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mercoledì 14 maggio 2014

Il giudice che ha condannato Berlusconi in Svizzera alla festa degli indagati

Il giudice che ha condannato Berlusconi in Svizzera alla festa degli indagati


di Giacomo Amadori 


Foto Niccolò Celesti 

Addio Lugano bella, cantava Giorgio Gaber tanti anni fa. Chissà se quel refrain sarà venuto in mente anche al magistrato Claudio D’Isa, mentre scrutava il lago, seduto allo stesso tavolo di due plurinquisiti nel bel mezzo di una festa per una Prima comunione. È successo il 4 maggio scorso, nel capoluogo del Canton Ticino. E le foto che pubblichiamo in esclusiva in queste pagine sono la prova di quella strana compagnia. Composta da personalità tra di loro apparentemente diversissime. C’era il giudice della Corte Suprema di Cassazione D’Isa, 65 anni, una delle cinque toghe che nel 2013 ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale, e c’era suo figlio, l’avvocato Dario D’Isa, 37. Ma c’era, pure, al gran completo, la famiglia Terenzio di Cassino (Frosinone), compresi il capostipite Vincenzo Gabriele, 62 anni, e il figlio Luigi, 41, marcati a vista da trent’anni dalla giustizia italiana con varie accuse, dalla bancarotta fraudolenta, alla truffa, all’evasione fiscale, al concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Quest’ultima contestazione è caduta con l’assoluzione in primo grado del 2012, decisa dal Tribunale di Roma, anche se il sostituto procuratore generale Otello Lupacchini ha presentato ricorso. Le cronache giudiziarie raccontano che i Terenzio hanno subìto pure una confisca di beni per decine di milioni di euro (150 secondo la Dia, meno di 40 secondo i diretti interessati), confermata dalla Corte d’appello di Roma nel luglio del 2013.


Tutti precedenti che hanno fatto esclamare al giudice D’Isa, intervistato ieri da Libero: «Vista la mia posizione, una volta che ho saputo dei loro problemi giudiziari non ho assolutamente approfondito la conoscenza. Dopo molta riflessione, senza voler offendere nessuno, ho evitato, diciamo così, contatti». E alla domanda su quando avesse visto l’ultima volta Vincenzo Gabriele Terenzio e suo figlio Luigi, D’Isa senior ha risposto così: «Non glielo so dire. Sto parlando dell’estate scorsa, subito dopo l’estate, settembre-ottobre». Siamo certi che sia stato colpito da una piccola amnesia, visto che la realtà è assai diversa e il giudice D’Isa, dieci giorni fa, è stato l’ospite d’onore alla festa per la Prima comunione della figlia di Luigi Terenzio in Svizzera. Un evento di cui oggi offriamo ai lettori immagini davvero inedite. Istantanee che documentano una certa familiarità tra uomini di legge e chiacchierati imprenditori. E per chi avesse dubbi, a confermare questa impressione c’è il tabellone con la disposizione dei tavoli per il pranzo. Infatti al desco principale sedeva un selezionatissimo parterre: Vincenzo e Luigi Terenzio con le rispettive consorti, Giuseppina Marra, 60 anni, e Coralla Rea, 40, i genitori di quest’ultima, D’Isa e la moglie Giuliana Colantonio, 63. Al ristretto gruppo avrebbe dovuto unirsi un noto imprenditore romano che collabora con Luigi, ma il 4 maggio ha disertato la festa. E così al tavolo «vip» è rimasto il magistrato con i due plurinquisiti e gli altri quattro parenti. Ma per rendersi conto del rapporto dei Terenzio con Claudio D’Isa bisogna analizzare l’intera giornata del 4 maggio. Alle dieci del mattino, parenti e bambini riempiono le navate della chiesa di Sant’Antonio Abate in piazza Dante, per la comunione comunitaria. Qualche famigliare è rimasto fuori. Seduto a un tavolino di un bar troviamo il capofamiglia Vincenzo, qualche chilo in più rispetto alle vecchie foto segnaletiche, occhiali da sole con lenti azzurre e camicia a righe spalancata sul petto; chiacchiera con un omino asciutto, calvo e con un pizzetto curato. L’interlocutore, impeccabile nel suo abito antracite con cravatta rossa, ogni tanto posa lo sguardo, schermato da lenti scure, su un giornale o sul cellulare. È Claudio D’Isa. Per essere lì si è sobbarcato un viaggio da Piano di Sorrento (Napoli) di quasi mille chilometri e non appare turbato dal lunghissimo elenco di precedenti di polizia della comitiva a cui si accompagna. 

