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mercoledì 7 maggio 2014

Riforma del Senato, è caos totale. Renzi sotto, Forza Italia lo salva. Giallo sulle dimissioni della Boschi

Riforma del Senato, è caos totale. Renzi sotto, Forza Italia lo salva. Giallo sulle dimissioni della Boschi 



La maggioranza si spacca sulla riforma del Senato. Alla fine, dopo una giornata difficilissima, passa il testo base del governo con 17 voti a favore e 10 contrari in Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Decisivi i voti di Forza Italia, ed è un segnale importante al premier Matteo Renzi. Attento, perché il Pd può tenderti trappole ad ogni voto e sulle riforme puoi contare solo su di noi.

Maggioranza sotto - Vero, perché poche ore prima del voto definitivo era arrivato un altro segnale, molto inquietante: la maggioranza era andato sotto sull'ordine del giorno del leghista Roberto Calderoli che di fatto proponeva un "Senato elettivo" in netto contrasto con il testo del governo. Anche in questo caso decisivo l'apporto degli esponenti di Forza Italia, che insieme all'opposizione (Sel e 5 Stelle) e grazie all'astensione del democratico Mineo e al sì del presidente dei Popolari per l'Italia Mario Mauro avevano portato allo "sgambetto". L'ordine del giorno di Calderoli prevede "senatori regionali eletti in ciascuna regione in proporzione alla popolazione, contestualmente all'elezione nel rispettivo consiglio regionale o di provincia autonoma". Il testo prevede anche la soppressione dei senatori a vita e stabilisce di prevedere oltre ad un elenco delle materie di competenze statali, un elenco di materie di competenza esclusiva delle Regioni. Fra queste il governo del territorio e l'urbanistica, le infrastrutture del territorio regionale, la promozione dello sviluppo economico locale, scientifico e tecnologico nei diversi settori, turismo di ambito regionale, tutela della salute e organizzazione dei servizi sanitari, organizzazione dei servizi scolastici e ordinamento degli enti di area vasta. Tutti punti non previsti dal ddl approvato dal Consiglio dei ministri che il governo aveva, di fatto, cercato di blindare per evitare scherzi in Commissione. Missione fallita, perché il testo finale è passato col fiatone.

Il giallo Boschi - Sul punto nel pomeriggio si è creato un vero e proprio giallo sulle dimissioni di Maria Elena Boschi. Di fronte alle tensioni della maggioranza, intorno alle 19 si sparge la voce della "minaccia" del ministro delle Riforme ai membri del Pd nella commissione diretta da Anna Finocchiaro: o si prende come testo-base per la discussione il ddl approvato dal Consiglio dei Ministri oppure è pronta a rassegnare le dimissioni, con il risultato che mercoledì il premier Matteo Renzi sarebbe dovuto salire al Colle per verificare con il presidente Giorgio Napolitano il da farsi. "Non l'ho mai detto", è la secca smentita della stessa Boschi all'agenzia di stampa Adnkronos, qualche minuto dopo. Ma la situazione resta critica.

La difficile intesa - "Stiamo andando ad un accordo. Il governo ha presentato un testo in Consiglio dei Ministri. La maggioranza lo sosterrà - assicurava il ministro -. Abbiamo aperto a modifiche che verranno individuate in un ordine del giorno. Non la diamo vinta a Calderoli". I 5 Stelle Endrizzi, Morra e Crimi l'hanno pizzicata: "La Boschi lancia minacce a vuoto di crisi di governo ma c'è solo un governo in crisi d'immagine". Al di là della smentita del ministro, in effetti, l'impressione è che Pd, maggioranza e governo sulla riforma del Senato rischino molto. Al lavoro sul provvedimento oggi sono stati i due relatori, Finocchiaro e il leghista Calderoli, e per votare il testo base sono necessari 15 ok in commissione. Forza Italia sarebbe orientata a non votare il testo del governo, se diventa questo la base di lavoro per la Commissione e valuterà se dare il suo sì ad un eventuale odg dei relatori. Ad auspicare un testo condiviso anche il Pd Corradino Mineo: "Ogni volta che mi allontano - dice con una battuta - arriva una strana cosa" che cambia tutto. Votare il testo del governo? "Sarei molto in difficoltà", osserva. Non ha mentito.

