Riina, il giudice Esposito che condannò Berlusconi contro la Cassazione
"Su Totò Riina la mia Corte di Cassazione ha sbagliato tutto". Parola di Antonio Esposito, il giudice che condannò nel 2013 Silvio Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset. La toga, ex giudice della Cassazione, ha scritto al Fatto quotidiano per commentare la sentenza degli Ermellini che ha annullato l'ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Bologna aveva a sua volta rigettato la richiesta del boss di Cosa Nostra di sospensione della detenzione per motivi di salute.
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La questione, sottolinea Esposito, è prettamente tecnico-giuridica: "La Cassazione avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso", invece di entrare nel merito. La sentenza della Cassazione, sottolinea Esposito, si basa su "valutazioni che si sostanziano in censure, non consentite, sul discorso motivazionale dell'ordinanza, ritenuto carente e, più volte contraddittorio". Valutazioni che non competevano però ai giudici della Cassazione, che hanno rinviato di nuovo la decisione al Tribunale, "e non si comprende in che termini dovrebbe nuovamente e diversamente motivare il Tribunale" tanto più che il rigetto era basato su "relazioni sanitarie" secondo cui "non emergeva che le pur gravi condizioni di salute fossero tali da rendere inefficace qualunque tipo di cure". In altre parole, come ricorda anche Esposito, le patologie di Riina possono essere curate "anche in ambiente carcerario", anche perché "episodi di aggravamento" erano già stati "adeguatamente fronteggiati con tempestivi interventi di ricovero", addirittura "presso l'azienda ospedaliera universitaria di Parma".
La Cassazione ha poi accusato il Tribunale di non aver motivato se la pericolosità del Boss eventualmente scarcerato resti la medesima anche considerata la salute precaria. "Anche questa affermazione è inesatta - ribatte Esposito -. Il Tribunale ha, innanzitutto, evidenziato l'altissimo tasso di pericolosità del detenuto, soggetto di notevolissimo spessore criminale che ricopriva la posizione di vertice assoluto dell'organizzazione criminale Cosa Nostra". Un Riina, dunque "ancora pienamente operante". Una motivazione, questa, "adeguata e incensurabile in sede di legittimità".
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