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mercoledì 2 marzo 2016

LA PREVISIONE DI SOCCI Nozze gay: "Saranno fatali" Ecco chi la pagherà (cara)

Le unioni gay costeranno care a Renzi. Si apre la guerra contro i cattolici


di Antonio Socci
Twitter @AntonioSocci1


Antonio Socci

Dopo l' approvazione della legge Cirinnà, Matteo Renzi ha dichiarato: «Ha vinto l'amore». L' amore per le poltrone (ha chiosato qualche maligno, pensando pure ad Alfano e Verdini). Avrebbe potuto fare un figurone citando Virgilio: «Omnia vincit amor et nos cedamus amori» («L' amore vince tutto, anche noi cediamo all' amore»). Ma anche questa si prestava alla parodia: come non cedere all' amore della poltrona?

È evidente che nel Giglio magico - secondo gli oppositori cattolici, ma anche secondo gli oppositori di Sinistra - si applica la filosofia ispirata a un fiorentino antico, Niccolò Machiavelli, e a uno dei giorni nostri: Denis Verdini, che, per la Sinistra snob, è indigeribile, mentre a Renzi va benone. Matteo non ha l' intralcio di una cultura politica - e di una Chiesa solida - che invece avevano nella Dc di De Gasperi e Dossetti, di Mattei, Moro e Fanfani. Non ha l' impiccio di grandi principi che possono ostacolare la sua azione e il suo potere.

Renzi è un cattolico light, professa la «politica del fare» (come ripete sempre Crozza) e una fede «politically correct», relegata alla vita privata e quindi culturalmente e politicamente irrilevante. Più che l' utopia evangelica di La Pira ricorda la brillante facondia di Leonardo Pieraccioni.

Nel popolo del Family day si dice che il cattolicesimo di Renzi resta a livello di «etichetta» non di etica, perché un' etica politica poi pretende di determinare i contenuti dell' azione e di non tradire i propri valori. Monsignor Giovanni D' Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, ha dato voce al pensiero di tanti cattolici: «Abbiamo un Presidente del Consiglio che si reputa cristiano, ma sinceramente non so cosa gli sia rimasto di cristiano quando gli sento fare certi ragionamenti. Oggi molti si dicono cristiani senza più esserlo e questo è il vero pericolo della nostra società».

Con «l' operazione Cirinnà», Renzi non ha solo acceso le polveri degli oppositori di Sinistra, ma di fatto è ufficialmente entrato in guerra con i cattolici. I quali, al Family day - dove erano presenti molti elettori Pd - lo avevano avvertito: «Renzi ci ricorderemo». E infatti oggi annunciano battaglia pure contro il referendum costituzionale di ottobre, quello dove Renzi si gioca il suo futuro politico.

Massimo Gandolfini, portavoce del Family day, lo ha dichiarato: «Voteremo no». E ha sfidato Matteo ad andare davvero nelle parrocchie - come ha detto - a spiegare la sua posizione sulle unioni civili e le riforme: «Si confronti con noi. Finora si è rifiutato di farlo». La legge Cirinnà apre un caso esplosivo per i cattolici. Non solo per i profili di incostituzionalità o per le assurdità di certi suoi articoli. Ma anche perché è stata promossa da politici cattolici.

C'era di mezzo l' autorevolissimo documento di Giovanni Paolo II e Ratzinger del 2003 che - a proposito di «progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali» tuonava testualmente: «Il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale». Renzi non solo ha ignorato un così solenne pronunciamento della Chiesa, ma è stato addirittura il promotore di questo progetto di legge. Un' operazione molto spericolata per un politico cattolico. La frattura è traumatica.

Tuttavia va riconosciuto che sarebbe troppo comodo attribuire solo a lui (e, in subordine, ad Alfano) tutta la responsabilità. Renzi deve essersi sentito autorizzato ad andare avanti dal «non m' immischio» di papa Francesco che, nella conferenza stampa delle ore più critiche della legge, ha detto addirittura di non ricordare quel pronunciamento della Santa Sede del 2003. Papa Bergoglio s' immischia solo se si tratta di «immigrazione» (in quel caso entra a gamba tesa pure nelle presidenziali americane).

Forse è vero che il Papa non ricorda bene quel documento, ma i suoi sostenitori fanno presente che nel 2010, quando la legge per i matrimoni omosessuali fu discussa in Argentina, l' allora cardinal Bergoglio usò parole di fuoco: «È in gioco qui l' identità e la sopravvivenza della famiglia… È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori… Qui pure c' è l' invidia del Demonio… un' invidia che cerca astutamente di distruggere l' immagine di Dio… Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio.

Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una "mossa" del padre della menzogna che cerca di confondere e d' ingannare i figli di Dio». Parole durissime. Ma Bergoglio oggi da Papa non le ha ripetute perché - ha detto - «il Papa è per tutti», cioè: vuole piacere a tutti. O almeno ai più potenti. Perché il povero popolo del Family day è stato da lui trattato a pesci in faccia.

Del resto anche Renzi nel 2007 era con il Family day, mentre nel 2016 è stato il suo grande avversario. Entrambi dunque - Bergoglio e Renzi - hanno avuto atteggiamenti opposti ieri rispetto ad oggi. Evidentemente il potere (ecclesiastico e politico) provoca amnesie. O è insorta in loro la volontà di non pestare i piedi a certe forze che hanno aiutato ad arrivare fino alla poltrona che occupano o che sono oggi loro sostenitrici.

A questo proposito, per l' approvazione della Cirinnà, Renzi ha addirittura ricevuto una telefonata di congratulazioni da Obama: è la conferma che il nostro premier ha obbedito all' agenda imposta dall' Impero. Il presidente Obama è stato il forte supporto sia del papato di Francesco che della premiership di Renzi. Infatti Renzi è il tipo di «politico cattolico» che va bene a papa Bergoglio: esprimono entrambi un cattolicesimo subalterno ai poteri e all' ideologia dominante. Da questo «contesto internazionale» Renzi ha avuto la sua vera legittimazione, perché non sono stati certo gli italiani a mandarlo a Palazzo Chigi. Da circa vent' anni l' Italia è una sorta di colonia, quasi completamente priva di vera sovranità e sballottata fra Unione europea a egemonia tedesca e Stati Uniti, i quali - richiesti in questi giorni di chiarimento sulle intercettazioni di Palazzo Chigi del 2011 - hanno risposto esplicitamente che loro, in territorio italiano, fanno quello che vogliono.

Dunque l' Impero si è congratulato con Renzi per la legge Cirinnà. Ma i «sudditi» italiani invece non hanno gradito. Perfino il più renziano dei giornali, Repubblica, ieri ha pubblicato un sondaggio dove si rivela che negli ultimi quattro mesi - da novembre a oggi - Renzi ha perso addirittura 7 punti percentuali nel gradimento degli italiani (e il suo governo ne ha persi 5). Il premier infatti, in questi mesi, ha preteso di far credere a tutti noi che l' urgenza più grande dell' Italia fossero i matrimoni gay. Mentre il Paese è allo sbando, con le sue banche nella tempesta, con un debito pubblico fuori controllo, con tasse sempre più soffocanti e una drammatica disoccupazione giovanile.

Il governo è arrivato a introdurre le pensioni di reversibilità per i coniugi gay - discriminando peraltro le coppie di fatto eterosessuali - negli stessi giorni in cui prospettava restrizioni nell' accesso alle stesse pensioni di reversibilità per le vedove. Ha deluso tanti che gli avevano dato fiducia. Con Renzi l' Italia sta sprecando un' occasione storica: infatti col petrolio ai minimi storici, il costo del denaro ridotto a zero e il cambio dell' euro favorevolissimo, il nostro Pil dovrebbe crescere del 4 per cento annuo. Invece respira appena. Per nascondere questo flop si è usata anche l' arma di «distrazione» di massa dei matrimoni gay. E sono insorti guai più grossi.

VERGOGNA RAI Umiliato un premio Oscar E Morricone li sputtana

Così hanno umiliato un premio Oscar. Morricone sputtana l'offerta della Rai



Quando è salito sul palco degli Oscar per ritirare la statuetta come miglior colonna sonora per The hateful eight di Quentin Tarantino, Ennio Morricone era emozionatissimo, la voce gli tremava e, confessa lui al Corriere della sera, anche le gambe lo sostenevano a stento. Ma il giorno dopo il più grande compositore vivente della musica cinematografica che l'Italia può vantare ha ritrovato vigore e orgoglio, oltre alla lucidità dei ricordi accumulati in 87 anni di vita a cavallo tra una guerra mondiale, l'età d'oro dell'industria cinematografica italiana e oggi. L'ultimo riconoscimento dell'Accademy ha voluto dedicarlo alla moglie, con la quale sta per festeggiare 70 anni di matrimonio, ma il suo successo vuol condividerlo anche con il cinema italiano: "Che non è affatto morto - chiarisce - anzi è più vivo che mai. D'accordo, sotto Natale escono sempre film un po' semplici. Ma Giuseppe Tornatore per me è un grandissimo artista, uno che resterà. Stimo molto Paolo Sorrentino. C'è ancora qualche bravo compositore, ma sono rimasti in pochi: da quando si è imboccata la scorciatoia del sintetizzatore, dove fai tutto o quasi con un solo accordo, la qualità della musica nel cinema e nella fiction è scesa".

