Studio Re-Circuit: il centro Italia ha il maggior numero di pazienti
di Eugenia Sermonti
E’ l’ospedale regionale ‘Miulli’ di Acquaviva delle Fonti (BA) il Centro con il maggior numero di pazienti arruolati al mondo per lo studio Re-Circuit, che ha messo in luce nuovi importanti risultati, circa il profilo di sicurezza di dabigatran etexilato rispetto a warfarin, in pazienti con fibrillazione atriale (Fa), sottoposti ad ablazione transcatetere. I pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere senza l’interruzione di dabigatran, infatti, hanno avuto meno emorragie maggiori e minori eventi avversi gravi rispetto a quelli trattati con warfarin non interrotto. “Abbiamo accettato con grande entusiasmo di partecipare allo Studio Re-Circuit - ha dichiarato Massimo Grimaldi, responsabile U.O.S.D. di aritmologia presso l’Ospedale ‘F. Miulli’ di Acquaviva delle Fonti (BA) - Era molto importante, infatti, valutare con un rigoroso studio randomizzato la validità di un approccio non interrotto con dabigatran in pazienti con fibrillazione atriale che dovevano essere sottoposti ad ablazione transcatetere. L’arruolamento dei pazienti - continua Grimaldi - è stato semplice in quanto quasi tutti i nostri pazienti erano in terapia con warfarin e hanno visto con grande interesse la possibilità di passare a un Noac”.
Nello studio Re-Circuit, i cui risultati sono stati presentati in una sessione late-breaking al 66° Congresso dell’American College of Cardiology (Acc) a Washington e contemporaneamente pubblicati su The New England Journal of Medicine, la terapia non interrotta con dabigatran ha ridotto significativamente il rischio di emorragia maggiore, rispetto alla terapia non interrotta con warfarin. Lo studio ha mostrato una riduzione del 5,3 per cento del rischio assoluto per l’endpoint primario, con emorragia maggiore verificatasi in 5 pazienti su 317 trattati con dabigatran, contro 22 pazienti su 318 trattati con warfarin (riduzione del rischio relativo del 77,2 per cento). Simile l’incidenza di complicanze di emorragia minore nei due bracci di trattamento (dabigatran 59 pazienti su 317, contro warfarin 54 pazienti su 318). Nei pazienti in terapia con warfarin si è verificato un evento tromboembolico, nessun evento tromboembolico nei pazienti trattati con dabigatran. Lo studio Re-Circuit ha coinvolto 635 pazienti con fibrillazione atriale parossistica o persistente sottoposti ad ablazione transcatetere. La popolazione arruolata nello studio rispecchia le tipologie di pazienti sottoposti a questo tipo d’intervento nella pratica clinica quotidiana e i risultati forniscono nuove e importanti informazioni per la classe medica.
“Questi dati sono stati per noi molto rassicuranti proprio in virtù del duplice ed opposto rischio che l’intervento di ablazione comporta. - aggiunge Grimaldi - In altri termini ci si sente come un giocoliere sul filo, potendo cadere da un lato nella complicanza emorragico, e dall'altro in quella tromboembolica". “I risultati del trial rappresentano un’importante notizia per la comunità scientifica - ha dichiarato il chairman dello Steering Committee dello studio Re-Circuit Hugh Calkins, professore di cardiologia e direttore del laboratorio di elettrofisiologia e del servizio di aritmologia del Johns Hopkins Hospital di Baltimora - La procedura di ablazione è a rischio di complicanze maggiori tra cui ictus ed emorragie, pertanto, la gestione dell’anticoagulazione al momento dell’ ablazione è di importanza cruciale. Nello studio Re-Circuit abbiamo riscontrato che la terapia anticoagulante non interrotta con dabigatran ha comportato meno emorragie maggiori rispetto a warfarin, in pazienti con fibrillazione atriale sottoposti ad ablazione”.
Ogni anno nel mondo vengono eseguite più di 200 mila procedure di ablazione in pazienti con fibrillazione atriale, la più frequente fra le aritmie cardiache. L’ablazione è una procedura comune per trattare l’irregolarità del ritmo cardiaco nei pazienti con fibrillazione atriale. La procedura comporta l’inserimento di uno o più cateteri nelle camere cardiache attraverso la vena femorale. Possono anche essere utilizzate le vene succlavia o giugulare. L’atrio sinistro, principale sede delle aree aritmogene che generano la fibrillazione atriale, è raggiunto attraverso il forame ovale. Quest’ultimo, sporadicamente pervio, viene attraversato grazie all’esecuzione della puntura transettale. L’ablazione transcatetere, che può essere eseguita sia utilizzando la radiofrequenza, sia la crioterapia, comporta un rischio sia di tromboembolismo, sia di emorragia. L’anticoagulazione prima, durante e dopo la procedura, va gestita con attenzione per ridurre al minimo tali rischi. Re-Circuit fornisce dati specifici su questa situazione clinica per dabigatran (Noac), l’anticoagulante orale inibitore diretto della trombina.
