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martedì 28 marzo 2017

SALUTE DEL CUORE Se viviamo più a lungo e meglio è anche grazie ai nostri cardiologi

Se viviamo più a lungo e meglio anche grazie ai nostri cardiologi



di Matilde Scuderi
                                



È un dato di fatto: l'aspettativa di vita media degli italiani si è allungata notevolmente negli ultimi trent'anni. Numerosi sono i fattori che hanno portato a questo miglioramento macroscopico, ma tra essi un merito particolare va riconosciuto alla cardiologia, poiché sia dal punto di vista chirurgico che dal punto di vista diagnostico, negli ultimi trent'anni questa disciplina si è progressivamente affinata, consentendo agli abitanti del nostro paese di vivere di più e in salute. 'Conoscere e curare il cuore', un congresso organizzato dalla fondazione onlus Centro per la lotta contro l’infarto tira le somme di questa evoluzione, con un programma ricchissimo che dà conto dei molteplici traguardi e delle prospettive di ricerca della cardiologia italiana che vanno dai nuovi target di studio - la donna e i grandi anziani - alle nuove frontiere che si aprono per la  cardiochirugia grazie all'uso di valvole mitraliche, passando per nuove tecniche diagnostiche fino ad arrivare all'ipotesi di nuove figure professionali: il cardiologo geriatra. Ma proviamo a riassumere alcune dei temi trattati durante l'evento.

La valutazione del paziente in pronto soccorso. Attualmente i pazienti che lamentano un generico dolore toracico rappresentano 10-15 per cento delle accettazioni al pronto soccorso. L'iter diagnostico standard comporta lunghi tempi di osservazione al fine di identificare un'eventuale sindrome coronarica acuta (Sca), ma è chiaro a tutti che  tempistiche così dilatate comportano l’aumento dei costi e l’affollamento del pronto soccorso, con impatto negativo sui pazienti e sulle strutture sanitarie. Esiste tuttavia la possibilità di velocizzare i tempi di diagnosi, grazie al rilievo della troponina ad alta sensibilità, che con solo due misurazioni a distanza di poche ore, permette di escludere la diagnosi di infarto miocardico in atto con una percentuale di errore estremamente bassa, al di sotto dell'1 per cento. Ben diverso è invece lo scenario in caso di utilizzo di troponina non ad alta sensibilità, che costringe il paziente ad almeno 18 ore di attesa e a un minimo di tre prelievi. Esiste poi un'altra tecnica che consente  la diagnosi al pronto soccorso dell'infarto del miocardio senza sopraslivellamento del tratto st (nstemi), un tipo di infarto difficile da individuare: l’angiografia coronarica computerizzata (Ctca) o tomografia computerizzata (tc) coronarica. La tc coronarica consente di confermare o escludere, in maniera non invasiva, una malattia coronarica critica in pazienti con dolore toracico e permette di  ridurre i tempi di degenza.

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Predire l'infarto. Il fine principale della cardiologia è da sempre arrivare a sviluppare tecniche e conoscenze in grado di predire l'evento cardiovascolare. Negli ultimi anni questa possibilità sta divenendo sempre più concreta: “l’Elecron beam computer tomography (Ebct) – commenta Francesco Prati, presidente della fondazione 'Centro per la lotta contro l’infarto' - è una metodica che assicura, mediante il calcium score o in parole povere la misurazione del calcio nel sangue, il riconoscimento e la quantificazione delle calcificazioni nelle coronarie. La tecnica ha un basso costo ed alta sensibilità e viene pertanto impiegata da anni come un valido marker per il rilievo dell’aterosclerosi coronarica. La presenza di calcio al calcium score dimostra una stretta correlazione con il carico aterosclerotico delle coronarie e si associa ad un’alta probabilità di sviluppare eventi cardiovascolari. La sua assenza indica invece un rischio di eventi molto basso, l'Ebct permette pertanto di identificare soggetti a rischio di eventi coronarici. In questo modo ci avviciniamo sempre più all’obiettivo della medicina personalizzata, orizzonte di eccellenza verso il quale la medicina, in genere, e la cardiologia in particolare tende da sempre con decisione”.

Cardiologia e medicina di precisione. “Grazie al completamento del sequenziamento umano - afferma Eloisa Arbustini del Centre for inherited cardiovascular diseases - e alla disponibilità dei nuovi strumenti della biotecnologia, la caratterizzazione molecolare delle malattie a livello individuale è ora possibile e sostenibile. In questo senso, la medicina di precisione intende identificare la precisa eziologia e target per ciascuna patologia con l’obiettivo di sviluppare trattamenti specifici relativi, ritagliati su profili biomolecolari individuali. E questa è la medicina personalizzata. I due termini spesso sono utilizzati in modo intercambiabile e/o in combinata. In un prossimo futuro ciascuno di noi sarà forse curato in base ad aspetti individuali del proprio corredo genetico”.

La cardiologia e i grandi anziani. La prevalenza delle malattie cardiovascolari aumenta con l’invecchiamento progressivo della popolazione, ponendo il cardiologo di fronte a pazienti anziani sempre più complessi, in cui fragilità, comorbilità e disabilità rendono le scelte diagnostico-terapeutiche molto difficili. La stenosi aortica è la maggiore causa di mortalità e morbilità nel paziente anziano: si stima che, tra i pazienti di età superiore o uguale ai 75 anni, una percentuale superiore al 4,6 per cento sia affetta da stenosi aortica severa. Questa categoria di pazienti che fino a poco tempo fa veniva curata solo farmacologicamente, proprio a causa dell’età avanzata e delle comorbidità, ha ora un’opportunità di cura grazie al rapido sviluppo della ricerca scientifica e della tecnologia. Nell’ultimo decennio si è infatti assistito all’introduzione della sostituzione valvolare aortica percutanea - il cui acronimo, Tavi, deriva dall'inglese transcatheter aortic valve implantation - modificando così l’approccio terapeutico in pazienti inoperabili poiché ad alto rischio chirurgico e divenendo in pochi anni un’alternativa alla chirurgia in questi pazienti. Questa tecnica consiste nel posizionamento per via percutanea - ossia passando attraverso un'arteria dell'inguine analogamente a quanto avviene con l’angioplastica - di una protesi valvolare. La Tavi risulta essere una terapia sicura, efficace e praticabile indipendentemente dall’età, superiore o inferiore a 90 anni. I risultati, anche in pazienti nonagenari, sono promettenti e la mortalità non si discosta significativamente da quella osservata nei meno anziani sottoposti a Tavi.