Attende serafico davanti al sagrato la fine della funzione religiosa insieme al quasi coetaneo Vincenzo. Il magistrato, mani in tasca, è assorto nei suoi pensieri. Abbassa la testa. La alza. Vincenzo gli indica qualcosa e lui solleva lo sguardo. Ogni tanto i due vengono affiancati da Dario D’Isa, pantaloni bianchi e giacca blu, la faccia stropicciata di chi la sera prima ha fatto le ore piccole. Terminata la cerimonia il magistrato si unisce agli altri invitati, parlotta con il genero di Vincenzo. Dopo poco il capannello si sparpaglia per dirigersi al ristorante. Claudio D’Isa, con la moglie Giuliana, e Terenzio senior accompagnato dalla consorte Giuseppina, si concedono una passeggiata per Lugano, da soli. Verso le 13.30 tutti gli invitati (una cinquantina, compresi dieci bambini) si ritrovano per il pranzo al ristorante-discoteca Capo san Martino, con vista mozzafiato sul lago. Un locale molto amato da russi e turisti in genere. Un tris di minuscole tartare costa 30 euro. Il giudice, certifica la bacheca, ha il posto riservato vicino ai due Terenzio più volte arrestati. Il figlio Dario e i due fratelli di Luigi, Enzo e Anna Rita, si accomodano a un altro tavolo. In sala ci sono anche altri parenti e collaboratori degli imprenditori di Cassino. Il magistrato è senza dubbio la guest-star. Luigi ha regalato alla sua bambina karaoke e animatrice. La piccola canta a squarciagola (tra gli invitati c’è anche la sua maestra di canto) e i camerieri si scusano con gli altri clienti. In sala c’è un po’ di malumore perché i Terenzio hanno fatto arrivare dall’Italia il pesce. «Non hanno voluto il nostro, anche se viene da Milano ed è freschissimo» bofonchia un dipendente del ristorante. Il coquillage sembra di ottimo livello, tra i vini niente champagne, al suo posto un più sobrio prosecco pugliese. Seguono risotto mantecato alla crema di scampi, pennette panna e salmone, ricciola e cosciotto di vitello. Luigi esce spesso a fumare l’immancabile sigaro e parlare al cellulare, sempre incollato all’orecchio; il giudice resta al suo posto. Si alza per la foto davanti alla torta insieme con la festeggiata. Alle 19.15, dopo quasi sei ore di portate, balli e canti, i festeggiamenti finiscono e gli ospiti lasciano il ristorante alla spicciolata.


D’Isa sale sull’auto di Vincenzo, una Audi con targa tedesca, insieme con la bionda consorte. Luigi e signora montano su un’auto identica, ma con targa svizzera. Le due berline si allontanano insieme. Mezz’ora dopo le ritroviamo parcheggiate davanti alla villa dei Terenzio costruita sopra Viganello, a due passi da Lugano, tra vegetazione lussureggiante e cerbiatti liberi nel bosco.  La casa ha un design moderno, senza tetto a spioventi ed è costata 1,2 milioni di euro. I magistrati italiani ne hanno chiesto la confisca, ma le autorità svizzere non hanno accolto la domanda. Il dì di festa è finito, ma i guai giudiziari dei Terenzio no. Luigi, contattato da Libero, protesta: «Io sono un imprenditore, vivo libero e commercio in tutto il mondo, non ho mai rubato niente a nessuno. Nel procedimento per mafiosità esterna sono stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste e la misura di sorveglianza personale mi è stata revocata. I magistrati hanno fatto appello solo per tenerci i beni sequestrati e gli amministratori giudiziari si stanno mangiando un patrimonio non indifferente». Che rapporti ha con il giudice D’Isa ? «Non so neanche se lo conosco, lei ora mi sta dicendo che è un magistrato e io le rispondo che non sono mai stato giudicato da questo signore». La mamma di Luigi, Giuseppina, invece, ricorda bene il noto commensale: «Mi sarà capitato una o due volte di vedere quel giudice. Invece suo figlio avvocato ci è stato consigliato da un amico di Napoli. Ma dico io: se uno se la fa con i delinquenti, dite ecco se la fa con i delinquenti; se uno parla con una persona rispettabile non vi va bene uguale. Ma che cosa volete?».