martedì 6 maggio 2014

8 Maggio, incontro con l'On. Lara Comi. Tema: "Lavoro e opportunità in Europa"

8 Maggio, incontro con l'On. Lara Comi. Tema: "Lavoro e opportunità in Europa"

A Cura di Gaetano Daniele




L'8 maggio alle 16.30, presso il suo point elettorale in Corso Buenos Aires angolo via Redi a Milano, l'Onorevole Lara Comi organizza l'incontro "Lavoro e Opportunità in Europa", insieme a Valentina Aprea, assessore Regione Lombardia e Istruzione, formazione e lavoro.

Sarà l'occasione per raccontare quali e quante sono le opportunità offerte dall'Europa ai giovani

Ci sono migliaia di posti di lavoro, al Parlamento, che nessuno occupa perchè non ne è a conoscenza o perchè, spesso, le procedure da seguire per candidarsi sono ermetiche. E lo stesso dicasi per i fondi erogati a favore delle start up e delle micro imprese giovanili.

  • L'ingresso è libero
  • Tutti sono invitati a partecipare 


L'On. Comi è a disposizione l'8 Maggio, per interviste e approfondimenti, non mancare

Incontro candidati Europee presso Confindustria Caserta, Rivellini: Scontro con Pina Picierno... Ma lei ha avuto 80 euro!

Incontro candidati Europee presso Confindustria Caserta, Rivellini: Scontro con Pina Picierno... Ma lei ha avuto 80 euro!



L’eurodeputato Enzo Rivellini, candidato alle elezioni europee nella lista FI/Berlusconi, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Al confronto con i candidati alle europee nei giorni scorsi a Caserta presso Confindustria, dopo aver ascoltato chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere, sono intervenuto per dire le seguenti cose:

1) Bisogna votare la persona, verificando il lavoro che ognuno ha svolto;

2) Occorre sottoscrivere, unitamente alle proposte di Confindustria, anche la mia proposta di uno Statuto Europeo dei Lavoratori, perché non possiamo permettere ai Paesi aderenti alla Comunità Europea di avere un costo del lavoro, una sicurezza sul lavoro e una burocrazia in materia diverse tra loro. Ciò infatti determina concorrenza sleale;

3) Occorre abolire l’attuale sistema di formazione professionale. Occorre affidare i fondi Ue direttamente alle aziende che potranno assumere, con regolare contratto, i giovani;

4) Bisogna dare la possibilità anche alle Associazioni di Categoria come Confindustria di accedere ai fondi indiretti;

Naturalmente ho proposto che tutti i prossimi eletti al Parlamento Europeo non facciamo come gli ultimi Premier (Monti, Letta, Renzi) che hanno chiesto alla Merkel il permesso anche per fare la pipì. Ed infine un simpatico siparietto si è consumato alla domanda del moderatore dell’incontro di stamani, ovvero se io ero pronto a votare un deputato italiano anche di un altro schieramento per la prossima presidenza del Parlamento.

Ho risposto di aver già votato Gianni Pittella Vice-Presidente nella legislatura che volge al termine e poi estraendo 80 euro dal portafoglio ho detto che avrei votato Pina Picierno se con questi soldi mi avesse spiegato come fare la spesa per ben due settimane. In sala hanno riso tutti, tranne ovviamente la stessa Picierno».