Dolori - Eccolo il tasto dolente, la tv. Il rapporto tra il maestro e la televisione sembra complicato, di certo poco affettivo stando a quanto racconta dei suoi recenti trascorsi con la Rai: "Con la Rai ho chiuso. L'ultima volta mi hanno cercato per un'opera di Alberto Negrin. Mi hanno detto: 'Ci sono diecimila euro per lei e per l'orchestra'". Morricone con eleganza non fornisce dettagli su chi gli abbia potuto fare un'offerta così imbarazzante, da parte sua però è arrivato un rifiuto senza condizioni riuscendo a dare una lezione a tutti gli aspiranti professionisti: "Ora, io posso anche decidere di lavorare gratis per la tv del mio Paese, ma i musicisti vanno rispettati. Incidere una colonna sonora con un'orchestra costa almeno 20, 30, forse 40mila euro. È stato un momento di grande imbarazzo. Così ho dovuto dire: basta, grazie".

Porte chiuse - Ora che però ha vinto il suo secondo Oscar, dopo il primo alla carriera, sarebbe facile aspettarsi che da viale Mazzini fiutino l'occasione di avere la firma di Morricone in una delle produzioni Rai. Troppo tardi però per chiamare: "Non credo che lo faranno - aggiunge il maestro - È una storia finita. Li capisco. Sono ristrettezze necessarie, le condivido anche; ma non posso chiedere ai musicisti di suonare a loro spese".

martedì 1 marzo 2016

Caivano (Na): Problemi in maggioranza Monopoli scrive e dice una cosa e ne fa un'altra

Caivano (Na): Problemi in maggioranza Monopoli scrive e dice una cosa  e ne fa un'altra



Simone Monopoli
Sindaco di Caivano

Risalgono a venerdì 26 febbraio 2016 le dichiarazioni propositive del Sindaco di Caivano pro-tempore Simone Monopoli, che sulla sua pagina facebook dichiarava quanto segue: "Un fine settimana per me zeppo di incontri e di riflessioni mettendo al centro l'interesse di Caivano. La "start up" e' stata perfetta. Adesso abbiamo il dovere di partire con la "fase 2" garantendo il massimo sforzo possibile per un governo locale di "alto profilo" in grado di rappresentare un valore aggiunto alla comunità. Aprendo anche con la minoranza, sui grandi temi, un confronto di contenuto per ‪#‎lavorareinsieme‬ ‪#‎perscrivere‬ ‪#‎tuttaunaltrastoria‬ ‪#‎percaivano"‬. 

Dichiarazioni che a distanza di pochi giorni non trovano nessun riscontro, considerando che l'attuale maggioranza, ancora oggi si ritrova a fare i conti con i soliti nodi che paralizzano l'attuale decollo della futura Giunta che, dopo più di un mese, dalle dimissioni dell'ex Assessore Mena Sorrentino, e dalle dimissioni dell'ex. Vicesindaco di Forza Italia, Diana Bellastella, si ritrova appunto, sempre più in panne, aldilà dei soliti proclami che qualcuno scrive nascondendo la verità. Ai soliti proclami scritti non credono più neanche i moscerini! 

Da indiscrezioni, gli effetti della crisi si sono intravisti anche stamattina, dopo che il Sindaco Monopoli ha convocato la Giunta, senza trovare riscontro da parte degli assessori Claudio Castaldo e Vincenzo Mascolo, e quindi l'esecutivo non ha potuto deliberare per mancanza di numero legale. 

Insomma, il sindaco Monopoli ha fatto i conti senza l'oste, "forse" perchè forte di qualche accordo politico sottobanco con la minoranza Dem, o con qualche consigliere dell'Udc? visto che in questi ultimi giorni il silenzio prevale? 

In breve, mentre Monopoli sperimenta nuove strategie politiche, Caivano sprofonda sempre più nell'ingovernabilità. I consiglieri di maggioranza prendano atto del fallimento politico, e non tornino indietro facendosi ammutolire per paura di non essere più rieletti. Il braccio di ferro è iniziato e al momento il Paese è KO.

Mattarella umilia Napolitano Lo schiaffo: c'entrano molti soldi

Mattarella umilia Napolitano. Lo schiaffo: c'entrano molti soldi



Ha risparmiato cinque milioni di euro rispetto al suo predecessore, Sergio Mattarella. Le spese del Quirinale, infatti, sono scese e il bilancio di previsione per il 2016, pubblciato sul sito del Colle e ripreso da Repubblica, parla di una riduzione dei costi di oltre il 2 per cento: da 241 a 236 milioni.

Mattarella spiega di aver lanciato un' operazione di "contenimento e di razionalizzazione delle spese, sia per il personale che per beni e servizi". Per cominciare ha tagliato gli stipendi dei vertici del Quirinale: del segretario generale Zampetti, dei consiglieri del presidente, e dello stesso capo dello Stato. Mattarella ha dato il buon esempio autoriducendosi l'appannaggio da presidente della Repubblica dell'importo che gli spetta da ex professore universitario. Non incassando pensione per gli anni alla Corte costituzionale e vitalizio per la carriera parlamentare. 

Il segretario generale Zampetti, che ha la pensione da ex segretario generale della Camera, è a costo zero per il Colle con un risparmio di 351mila euro l'anno. Anche altri consiglieri dello staff di Mattarella lavorano senza ricevere stipendio: altri 875 mila euro in meno. Nell'operazione risparmio rientra lo sfoltimento degli alloggi di servizio al Quirinale, "con nuove modalità e criteri di concessione assai più restrittivi": aumento del 20 per cento dell'affitto per chi resta negli alloggi di salita Montecavallo e dintorni, "sfratto" nel giro di due anni per gli altri, che nel frattempo però pagheranno a canone di mercato. 

L'Italia in guerra: ok all'azione in Libia con chi e cosa attaccheremo (presto)

L'Italia è in guerra. Più di 3mila soldati per la Libia: i piani di attacco e i mezzi



Sarà l'Italia a guidare le operazioni militari in Libia. Lo hanno confermato gli Stati Uniti attraverso il segretario alla Difesa Ash Carter: "L'Italia - ha detto essendo così vicina, ha offerto di prendere la guida in Libia. E noi abbiamo già promesso che li appoggeremo con forza". Da parte di Obama c'è sempre più fretta di intervenire con la massima urgenza. Lo conferma lo stesso Carter: "La coalizione entrerà in campo quando si sarà formato il governo e esperiamo presto".

Gli ostacoli - Domenica scorsa a Tobruk, i parlamentari avrebbero dovuto appoggiare il nuovo governo, ma il voto è stato rinviato perché è mancato il numero legale. La pressione da parte della comunità internazione è fortissima, perché solo con un governo costituito, e in tempi rapidi, la coalizione di 19 Paesi può intervenire sotto l'egida dell'Onu.

Il piano - L'impegno italiano prevede lo schieramento di navi, aerei e almeno tremila soldati. Questi verranno soprattutto dalle forza speciali, più adatti per svolgere operazioni mirate contro obiettivi Isis proprio come già stanno facendo francesi e britannici. Il sostegno americano sarebbe principalmente via aerea, con i Predator armati che decollerebbero dalla pista di Sigonella.

I giudici rovinano la festa di Vendola Vogliono Nichi a processo: ecco perché

I giudici rovinano la festa di Vendola. Vogliono Nichi a processo: ecco perché



Riparte il 17 maggio in Corte d’Assise a Taranto il processo per il reato di disastro ambientale dell’Ilva. Oggi il giudice dell’udienza preliminare, Anna De Simone, ha rinviato a giudizio tutti coloro per i quali la Procura di Taranto aveva avanzato richiesta specifica: si tratta di 44 persone fisiche e di 3 società che rispondono in base alla legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese. Le tre società coinvolte sono Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici. Tra le 44 persone fisiche invece ci sono Fabio Riva - attualmente detenuto nel carcere di Opera a Milano -, Nicola Riva (rappresentanti della proprietà Ilva), l’ex presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, gli ex direttori dell’Ilva di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l’ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, il sindaco di Taranto, Ezio Stefano. Molto diversificati i capi di imputazione: si va dall’associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale nei confronti dei due fratelli Riva mentre il sindaco di Taranto è accusato di omissione di atti d’ufficio e l’ex-presidente della Regione Puglia Nichi Vendola per concussione per presunte pressioni sull’Arpa.

