"L'Italiano si fa secco ma non muore" di Francesco Pellegrino
di Francesco Pellegrino
Dott. Francesco Pellegrino |
"L’Italiano si fa secco ma non muore"
Ogni anno l’agenzia Bloomberg
pubblica un indice della salute umana globale intersecando ed elaborando vari
parametri sanitari e finanziari così da identificare l’Italia come il paese al
mondo dove la prospettiva di vita è alla nascita per ogni neonato di un
potenziale ottuagenariato.
Straordinario diremmo, anche se
il dato viene letto con cruenza, poichè descrive l’Italia come un paese dove la
crisi economica sta attanagliando la vita quotidiana con grande accanimento,
dove la disoccupazione giovanile ha toccato livelli record e nonostante tutto
l’Italia è il paese dove si vive di più.
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Le ragioni di tale successo le
presuppongono Tom Kenyon, medico e CEO di Project Hope, che riporta
all’elevata presenza di medici e di pressione sanitaria mediatica (fornisce
l’esempio della serie "Un Medico in Famiglia" di lunga programmazione e di grande
favore di pubblico) ed Adam Drewnowski, Direttore del Public Health Nutrition
Center, che riporta alla dieta mediterranea consolidata negli usi degli
Italiani, ovvero all’uso quotidiano di alimenti freschi quali frutta, verdura e
carne, insomma l’ennesima rilettura di una dieta mediterranea interpretata da
americani.
L’indice, piuttosto a nostro
parere, interpreta correttamente una moltitudine di Big Data sociosanitari che
premiano una Comunità che si giova di una eredità culturale millenaria del buon
senso e del buon vivere.
Infatti Il Bloomberg Global Health Index
rendiconta la disponibilità di fonti di acqua potabili, il wellfare ed i
parametri di salute di una società economicamente avanzata quali l’incidenza
del rischio cardiovascolare riportabile a valori elevati di pressione arteriosa
oppure di dismetabolismo lipidico (colesterolo).
Quindi se i parametri
sociosanitari di una Comunità sociale avanzata quale quella italiana con
disponibilità idrica, capillarità dell’offerta sanitaria (oggi avversata dalla
centralizzazione dell’offerta sanitaria in presunti centri di eccellenza o
merger mania), una costante e diffusa attenzione alla prevenzione primaria per
i fattori di rischio cardiovascolare e soprattutto una tradizione gastronomica
che affonda le sue radici nella dieta mediterranea, garantiscono una
prospettiva di vita medio lunga, il podio ci deve far riflettere sui fattori e
le scelte che hanno generato negli anni questo percorso di consolidamento.
Probabilmente il diritto
costituzionale alla salute del cittadino italiano garantisce, ancora oggi, che
le evidenze scientifiche si raffinano nella valutazione diagnostica e nell’offerta
terapeutica, una prospettiva universale di Comunità, mettendo in crisi le
ipotesi di svolta dal diritto sanitario universale nazionale al diritto
elitario assicurativo.
La Storia sociale italiana, allo
stesso tempo dimostra che la scelta pubblica della fornitura idrica, confermato
nelle scelte referendarie, nonostante le continue criticità del sistema
pubblico, riesce a garantire un obiettivo primario di salute e benessere
vitale, fortemente dubitabile in una privatizzazione di congettura,
squisitamente teorica, finanziaria.
Al contempo la formazione
sanitaria italiana resta, indubbiamente, elemento fortemente sinergico per
potenziare le scelte sociali storiche. Infatti istituti di formazione
universitari hanno dalla loro fondazione ottemperato alla formazione eccellente
di intere schiere di operatori che nei decenni hanno fatto crescere il sapere
sanitario diffuso dell’utente, rendendo fattori di rischio cardio e
cerebrovascolari confidenziali e di più facile interpretazione e controllo,
quindi di minor incidenza di costo da esito per il sistema.
Ragione a parte è da dedicare ai
fattori nutrizionali della dieta mediterranea. Sin dalla postulazione della
stessa quale modello nutrizionale osservato negli anni cinquanta del XX° secolo
in Italia dal fisiologo americano Ancel Keys, la dieta mediterranea è stata
oggetto prioritario di osservazione dall’esterno, prioritariamente americano,
mancando di quel vissuto ancestrale autoctono che nasconde nelle proprie pieghe
di conoscenza ereditaria, segreti ancora in parte ignoti.
Basti pensare alla chimera del
poter intervenire terapeuticamente sull’infiammazione dell’endotelio vasale con
i suoi continui fallimenti terapeutici di antiaggareganti,
ipocolesterolemizzanti e pseudo antinfiammatori endoteliali mentre da decenni
il resveratrolo tutela con la sua semplicità e piacevolezza di ubicazione (il
vino rosso) tale scopo salutistico per assunzione moderata e continuativa.
La saggezza della massaia
italiana nella propria ignoranza genuina domina la prosopopea dei molteplici
masterchef moderni per appropriatezza salutistica, giocandosela con vegani
ricercati culturalmente.
La leadership dell’affermazione
italiana al vertice della piramide della salute mondiale è sicuramente
rappresentata dalla contemporanea prospettiva di vita con lo stato della salute
mentale.
La fragilità umana che considero rappresentante
delo stato della salute mentale ci vede come il belpaese, ovvero l’incidenza di
fragilità è considerevole ma straordinariamente più vivibile in Italia che in
ogni altro paese al mondo, grazie probabilmente all’eredità culturale del
considerare ancora il cittadino quale parte integrante della Comunità e di
considerarlo quale persona sofferente nella propria dignità umana.
Insomma le basi storiche di un
buon vivere in salute ci sono, ora abbiamo l’obbligo di investire per
rivoluzionare in meglio la salute dell’uomo in Italia e nel Mondo, perchè il
destino dei vincenti è di migliorarsi sempre.
"Per aspera ad astra"
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