Sono troppe le gaffe di Alfano: serve un ministro dell'Interno

Sono troppe le gaffe di Alfano: serve un ministro dell'Interno


di Stefano Filippi


Dalla crisi diplomatica con il Kazakhstan agli sbarchi ininterrotti fino alla trattativa con gli ultrà



Povero Angelino Alfano. Ci mancava soltanto Genny 'a Carogna per complicargli la già travagliata vita da ministro. Fra una crisi internazionale con il Kazakhstan e le imbarcate di clandestini disperati, il capo degli ultras del Napoli che detta le condizioni per disputare una partita è come il bambino della favola di Andersen che urla «Il re è nudo». Lo sapevano già tutti, ed ecco una circostanza imprevista che fa crollare il palco delle ipocrisie e delle convenienze. Il ministro è nudo (metaforicamente parlando) ma continuerà a sfilare come se nulla fosse, e molti insisteranno imperterriti a fare finta di nulla. Silvio Berlusconi, il primo a smascherare l'assenza del «quid», stroncò come leader politico l'ex guardasigilli. Ma ora il giudizio si estende alla sua azione al Viminale, dove si è chiuso da un anno prima con Enrico Letta e poi con Matteo Renzi. E nemmeno da titolare dell'Interno Alfano riesce a esibire quel benedetto «quid». Il primo campanello d'allarme suonò con lo scandalo del rimpatrio di Alma Shalabayeva e della figlioletta, un intrigo diplomatico culminato nel blitz dell'espulsione che costò la testa di due alti funzionari del Gabinetto del ministro.

Alfano invece l'ha scampata. Disse che non sapeva, non era stato informato dai sottoposti. Se conservò la poltrona al Viminale deve ringraziare una sola persona: il presidente Giorgio Napolitano. Il quale vegliava con tutti i suoi poteri sul fragile governo Letta e decise che il suo governo non poteva rischiare il naufragio dopo appena tre mesi dal varo. E Angelino continuò a inanellare gaffe. Una mattina dello scorso marzo si è presentato in tv con la solita faccia seria annunciando con enfasi che le forze dell'ordine stavano dando una caccia serrata al killer che aveva massacrato tre bambini a Lecco. Tutta Italia sapeva da un paio d'ore che l'omicida era la madre: tutti tranne Alfano. Cattureremo l'omicida, e intanto la donna era già sotto torchio in caserma. Soltanto alle 17 il ministro cinguettò la notizia su Twitter. Come per la Shalabayeva, ecco un altro caso di mancata comunicazione tra ministro e inquirenti, uno squarcio di preoccupazione su come funziona la catena di comando e la trasmissione delle informazioni al ministero dell'Interno.

Episodi che rappresentano una metafora della lontananza di Alfano dal Paese reale. Ma quante cose si svolgono all'insaputa di Mister Quid? Egli non sapeva nemmeno, lo scorso febbraio, di aver copiato pari pari da Sinistra e libertà uno slogan elettorale. Il compagno Angelino aveva infatti chiesto la riduzione delle tasse su famiglie e imprese lanciando l'hashtag #lastradagiusta, slogan già utilizzato da Sel. La gestione dell'emergenza immigrazione è un manuale di come non ci si deve comportare. Parola di Giovanni Pinto, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, che una settimana fa ha ammesso: «L'operazione Mare Nostrum ha dato risultati eccellenti anche se ha incrementato le partenze dalla Libia». Alfano non è riuscito a evitare l'emergenza: dall'inizio dell'anno gli sbarchi hanno raggiunto quota 25mila. L'anno scorso erano stati 43 mila e nel 2011, anno di massima crisi per lo scoppio della primavera araba e il colpo di stato in Libia, gli approdi furono 65mila. Un record che, di questo passo, potrebbe essere agevolmente battuto. Pare addirittura che la presenza di navi italiane abbia consentito ai mercanti di carne umana di ridurre le pretese economiche, perché ci pensa la nostra Marina militare a completare le operazioni di traghettamento. In compenso, in un'assemblea del Ncd Alfano si è intestato il merito del fermo di Marcello Dell'Utri in Libano nelle ore in cui a Roma, messa sottosopra da scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, un agente (poi definito «un cretino» dal capo della polizia) ha calpestato un ragazzo scambiandolo per uno zainetto. Ed eccoci a sabato, con la trattativa stato-ultras e il Viminale che, come il solito, non ha visto nulla. All'Interno serve un ministro. Che possibilmente non si chiami Alfano.

