Il giudice che ha condannato Berlusconi in Svizzera alla festa degli indagati
di Giacomo Amadori
Foto Niccolò Celesti |
Addio Lugano bella, cantava Giorgio Gaber tanti anni fa. Chissà se quel refrain sarà venuto in mente anche al magistrato Claudio D’Isa, mentre scrutava il lago, seduto allo stesso tavolo di due plurinquisiti nel bel mezzo di una festa per una Prima comunione. È successo il 4 maggio scorso, nel capoluogo del Canton Ticino. E le foto che pubblichiamo in esclusiva in queste pagine sono la prova di quella strana compagnia. Composta da personalità tra di loro apparentemente diversissime. C’era il giudice della Corte Suprema di Cassazione D’Isa, 65 anni, una delle cinque toghe che nel 2013 ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale, e c’era suo figlio, l’avvocato Dario D’Isa, 37. Ma c’era, pure, al gran completo, la famiglia Terenzio di Cassino (Frosinone), compresi il capostipite Vincenzo Gabriele, 62 anni, e il figlio Luigi, 41, marcati a vista da trent’anni dalla giustizia italiana con varie accuse, dalla bancarotta fraudolenta, alla truffa, all’evasione fiscale, al concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Quest’ultima contestazione è caduta con l’assoluzione in primo grado del 2012, decisa dal Tribunale di Roma, anche se il sostituto procuratore generale Otello Lupacchini ha presentato ricorso. Le cronache giudiziarie raccontano che i Terenzio hanno subìto pure una confisca di beni per decine di milioni di euro (150 secondo la Dia, meno di 40 secondo i diretti interessati), confermata dalla Corte d’appello di Roma nel luglio del 2013.
Tutti precedenti che hanno fatto esclamare al giudice D’Isa, intervistato ieri da Libero: «Vista la mia posizione, una volta che ho saputo dei loro problemi giudiziari non ho assolutamente approfondito la conoscenza. Dopo molta riflessione, senza voler offendere nessuno, ho evitato, diciamo così, contatti». E alla domanda su quando avesse visto l’ultima volta Vincenzo Gabriele Terenzio e suo figlio Luigi, D’Isa senior ha risposto così: «Non glielo so dire. Sto parlando dell’estate scorsa, subito dopo l’estate, settembre-ottobre». Siamo certi che sia stato colpito da una piccola amnesia, visto che la realtà è assai diversa e il giudice D’Isa, dieci giorni fa, è stato l’ospite d’onore alla festa per la Prima comunione della figlia di Luigi Terenzio in Svizzera. Un evento di cui oggi offriamo ai lettori immagini davvero inedite. Istantanee che documentano una certa familiarità tra uomini di legge e chiacchierati imprenditori. E per chi avesse dubbi, a confermare questa impressione c’è il tabellone con la disposizione dei tavoli per il pranzo. Infatti al desco principale sedeva un selezionatissimo parterre: Vincenzo e Luigi Terenzio con le rispettive consorti, Giuseppina Marra, 60 anni, e Coralla Rea, 40, i genitori di quest’ultima, D’Isa e la moglie Giuliana Colantonio, 63. Al ristretto gruppo avrebbe dovuto unirsi un noto imprenditore romano che collabora con Luigi, ma il 4 maggio ha disertato la festa. E così al tavolo «vip» è rimasto il magistrato con i due plurinquisiti e gli altri quattro parenti. Ma per rendersi conto del rapporto dei Terenzio con Claudio D’Isa bisogna analizzare l’intera giornata del 4 maggio. Alle dieci del mattino, parenti e bambini riempiono le navate della chiesa di Sant’Antonio Abate in piazza Dante, per la comunione comunitaria. Qualche famigliare è rimasto fuori. Seduto a un tavolino di un bar troviamo il capofamiglia Vincenzo, qualche chilo in più rispetto alle vecchie foto segnaletiche, occhiali da sole con lenti azzurre e camicia a righe spalancata sul petto; chiacchiera con un omino asciutto, calvo e con un pizzetto curato. L’interlocutore, impeccabile nel suo abito antracite con cravatta rossa, ogni tanto posa lo sguardo, schermato da lenti scure, su un giornale o sul cellulare. È Claudio D’Isa. Per essere lì si è sobbarcato un viaggio da Piano di Sorrento (Napoli) di quasi mille chilometri e non appare turbato dal lunghissimo elenco di precedenti di polizia della comitiva a cui si accompagna.