“Ancora una volta dabigatran dimostra di essere più sicuro rispetto a warfarin - ha dichiarato Jörg Kreuzer, vice presidente medicina dell’area terapeutica cardiovascolare di Boehringer Ingelheim – Dabigatran è l’unico anticoagulante orale non-antagonista della vitamina K (Noac), per il quale esista un farmaco che ne inattivi immediatamente l’effetto anticoagulante, in modo specifico, qualora ciò si renda necessario, in caso di complicanze durante la procedura. Gli sperimentatori si sentono rassicurati dall’avere a disposizione un farmaco in grado di inattivare l’attività anticoagulante. Durante lo studio, grazie alla bassissima incidenza di eventi emorragici con dabigatran, non vi è stata necessità di ricorrere all’antidoto”. Re-Circuit continua il percorso di innovazione di Boehringer Ingelheim nel panorama dell’anticoagulazione. Boehringer Ingelheim ha lanciato dabigatran per la riduzione del rischio di ictus in pazienti con fibrillazione atriale e nel 2015 ha ottenuto l’approvazione per idarucizumab, il primo e unico farmaco che inattiva in maniera specifica l’effetto di un Noac, approvato per l’utilizzo in situazioni di emergenza, in cui sia necessario inattivare immediatamente l’effetto anticoagulante di dabigatran. Idarucizumab è ampiamente disponibile e fornito da oltre 7.500 ospedali nei vari Paesi del mondo, compresi Stati Uniti, Unione Europea e Giappone.
Nello studio Re-Circuit, i cui risultati sono stati presentati in una sessione late-breaking al 66° Congresso dell’American College of Cardiology (Acc) a Washington e contemporaneamente pubblicati su The New England Journal of Medicine, la terapia non interrotta con dabigatran ha ridotto significativamente il rischio di emorragia maggiore, rispetto alla terapia non interrotta con warfarin. Lo studio ha mostrato una riduzione del 5,3 per cento del rischio assoluto per l’endpoint primario, con emorragia maggiore verificatasi in 5 pazienti su 317 trattati con dabigatran, contro 22 pazienti su 318 trattati con warfarin (riduzione del rischio relativo del 77,2 per cento). Simile l’incidenza di complicanze di emorragia minore nei due bracci di trattamento (dabigatran 59 pazienti su 317, contro warfarin 54 pazienti su 318). Nei pazienti in terapia con warfarin si è verificato un evento tromboembolico, nessun evento tromboembolico nei pazienti trattati con dabigatran. Lo studio Re-Circuit ha coinvolto 635 pazienti con fibrillazione atriale parossistica o persistente sottoposti ad ablazione transcatetere. La popolazione arruolata nello studio rispecchia le tipologie di pazienti sottoposti a questo tipo d’intervento nella pratica clinica quotidiana e i risultati forniscono nuove e importanti informazioni per la classe medica.
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Ogni anno nel mondo vengono eseguite più di 200 mila procedure di ablazione in pazienti con fibrillazione atriale, la più frequente fra le aritmie cardiache. L’ablazione è una procedura comune per trattare l’irregolarità del ritmo cardiaco nei pazienti con fibrillazione atriale. La procedura comporta l’inserimento di uno o più cateteri nelle camere cardiache attraverso la vena femorale. Possono anche essere utilizzate le vene succlavia o giugulare. L’atrio sinistro, principale sede delle aree aritmogene che generano la fibrillazione atriale, è raggiunto attraverso il forame ovale. Quest’ultimo, sporadicamente pervio, viene attraversato grazie all’esecuzione della puntura transettale. L’ablazione transcatetere, che può essere eseguita sia utilizzando la radiofrequenza, sia la crioterapia, comporta un rischio sia di tromboembolismo, sia di emorragia. L’anticoagulazione prima, durante e dopo la procedura, va gestita con attenzione per ridurre al minimo tali rischi. Re-Circuit fornisce dati specifici su questa situazione clinica per dabigatran (Noac), l’anticoagulante orale inibitore diretto della trombina.
“Ancora una volta dabigatran dimostra di essere più sicuro rispetto a warfarin - ha dichiarato Jörg Kreuzer, vice presidente medicina dell’area terapeutica cardiovascolare di Boehringer Ingelheim – Dabigatran è l’unico anticoagulante orale non-antagonista della vitamina K (Noac), per il quale esista un farmaco che ne inattivi immediatamente l’effetto anticoagulante, in modo specifico, qualora ciò si renda necessario, in caso di complicanze durante la procedura. Gli sperimentatori si sentono rassicurati dall’avere a disposizione un farmaco in grado di inattivare l’attività anticoagulante. Durante lo studio, grazie alla bassissima incidenza di eventi emorragici con dabigatran, non vi è stata necessità di ricorrere all’antidoto”. Re-Circuit continua il percorso di innovazione di Boehringer Ingelheim nel panorama dell’anticoagulazione. Boehringer Ingelheim ha lanciato dabigatran per la riduzione del rischio di ictus in pazienti con fibrillazione atriale e nel 2015 ha ottenuto l’approvazione per idarucizumab, il primo e unico farmaco che inattiva in maniera specifica l’effetto di un Noac, approvato per l’utilizzo in situazioni di emergenza, in cui sia necessario inattivare immediatamente l’effetto anticoagulante di dabigatran. Idarucizumab è ampiamente disponibile e fornito da oltre 7.500 ospedali nei vari Paesi del mondo, compresi Stati Uniti, Unione Europea e Giappone.
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