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venerdì 17 febbraio 2017

Legge sul testamento biologico "L'ultima parola spetta ai malati"

Legge sul testamento biologico "L'ultima parola spetta ai malati"


di Matilde Scuderi



Fare in modo che siano i malati ad avere l'ultima parola. Questo è l'obiettivo di quanti, tra medici pazienti e familiari, richiedono con urgenza l'approvazione di una legge sul testamento biologico. Un primo testo base sulle disposizioni anticipate di trattamento per il testamento biologico è stato presentato alla Camera e discusso nell'ambito di una conferenza organizzata dall'l’Associazione 'Luca Coscioni' che propone tre modifiche al testo che esplicitino concetti di particolare importanza: il primo punto è la prevalenza del volere del malato; secondo principio irrinunciabile è che il soggetto deve poter esprimere la sua volontà di rinunciare a qualunque misura terapeutica senza eccezione, tutti i trattamenti sono rinunciabili; terza richiesta è che nel disegno di legge sia inclusa esplicitamente la possibilità di accedere alla sedazione palliativa profonda, cui è ricorso il malato di Sla deceduto nei giorni scorsi a Treviso. Si tratta di cambiamenti da approvare prima che la legge approdi alle Camere.

Perché sono necessarie le disposizioni anticipate. Perché sarebbe necessario specificare la possibilità di esprimere in modo anticipato le proprie volontà sul fine vita? Può essere capitato a chiunque di discutere con il proprio medico delle proprie idee sulla sofferenza o sull’accanimento terapeutico, in caso di malattie incurabili. E sarà capitato pure, anche se meno spesso, che quando il paziente diviene incapace di intendere e di volere il suo medico non se la senta di rispettare quelle volontà espresse solo oralmente. Delle disposizioni anticipate scritte del testamento biologico eviterebbero una situazione di questo tipo. “Il testo attualmente in esame alla XII Commissione - ha spiegato Mario Riccio, anestesista rianimatore dell’ospedale di Cremona e medico di Piergiorgio Welby - pur essendo molto attento all’autodeterminazione del paziente, cosa che non accadeva nelle precedenti proposte, presenta diversi punti ambigui. È esplicitato che le decisioni devono essere condivise da medico e paziente. Ma se ad un certo punto non c’è più questa condivisione da parte del medico, che fine fa la volontà espressa dal malato? E ancora, l’articolo 3 al comma 3, permette al medico di non rispettare la decisione del paziente se dimostra che lo stesso, quando ha fatto la sua scelta, non conosceva l'esistenza di alcune cure successivamente scoperte”.

“Così si corre il rischio che il medico non rispetti le volontà del malato”. Insomma, secondo i rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni, intervenuti alla camera dei Deputati, durante una conferenza stampa organizzata per discutere della questione, ci sarebbero diversi punti che, se non chiariti, farebbero vacillare le volontà del malato. “Nel testo - ha continuato Mario Riccio - è stato inserito anche il termine tutela della vita. Il medico è chiamato a tutelare la vita. Non è un’affermazione contraddittoria se lo stesso dottore deve interrompere i trattamenti salvavita, qualora un paziente lo volesse?”. Ma il medico di Piergiorgio Welby solleva anche un’altra questione: “non ho trovato - ha specificato - nessun riferimento alla sedazione profonda palliativa continua. Si fa riferimento ad un’altra legge che, pur parlando di cure palliative non fa riferimento alcuno alla sedazione profonda continua”.

Una legge lunga vent’anni. Per risolvere ogni questione non servirebbe altro che seguire l’esempio di altri Paesi che già hanno legiferato, con precisione, in materia. “Arriviamo oggi a discutere di un argomento simile con estremo ritardo – ha detto Carlo Alberto Defanti, primario emerito dell’ospedale Niguarda di Milano e medico di Eluana Englaro - in California hanno una legge di questo tipo dal’ 76”. L’Italia è partita tardi e, come se non bastasse, ha pure allungato i tempi dell’iter burocratico per oltre vent’anni: “nel ’92 - ha continuato Defanti - era stata redatta la carta dell’autodeterminazione e nel ’96 venne depositato il primo disegno di legge su questo argomento. È assurdo dopo più di due decenni siamo ancora a questo punto. Ho seguito il caso Englaro in prima persona e pensavo che questa vicenda potesse accelerare l’iter legislativo, invece, così non è stato. Anzi, pare che la vicenda provocò addirittura una battuta d’arresto”.

Quali sono i dolori a cui si può porre fine. Michele Gallucci, direttore della Scuola italiana di medicina e cure palliative, invece, sottolinea l’importanza della definizione di dolore: “la sedazione - ha aggiunto Gallucci - è l’interruzione intenzionale della percezione della sofferenza del malato. La sofferenza non è solo data dal dolore fisico, ma può essere anche di tipo esistenziale”. Ma a questo punto si pone un altro interrogativo: chi ha un malessere di natura esistenziale può essere ritenuto in grado di prendere decisioni così delicate sul fine vita, in modo lucido?

Consenso informato e capacità di scelta. È Fabrizio Starace, direttore del dipartimento di salute mentale di Modena e presidente della Società epidemiologica psichiatrica a fare chiarezza. “I principi del governo inglese, in materia di consenso o dissenso, dovrebbero essere i punti cardine da cui partire per orientarsi. Può prendere una decisione di questo tipo chiunque sia in grado di valutarne i pro, i contro e le conseguenze. Una condizione depressiva, ad esempio, secondo le linee guida inglesi è ritenuta compatibile con una scelta di questo tipo. In altri contesti legislativi, invece, la presenza di una sindrome depressiva dev’essere esclusa da uno specialista competente. Ma se dovessimo mettere in discussione la capacità di giudizio in base alla comparsa di uno stato depressivo, allora dovremmo mettere in discussione il giudizio di almeno il 10-15 per cento della popolazione, in alcuni momenti della propria vita. Se una decisione così importante è reiterata e mantenuta nel tempo, allora l’accanimento affinché si cambi idea è sbagliato”.

I nuovi emendamenti del testo sul testamento biologico. Intanto alcuni parlamentari dell’intergruppo eutanasia – testamento biologico ed esponenti dell’associazione Luca Coscioni, fanno sapere che nonostante l’ostruzionismo evidente, fatto attraverso gli oltre 3 mila emendamenti presentati, entro martedì prossimo il testo approderà alla Camera. Dopo arriverà l’altro scoglio da superare: il Senato. Ma chi ha vissuto in prima persona le pene di una morte che si avvicina e le sofferenze di una malattia che non lascia via d’uscita, si augura che ognuna di queste proposte diventi presto parte di una vera legge dello Stato. “Spero - ha concluso Pina Welby - che dopo 10 anni dalla morte di Piergiorgio arrivi finalmente una legge che possa rassicurare tutti noi. Specialmente chi come me sta andando verso la fine della propria vita”

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