L'ictus nella donna. I grandi progressi fino ad ora illustrati non devono far pensare che ci si possa adagiare sugli allori: richiede ancora molto lavoro il trattamento dell’ictus, soprattutto nel sesso femminile. Le donne infatti risentono maggiormente degli effetti a lungo termine dello stroke, in termini di disabilità, impatto della malattia e costi sociali. I tratti distintivi del quadro clinico tra uomo e donna possono essere tracciati in questo modo: l’ictus rappresenta la quinta causa di morte negli uomini e la terza nelle donne. Quest’ultime più frequentemente presentano episodi ricorrenti e maggiori complicanze durante il ricovero ospedaliero. L’età di comparsa dello stroke nelle donne è in media superiore di 4 anni rispetto agli uomini (75 contro 71 anni) e gli eventi presentano generalmente una maggiore gravità e conseguenze più importanti in termini di disabilità. Sarebbe quindi importante prevedere linee guida specifiche di prevenzione nel genere femminile. Le donne, per quanto siano più informate e sensibili rispetto alle campagne educazionali e seguano uno stile di vita più sano e consapevole, indipendentemente dal livello di istruzione, riferiscono più tardivamente i sintomi di un eventuale episodio cerebrovascolare e più tardivamente ricorrono ad assistenza medica. La prognosi è più frequentemente sfavorevole nelle donne anche in relazione all’età più avanzata ed alla condizione socio-demografica.

A cuore aperto. La nuova frontiera della cardiologia interventistica è la 'cardiochirurgia a cuore aperto'. Questa è tutt’oggi il punto di riferimento per il trattamento dell’insufficienza mitralica severa, che oggi è trattabile grazie ad una tecnica innovativa: l’impianto delle valvole mitraliche. Il primo impianto di valvola mitralica transcatetere è stato effettuato nel 2012 e da allora il numero di casi trattati ha visto una lenta ma continua crescita. A causa dell’assenza di dati solidi circa la sicurezza e l’efficacia nell’uomo, fino ad ora l’impianto di valvole mitraliche transcatetere è stato riservato a pazienti affetti da severa valvulopatia mitralica, spesso in regime di 'uso compassionevole'. Fino ad ora, solo pochi dati preliminari sono già disponibili in letteratura, per lo più case-reports o piccole serie. I risultati disponibili sono ancora molto pochi, presentati in modo non uniforme e, pertanto, di difficile interpretazione. Nonostante l’esperienza sia modesta per tutti gli operatori, le procedure d’impianto sono relativamente brevi, semplici, riproducibili e condotte con successo nella maggior parte dei casi. Tutte le valvole hanno finora mostrato un’ottima funzione post-impianto con bassi gradienti e, se impiantate correttamente, una completa abolizione dell’insufficienza mitralica, oppure una bassa incidenza di insufficienza mitralica residua. La mortalità osservata è al momento molto variabile, andando da meno del 5 per cento a quasi il 50 per cento. Il dato confortante è che alcuni pazienti hanno ormai sorpassato oltre i 2 anni di follow-up e sono in buone condizioni cliniche, senza eventi avversi. “Una delle grandi novità di quest’anno - conferma Laura Gatto, medico cardiologo presso l'azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata e coordinatrice del comitato scientifico del congresso - è stato l'inserimento di alcune sessioni dedicate alla esposizione di contributi scientifici, sotto forma di comunicazioni orali e di poster, oltre che riproporre due sessioni dedicate alla presentazione di casi clinici. È stata una grande iniziativa soprattutto per i medici più giovani, che con entusiasmo hanno accettato la sfida di mettersi in gioco e di presentare i loro lavori in una vetrina unica come questa. Questa innovazione può essere considerata come il tentativo di fondere la tradizione di un congresso lunga 34 anni, con il presente della cardiologia, aprendo le porte al futuro della ricerca scientifica rappresentata proprio dai giovani”.

Il cardiologo geriatra. Non c’è dubbio che la cardiologia è la specialità medica che ha assistito negli ultimi anni allo sviluppo maggiore nelle conoscenze cliniche e di fisiopatologia, disponendo di mezzi diagnostici e terapeutici ad elevata tecnologia. In un’ottica di evoluzione continua, oggi la cardiologia italiana sta compiendo un ulteriore salto evolutivo: la necessità di adattare le conoscenze sviluppate in cardiologia ad una nuova popolazione che invecchia sempre di più e meglio, creando una nuova figura professionale: il cardiologo geriatra. L’obiettivo della cardiologia geriatrica è quello di adattare la cura delle malattie cardiovascolari ad una popolazione che invecchia, mediante l’introduzione di concetti di medicina geriatrica nella cura dei pazienti più anziani, coniugando le conoscenze e le abilità del cardiologo con la sensibilità e la cultura del geriatra. La prossima generazione di cardiologi potrà contare su programmi di formazione fortemente condizionati dall’aumento dell’attesa di vita, con il conseguente intreccio di problemi cardiovascolari e geriatrici.

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