L'esperto: "L'atomica di Kim Jong è un rottame"
intervista di Mirko Molteni
La tensione fra America e Corea del Nord non si placa ma ieri la US Navy ha ammesso che la portaerei Carl Vinson è ancora lontana dalle acque del Mar del Giappone. Quel volpone di Trump, insomma, avrebbe fatto credere la nave pronta, mentre invece compiva ancora esercitazioni in Indonesia, nello stretto della Sonda.
Delle altre portaerei che dovrebbero affiancarla, la Ronald Reagan è in manutenzione in Giappone, se non altro vicina, ma la Nimitz è al largo della California. Il Pentagono conferma però che la Carl Vinson raggiungerà la Corea la settimana prossima.
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Il bluff di Trump non è l'unico in questa vicenda che di misteri ne conta parecchi. A partire dalla stessa Corea comunista, un Paese circondato da mistero e disinformazione, soprattutto per quanto riguarda la questione della bomba atomica. Ne parliamo con l'esperto Dario Fabbri, della rivista geopolitica Limes.
Perché Trump ammonisce il regime di Kim Jong-un che già ha fatto scoppiare ordigni nucleari? Non è tardi?
«La questione è dibattuta, ma gli analisti americani non sono certi che la Corea del Nord abbia già vere armi nucleari. Uniche prove, le onde sismiche delle esplosioni sotterranee. I movimenti dell'amministrazione americana in questi giorni si basano sull'idea che ci sia ancora un margine di tempo. Altrimenti le pressioni americane avrebbero poco senso, perché se Kim avesse già la bomba e il problema fosse solo metterla sul missile sarebbe già tardi. Per l'intelligence Usa, non ha ancora atomiche vere. La capacità di montare la testata su un missile significa avere o non avere la bomba, che altrimenti risulta immobile. Gli americani danno per scontato che i nordcoreani non possano ancora colpire la California».
Vicina o no a testate efficaci, che la Nord Corea punti su missili lanciabili da sottomarini aumenta il pericolo?
«Certo. Un missile con base a terra è individuabile da aerei o satelliti, lo si può neutralizzare con attacchi preventivi. I missili da sottomarini, invece, sbucano all'improvviso dall'oceano. Sono i più pericolosi e imprevedibili. Quelli nordcoreani hanno fatto talvolta cilecca, ma alcuni hanno funzionato».
Attendendo atomiche efficienti, Kim può ripiegare sui gas?
«Che abbia un vasto arsenale chimico e batteriologico è provato da anni. Se posto con le spalle al muro e impossibilitato a usare l'atomica, a Kim non manca la spregiudicatezza per tali armi. Ciò allarma Corea del Sud e Giappone. Soprattutto il Giappone può usare la minaccia nordcoreana per tenersi aperta la possibilità di proprie armi nucleari. Lo ventilò anche Trump in campagna elettorale. I giapponesi hanno una larga base di nucleare civile da cui partire. Per Tokyo la crisi è strumentale a questo fine».
Trump dice che Pechino sta dando una mano, ma per i cinesi è un dilemma. O convincono Kim a disarmare, o lo rovesciano con una congiura di palazzo.
«La Cina vuol tenere in vita una Corea del Nord, così com'è oggi o una simile. Se la Cina potesse scegliere preferirebbe un regime senza atomica. Ma non si può avere tutto. Per Pechino il male minore è sempre una Corea del Nord stabile, anche armata di atomiche, a far da cuscinetto. La Cina prova a influenzare Kim, ma non è facile. E non sappiamo quanto i cinesi s'affidino a ufficiali del governo nordcoreano per un cambio di vertice».
Pur ritardataria, il 25 aprile dovrebbe arrivare almeno una portaerei americana. La tensione avrà un picco più pericoloso?
«In parte sì, ma l'invio di una forza aeronavale è anzitutto un messaggio di Trump alla Cina, per avvertirla che gli Usa fanno sul serio e spronarla a mediare. Il problema è che il programma nucleare nordcoreano, se all'inizio era un mezzo per strappare concessioni internazionali, ora è un obbiettivo di per sé, perché Kim è pronto a tutto per non fare la fine di Saddam o Gheddafi».
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