Santoro risponde a Grillo: "O ci rispetta o lo ripagheremo con la stessa moneta".

Santoro risponde a Grillo: "O ci rispetta o lo ripagheremo con la stessa moneta"


"O Grillo impara a rispettare noi, o ripagheremo con la stessa moneta - ma non con la stessa tecnica". Michele Santoro mette nel mirino Beppe Grillo. Il teletribuno risponde così al leader pentastellato che qualche giorno fa aveva etichettato Santoro come  "giornalista del giorno", colonna dell'infamia del blog 5 Stelle, reo, secondo i grillini, di aver ospitato nella puntata di Servizio pubblico del 1 maggio un operaio della Lucchini, l'acciaieria di Piombino che si appresta a chiudere i battenti. Ora Santoro risponde all'attacco del comico genovese durante la presentazione di AnnoUno, il nuovo programma di La7 condotto da Giulia Innocenzi. "

Cique stelle re del gossip - Poi prosegue: "I Cinque Stelle sono diventati bravi con il gossip, una sorta di Casaleggio-Dagospia contro gli avversari", commenta il conduttore televisivo. Poi aggiunge: "Mi auguro che Grillo dismetta questi toni illiberali, è un politico e non può più parlare come un comico. Quando si parla di peste rossa, Grillo usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi. Potrebbe finire come in Egitto", dice Santoro. "Non credo che Grillo abbia merito per dare giudizio morale sugli altri. Online si sta creando una sorta di piazza Tahrir anti istituzionale a prescindere. I talk show soffrono anche di questo". 

Il futuro - Infine Santoro parla anche del suo futuro. "Ho avuto all’inizio di quest’anno un lungo confronto con il nostro editore, Urbano Cairo, perchè ero molto scettico se continuare o meno con Servizio pubblico l’anno prossimo: ritenevo infatti che fosse un ciclo concluso. Invece Cairo ha insistito molto perchè io continuassi e alla fine sono stato contagiato e ho ceduto alle sue richieste". 



Ornella Vanoni e Loredana Bertè show: lite ad Amici

Ornella Vanoni e Loredana Bertè show: lite ad Amici 



Due icone della musica italiana e due caratterine che non le mandano di certo a dire. Anzi se le dicono. Ieri, durante la sesta puntata del serale di Amici Ornella Vanoni e Loredana Bertè si sono punzecchiate davanti a Maria De Filippi. Il motivo? Questioni canore.

Il battibecco - La sfida è tra la squadra bianca e quella blu. I bianchi, del coach Miguel Bosè, si sono esibiti con la Vanoni mentre con la squadra Blu, del coach Moreno,c'era la Bertè. A conclusione dell'esibizione comparata con i giovani concorrenti la Vannoni lancia la fracciatina: "Io sono qui per i ragazzi, mentre la Bertè ha cantato sopra i ragazzi". La risposta della Bertè non si fa attendere: "Ho cantato qualche volta sopra i ragazzi, ma perchè il pezzo lo permette". Da qui uno screzio tra le due signore che sfocia in una sfida canora. Le due big iniziano a cantare a botte di pezzi musicali sfidandosi per avere l'applauso del pubblico.

L'intervento della pacera - Maria De Filippi ha cercato di intervenire in questo piccolo battibecco sottolineando che "le signore non sono in gara". "Sono sopraffatta", ha ammesso ad un certo punto la conduttrice. Tutto poi è finito con un abbraccio tra le cantanti.

lunedì 5 maggio 2014

Macché Bruxelles, il voto è sul governo

Macché Bruxelles, il voto è sul governo


di Vittorio Feltri

L'Editoriale di Vittorio Feltri

Gli italiani non guarderanno ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra


Tra 20 giorni si vota per rinnovare il Parlamento europeo, ma in Italia (e forse non solo in Italia) non si parla di questioni continentali, la cui sostanza probabilmente sfugge a tutti o quasi. Si preferisce discettare - more solito - di Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Gli elettori e gli stessi politici coinvolti nella campagna elettorale trascurano Bruxelles e Strasburgo e puntano a Roma, al governo nazionale. Basta sfogliare i giornali o accendere il televisore per comprenderlo: i commenti scritti e i talk show sono dedicati alle nostre faccende interne, complesse e perfino drammatiche, ma che con l'appuntamento del 25 maggio non c'entrano nulla.