L'interruzione - I 47 erano già stati rinviati a giudizio a fine luglio da un precedente gup, Wilma Gilli, dopo un’udienza preliminare durata quasi un anno. Il processo in Corte d’Assise era anche cominciato solo che a dicembre fu interrotto a seguito di un errore nei verbali riscontrato dalla Procura, errore che avrebbe potuto inficiare il prosieguo del procedimento. Di qui il parziale azzeramento e il ritorno ad un nuovo gup. Parziale perchè l’udienza preliminare è cominciata dalla requisitoria della Procura mentre sono state salvate le oltre 800 costituzioni di parte civile tra ministeri, enti locali, sindacati, famiglie dei lavoratori, associazioni degli agricoltori, pescatori e allevatori che ritengono di aver subito gravi danni dall’inquinamento dell’Ilva. Dopo lo stop intervenuto a novembre scorso in Corte d’Assise a Taranto in quanto la Procura aveva rilevato un errore in un verbale di udienza - mancava il nome del difensore di ufficio per una decina di imputati, il che poteva far supporre che quel giorno gli stessi imputati non avessero beneficiato del diritto alla difesa - il processo è stato parzialmente azzerato ed è nuovamente cominciato dall’udienza preliminare dinanzi ad un nuovo gup, essendosi il gup precedente, Wilma Gilli, già pronunciato, sino alla conferma del rinvio a giudizio di oggi. È da sottolineare che rispetto al precedente procedimento, non ci sono state novità negli interventi di Procura e difesa. I pm hanno infatti rinnovato la richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 47 imputati, la difesa, invece, ha chiesto il proscioglimento. È il caso, tra gli altri, parlando degli ultimi casi discussi, dell’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, del direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, dell’imprenditore Nicola Riva della proprietà Ilva e già presidente, sino ai primi di luglio 2012, presidente del cda dell’azienda. La difesa dell’ex presidente Vendola ha ricordato come il governo regionale pugliese abbia contrastato l’inquinamento dell’Ilva attraverso controlli e leggi specifiche come quelle sul benzoapirene e sulla diossina, mentre quella del direttore generale Giorgio Assennato ha detto che nessun atto dell’Arpa ha mai agevolato Vendola. L’accusa, infatti, sostiene che Vendola avrebbe fatto pressioni sull’Arpa perchè attenuasse i suoi controlli ambientali sull’Ilva.

La difesa - La difesa Ilva ha invece annunciato che riproporrà in Corte d’Assise la richiesta di patteggiamento, già avanzata nella prima udienza del gup ma sulla quale la Procura aveva negato l’assenso. La precedente udienza preliminare davanti al gup Gilli si era chiusa a fine luglio con 47 rinvii a giudizio, cioè quanti ne aveva chiesto la Procura e quindi oltre a Vendola, Assennato e Claudio Riva, anche Fabio Riva, della proprietà Ilva, l’ex presidente Ilva, Bruno Ferrante, il sindaco di Taranto, Ezio Stefano, il parlamentare Nicola Fratoianni, assessore regionale all’epoca dei fatti, l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, gli ex direttori del siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo. Diversi i reati contestati: in 52 erano giunti alla precedente udienza preliminare ma in cinque avevano scelto l’abbreviato e il gup Gilli in proposito si era pronunciato

SONDAGGIO MENTANA I numeri che beffano Grillo Condannato a perdere: perché

Sondaggio Mentana, la beffa per Grillo al ballottaggio: lo vince ma è escluso


Grillo visto da Benny

La situazione politica che emerge dall'ultimo sondaggio Emg Aqua è a dir poco caotica. Secondo la rilevazione diffusa dal TgLa7 di Enrico Mentana, se si andasse oggi al voto accederebbero al ballottaggio l'ipotetica lista unica di centrodestra con il 32%, in crescita dello 0,6%, e il Partito democratico con il 31,2%, in forte calo dello 0,8%. Terzo e quindi escluso dalla corsa a due il Movimento Cinquestelle al 27,8%, in calo rispetto a sette giorni fa dello 0,2%.

Ballottaggi - Nella sfida ai ballottaggi, i numeri beffano il M5S che in teoria non avrebbe accesso alla seconda fase delle elezioni, ma che di fatto vincerebbe ogni confronto. Contro il Pd, i grillini avrebbero la meglio 50,8 contro 49,2. Contro il listone di centrodestra stravincerebbero 52,6 a 47,4. Nello scontro tra Pd e centrodestra sarebbe invece il partito di Matteo Renzi ad avere la meglio con il 52,4% contro il 47,6%.

PENSIONI, ECCO L'ULTIMA RAPINA Quando (e di quanto) te la tagliano

Pensioni, arriva l'ultima rapina. Ecco quando e quanto te la tagliano



La mente di Matteo Renzi è già tutta proiettata alle prossime elezioni politiche per le quali sta preparando un altro colpo di teatro sulla falsa riga delle 80 euro in busta paga. Il governo ha intenzione di anticipare il taglio delle tasse già annunciato per il 2018 di un anno, ma stavolta il regalino per gli italiani rischia di costare carissimo ai lavoratori dipendenti. Come scrive Repubblica, il governo è intenzionato a ridurre la pressione fiscale agendo sul peso del cuneo fiscale. Questo potrà comportare da un lato un possibile aumento dei soldi in busta paga, ma un altrettanto possibile alleggerimento delle future pensioni.

Il piano - Già durante la scorsa estate, il bocconiano Tommaso Nannicini, all'epoca consigliere economico del premier e oggi promosso a sottosegretario di Palazzo Chigi, aveva messo nero su bianco una strategia che prevedeva il taglio di sei punti percentu8ali sul cuneo dei neo-assunti, divisi a metà tra lavoratore e datore di lavoro. Nannicini nel suo editoriale su l'Unità del 18 agosto scorso aveva scritto: "Ora si apre la partita del taglio strutturale al cuneo contibutivo del tempo indeterminato, perché sempre e per tutti un contratto permanente pesi meno in termini di costo del lavoro".

L'alternativa - C'è chi nel governo ha sollevato anche una strada diversa dal taglio sul cuneo, come il viceministro dell'Economia Enrico Morando che ipotizzava un intervento per ridurre le aliquote irpef. Vorrebbe dire buste paga più ricche per tutti, ma per lo Stato significherebbe un esborso insostenibile, quindi l'ipotesi resta puro esercizio di stile. Il piano di Nannicini, invece, può valere più o meno sei miliardi di euro, la metà del bonus lavoro del 2015, ma senza costi aggiuntivi per lo Stato.

Il trucco - Il piano dell'ex consigliere economico di Renzi prevede anche l'opzione di destinare i tre punti tagliati dal cuneo del lavoratore non per la busta paga, ma per la previdenza integrata. In un modo o nell'altro per lo Stato è un affare: se arrivano soldi in più in busta paga, ci pensa l'aliquota Irpef a risucchiarli, se invece vanno alla pensione integrativa, ci pensa l'aumento della tassazione per i fando pensione a divorarli, visto che il prelievo è passato dall'11,5% al 20%.

Non solo Ennio Morricone: ecco tutti gli Oscar italiani

Non solo Ennio Morricone: ecco tutti gli Oscar italiani



La notte degli Oscar è in Italia soprattutto la notte di Ennio Morricone, ennesimo talento del cinema nostrano a portare a casa la prestigiosa statuetta. Perché il Belpaese, nonostante le difficoltà, occupa uno dei capitoli principali della storia del grande schermo: basta pensare al numero di premi vinti. L'Italia è al primo posto, con 13 Oscar, nella categoria miglior film. Quattro se li è aggiudicati solo Vittorio De Sica, con 'Sciuscià', 'Ladri di biciclette', 'Ieri, oggi e domani' e 'Il Giardino dei Finzi Contini'. Quattro anche per Federico Fellini, vincitore a Hollywood con 'La strada', 'Le notti di Cabiria', '8 ½', 'Amarcord'. Ma hanno vinto anche Elio Petri con 'Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto', Giuseppe Tornatore con 'Nuovo Cinema Paradiso, Gabriele Salvadores con 'Mediterraneo, Roberto Benigni con 'La vita è bella' e Paolo Sorrentino con 'La grande Bellezza'. Due attrici italiane, Anna Magnani con 'La rosa tatuata', e Sophia Loren con 'La ciociara', hanno vinto il premio come miglior attrice, ma nessuna delle due era presente alla cerimonia. C'era invece nel 1997 Benigni, primo attore non angolofono a vincere la statuetta da protagonista. Prima di Morricone, anche un altro compositore è stato amato dagli americani: Giorgio Moroder, vincitore per la migliore colonna sonora con gli indimenticabili motivi di 'Fuga di mezzanotte', 'Flashdance' e 'Topgun'. Il successo italiano nelle cosiddette 'categorie tecniche' dimostra la validità del nostro cinema e dei nostri professionisti: 33 premi in tutto, un vero e proprio bottino che va dalle scenografie di Dante Ferretti per Hugo Cabret, agli straordinari effetti speciali di Carlo Rambaldi per ET e Alien.

