Napoli: Mi chiamo Mario Setola... Ecco la lettera che ha commosso il web
a cura di Gaetano Daniele
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Avv. Mario Setola |
Mi chiamo Mario Setola, sono un avvocato di Napoli. Ho 34 anni e sono tifosissimo del Napoli. Lo seguo sempre. Dal momento che sono pubblicista e collaboro per varie testate sportive, quasi sempre lo seguo in tribuna stampa. Quest'anno tuttavia, per qualche immotivato capriccio dell'ufficio stampa del Calcio Napoli, sono stato "costretto" a seguire qualche partita in curva. Non vi nascondo un briciolo di disagio preconcetto. "Che ambiente sarà? Ho sempre sentito cori inneggianti alla violenza ed all'antistato?! La fede era troppo più forte e ci sono andato. Proprio nelle partite clou ROMA e JUVE. Due grandi vittorie! Sapete cosa? Con mia piacevolissima e graditissima meraviglia, ho scoperto che la passione per il Napoli, per i colori, per la città superava di gran lunga i propositi quasi bellicosi dei (per la verità pochi) soliti imbecilli. Ma questo mó che vuole? Vuole fare il moralista o cosa? Vi chiederete. Affatto, altro che moralista. Lasciatemi finire.
Durante la partita, in particolare quella contro la Roma, ad un certo punto notavo che la folta delegazione del tifo giallorosso inneggiava con astio evidente all'eruzione del Vesuvio. Guardavano la curva in cui sedevo toccandosi i genitali e facendo gesti schifosissimi. Ricambiati, per carità. Ma non riuscivo a soprassedere. Sono un ragazzo molto mite e sportivo. Chi mi conosce lo sa! Amo il calcio! Ma quell'odio dichiarato di quei facinorosi giallorossi mi toccó molto. Troppo! Quasi senza pensarci mi lanciai nel mio primo coro ROMANO OHOH BASTARDO...In particolare notavo un romano, forse mio coetaneo che mi fissava e inveiva contro di me. A chiari gesti mi faceva capire "ti taglio la gola, se ti incontro per strada ti accoltello"! Rimanevo così. Basito. "Ma chist over fa? Ma che gli ho fatto?- mi chiedevo- ma chi lo conosce?". Non vi nascondo che, sbagliando, mi veniva sempre più di urlare cori contro di loro. Erano irritanti. Non capivo tanto astio. Nettamente al di la di un risultato sportivo. In ogni caso, finita la partita, e dopo una grande vittoria, tornai a casa felice e soddisfatto per averli battuti. "Con la Roma se ne parla il prossimo anno, capitolo chiuso - pensai- ed il prossimo anno vinciamo noi lo scudetto". Poi arrivó il giorno della finale di coppa Italia. Gli spari di tor di quinto. Ciro in coma. Io davanti alla TV ad assistere ad una partita surreale. Con la morte nel cuore. Con l'immagine di quel romanista che al San Paolo mi guardava in cagnesco. Mi tornarono alla mente quei momenti. E pensando che Ciro poteva averci rimesso la vita, mi fece quasi odiare quella tifoseria. Quei vili attentatori. Quasi non pensavo più al mio mite carattere tollerante e sportivo. "Ma questi sono pazzi davvero?- mi interrogavo- sono assassini. Girano armati e ti sparano solo perché hai un vessillo azzurro?". La fine del calcio! Manco i nazisti sparavano a vista gli ebrei! Qualcosa non andava. Però ripensavo a quel ragazzo che mi avrebbe tagliato la gola se fossi stato in mezzo a loro quella sera a Napoli e non riuscivo a non provare un odio profondo. Per chi mi disprezzava pur non conoscendomi per il sol fatto che incitavo gli azzurri. L'apice lo si è raggiunto qualche giorno fa.
Quando Ciro è volato in cielo, quando ai funerali le sciarpe coprivano la bara, non il dolore e la rabbia. Tante tifoserie gemellate nel dolore. Tutti, molti, tranne i romanisti. Che inondavano Facebook con frasi del tipo "finalmente è morto il napolecane" e simili. Avevo deciso, li odiavo con tutto me stesso. Speravo potesse capitare anche a loro. Magari a Napoli! Maledetti, tutti! Un desiderio deprecabile che ho portato con me fino ad oggi. Perché oggi? Perché oggi c'è il concerto di Vasco Rossi a Roma. Un evento. Amo Vasco e sono qui, nella tribuna numerata a pochi minuti dallo "START". Mi è successa una cosa stranissima appena arrivato allo stadio. Mentre parcheggiavo, distratto, ho tampinato una 500 rossa. Nuova! Cazzo, proprio mo?! C'è il concerto, mo questo si incazza, mi fa perdere tempo, vuole che gli ripari l'auto per qualche graffietto che si è fatto. Scende il bullo, con fare a guappo e dall'accento romano. "Mi hai sfasciato l'auto, ma dove guardi?". Io mi scuso e con un sorriso gli faccio notare che la botta è stata più fragorosa del danno. Senza ricambiare il sorriso mi chiede se stavo andando al concerto. Al mio Si, guarda gli amici, stavolta sorride, mi da una pacca sulla spalla e mi fa "nun te sta a prepccupà, Napoli, n'amose a sentì Vasco va...".
Mi sorprendo. Ma prendo per mano la mia ragazza e ci incamminiamo. Lei conversa di cose di donne con la ragazza del tipo, e io ne approfitto per offrirgli una birra. E poi un'altra. La terza la offre lui a me. Sorridiamo e facciamo a gara a chi ha visto più concerti di Vasco. Lo batto di gran lunga. Io 12 lui 7. Il discorso scivola inevitabilmente allo sport ed alla nazionale flop di questo mondiale. Dalla sua camicia aperta scruto un lupacchiotto in oro e ne deduco che tifa giallorosso. Preferisco non aprire l'argomento. Ma lo fa lui e mi chiede "che tifi Napoli? Beh non potevi essere perfetto". Sempre sorridendo. Ricambio la battuta non nascondendo un pizzico di rabbia. Le birre ed una sintonia su troppe cose, e con le nostre fidanzate già amiche ci confidiamo che non siamo solo tifosi, ma che frequentiamo lo stadio. Lui anche in trasferta. Avrei voluto chiedergli mille cose, fare mille domande. Ma la musica e la birra ci facevano solo sorridere e socializzare. Solo dopo averlo guardato più attentamente, mi rendevo conto, udite udite, che era il tizio che voleva tagliarmi la testa al San Paolo (mi ha detto che era lì). Quello che mi guardava fisso ed adirato. Si proprio quello che abbracciavo mentre Vasco cantava ogni volta. Non glie l'ho detto, e non so se lo farò prima che finisca il concerto.
Ma è così strano?! Ci ha appena invitati a casa sua a fregene al mare. D'un tratto ho smesso di odiarli. Ho smesso di odiare (non di condannare) chi va allo stadio con astio e propositi bellici. Ho capito che sono dettati da ideali estremizzati e che, come ha detto la mamma di Ciro dal pulpito, l'amore può sconfiggere la violenza. Ciro, per me (e spero per tutti), non è morto per caso. Ciro potrebbe davvero aprire le porte del rispetto e chiudere quelle della deficienza. Ciro da lassù ha fatto già il suo primo, piccolo miracolo. Ora sogno stadi festosi, che coincideranno col primo tricolore azzurro. Tanto gli assassini pagheranno per mano della giustizia. NOI AMIAMO IL CALCIO! SEMPRE E COMUNQUE FORZA NAPOLI!