazione è capovolta, con l’età pensionabile più alta nel pubblico rispetto al privato. Per gli appartenenti alla Pubblica amministrazione, compresi i dipendenti del settore sanità (Asl) è previsto il pensionamento d’ufficio al compimento dei 62 anni di età. Per i medici gli anni sono 65. Tale meccanismo, come detto in queste settimane, non trova applicazione nei confronti dei magistrati, professori universitari e primari.

Pensione anticipato - Si alza invece il limite per ottenere la pensione anticipata slegata dall'età anagrafica. Con la riforma Monti-Fornero, a partire dal 2012 per ottenere la pensione prima dell’età della vecchiaia non bastano più i classici 40 anni, ma ne occorrono più di 42: nel 2014 sono 42 e 6 mesi per gli uomini e 41 e 6 mesi per le donne. Anche qui è previsto un adeguamento periodico agli andamenti demografici. Questo significa che nel triennio 2016-2018 saranno richiesti 42 anni e 10 mesi.

Pensionamenti - Infine di disincentivare il pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia è stata introdotta una misura di riduzione. Qualora si chieda la pensione di anzianità prima dei 62 anni di età, l’assegno viene corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo, percentuale che sale al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i 2. Se si richiede la pensione anzianità dopo aver raggiunto i 42 anni a 60 anni, si riscuoterà, per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo (riferito all’anzianità accumulata sino a tutto il 2011), un assegno decurtato del 2%. Se invece la si richiede a 59 anni di età la decurtazione sale al 4%.

sabato 9 agosto 2014

Povero Gigi, la "sua" azienda va a rotoli e lui ci rimette 12 anni di stipendio

Buffon "ammonito" dalla Kmpg: la sua società in caduta libera in Borsa




Fortunato in amore, pure abbastanza al gioco (del pallone), il numero uno della Nazionale rischia di scivolare sul terreno bagnato degli affari e della Borsa. Il presupposto della continuità aziendale è indispensabile perchè i revisori approvino i conti, ma la Zucchi, la società in cui il portiere è primo azionista dal 2011, "è soggetta a molteplici e significative incertezze". Questo intima la società di revisione Kpmg che si è rifiutata di metter la firma ai conti del primo semestre della società di abbigliamento. Ma tale continuità è in pericolo da tempo, e Kpmg mette in dubbio (visti i debiti con le banche Unicredit, Intesa e Bpm) che la Zucchi possa farcela, in soldoni riesca a raggiungere gli obiettivi finanziari fissati per il 2014.

In perdita - Il gruppo attivo nel tessile ha collezionato negli ultimi due semestri perdite, chiudendo rispettivamente con un doppio segno meno (15,1 milioni nel 2013 e 11,8 milioni dal gennaio al giugno del 2014). Due mazzate che han sfiduciato la Kpmg che ha perciò rifiutato di metter la propria firma in calce sui conti. La ricapitalizzazione del 2013 fortemente voluta proprio in prima persona dal portierone juventino è stata un insuccesso e il numero uno della nazionale ha sborsato 18 milioni di euro passando dal 19.6% al 56 abbondante, passando davanti alla famiglia fondatrice, la stessa Zucchi, detentrice del 9%. Nell'operazione non l'ha seguito nessuno, nemmeno l'amico avvocato Riccardo Grande Stevens, figlio di Franzo che è rimasto al 2%.

Caduta libera - La barca affonda e dalla Borsa le notizie sono pessimi: il titolo perde, per "colpa" di Kpmg il 7,7% in una sola seduta. Così, il 56 per cento di Buffon ora vale "solo" 18,6 milioni di Euro dai 42,3 di gennaio. La perdita potenziale di 24 milioni sommata agli altri 24 (18 e i 6) serviti alla ricapitalizzazioni del 2011 e 13 e la somma è presto fatta: operazione in rosso per 48 milioni di euro.

Renzi, Boldrini, Grasso & Pinotti: la banda scout all'assalto del potere

Renzi, Boldrini, Grasso & Pinotti: Il potere si trasferisce al campo scoout 

di Fausto Carioti 


A sorpresa, Matteo Renzi è arrivato a San Rossore al raduno nazionale degli scout. Accompagnato dalla moglie Angese Landini (i due si sono conosciuti proprio grazie all'esperienza dello scoutismo). Leggi l'articolo del viderirettore Fausto Carioti su come il movimento un tempo dileggiato si è preso una rivincita. 