Bersani-Letta, ritorno e trappola: il loro uomo per riprendersi il Pd

Trappolone finale. Bersani e Letta, il ritorno: il loro uomo per riprendersi il Pd



Il passato che ritorna ha i nomi di Pier Luigi Bersani ed Enrico Letta, i due grandi silurati da Matteo Renzi. Il tandem composto dal "premier mancato" e dal "premier per poco" ha un piano per far fuori l'attuale presidente del Consiglio dalla segreteria del partito: candidare Roberto Speranza al congresso democrat, e riuscire a farlo vincere. Certo, un piano non semplicissimo, ma che potrebbe trovare il sostegno di ulivisti, cattolici, liberal e renziani delusi. Roberto Speranza, insomma, contro Enrico Rosssi e Michele Emiliano, i governatori di Toscana e Puglia che hanno già annunciato la loro corsa.

In caso di sconfitta al congresso di Bersani e Letta, nel Pd, potrebbe succedere di tutto. Anche una scissione, così come caldeggiata (da tempo) da Massimo D'Alema, per dar vita a un partito simile al vecchio Pds. Prima, però, i rottamati proveranno a riprendersi il Pd: prima tappa il 12-14 marzo a Perugia, dove si terranno gli "stati generali" di Area Riformista, un partito nel partito. In quest'occasione verrà lanciata ufficialmente la candidatura di Speranza. Ma perché il piano dei frondisti abbia successo, Renzi dovrebbe passare per una debacle elettorale: fari puntati, dunque, sulle amministrative a Roma, Napoli e Milano. Se il premier "collezionasse" almeno due ko, la strada per Speranza sarebbe un poco meno impervia.

Torna lo scatto alla risposta: un salasso Telefonia, l'operatore che ti massacra

Torna lo scatto alla risposta: un salasso. Telefonia, l'operatore che ti massacra



Una pessima sorpresa per i telefoni fissi: raddoppiano i costi delle chiamate da casa per i clienti Tim, il nuovo marchio Telecom che copre anche il fisso. Infatti, come si legge in un annuncio pubblicato sui principali quotidiani, dal primo aprile il prezzo delle chiamate a consumo verso i telefoni fissi e i cellulari nazionali dell'offerta Voce e della linea Isda (in buona sostanza quelli che hanno solo la vecchia linea telefonica di base e non hanno aderito alle offerte a forfait) aumenterà da 10 a 20 centesimi al minuto. Ma non è tutto: è previsto anche uno scatto alla risposta pari a 20 centesimi. La mazzata è servita.

lunedì 29 febbraio 2016

ECCO IL SUO CANDIDATO Salvini, ora è terremoto: chi ha scelto, i risultati

Ecco il suo candidato. Ora è terremoto-Salvini: chi ha scelto, i risultati



Quasi finite le primarie fai-da-te di Matteo Salvini per Roma. Il leader della Lega Nord, in una conferenza stampa a Montecitorio, ha fornito i primi dati a scrutinio ancora in corso. Il risultato però è delineato: "In ventiquattr'ore quasi 15mila persone sono uscite di casa per esprimere la loro opinione ed è qualcosa che deve servire a tutto il centro destra". In testa c'è Alfio Marchini (1.450 voti). Seguono Irene Pivetti (1.300), Francesco Storace (1.250) e Guido Bertolaso (1.050). "A metà dello spoglio nessun candidato arriva alla maggioranza - ha aggiunto Salvini - non dico tutti sullo stesso piano, ma ci sono poche percentuali di differenza". Sorprende comunque Bertolaso, fieramente osteggiato da Salvini, tanto che il segretario del Carroccio ha ammesso: "Evidentemente la sua proposta ha una sua dignità". Forte di questi dati, Salvini ha suonato la carica invocando le primarie: "I gazebo erano una roba nostra, non rappresenta tutti, ma dà un risultato". E ancora: "Fermiamoci un attimo e ragioniamo se non sia il caso di coinvolgere tutti i cittadini in una giornata di partecipazione e di scelta popolare", perché "così il centrodestra a Roma perde e fa il più grande regalo possibile a Matteo Renzi".

IL PREZZO DI SUO FIGLIO Ecco quanto lo ha pagato: le cifre, imbarazzo per Nichi

Ecco quanto ha pagato il figlio Tobia. Le cifre che imbarazzano Vendola



Negli Stati Uniti avere un figlio da una madre surrogata è facile. Basta avere i soldi. Il costo, riporta il Corriere della sera, si aggira tra i 135mila e i 170mila euro. Tanto avrà speso Nichi Vendola con il suo compagno Eddy Testa per avere il piccolo Tobia Antonio. Una spesa che lievita se aumentano il numero dei tentativi per averlo e se la gravidanza è gemellare. 

Con quella cifra non solo paghi il bambino ma anche la cittadinanza americana e la certezza che quel bambino sarà figlio dei genitori internazionali e che la madre surrogata non avrà alcun diritto. Per questo si parla di un giro d'affari pazzesco destinato a crescere: più di 2.000 bambini nati ogni anno, il triplo di 10 anni fa, molti dei quali per coppie straniere. La California è la meta più gettonata dai gay italiani cui la pratica è preclusa nell'Europa dell'Est, per esempio.

Farinetti che coltellata a Renzi La frase che sputtana Matteo

Oscar Farinetti sveglia Renzi: "Per l'Italia quattro anni di m..."


di Franco Bechis



Lo dice senza fronzoli: «Siamo nella merda». E spiega pure perché: «lo siamo perchè mancano i posti di lavoro». Non basta? Aggiunge: «e per farvi coraggio voglio dire che secondo me stiamo entrando in un periodo di tre o quattro anni che saranno ancora più complicati del periodo 2009-2014. Ma è scritto che è così. Perché in quel periodo là almeno avevamo i Brics che tiravano, per cui esportavamo là. Adesso ci vengono a mancare anche quelli».

Queste parole non escono da una notoria Cassandra, dall' ultimo degli economisti catastrofisti. E nemmeno da un gufo di quelli che Matteo Renzi accusa di macumbe e gesti iettatori solo per oscurare i grandi passi avanti che le sue decisioni avrebbero fatto fare all' Italia. Nossignori, a dire che domani sarà ancora peggio è stato ieri a Roma l' imprenditore più renziano che ci sia: Oscar Farinetti, il fondatore e padrone di Eataly. E lo ha fatto a casa Renzi, proprio nella stessa sala dove ieri mattina era passato per un saluto il presidente del Consiglio e capo del partito di maggioranza: davanti ai giovani riuniti per la scuola di formazione politica del Pd.

I rischi di internet - Farinetti non ha fatto il gufo: ha raccontato la realtà presente, uscendo dallo schema ottimismo/pessimismo che secondo lui è il modo con cui si può guardare il futuro prossimo. Se sei ottimista pensi che un problema possa avere nel tempo una soluzione, e lavori su quella strada. Se sei pessimista invece pensi che le soluzioni non ci siamo mai, e quindi non fai nulla e ti culli nella difficoltà. Ma guardare la realtà è esercizio da realista. E Farinetti ha imbastito una lezione sicuramente interessante, anche se probabilmente urticante per la narrazione dell' esecutivo.

Per Renzi, che non ha presenziato allo show, a dire il vero il Farinetti di ieri sarebbe stato indigesto e urticante sotto molti altri aspetti assai poco diplomatici nel momento politico attuale. Farinetti è stato pesantissimo nei confronti dei cattolici, e alla platea di ragazzi che lo stava ascoltando ha pure detto: «Mi spiace di dirlo ai democristiani che ci sono fra voi. Ma la cosa più giusta detta da Karl Marx è che la religione è l' oppio dei popoli». Ha divagato su materie non sue come la storia patria, perdendosi in luoghi comuni sulla divisione fra conservatori neofobici (che avrebbero paura della novità) e innovatori, sostenendo che il Medioevo era il simbolo dei primi e l' impero romano (e poi il Rinascimento) dei secondi. Nella sua verve anticattolica si è fatto anche trascinare più in là, attaccando acidamente Angelino Alfano perchè «può dire scemenze, tanto poi va a confessarsi e lo perdonano pure».