Attende serafico davanti al sagrato la fine della funzione religiosa insieme al quasi coetaneo Vincenzo. Il magistrato, mani in tasca, è assorto nei suoi pensieri. Abbassa la testa. La alza. Vincenzo gli indica qualcosa e lui solleva lo sguardo. Ogni tanto i due vengono affiancati da Dario D’Isa, pantaloni bianchi e giacca blu, la faccia stropicciata di chi la sera prima ha fatto le ore piccole. Terminata la cerimonia il magistrato si unisce agli altri invitati, parlotta con il genero di Vincenzo. Dopo poco il capannello si sparpaglia per dirigersi al ristorante. Claudio D’Isa, con la moglie Giuliana, e Terenzio senior accompagnato dalla consorte Giuseppina, si concedono una passeggiata per Lugano, da soli. Verso le 13.30 tutti gli invitati (una cinquantina, compresi dieci bambini) si ritrovano per il pranzo al ristorante-discoteca Capo san Martino, con vista mozzafiato sul lago. Un locale molto amato da russi e turisti in genere. Un tris di minuscole tartare costa 30 euro. Il giudice, certifica la bacheca, ha il posto riservato vicino ai due Terenzio più volte arrestati. Il figlio Dario e i due fratelli di Luigi, Enzo e Anna Rita, si accomodano a un altro tavolo. In sala ci sono anche altri parenti e collaboratori degli imprenditori di Cassino. Il magistrato è senza dubbio la guest-star. Luigi ha regalato alla sua bambina karaoke e animatrice. La piccola canta a squarciagola (tra gli invitati c’è anche la sua maestra di canto) e i camerieri si scusano con gli altri clienti. In sala c’è un po’ di malumore perché i Terenzio hanno fatto arrivare dall’Italia il pesce. «Non hanno voluto il nostro, anche se viene da Milano ed è freschissimo» bofonchia un dipendente del ristorante. Il coquillage sembra di ottimo livello, tra i vini niente champagne, al suo posto un più sobrio prosecco pugliese. Seguono risotto mantecato alla crema di scampi, pennette panna e salmone, ricciola e cosciotto di vitello. Luigi esce spesso a fumare l’immancabile sigaro e parlare al cellulare, sempre incollato all’orecchio; il giudice resta al suo posto. Si alza per la foto davanti alla torta insieme con la festeggiata. Alle 19.15, dopo quasi sei ore di portate, balli e canti, i festeggiamenti finiscono e gli ospiti lasciano il ristorante alla spicciolata.
D’Isa sale sull’auto di Vincenzo, una Audi con targa tedesca, insieme con la bionda consorte. Luigi e signora montano su un’auto identica, ma con targa svizzera. Le due berline si allontanano insieme. Mezz’ora dopo le ritroviamo parcheggiate davanti alla villa dei Terenzio costruita sopra Viganello, a due passi da Lugano, tra vegetazione lussureggiante e cerbiatti liberi nel bosco. La casa ha un design moderno, senza tetto a spioventi ed è costata 1,2 milioni di euro. I magistrati italiani ne hanno chiesto la confisca, ma le autorità svizzere non hanno accolto la domanda. Il dì di festa è finito, ma i guai giudiziari dei Terenzio no. Luigi, contattato da Libero, protesta: «Io sono un imprenditore, vivo libero e commercio in tutto il mondo, non ho mai rubato niente a nessuno. Nel procedimento per mafiosità esterna sono stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste e la misura di sorveglianza personale mi è stata revocata. I magistrati hanno fatto appello solo per tenerci i beni sequestrati e gli amministratori giudiziari si stanno mangiando un patrimonio non indifferente». Che rapporti ha con il giudice D’Isa ? «Non so neanche se lo conosco, lei ora mi sta dicendo che è un magistrato e io le rispondo che non sono mai stato giudicato da questo signore». La mamma di Luigi, Giuseppina, invece, ricorda bene il noto commensale: «Mi sarà capitato una o due volte di vedere quel giudice. Invece suo figlio avvocato ci è stato consigliato da un amico di Napoli. Ma dico io: se uno se la fa con i delinquenti, dite ecco se la fa con i delinquenti; se uno parla con una persona rispettabile non vi va bene uguale. Ma che cosa volete?».