 Oggi ci sarà la terza carica dello Stato: Laura Boldrini interverrà sui uno dei suoi cavalli di battaglia, la violenza di genere. Domattina il gran finale: alla presenza di Matteo Renzi celebrerà la messa il cardinale Angelo Bagnasco, capo dei vescovi italiani. Il presidente del Senato, Piero Grasso, avrebbe dovuto partecipare ieri, ma è stato trattenuto dalla votazione sulla riforma della Costituzione. Dovrebbe fare un salto comunque, prima che l’evento finisca, a stringere mani e salutare i ragazzi. A completare il gotha istituzionale, a questo punto, mancherebbe solo il presidente della Repubblica, ma si sa che la parrocchia di Giorgio Napolitano è un’altra. Poco male: si punta a rimediare con il candidato numero uno alla successione, il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Anche lei bloccata ieri dagli impegni romani, è attesissima. Se non altro perché - al pari della Boldrini e di Renzi - la presidentessa della Repubblica che Renzi ha già proposto a Silvio Berlusconi è una di loro. A fare da contorno di lusso il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, sottosegretari in carica come Sandro Gozi, ex ministri lettiani come Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza.

Insomma, scordatevi i conclavi del gruppo Bilderberg e i breakfast dell’Aspen Institute: nell’era di Renzi l’Italia che conta e vuole contare ancora di più ha un curriculum da lupetto o coccinella. In queste ore sgomita per farsi fotografare nel parco pisano di San Rossore, al megaraduno nazionale dell’Agesci, l’associazione dei boyscout cattolici. Il Senato romano ha un piede nella fossa, il potere adesso passa da qui: trentamila ragazzi con i pantaloncini corti e lo zaino sulle spalle, arrivati su quei pulmini parcheggiati accanto alle auto blu. Obiettivo: scrivere tutti insieme la «Carta del coraggio».  Misurato col metro della politica, il meeting di Comunione e Liberazione al confronto è modernariato e la festa dell’Unità pare la Baggina. Ennesima mutazione antropologica dei compagni: la sinistra che ambisce a scalare l’Italia e a monopolizzare le cariche indossa la maschera buonista e sorridente del suo nuovo leader.

Ridicolizzati sino a qualche anno fa, inseguiti ovunque da quella citazione ritrita di George Bernard Shaw («i bambini vestiti da cretini etc etc»), i boyscout si godono adesso la più completa delle vendette: l’appartenenza al gruppo che diventa oggetto d’ostentazione. Di più: viene rivenduta in piazza come la scuola politica per eccellenza, il romanzo di formazione necessario a chiunque aspiri a migliorare l’Italia. 
Così la Pinotti, appena il suo nome ha iniziato a essere sussurrato per il Colle, si è sentita in obbligo di dirlo a tutti: «Non ho fatto scuole di partito, prima dei 29 anni non ho mai partecipato a organizzazioni politiche. La mia formazione politica è avvenuta tutta negli scout». È una scuola di leadership, ha spiegato all'Espresso «Impari come gestire un gruppo». Un modello di gender equality: «Ogni gruppo ha un responsabile maschio e una femmina. Perfetta parità, come nel governo Renzi». Una lobby (anche se ci restano male se la chiami così) che funziona: «Nelle riunioni di palazzo Chigi ci capiamo al volo».

A fiutare il vento prima degli altri, per fortuna o per abilità, è stata la Boldrini. Nel gennaio 2010, l’allora portavoce dell’agenzia Onu per i rifugiati fu scelta da Famiglia Cristiana come italiana dell’anno. Lì tracciò il solco per tutti quelli che sarebbero venuti dopo: «Durante l’esperienza di scout ho imparato la vita nel gruppo, l’amore per la natura, il rispetto dei più deboli, lo spirito del servizio». Le ha portato fortuna. Stessa filosofia di Renzi, sul cui sito campeggia la frase «Lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato»: è dell’inglese Robert Baden-Powell, fondatore dello scoutismo.

Un presente a sinistra e un curriculum da scout: identikit che ne accomuna tanti, nella nuova e nella vecchia generazione di politici progressisti. Come a marcare la distanza dagli altri, i figiciotti che hanno in Massimo D’Alema il modello di punta e per i quali, ormai si sarà capito, la corsa alle poltrone che contano è game over. È stato scout Davide Serra, fondatore del fondo Algebris, il «finanziere renziano» per definizione. Idem Filippo Taddei, scelto da Renzi per fare il responsabile economico dei democratici. Fazzolettone al collo anche per gli attuali parlamentari piddini David Ermini, Federico Gelli e Roberto Cociancich (che marcia dopo marcia diventò presidente della Conferenza internazionale cattolica dello scoutismo). Tutti renziani di ferro, ça va sans dire. Assieme ad altri ex scout che renziani non sono, come Giuliano Pisapia, Giovanna Melandri, Giuseppe Fioroni.

Ci sarebbe da aggiungere all’elenco il margheritino Luigi Lusi, che trentenne fu segretario dell’Agesci e qualche anno dopo è stato condannato per essersi impossessato dei beni del suo partito. Ma oggi per gli scout è un giorno di festa e ricordarlo non sarebbe carino. Meglio concentrarsi su ciò che luccica, come propone lo slogan coniato per la “Route nazionale” (si chiama così) di San Rossore: «Noi ci siamo, insieme faremo la storia».