Farinetti non è filosofo, politico o pensatore e si è visto bene ieri. È un imprenditore, comunque la si pensi, di successo. E quella prospettiva di tre quattro anni più neri di quelli che abbiamo vissuto merita di essere ascoltata sul serio. Secondo il fondatore di Eataly a determinare il ciclo negativo dell' economia c' è un solo responsabile: Internet. Che è la più grande invenzione della storia dell' umanità, dopo il fuoco. Ma che oggi produce un solo effetto: distruggere posti di lavoro in società fondante sul modello consumistico, che hanno le loro economie costruite alla base proprio sui posti di lavoro.

Farinetti lo ha spiegato ai giovani Pd con parole colorite. Raccontando che internet come il fuoco «è una invenzione che cambia il destino, la postura, l' essenza degli umani. Il colpo di fortuna è nascere nell' epoca di una invenzione straordinaria. La sfiga è che per domarla ci vuole un po' di tempo. Il fuoco ci misero migliaia di anni a domarlo. E noi siamo nella stessa situazione di allora. Abbiamo inventato una macchina straordinaria che si chiama Internet. E siamo sicuri che è una invenzione meravigliosa, che ci rimetterà di nuovo a posto, che creerà posti di lavoro, che ci farà vivere di nuovo in un' era fantastica, che risolverà un sacco di problemi del pianeta. Tuttavia siamo come nel momento in cui fu scoperto il fuoco: ci stiamo bruciando i piedi, stiamo dando fuoco alle foreste. Non riusciamo a domarlo».

Insulti e giudizi - Oggi quella straordinaria invenzione secondo Farinetti ha due scopi: «nella attività economica distruggere posti di lavoro. Nel privato la usiamo per insultarci o per giudicare». Il giudizio popolare non va giù al fondatore di Eataly, che subito se la prende con il sito più famoso per giudizi nel suo settore: «Grazie a internet diventiamo tutti giudici, tipo questa cagata di Trip Advisor. Io sono contro Trip Advisor, perché secondo me bisogna usare dei professionisti. Sono i politici a dovere fare politica, gli imprenditori a dovere fare impresa. E devono essere quelli che capiscono di cibo a giudicare il cibo».

Con uno scenario immediato così nero, ai ragazzi però Farinetti ha dato una soluzione: «avessi la vostra età, saprei su cosa puntare. Fino ad oggi si è costruito un modello sociale ed economico per godere. Ora sappiamo che il mondo finirà. E il lavoro del futuro dovrà basarsi non più sul godere, ma sul durare. Funzioneranno tutte le attività che cercheranno di allontanare il più possibile la fine del mondo, cercando di ritrovare un rapporto con la terra, con l' aria e con l' acqua». E su quelle la politica dovrebbe investire.

Il pizzino: "Sa cosa deve fare..." Prova devastante contro Napolitano

"Sa bene quello che deve fare...". Il "pizzino" che demolisce Napolitano



Gli Stati Uniti spiavano Silvio Berlusconi: è la novità della settimana. E, in tandem con Bruxelles, cospiravano per la sua caduta. Strategie e complotti con epicentro a Washington, insomma, testimoniati da una serie di carte e documenti che, ora, sono state scovate. A trovarle è stato Andrea Spiri, professore della Luiss, che ha scovato al Dipartimento di Stato di Washington i "fogli che scottano" dopo la progressiva desecretazione avvenuta tra ottobre 2012 e dicembre 2015.

Parte di questi documenti sono stati pubblicati da Il Giornale. Si torna così a novembre 2011, con lo spread in volo, l'assedio a Berlusconi e i "sorrisetti" di Merkel e Sarkozy. Ed è il 12 novembre quando il sottosegretario alla crescita economica Robert Hormats invia una mail a Jacob Sullivan, capo dello staff del segretario di Stato Hillary Clinton. Hormats si rifà a un rapporto inviato il 9 novembre dall'ambasciatore David Thorne. Nella missiva si legge: "Continuano i battibecchi politici, ma la direzione generale è fissata". E la direzione è un cambio di governo: quello che ha poi portato Mario Monti a Palazzo Chigi.

La corrispondenza prosegue con un misterioso omissis. Quindi Thorne riprende: "Sono anche intervenuti la Merkel e Sarkozy. Lo spread è sotto il picco, ma ancora molto alto. L'Italia sa quello che deve fare. David". "Spero - riprende Hormats - che Thorne abbia ragione, che l'Italia sappia quello che deve fare. Dovremmo vedere se Monti può farcela con gli insofferenti e se può portare dalla sua parte l'opinione pubblica. Egli è molto brillante, ma le sue capacità politiche e motivazionali andranno verificate". E mister Hormats aveva ragione: Monti, infatti, si sarebbe rivelato un totale disastro.

La frase più pesante, però, è quel "l'Italia sa quello che deve fare". Era tutto già scritto, già deciso, insomma. E il grande burattinaio era l'allora capo dello Stato, quel Giorgio Napolitano avrebbe brigato per il crollo dell'ultimo esecutivo Berlusconi: quando gli Usa scrivevano "l'Italia sa quello che deve fare" era fin troppo facile individuare in Re Giorgio il referente. Eppure, Napolitano, oggi ha scelto di tacere: il presunto regista del complotto ha annunciato che non risponderà alle domande su ciò che è accaduto in quelle settimane.

Il sondaggio che cambia il centrodestra Chi è il big che batte Salvini e il Cav

Sondaggio sulla fiducia nei leader: Toti meglio di Salvini e Berlusconi



Con le amministrative ormai a qualche settimana di distanza, fervono i sondaggi. Uno particolarmente interessante, anche per i risultati parzialmente inattesi, è quello realizzato da Tecnè e illustrato sul quotidiano "Il Giorno". Mostra la fiducia nei leader politici in una scala che va da 0 (nessuna fiducia) a 100 (massima fiducia) e mette al primo posto la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni con un punteggio di 36 su 100. La sorpresa è al secondo posto, dove si piazza quello che, a questi livelli, è da considerarsi un outsidere: Giovanni Toti. Con 35 punti su 100, il consigliere politico di Berlusconi passato dall'Europarlamento prima di diventare governatore della Liguria, precede Matteo Renzi (34 su 100), il grillino Luigi Di Maio (31 su 100), Beppe Grillo e Matteo Salvini (30 su 100), Silvio Berlusconi con 29 su 100.

I giudici entrano in Forza Italia Ordine a Berlusconi: "Cosa devi fare"

Il giudice a Forza Italia: "Riassumere subito la dipendente licenziata"



Dopo essere entrati per anni a gamba tesa nella politica italiana nel suo complesso, i giudici entrano ora direttamente dentro Forza Italia. E lo fanno addirittura dando ordini a Silvio Berlusconi, che del partito è stato storico fondatore ed è tuttora indiscusso numero uno. Il tribunale civile di Roma ha infatti accolto il ricorso di una dipendente licenziata da Forza Italia, ordinandone l'immediata riassunzione. Una bella rogna per la tesoriera azzurra Maria Rosaria Rossi, per la quale la sentenza rischia di tramutarsi in un precedente a favore dei 95 lavoratori che sono stati messi alla porta dal partito nei mesi scorsi.

Come riporta il quotidiano "La Repubblica", la pronuncia, emessa lunedì scorso dal giudice Maria Gabriella Marrocco sottolinea "l'illegittimità della procedura di cassa integrazione fin dal suo momento originante". Per questo, si legge, la lavoratrice "fondatamente pretende di essere riammessa nel posto di lavoro con le mansioni e l'inquadramento orario preesistenti e di vedersi corrispondere la retribuzione dal momento della sospensione in poi".

Il documento che cancella l'Italia Verremo commissariati: la prova

Il documento che cancella l'Italia. Verremo commissariati: la prova


di Carlo Pelanda



Il rapporto 26 febbraio 2016 della Commissione segnala che l’Italia danneggia l’intera Eurozona per poca crescita e che costituisce un pericolo prospettico per la stabilità finanziaria dell’eurosistema. Nel rapporto 2015 non c’era un segnale di pericolosità così forte: come mai dopo un miglioramento, pur piccolo, della crescita l’Italia è oggi più “eurofrenante” di un anno fa? Si tratta di sottigliezze di linguaggio, ma chi usa questi rapporti per farsi un’opinione su nazioni di cui non ha conoscenza diretta le annota, per esempio le agenzie di rating. La Francia con un’economia stagnante che non può fare a meno di un deficit oltre soglia per finanziare il modello statalista, cosa che proietta il suo indebitamento prospettico oltre quello italiano, invece non è considerata un pericolo.