Rivellini (FI): In UE difesa dei tifosi del Napoli che vengono continuamente discriminati

Rivellini (FI): In UE difesa dei tifosi del Napoli che vengono continuamente discriminati 



L’eurodeputato Enzo Rivellini (Fi/Ppe): «In Europa bisognerà proporre la regolamentazione del tifo calcistico, visto che ormai il football non è più un fenomeno locale e i tifosi, che per le partite internazionali si recano anche negli stadi stranieri, devono trovare regole univoche e valide in tutta Europa. Spero che i vertici del Governo e del calcio italiano, invece di continuare a fare chiacchiere, prendano spunto da direttive come quelle inglesi che hanno ridotto, negli anni, il fenomeno hooligans. Aspetto poi più importante: sarà mia cura difendere le ragioni dei tifosi napoletani che sono continuamente discriminati. Ricordando che l’art. 3 del Trattato Europeo prevede pari diritti e uguaglianza per tutti i cittadini, e ribadendo che i tifosi delle curve partenopee sono prima di tutto cittadini europei, mi adopererò per evitare che continuino fenomeni di razzismo nei nostri confronti. Le Curve azzurre, ovunque e comunque maggioranza non solo numerica negli stadi di tutta Italia, subiscono ingiurie e cariche, pur ammettendo che anche fra di noi ci sono degli isolati teppisti che sono ovviamente una esigua minoranza. Oggi si assiste negli stadi italiani, perfino in partite dove non gioca il Napoli, ad un nuovo sport preferito che è quello di offendere la nostra città e i nostri tifosi. Mi chiedo quindi perché, anche ammesso che ci siano isolati e brutti episodi addebitabili a qualche tifoso del Napoli, si finisca poi col punire solo il club azzurro mentre altri la fanno franca».

Golpe 2011, Berlusconi: "Sapevo tutto"

Golpe 2011, Berlusconi: "Sapevo tutto"



Dopo il retroscena svelato dall'ex ministro del Tesoro statunitense, Timothy Geithner, parla Silvio Berlusconi. Il Cav fa il punto sulle anticipazioni del libro di Geithner che svela le pressioni di alcuni big europei per far fuori da palazzo Chigi l'ex premier nel 2011. In un'intervista al Corriere.it, Berlusconi afferma: "Non sono sorpreso. Ho sempre dichiarato che nel 2011 nei confronti del mio governo, ma anche nei confronti del mio Paese, c’è stato tutto un movimento che era partito dal nostro interno ma poi si è esteso anche all’esterno per tentare di sostituire il mio governo, eletto dai cittadini, con un altro governo", dice Berlusconi. 

La congiura dello spread - Il Cav parla anche dello spread e di come sia servito a chi tramava alle sue spalle per spodestarlo dalla poltrona di premier: "Già nel giugno del 2011, quando ancora non era scoppiato l’imbroglio degli spread, il Presidente della Repubblica Napolitano riceveva Monti e Passera, come è stato scritto, per scegliere i tecnici di un nuovo governo tecnico e addirittura per stilare il documento programmatico. E poi abbiamo saputo anche che ci sono state quattro successive tappe di scrittura, con l’ultima addirittura di 196 pagine". 

Il ricordo - Poi un ricordo preciso: "Io avevo la contezza che stesse accadendo qualcosa e avevo anche ad un certo punto ritenuto che ci fosse una precisa regia. Al G-20 di Cannes, addirittura, amici e colleghi di altri paesi mi dissero: "Ma hai deciso di dare le dimissioni? Perché sappiamo che tra una settimana ci sarà il governo Monti…". E l’ha rivelato per esempio Zapatero in un suo libro che riguardava quel periodo".

