Amara sorpresa per le casse del Pd. Nel 2015 sono crollati i contributi di gran parte dei parlamentari e degli eletti, che hanno stretto decisamente la cinghia e tagliato al primo posto quella tassa che avevano versato al partito di appartenenza l' anno precedente. Ci sono casi diversi di grande generosità ritrovata, ma l' andamento generale è quello del braccino corto.
Certo, l' esempio non viene dall' alto: Matteo Renzi non ha versato nemmeno un centesimo del suo stipendio pubblico alle casse del partito che guida. Ma non l' aveva fatto nemmeno nel 2014, e quindi il Pd non ne ha risentito particolarmente. Il taglio più sensibile è arrivato dal vicesegretario del partito, Debora Serracchiani e dal presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta. Entrambi nel 2015 si sono allineati al proprio leader: non hanno versato nemmeno un centesimo del loro stipendio al partito nazionale e secondo le dichiarazioni congiunte trasmesse alla tesoreria delle Camere secondo gli obblighi di legge il 31 marzo scorso, non hanno versato nemmeno alle federazioni locali. In questo caso il danno c' è stato: l' anno precedente dalla Serracchiani erano arrivati 17.100 euro e da Crocetta 15 mila.
Altro buco arriva da Enrico Letta, che nel 2014 nonostante tutto aveva versato 18 mila euro e nel 2015 si è limitato a 6 mila euro (-66,66%). Ma il caso è diverso da tutti gli altri: per come è stato trattato da Renzi, è già un miracolo che Letta si sia tassato per il partito per così tanto tempo. E in ogni caso nel 2015 ha lasciato la politica attiva e anche il seggio che aveva alla Camera dei deputati per andare in Francia a fare il professore.
Dall' elencone dei finanziamenti dei vip del partito arriva un' altra sorpresa: i primi ad avere ridotto sensibilmente la «tassa» per il Pd sono i fedelissimi del premier nonché leader del partito. Svetta la caduta dei versamenti di Maria Elena Boschi (-21,73%), che oggi versa come una ordinarissima eletta i 18 mila euro l' anno previsti per tutti, contro i 23 mila euro donati l' anno precedente.
Anche Pierluigi Bersani, il leader della minoranza del partito, ha deciso di risparmiare un po' (-8,33%), ma versa più della Boschi: 20.350 euro contro i 22.200 euro dell' anno precedente.
Fra i re del taglio del contributo al partito non poteva mancare l' uomo simbolo della spending review: Yoram Gutgeld, detto Mani di Forbice. Come consulente del governo non è riuscito a fare altro che tagliuzzare un po' di spesa pubblica. Come consulente di se stesso è invece stato straordinario: nel 2014 spendeva per il suo partito 41.500 euro, l' anno successivo il contributo è sceso a 16 mila euro (-61,44%), una cifra che è perfino inferiore di 2 mila euro a quella dovuta da tutti i parlamentari. Deve avere dato buoni consigli anche alla responsabile comunicazione del Pd, Alessia Rotta, detta Rottweiller per una certa grinta di cui abbonda nelle frequenti comparsate tv: nel 2014 versava 41.500 euro come Gutgled, ora è scesa a 16.500 euro (-60,24%). Taglio sensibile al contributo anche per il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che è passato da 40.200 agli ordinari 18 mila euro di tassa per il partito (-55,22%). Ha fatto la sua spending review anche il vicepresidente del partito, Lorenzo Guerini, che è sceso da 36.795 a 18 mila euro (-51,08%). E fra i campioni della spending review ci sono anche fedelissimi renziani come Vincenzo Amendola (-46,4%), Emanuele Fiano (-44,95%), Ivan Scalfarotto (-27,27%), Luca Lotti (-21,3% come la Boschi), Alessia Morani (-10%), Marianna Madia e Roberto Giacchetti (-5,26%) e perfino Francesco Bonifazi (-45,32%), che del Pd è pure tesoriere. Versavano il minimo dovuto (18 mila euro) e hanno continuato a farlo invece Rosy Bindi, Paolo Gentiloni, il presidente del partito Matteo Orfini, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro, Guglielmo Epifani e il capogruppo del Senato Luigi Zanda. Nessuna variazione per Giorgio Tonini, senatore renziano che però versava e versa al partito una cifra considerevole: 30 mila euro l' anno.
Ci sono nel Pd però anche esempi opposti di virtuosismo e generosità. La campionessa è il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che nel 2014 versava 19.725 euro e nel 2015 si è proprio svenata: 60.555 euro al partito, con un incremento del 206,99%.
Secondo posto per un renziano non allineato come Matteo Richetti: versa 22 mila euro contro i 10 mila dell' anno prima (+120%). Ma campione di generosità è anche Ettore Rosato, capogruppo alla Casmera: già si era svenato nel 2014 (42 mila euro), ma nel 2015 ha donato al suo partito ben 57 mila euro (+35,71%). Incrementi pure da parte di Davide Faraone (+54,54%) e perfino da parte del superdissidente Miguel Gotor (+2,25%). Hanno versato per la prima volta l' obolo il renziano Ernesto Carbone (12 mila euro), Khalid Chaouki (6 mila), e i neoconvertiti Gennaro Migliore (18 mila euro) e Andrea Romano (braccino più corto: 13.500 euro).