L’ipotesi di due pesi e misure non mi sembra immotivata. Sensazione rafforzata dai rapporti sulla Germania: non nascondono i problemi correnti e prospettici, ma il fraseggio li alleggerisce. Per esempio, in realtà il sistema bancario tedesco è minato da una miriade d’istituti locali con governance politica, difesi da Bundesbank che non ha voluto che la vigilanza Bce penetrasse i loro bilanci opachi, probabilmente densi di titoli tossici non ancora svalutati, come in alcuni grandi istituti. Nei rapporti, invece, si trovano cenni, ma senza definizione di un grosso problema nazionale ed europeo come è. Mentre in Italia, dove c’è una massa di crediti deteriorati già svalutati di circa il 50% e il resto sotto controllo, il rapporto fa intendere che ci sia una crisi bancaria che non c’è. Questi rapporti sono fatti con molta cura sul piano formale, ma su quello sostanziale esibiscono mancanze analitiche importanti, in particolare al riguardo dell’Italia. Tra le tante, una chicca: l’export, punto di forza, sarebbe minato dal fatto che tante piccole imprese esportano in modi sporadici e non sistematici come le grandi industrie, così ipotizzando che l’export italiano sia volatile e, allusione implicita, non un punto di forza. Questa fesseria gira il globo e poi ci si sente chiedere da qualche investitore estero se il sistema italiano d’industria diffusa stia implodendo mentre in realtà sta rinforzandosi.

Ma il fraseggio più ingiustamente penalizzante per l’Italia è il definirla “periferia economica”, nel rapporto 2015 è perfino insultante. Come diavolo si può definire periferia economica una nazione che è ai primi posti nel mondo per scala e capacità industriale? Volendo cercare precisione, il centro economico dell’Europa, o volano industriale e finanziario, è fatto da diverse regioni subnazionali in una fascia a “T”: l’Italia settentrionale, il lato renano della Germania, un pezzo di Francia nord-orientale, l’Olanda, l’area di Londra, ecc., e non da nazioni intere.

Il punto: dopo aver visto come nel 2011 i tecnici del Fmi, su pressione delle nazioni che volevano sostituire il governo italiano del tempo, hanno associato la solida Italia alla fragile Spagna unendole nel rischio d’insolvenza, cosa che ha prodotto una devastante rappresentazione sbagliata dell’Italia, è più razionale essere paranoici che accomodanti. Il fraseggio negativo della Commissione potrebbe essere usato come base per un futuro commissariamento dell’Italia e/o per trattative che mettano Roma in svantaggio iniziale. Da un lato, i difetti dell’Italia sono innumerevoli e non contestabili. Dall’altro, parte di questi difetti non trovano soluzione per l’architettura rigida delle euroregole e certamente l’Italia ha una solidità economica e finanziaria molto maggiore di quella rappresentata nei rapporti detti. Ci sono motivi per ipotizzare un’intenzionale volontà di sottorappresentarla? Non possiamo provarlo, ma nemmeno escluderlo. Pertanto dovremmo: (a) pretendere la creazione di un comitato scientifico (vero) paneuropeo che controlli le analisi dei tecnici della Commissione sul piano della consistenza metodologica; (b) pretendere dalla Commisione che i Country Report d’inizio anno, su cui non prende responsabilità per i contenuti, vengano firmati da chi li redige, così eliminando l’ambiguità di documenti non ufficiali, ma che vengono percepiti come se lo fossero. Speriamo basti solo questo per ridurre la quantità di errori, fraseggi pilotati e stereotipi che sembrano contenere.

DOPO THOHIR Trump si compra l'Inter Ecco chi si porta

L'indiscrezione dalla Spagna: Trump si compra l'Inter e Simeone in panchina



Erick Thohir vuole vendere l'Inter. Tutta oppure un pezzo. Cerca soci. Da settimane la notizia gira sui giornali e sui siti internet. E ora dalla Spagna, e in particolare dal quotidiano catalano "Sport", arriva una indiscrezione clamorosa. Il socio che potrebbe entrare all'Inter accanto al miliardario indonesiano è nientemeno che Donald Trump, il magnate americano che è in corsa alle primarie per diventare il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Trump non apparirebbe direttamente, ma entrerebbe nella società nerazzurra per mezzo di una società che fa capo a lui, la Proto Group Ltd.

E non è finita qui. Perchè sempre il giornale catalano rivela un'altra trattativa in corso, che potrebbe andare in porto se davvero Thohir trovasse un partner danaroso per via Durini: quella che farebbe arrivare sulla panchina nerazzurra, al posto di Mancini, Diego Simeone, il "Cholo" che ha portato in alto i "colchoneros" dell'Atletico Madrid nella Liga spagnola e in Champions League. Per Simeone sarebbe pronto un contratto da 20 milioni a stagione che lo consolerebbe dall'aver perso la corsa al Chelsea (a vantaggio di Antonio Conte).

È nato Tobia, il figlio di Vendola La soffiata: ecco chi è la madre

È nato Tobia, il figlio di Vendola. Lo scoop: ecco chi è la madre


di Giacomo Amadori



Ieri nel tardo pomeriggio (ora italiana) in una clinica californiana top secret è nato Tobia Antonio Testa. Le prime notizie in Puglia sono arrivate verso le 19. È dunque un maschietto il figlio di Nichi Vendola e del suo compagno trentottenne, l’italo-canadese Ed Testa. La madre genetica (la proprietaria dell’ovulo), secondo alcune indiscrezioni, sarebbe californiana, mentre l’utero dovrebbe essere di una donna di origine indonesiana residente negli Stati Uniti. Un bel pot-pourri di nazionalità che porterà il piccolo ad avere tre passaporti. I due papà, in base alle prime notizie, torneranno in Italia non prima di fine marzo. Probabilmente dopo Pasqua.

Non è facile avere altre notizie o conferme, vista la cortina fumogena alzata dai famigliari dei neo papà. Nei giorni scorsi uno dei fratelli di Nichi, su Facebook, aveva addirittura scritto che Vendola era negli States per curarsi una «otite con epididimite ingravescente» che lo affligge da quando aveva 12 anni. In realtà Nichi è partito a fine gennaio per andare ad assistere all’ultimo mese di gravidanza la donna di cui è stato «affittato» l’utero, una pratica legale in California, proibita nel nostro Paese. Vendola potrà veder riconosciuta ufficialmente la propria paternità in Canada, Paese del suo compagno, ma non in Italia fin quando non sarà approvata la legge sulla cosiddetta «stepchild adoption», ovvero quella sull’adozione del figlio del compagno nelle coppie gay. A meno di un (probabile) intervento di un giudice. Infatti il padre genetico di Tobia Antonio è Ed, quasi 20 anni più giovane del cinquantassettenne Nichi. Una scelta ragionata quella della coppia che è servita a trasmettere al bimbo il patrimonio genetico dell’aspirante padre più giovane, lo stesso che, prevedibilmente, potrà vivere accanto al figlio più a lungo.

Il primo nome, Tobia, non appartiene a nessuno dei nonni, il secondo è stato messo in onore di Antonia Lategola, mamma di Nichi, deceduta il 17 dicembre scorso a 90 anni, ma anche del papà di Ed, Antonio, ottantenne parrucchiere emigrato in Canada dall’Alto Lazio (la mamma Anna è un ex bancaria con radici abruzzesi). Vendola nei mesi scorsi aveva sottolineato il suo desiderio di paternità: «Appena lascerò l’incarico alla Regione, rifletterò se affrontare la paternità. Questo è un pensiero che riposa in un angolo della mia vita e che ho sempre rimandato. Per quanto mi riguarda, ogni volta che leggo di un neonato abbandonato in un cassonetto dell'immondizia, vorrei correre a prendermi cura di quella creatura». Nei giorni scorsi Libero aveva rivelato che stava per esaudire il suo desiderio.

Un argomento affrontato da Ed già nel 2012, quando l’allora «first gentleman» della Puglia, aveva dichiarato a Vanity Fair che lui e Nichi sognavano «più di un figlio». Il giovane, nativo di Montreal, laurea in Economia e grafico di professione, aveva raccontato come lui e Vendola si fossero conosciuti in un bar di Roma: «Abbiamo cominciato a chiacchierare, Nichi si è subito offerto di accompagnarmi a scoprire alcuni angoli incantati della vecchia Roma. Davvero una bella passeggiata, non è mai più finita». Nell’occasione svelò un lato inedito del leader di Sel: «Spesso intona delle canzoncine che inventa lì per lì, facendomi credere che si tratti di vecchie canzoni d'amore. E io ci casco».