La Troika - Infine il Cav parla di quando disse no alla Troika per far commissariare l'Italia:"Io devo dire che Obama si comportò bene durante tutto il G20. Noi fummo chiamati dalla Merkel e Sarkozy a due riunioni in due giorni consecutivi e in queste riunioni si tentò di farmi accettare un intervento dal Fondo Monetario Internazionale. Io garantii che i nostri conti erano in ordine e non avevamo nessun bisogno di aiuti dall’esterno e rifiutai di accedere a questa offerta, che avrebbe significato colonizzare l’Italia come è stata colonizzata la Grecia, con la Troika". Insomma dopo le rivelazioni de "Ammazziamo il Gattopardo" di Alan Friedman e quelle di Geithner, probabilmente la nostra storia recente va riscritta da capo. 

Alta tensione a Ballarò. Renzi va da Floris e finisce male: "Ho avuto uno scontro violento"...

Renzi e lo "scontro violento" a Ballarò con Floris



L'ennesima intervista di Matteo Renzi a Ballarò si trasforma in un regolamento di conti tra il premier e Giovanni Floris sulla spending review voluta dal governo anche in viale Mazzini. "Ho avuto una discussione accesa. C’è stato uno scontro violento sulla Rai". A raccontarlo è lo stesso Renzi al direttore di Libero Maurizio Belpietro, ospite anche lui del talk show di Rai Tre. Lo "scontro violento" sarebbe avvenuto nel centro di produzione Rai di via Teulada. Secondo quanto racconta Renzi col conduttore ci sarebbe stato un vivace botta e risposta con Giovanni Floris sul contributo che il governo chiede al servizio pubblico per la spending review.

I tagli a viale Mazzini - Sulla Rai Renzi ha le idee chiare: "La Rai deve decidere che cosa fare, mi vogliono bene perchè ho chiesto alla Rai di partecipare alla spending review... Mediaset appartiene a Berlusconi, la Rai allo Stato. Appartiene a tutti i cittadini e non agli esponenti politici per questo ho deciso di non mettere mai bocca sui palinsesti e si conduttori e sui direttori. La Rai può vendere Raiway, ha venti sedi regionale: si può essere certi che nelle sedi regionali non ci siano sprechi? I dirigenti pubblici hanno un tetto, le sembra normale che la Rai sia l’unica entità statale a non partecipare alla spending?". "È arrivato il momento che sia qualcosa anche la Rai, mi dispiace ma è cosi". Insomma a quanto il piano di tagli voluto da Renzi non piace a Floris che avrebbe contestato la linea del premier. Renzi comuqnue nel corso del suo intervento ha parlato anche di Expo: "Ci vuole interdizione dai pubblici uffici e abbiamo chiamato il capo della Autorità anti corruzione, Raffaele Cantone, per controllare e vigilare le carte di tutto gli appalti rimasti in essere. C’è stato chi ha lucrato per milioni di euro, ma se mi domandano che effetto mi ha fatto rivedere i nomi di Frigerio e Greganti, rispondo che mi sono sentito crollare il mondo addosso".

Attacco a Grillo - Poi il premier spara su Grillo e lo punge proprio sulla sua presenza in Rai: "Espelleranno Grillo perchè va a Porta a Porta?". Sul suo rapporto col Cav, Renzi invece assicura che "il patto per le riforme sarà rispettato anche da Forza Italia". Infine però, nonostante la mano tesa per le riforme, Renzi chiude il suo intervendo attaccando Silvio e Grillo: "Loro gridano, il Pd eve governare, è questa la differenza". Ma scorda di dire ancora una volta cosa realmente intende fare. Perchè il tempo delle televendite è ormai scaduto. 

martedì 13 maggio 2014

On. Comi (FI): Renzi vuol contare in Europa ma non ha un ministro per le politiche comunitarie

On. Comi (FI): Renzi vuol contare in Europa ma non ha un ministro per le politiche comunitarie 


a cura di Gaetano Daniele 



Made in, iva unificata e fisco europeo: al fianco di Confcommercio per portare avanti queste battaglie in sede europea