Cosicché coloro che si recheranno a breve ai seggi non guarderanno, nel dare la preferenza a questo o a quel partito, ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra. Il risultato fornito dalle urne non servirà pertanto a modificare - non diciamo migliorare - i comportamenti dei soloni europei, da cui dipendono le fortune (poche) e le sfortune (tante) delle istituzioni comunitarie. Assolutamente no. Al massimo lo spoglio delle schede sarà decisivo per misurare il gradimento dell'opinione pubblica circa l'operato del governo in carica, e indicheranno quale sarà il destino del Pd, di Forza Italia e del Movimento 5 stelle.

C'è una dicotomia tra gli elettori e i partiti che dovrebbero rappresentarli. I primi (circa il 50 per cento) non fanno mistero della propria ostilità nei confronti dell'euro e dell'Europa; i secondi non osano invece esprimere dubbi sulla propria fedeltà al progetto (semiabortito) comunitario, vergognandosi all'idea di apparire scettici o, peggio, antieuropei tout court. In pratica, le forze politiche - comprese quelle che si presentano in veste pseudorivoluzionaria - aderiscono acriticamente al piano di rafforzamento della Ue e affermano di volerlo realizzare, ma non sanno come realizzarlo e ignorano addirittura se sia auspicabile un sistema federale o non piuttosto un modello sovrannazionale da definirsi.

Anche gli europeisti più convinti (a parole) evitano di proporre un programma per passare dalla fase comunitaria sperimentale a quella effettiva. Se ne stanno tutti zitti e coperti in attesa di capire come sia possibile avere una moneta unica senza avere uno Stato unico (America docet). Si va avanti alla carlona, a spanne, confidando in un miracolo: e cioè che i Paesi membri si amalgamino e trovino prodigiosamente la tecnica per far convivere cani e gatti. Ma le soluzioni miracolistiche sono altamente improbabili.
Frattanto regna la confusione; numerose persone - direi la totalità - identificano nella cancelliera tedesca, Angela Merkel, la responsabile delle magagne europee, quasi che la Germania non fosse uno Stato membro, un Paese uguale agli altri, ma una sorta di traino meritevole di avere la leadership dell'intero continente. Difatti, quando un antieuropeista desidera sfogarsi contro la Ue, non insulta Bruxelles, bensì Berlino; si scaglia contro la Merkel sicuro che ella sia avviata a costituire il Quarto Reich. Può darsi che miri a questo, ma chi impedisce agli altri Paesi di mandarla al diavolo e di staccarsi dalla Ue?

La verità è che siamo succubi - noi italiani e molti altri popoli - della superiorità organizzativa e culturale dei tedeschi, li invidiamo, li temiamo e, quindi, odiamo la Merkel, considerandola simbolo di un primato che non digeriamo. In assenza di un disegno alternativo a questa Europa, e in mancanza di coraggio per rifiutarla nonché della forza per studiarne un'altra più corretta, nascondiamo la testa sotto la sabbia e aspettiamo eventi. Quali? Chi s'illude che Renzi riesca a imporsi sulla cancelliera, chi auspica un ritorno di Berlusconi alla grande, chi sogna Grillo che marcia su Berlino in sella a un cavallo bianco e fa giustizia dopo aver sfasciato lo sfasciabile.

Nel frattempo c'impegniamo anima e corpo nelle nostre sempiterne beghe caserecce, gli uni addosso agli altri, tutti accecati dalla rabbia e incapaci di tutelare gli interessi nazionali. E per distrarci dibattiamo se sia più carina Mara Carfagna o Maria Elena Boschi, se vinceranno gli astensionisti o i grillini.
Non ci rendiamo neanche conto che, se siamo conciati così, è solo colpa nostra.