I due convivono dal 2004 nel borgo antico di Terlizzi (Bari), paese natìo di Vendola, dove Eddy giura di non aver mai subito discriminazioni. «Piuttosto io e Nichi ci sentiamo discriminati da uno Stato che non riconosce i nostri diritti, che quasi non ci vede, e che sembra troppo condizionato da una classe dirigente ipocrita e arretrata».

domenica 28 febbraio 2016

Caivano (Na): Parte la Fase 2?

Caivano (Na): Parte la Fase 2? 



di Gaetano Daniele


 Simone Monopoli
Sindaco di Caivano

Tanto caos e molti scontenti. Cittadini in primis. La cosiddetta Fase 2 proclamata più di 5 settimane fa stenta a decollare e la gestione comunale viene fortemente criticata dai cittadini caivanesi. Troppe contraddizioni. Dopo le dimissioni dell'assessore de La Svolta Mena Sorrentino, e dopo le dimissioni del Vice sindaco di Forza Italia, Diana Bellastella, siamo ancora fermi ai proclami. Le opposizioni tacciono, forse per tornaconto politico. Ma il nuovo proclamo del Sindaco Simone Monopoli, è targato 26 febbraio. Dopo 5 settimane di nulla, arriva il nuovo proclamo: Un fine settimana per me zeppo di incontri e di riflessioni mettendo al centro l'interesse di Caivano. La "start up" e' stata perfetta. Adesso abbiamo il dovere di partire con la "fase 2" garantendo il massimo sforzo possibile per un governo locale di "alto profilo" in grado di rappresentare un valore aggiunto alla comunità. Aprendo anche con la minoranza, sui grandi temi, un confronto di contenuto per ‪#‎lavorareinsieme‬ ‪#‎perscrivere‬ ‪#‎tuttaunaltrastoria‬ ‪#‎percaivano‬. 

Insomma, sarà vero? e quanti giorni dovranno ancora passare affinchè il sindaco ufficializzi realmente i nomi dei nuovi assessori visto che la "start up" è stata perfetta? La clessidra è stata girata, i cittadini attendono, le opposizioni inciuciano, il Paese affonda. 

La stangata tra (ex) moglie e marito cosa farà ora la Finanza sui divorzi

La stangata su divorzi e assegni. Cosa userà la Finanza contro gli evasori



Arriva un nuovo giro di vite sui controlli della Guardia di Finanza per le coppie in fase di divorzio, separazioni e per quelle coinvolte in procedimenti che prevedono assegni di mantenimento. Già dal 1970, l'articolo 5 delle legge n.898 dava la possibilità al giudice di dare mandato alle Fiamme gialle per verificare eventuali discordanze sulle dichiarazioni che i due coniugi devono presentare relativamente al proprio patrimonio e a quello comune. Soprattutto nel caso in cui, ad esempio, uno dei due coniugi si dichiari non abbiente e richieda la difesa a carico dello Stato. Stando alla circolare n.364521/2015, i controlli possono essere disposti sia dal giudice che spontaneamente dal comando territoriale della Finanza. Un nuovo metodo che avrebbe portato a esiti positivi nello smascherare false dichiarazioni e che ha portato i comandi territoriali a rafforzare i controlli.

Le novità - La controffensiva della Finanza contro l'evasione nelle separazioni prevede una serie di aggiornamenti ai metodi di contrasto che parte dall'introduzione di nuovi codici nel database informatico delle Fiamme gialle, passando per l'uso più intensivo di mezzo aerei e navali. In questo modo i finanzieri controlleranno l'eventuale esistenza di immobili e concessioni governative, con le relative imposte non pagate ad esempio per barche e seconde case.

"Facevo sesso in cucina col nonno" Veronica frase choc: Loris la vide e...

Veronica Panarello: "Loris mi beccò mentre facevo sesso in cucina con mio suocero"



Emergono colpi di scena sempre più clamorosi nel caso sulla morte di Loris Stival, il bimbo di 8 anni di Santa Croce Camerina che, secondo l'accusa, sarebbe stato ucciso dalla madre Veronica Panariello. La trasmissione tv "Quarto grado" venerdì scorso, ha rivelato i contenuti di una conversazione che la donna accusata di omicidio avrebbe avuto con una psicologa del carcere di Catania, dove è attualmente detenuta. "Voglio raccontare una cosa che finora non avevo detto a nessuno per vergogna" ha detto Veronica. "Dieci giorni prima della morte di Loris, mentre i bambini erano a letto e io pensavo che dormissero, io e mio suocero abbiamo avuto un rapporto sessuale in cucina e Loris ci ha visti. E' entrato all'improvviso e ci ha beccati. L'ho raggiunto in camera, ero disperata e lui molto arrabbiato". Secondo la donna, nei giorni successivi il bambino l'avrebbe minacciata di raccontare tutto a suo padre.

Dieci giorni dopo, Loris non aveva voluto andare a scuola e il nonno Andrea era "capitato" a casa. "Andrea cominciò a discutere con Loris, poi chiese di andare a prendere qualcosa per farlo stare fermo... Quando tornai di là, Andrea aveva preso un cavetto usb grigio del computer, non so da dove, e lo stava stringendo attorno al collo di Loris". Dichiarazioni choc, che gli inquirenti stanno valutando. Il nonno, indagato per atto dovuto, sarà ascoltato mercoledì prossimo.

Il clamoroso scippo di Sky alla Rai: dite addio a un evento storico della tv

Il clamoroso scippo di Sky alla Rai: addio a un evento storico della tv




Dopo sessant'anni di vita, la cerimonia di consegna dei David di Donatello sarà trasmessa su Sky e non più dalla Rai. La consegna degli oscar italiani non sarà più una triste e soporifera trasmissione relegata ai margini del palinsesto di viale Mazzini, ma una produzione realizzata da Magnolia quasi in stile hollywoodiano. Ci saranno contenuti speciali, approfondimenti e tutta una programmazione dedicata per preparare gli spettatori alla data dell'evento, il prossimo 18 aprile. "L'accordo tra l'Accademia del Cinema italia e Sky - ha detto il presidente Gianluigi Rondi - prevede, oltre alla serata di premiazione, una serie di manifestazioni celebrative che avrano l'obiettivo di fare il punto sul cinema italiano di oggi, in modo da diffondere tutti gli aspetti creativi e produttivi e per avvicinarlo sempre più favorevolmente alle attese del suo pubblico".

Belpietro smaschera Napolitano "Vi svelo il suo piano con Renzi"

Maurizio Belpietro: "Napolitano tira i fili pure a Renzi"


di Maurizio Belpietro



Quando il 14 gennaio di un anno fa Giorgio Napolitano firmò la lettera di dimissioni e lasciò il Quirinale, tirai un respiro di sollievo. Finalmente usciva di scena uno dei peggiori presidenti della Repubblica che la storia ci avesse riservato e per giunta quello che più a lungo era riuscito a restare in sella. Con lui sul Colle si arrivò là dove nessun capo dello Stato si era mai spinto, non solo per il doppio mandato, ma anche per una supplenza che di fatto lo aveva trasformato nel monarca di una Repubblica presidenziale. Un sovrano non eletto dal popolo, che pur senza avere alcun mandato degli elettori agiva e si comportava come se lo avesse e come se disponesse di pieni poteri, compresi quelli di fare e disfare governi. Dunque, quando Napolitano lasciò, salutai l’addio festeggiando con un brindisi. Purtroppo mi sbagliavo. E non perché il suo successore si sia rivelato peggio di lui (così non è stato). E nemmeno perché Sergio Mattarella si sia dimostrato l’opposto del predecessore, ossia talmente poco presidenzialista da apparire più simile a un fantasma che a un presidente. No, la ragione per cui mi sbagliavo è che Napolitano pur dimettendosi dall’incarico di fatto non se ne è mai andato.