"Nel giorno in cui il premier Renzi è a Milano per rinnovare il suo appoggio a Expo 2015 - che definisce un appuntamento internazionale imperdibile per l'Italia - vorrei ricordare che a Bruxelles ci sono parlamentari impegnati con un lavoro quotidiano a difendere gli interessi e le eccellenze italiane. Mentre il nostro governo non ha ritenuto nemmeno di eleggere un ministro per le Politiche Comunitarie. Dov'è il Governo Renzi, ogni volta che servono interventi, convocazioni di tavoli, incontri con le associazioni di categoria? Fin quando l'Europa non sarà al centro delle politiche del governo italiano, sarà sempre complesso occupare il posto che il nostro Paese merita nel contesto globale". Lo ha dichiarato l'Onorevole Lara Comi, eurodeputata e candidata alle Europee 2014 con Forza Italia, intervenendo a Milano alla presentazione, presso la sede di Confcommercio, del Manifesto per l'Europa.



"I dodici punti che compongono il Manifesto - ha proseguito l'Onorevole Comi - riassumono alcune delle battaglie che ho portato avanti in questi 5 anni e su cui intendo continuare a battermi e mi trovano quindi completamente d'accordo: la tutela del made in, innanzitutto, per combattere un mercato, quello del falso, che vale 17 miliardi e comporta una perdita di 185 mila posti di lavoro. Siamo riusciti a imporre l'obbligatorietà del marchio d'origine per i prodotti extra Ue, ora va vinta la battaglia in sede al Consiglio sinora bloccata dagli interessi della Germania. E poi la creazione di un fisco europeo: servono norme comuni e quindi una sola aliquota Iva. E infine, un accesso più regolare e concreto ai fondi europei, di cui l'Italia riesce a spendere solo la metà. Peggio di noi fanno soltanto Malta, Romania e Croazia".

Brunetta incalza Napolitano: "La democrazia è sospesa". E Romani: "Sovvertita indebitamente la volontà popolare"

Golpe bianco contro Berlusconi, Forza Italia: "Aprire commissione d'inchiesta"


di Sergio Rame



Brunetta incalza Renzi: "La democrazia è sospesa. Venga a riferire in parlamento". E Romani: "Sovvertita indebitamente la volontà popolare"


Le inquietanti rivelazioni dell'ex segretario del Tesoro americano, Timothy Geithner, sono la gravissima conferma di quel che Silvio Berlusconi e tutta Forza Italia denunciano da anni. Al G20 del 2011 funzionari europei chiesero agli Stati Uniti di aderire a un "complotto" per far cadere il Cavaliere. E, a fronto della drammatica conferma di un complotto che ha minato la democrazia italiana, i capigruppi di Forza Italia Renato Brunetta e Paolo Romani hanno chiesto "con ogni forza, solennità e urgenza" a Matteo Renzi di "venire a riferire in parlamento" e al parlamento di istituire una Commissione di indagine dotata dei più ampi poteri che la Costituzione le assegna, per far luce sul complotto che nel 2011 ha portato alle dimissioni di Berlusconi da Palazzo Chigi.

Dall’America di Obama è arrivata oggi la prova decisiva del golpe europeo contro l’Italia per abbattere Berlusconi. "Siamo francamente meravigliati che nessuna procura abbia aperto un fascicolo dinanzi all’evidenza di un attentato contro la Costituzione dello Stato", commenta amaramente Brunetta sottolineando come dopo quei fatti del 2011 "la democrazia è sospesa". "La estromissione politico-giudiziaria del leader di Forza Italia - incalza - è il coronamento di quella trama". Così, mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Renzi restano in silenzio, il parlamento deve assumersi l'impegno di indagare. Nella sua lunga disamina il capogruppo di Forza Italia alla Camera rileva che "questo è un fascicolo che, se è una persona perbene, deve aprire anzitutto uno dei beneficiari 'a sua insaputa' di questo abuso". E a Napolitano chiede: "Può stringersi nelle spalle e far finta di nulla dinanzi a questo attentato gravissimo alla nostra sovranità nazionale e alla nostra Costituzione? Può il parlamento limitarsi a votare inutili fiducie a provvedimenti marginali o cimentarsi con riforme istituzionali rappezzate, ignorando questi fatti?".

