La sentenza che manda a casa la Boldrini: immigrati, come saranno ridotti...
Sarà contenta, si fa per dire, Laura Boldrini, la fan degli immigrati e del Terzo Mondo. Gli stranieri che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale, quindi anche in Italia, hanno "l'obbligo" di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso "di stabilirsi" ben sapendo che "sono diversi" dai loro e "non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante".
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Lo sottolinea la Corte Cassazione condannando un indiano sikh che voleva circolare con un coltello "sacro" secondo i precetti della sua religione. Il coltello "sacro" per gli indiani sikh. "In una società multietnica - prosegue il verdetto della Suprema Corte - la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della
società ospitante".
I giudici hanno respinto il ricorso di un indiano sikh condannato a duemila euro di ammenda dal Tribunale di Mantova, nel 2015, perché il 6 marzo del 2013 era stato sorpreso a Goito (Mn), dove c'è una grande comunità sikh, mentre usciva di casa armato di un coltello lungo quasi venti centimetri. L'indiano aveva sostenuto che il coltello (kirpan), come il turbante "era un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso". Per questo aveva chiesto alla Cassazione di non essere multato e la sua richiesta era stata condivisa dalla Procura della Suprema Corte che, evidentemente ritenendo tale comportamento giustificato dalla diversità culturale, aveva chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna.
Il verdetto aggiunge che "la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto".
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