Altro che presidente emerito: l’ex inquilino del Quirinale è un presidente nel merito. Sì, sul Colle c’è quell’altro, ma in campo resta sempre lui, il nonno della Repubblica, il quale pur avendo mollato la poltrona, si è tenuto stretto tutto il resto, intrighi compresi. È lui che briga, traffica, suggerisce e incoraggia il Parlamento. Legge elettorale, riforma del Senato, Unioni civili. Nonostante non abbia alcun ruolo ufficiale, li esercita tutti per indirizzare le cose secondo il suo volere. Colloqui, interviste, indicazioni: la sua pressione si fa sentire ovunque. Una moral suasion che ai miei occhi è quanto di più immorale e poco democratico ci sia. Che il vecchio comunista non si sia fatto da parte, ritirandosi a vita privata, lo dimostra non tanto il fatto che stazioni perennemente nell’aula del Senato, tanto perennemente da dimenticarsi la tessera per votare inserita anche quando lui non c’è, ma che il suo zampone sia spuntato anche nella polemica che nei giorni scorsi ha visto fronteggiarsi l’attuale presidente del Consiglio con quello passato. Non mi riferisco ovviamente a Enrico Letta, che dopo essere stato defenestrato da Palazzo Chigi ha fatto perdere le proprie tracce. No, il richiamo è a Mario Monti, l’ex bocconiano che proprio Napolitano volle alla guida di un governo tecnico nel novembre del 2011. Il professore con un intervento nell’aula di Palazzo Madama ha bocciato la linea del governo sull’Europa e per farsi capire meglio ha anche scritto una lettera al Corriere della Sera. Matteo Renzi ovviamente non l’ha presa bene. Un po’ perché è allergico a qualsiasi critica, anche la più lieve (non a caso si prepara a tappare la bocca ai pochi programmi tv che non esaltano il verbo renziano) e un po’ perché nell’intervento del senatore a vita ha intravisto la mano dell’ex presidente della Repubblica, il quale sui rapporti con l’Europa e sulle relazioni con i cosiddetti partner ha sempre voluto mettere bocca e soprattutto il naso. La nascita del governo Monti e il siluramento di quello Berlusconi del resto sono opera pacificamente riconosciuta di nonno Giorgio, il quale con Angela Merkel aveva (e ha) buoni rapporti e pure con Francois Hollande.

Del resto, che l’uomo non stia in Senato al solo scopo di godersi il vitalizio ma semmai di godere del potere di condizionamento che ancora esercita, lo si è visto anche ieri, quando Jean Claude Juncker, ossia l’arcinemico di Renzi, prima di incontrare il presidente del Consiglio ha voluto far visita all’ex capo dello Stato. E quando mai si è visto un presidente della Ue in visita ufficiale che si attarda per tre quarti d’ora con uno che in teoria non dovrebbe contare più niente? E non dopo essersi recato a Palazzo Chigi o al Quirinale, ma prima, quasi che servisse quell’appuntamento per dissodare il terreno.

Sta di fatto che dopo aver parlato con Napolitano, Juncker ha visto Matteo Renzi e sono state rose e fiori. Altro che fuochi d’artificio, come aveva promesso il nostro capo del governo. L’incontro si è concluso a tarallucci e vino, con una dichiarazione del nostro presidente del Consiglio che è apparsa come un modo per abbassare le penne. «Il governo è dalla parte delle regole, crede nel rispetto delle regole e fa di tutto per essere all’avanguardia». Poi ha aggiunto: «Condividiamo la linea della commissione sulla flessibilità. Per noi il riferimento è quello che ha scritto la Commissione europea sulla flessibilità, non chiediamo di cambiare».

Ma come? Fino a ieri Renzi minacciava sconquassi se non avesse avuto in cambio la flessibilità di bilancio, e ora fa retromarcia? Stai a vedere che con le sue manovre il presidente a riposo ha messo sull’attenti il presidente (del Consiglio) in carica. In tal caso si capirebbe chi è il burattinaio e chi il burattino.

L'attacco della Meloni alla Boschi Il morso di Giorgia: "Così ci rovina"

Meloni, attacco finale alla Boschi: ecco come rovina gli italiani



"Il Governo Renzi mette in atto una nuova infamia per aiutare le banche ad accanirsi sulla povera gente. Dopo la vergogna del prestito vitalizio ipotecario e delle case in leasing e dopo lo scandalo del decreto salva banchieri e truffa risparmiatori, ora Renzi e la Boschi si inventano un decreto per dare la possibilità alle banche di espropriare la casa a chi salta anche poche rate del mutuo, senza dover nemmeno passare per la sentenza di un giudice". E' furibonda Giorgia Meloni, che sul suo profilo Facebook attacca il governo e in particolare il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che stanno per cambiare la normativa sui pignoramenti delle case per chi è moroso sul pagamento delle rate del mutuo. In pratica, basterà non aver saldato sette rate anche non consecutive per vedersi portare via l'appartamento dalla banca.

"Come al solito, la porcata a favore delle banche e contro la povera gente è ben nascosta tra le pieghe di un provvedimento complesso e difficile da interpretare, che con freddo cinismo il governo ha definito a tutela del credito". Peccato però, conclude la leader di Fratelli d'Italia, "che non sia a tutela del credito dei normali cittadini, bensì a tutela del credito delle banche e dei poteri forti che hanno piazzato a Palazzo Chigi Renzi e il suo giglio magico e che oggi pretendono la giusta riconoscenza. Fratelli d'Italia si batterà contro questo ennesimo regalo alle banche, come ha sempre fatto".

Sondaggio, numeri choc per Matteo Che brutta fine fanno i suoi candidati

Sondaggio: a Milano e Roma centrodestra a un soffio dal Pd



di Salvatore Dama


Il centrodestra se la può giocare. A Milano e Roma, soprattutto. Dove Stefano Parisi e Guido Bertolaso sembrano entrare in partita per giocarsi il ballottaggio. Altro che pura testimonianza. I sondaggi di Tecnè per TgCom24 indicano una tendenza. Le forchette tra i candidati delle tre coalizioni in ballo - centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle - sono ravvicinate. Si incrociano. Vedono il Pd in vantaggio, ma non in fuga, considerando i mesi che ancora mancano al giorno delle urne.

Prendiamo Milano. Beppe Sala era dato come strafavorito. Invece l’ex commissario dell’Expo, nei sondaggi, non rivela un margine tale da poter considerare già vinta la sfida. Il candidato renziano è stimato tra il 34 e il 37 per cento. Stefano Parisi, il manager scelto dal centrodestra per la corsa a Palazzo Marino, tallona l’avversario al 30-33%. La candidata dei Cinquestelle Patrizia Bedoni è al 14-17 per cento. Secondo lo studio di Tecnè, a penalizzare Sala è il suo predecessore. Una zavorra. Secondo il 59 per cento dei milanesi, infatti, Giuliano Pisapia non è stato un buon sindaco. Insomma a Milano nulla è scontato. Anche perché a tre mesi dal voto è molto alto il numero degli indecisi (il 45%).

Analogo dato spicca a Roma. Nella capitale il disinteresse degli elettori è alimentato anche dalle inchieste giudiziarie e dalla rovinosa fine della giunta Marino. L’indecisione genera equilibrio. In testa ai sondaggi c’è Virginia Raggi con il 22-25 per cento. La candidata dei Cinquestelle è seguita da Roberto Giachetti del Pd (24-27) e da Guido Bertolaso (23-26). Le polemiche di questi giorni all’interno del centrodestra non sembrano aver danneggiato l’ex commissario della Protezione civile, indicato da Silvio Berlusconi per la corsa al Campidoglio e sostenuto con convinzione da Giorgia Meloni. Il problema è Matteo Salvini. La Lega non ritiene Bertolaso il miglior candidato possibile. Oggi e domenica il Carroccio lancia un consultazione molto simile alle primarie, con gazebo dove i cittadini possono espremere la propria preferenza su una lista di possibili candidati alternativi. Eppure l’ex sottosegretario non sembra essere messo così male come dice Salvini. Secondo Termometropolitico.it il candidato più performante è invece Alfio Marchini. Da solo, con la sua lista civica, ha il 12%. Se fosse il candidato unitario del centrodestra andrebbe al ballottaggio con la Raggi. E, sostiene Ipr, avrebbe valide chance di vittoria finale.

Anche a Napoli nessun candidato la spunterà al primo turno. Euromedia Research dà un discreto margine al sindaco uscente Luigi De Magistris su tutti gli altri competitor. Ma è ben al di sotto del 50. Da segnalare il tramonto bassoliniano. Il ritorno dell’ex sindaco partenopeo, in corsa alle primarie del Pd, non scalda più i cuori della sinistra. Diversa la situazione rappresentata dal sondaggi Index per Piazza Pulita. Lettieri è primo con il 27%, seguito da De Magistris e Bassolino, entrambi con il 23.5%, poi c’è il Mister X dei Cinquestelle con il 22%. Il candidato del centrodestra rimane in testa anche se la competizione dovesse essere con Valeria Valente, l’altra candidata in corsa alle primarie del Pd.

Il termometro settimanale dei partiti non segnala picchi particolari. Il Pd veleggia sopra il 30 segnando una piccola crescita rispetto a gennaio. Segue il M5S con il 28 per cento, la Lega con il 14,5 (ma in calo di un punto), Forza Italia al 12,5 e Fratelli d’Italia al 5,5. Entrambi in risalita. Quanto alla fiducia nei leader, c’è da segnalare la performance di Giorgia Meloni (36) e l’exploit di Giovanni Toti. Il presidente della Regione Liguria ha un indice di fiducia pari a 35. Superiore a quello del suo mentore Silvio Berlusconi. Che scende al 29. Giù anche Renzi e Grillo.