Vittorio Feltri: Riina in carcere, i brigatisti rossi a spasso da anni
di Vittorio Feltri
La polemica del giorno esalta la faziosità che serpeggia in Italia. Secondo la Cassazione, Totò Riina, condannato all'ergastolo per una serie di omicidi mafiosi, potrebbe uscire dal carcere di Opera dove è blindato in regime di 41 bis e sottoposto a torture quotidiane, come ha dimostrato Melania Rizzoli nell'articolo pubblicato ieri su Libero. Il boss è dietro le sbarre da oltre due decenni, ha 86 anni, non ha molto da vivere perché soffre di svariate malattie, cardiache e tumorali. Tenerlo in galera non è un atto di giustizia, bensì di gratuita crudeltà dato che egli non è in grado di fare male a una mosca, essendo ridotto a uno straccio.
I soliti cattivoni (politici e commentatori di pronto intervento) sono indignati all'idea che il detenuto venga spedito a casa sua in barella, preferiscono che costui patisca in cella pur essendo in stato preagonico. Sono duri e puri? Nossignori, sono ignoranti, non conoscono in che cosa consista il 41 bis e non hanno letto nemmeno una pagina di Cesare Beccaria (consigliamo a tutti di ripassarne il testo famoso, Dei delitti e delle pene). Altrimenti saprebbero che la prigione riservata ai criminali organizzati è una vergogna nazionale, per eliminare la quale nessuno muove un dito. Trattasi di isolamento perenne, un'ora di aria al dì, telecamere e luci sempre accese inquadrano anche il water e chi lo usa. La sorveglianza spietata è prevista 24 ore.
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Guantanamo, al confronto delle nostre strutture dedicate ai farabutti incalliti, è un ameno villaggio turistico. Fantastico. Il Parlamento è in procinto di approvare il reato di tortura da contestare ai poliziotti che eventualmente ricorrano ai muscoli per arrestare un delinquente. Però i deputati e i senatori consentono alle istituzioni di sottoporre a supplizi gli "ospiti" del succitato 41 bis. Non solo, non pensano neanche ad abolire le cosiddette pene accessorie. Esempio. Bossetti si è beccato l'ergastolo, che tuttavia non bastava: gli hanno aggiunto per sovrammercato un paio d'anni di isolamento. Mancavano due calci quotidiani nel didietro. Altro che culla del diritto, siamo la tomba della civiltà.
Torniamo a Riina. Lo hanno spacciato per capo dell'onorata società, lui analfabeta tenne in scacco per venti anni e passa carabinieri e agenti, i quali lo cercarono dovunque, in qualsiasi angolo della Sicilia tranne che nella sua abitazione nel centro di Palermo, e qui fu poi scovato. Vengono dei sospetti: o fingevano di dargli la caccia, oppure erano un po' storditi. Altra spiegazione non esiste.
Se il comandante supremo della mafia era davvero Totò, un nano capace a malapena di firmare, ci domandiamo con inquietudine per quale motivo gli intelligentoni della sicurezza non lo acchiapparono prima che ne combinasse di cotte e di crude. Un mistero ancora da svelare. Adesso che il nano è uno zombi, gli inflessibili giustizialisti insistono: fatelo marcire nella tomba di cemento che lo rinchiude. Deve patire.
Essi agirono diversamente con i bastardi delle Brigate rosse che fecero più vittime del morbillo. Non ne è rimasto uno sotto chiave. Tutti liberi e belli, uno è entrato a Montecitorio, alcuni insegnano (quali materie si ignora) addirittura all'università, scrivono brutti libri, concionano in centinaia di conferenze pubbliche. Pluriassassini come Viscardi di Prima linea sono stati scarcerati subito, restituiti al consorzio umano quasi che fossero dei ladruncoli di ortaggi.
In effetti ci sono assassini e assassini, quelli politici, via dalle pazze carceri medievali: meritano la riabilitazione di fatto; quelli mafiosi, Riina docet, benché la vecchiaia e la malattia li abbiano stritolati, rimangano all'inferno a tribolare finché non avranno tirato le cuoia. Se questa è giustizia, ci sputiamo sopra.
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