Durissimo anche il commento di Romani. "Nell’autunno del 2011 furono messe in atto delle vere e proprie manovre sotterranee contro la democrazia, ai danni del nostro leader e degli italiani", dichiara il presidente dei senatori di Forza Italia. Dopo le precedenti rivelazioni di Alan Friedman, tocca a Geithner mettere l sigillo a quella che ormai si può a tutti gli effetti definire una cospirazione internazionale. Tanto che Romani ci tiene a ricordare come Berlusconi, "scelto dai cittadini attraverso il voto", sia stato sostituito con "il tecno-esecutivo (gradito a Napolitano e a Bruxelles) dell’ex commissario europeo, non ancora senatore a vita, Mario Monti". "Un vero e proprio accerchiamento politico, istituzionale, economico e finanziario che con un colpo di mano sovvertì indebitamente la volontà popolare", conclude Romani chiedendo con forza "un’indagine parlamentare seria, profonda e meticolosa" per fare piena luce sull’intera vicenda.

Quindici cassaintegrati di Pomigliano d'Arco trasformano l'ad in un teppista: "Il piano è un bluff"

Cartelli choc alla Fiat: "Marchionne a' carogna"


di Carmine Spadafora 
(Carminespadafora@gmail.it)



Quindici cassaintegrati di Pomigliano d'Arco trasformano l'ad in un teppista: "Il piano è un bluff"


Pomigliano d'Arco - Antonino Speziale e Gennaro De Tommaso, dieci giorni dopo. Trasformati da cattivi ragazzi in vite da riciclare e sfruttare per la lotta di classe. L'ormai tristemente immagine di Gennaro 'a carogna (il capo di uno dei gruppi ultras del San Paolo ritenuto tra i più violenti, i «Mastiffs»), appollaiato sui cancelli dell'Olimpico, intento a dare ordini alla curva (e a trattare con lo Stato il fischio d'inizio della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina) è stata usata dai militanti del «Comitato di lotta cassintegrati e licenziati Fiat» (nostalgici ultras della falce e martello) per contestare il numero uno dell'azienda torinese, Sergio Marchionne. Ma, con qualche aggiustatina. Al posto del volto del signor Gennaro, quello dell'odiato amministratore delegato stampato su manifesti, quasi a grandezza umana, con indosso la tristemente nota maglia nera, con scritta gialla «Speziale libero». L'ultrà del Catania condannato a otto anni di carcere per l'omicidio preterintenzionale del valoroso ispettore di polizia, Filippo Raciti.

La protesta è andata in scena davanti ai cancelli non dello stadio San Paolo ma della Fiat di Pomigliano d'Arco (Napoli). Folla da stadio, almeno? Macché. Solo una quindicina di ultrà non azzurri ma rossi, che ormai da un decennio cercano proseliti tra le catene di montaggio ma, con scarsi risultati, considerato il numero esiguo dei partecipanti alle loro manifestazioni. Chissà che invidia avranno provato verso Gennaro 'a carogna, che invece in mondovisione comandava una curva intera dell'Olimpico di Roma e con un cenno della testa faceva segno «si, si può giocare». Ieri mattina il Comitato di lotta ha steso davanti ai cancelli Fiat uno striscione lungo 5 metri, sul quale erano stati incollati otto manifesti tutti uguali, raffigurante 'a carogna col volto di Marchionne. E sotto la foto, su sfondo, rigorosamente «rosso», la scritta enorme: «Marchionn, chi è 'o carogn?».

Lo striscione, osservato distrattamente da chi si era svegliato all'alba per andare a lavorare, non ha avuto il successo sperato. Mattinata tranquilla per gli agenti del commissariato di Acerra e dalla vigilanza Fiat, che hanno tenuto d'occhio i manifestanti. Lo striscione era sostenuto da una mezza dozzina di militanti che indossava una maglietta nera (blasfemo), con la scritta «Speziale libero», come vorrebbero ultras napoletani e catanesi e ora anche i nostalgici della falce e martello. Sotto la scritta, «Marchionne dimettiti il tuo piano è un bluff». Insomma, la trovata di sfruttare la notorietà di due ultrà, che in pochi vorrebbero avere come figli, non è riuscita agli ultrà della curva Fiat. Alla prossima protesta. Magari con un bel lancio di banane. Chissà.