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lunedì 27 febbraio 2017

Indagine Civica nell'esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie La parola al dott. Francesco Pellegrino

Indagine Civica nell'esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie



di Francesco Pellegrino 
per il Notiziario sul web


Dott. Francesco Pellegrino

Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato ha appena presentato l’indagine con cui scandaglia l’esperienza dei medici sia per il tempo e l’esperienza di cura con il paziente, che gli ambiti delle prescrizioni ed il relativo uso dei farmaci.

L’indagine cerca di valutare l’impatto delle disposizioni nazionali e regionali vigenti sull’esercizio della pratica clinica, dando grande risalto alla relazione intercorrente con il codice deontologico.

I risultati ci restituiscono una sanità i cui strumenti sono ben poco efficienti vista la scarsa aderenza alle terapie prescritte e visto la relazione medico paziente trasformatasi da un rapporto di quasi familiarità con lo storico medico condotto alla interazione fugace delle occasioni attuali sul modello del General Practicioner (medico di famiglia del sistema sanitario britannico cui miriamo quale modello).

L’indagine svolta su un campione di 816 medici di cui ben 404 erano abilitati alla prescrizione di farmaci biologici e biosimilari (quindi ad alta criticità di rischiesta di salute) ci restituisce una coorte del 76% dei medici intervistati che ritiene di non riuscire a dedicare un tempo opportuno per il proprio paziente, ritenendo il tempo insufficiente od inadeguato.

Tra questi solo uno sparuto manipolo si detta delle ferree regole temporali (7%) mentre il 62% modula questo tempo in base alle esigenze ed ai bisogni dei pazienti. La tragedia aziendalista pubblica appare quando un terzo dei medici ritiene il tempo insufficiente od inadeguato, riscontrando difficoltà per carenze di personale ed organizzative.

La conseguenza del tempo mal gestito in sanità produce, sempre a parere degli intervistati medici, una ridotta certezza che il paziente od il care giver abbiano ben compreso quanto discusso od indicato, allo scopo il 54% degli stessi lascia suggerimenti scritti oltre alla prescrizione. Questo tipo di indicazione però non utilizza quasi mai supporti informativi cartacei nè tantomeno, in piena era informatica, il supporto di APP, tutorial o video.

Il ritardo nell’utilizzo del multimediale nell’interazione medico paziente, l’indagine lo registra nel canale di comunicazione che resta ancora ben ancorato all’85% al numero di telefono dell’ambulatorio, seguito dal 48% del numero di cellulare personale e dal 37% del cellulare di servizio.

Qualche segnale di avanzamento nella cosidetta salute elettronica si registra nell’utilizzo delle email (78%) con a ruota whatsapp (35%).

Lo stato dell’arte su cui costruire il rapporto medico paziente del futuro certamente è  l’auto valutazione che il medico registra del proprio operato indicando nell’86% dei casi modalità e tempi di somministrazione, nel 77% dei casi nome e tipologia del farmaco, nel 68% dei casi effetti collaterali o reazioni avverse, nel 67% dei casi efficacia e qualità del farmaco ed eventuali interazioni con farmaci od integratori.

Sembrerebbe una situazione accettabile, eppure, basta leggere che solo nel 54% dei casi questi accompagna alla diagnosi ed alla prescrizione indicazioni su un corretto stile di vita ed un regime alimentare (obiettivi prioritari ed inderogabili secondo WHO) ed addirittura solo nel 36% dei casi indicazioni su alternative terapeutiche od esistenza di farmaci equivalenti.

Questo è il nocciolo della questione.

Il corpo unico della forza lavoro della Sanità italiana oggi partecipa ad una delle forme di tutela della salute umana più avanzata al mondo. 

La sensazione che questo non sia percepito correttamente è quotidianamente confermato da un crescente esempio di operatori di sanità pubblica che salgono agli onori della cronaca per l’uso improprio e fraudolento del bagde oppure per impegno improprio della professione medica.

La questione nasce indubbiamente nella ricerca di un moto d’animo professionale che faccia considerare la propria professione una missione intesa in senso tutelante ed appagante l’esercente, l’utente e l’offerta sanitaria pubblica.

Per esempio come far comprendere e condividere che alla scadenza di un brevetto ed al mancato adeguamento del prezzo di riferimento di un farmaco originator vada ricercata la possibilità di garantire la stessa offerta di salute con un farmaco dal prezzo di riferimento originator od equivalente che sia ? Non certo alimentando miti di incertezze che non sono suffragati da dati di segnalazione ADR di mancata efficacia di prodotti consigliati.

Questo penso sia l’ennesimo segnale di allarme che il funzionamento della nostra magnifica sanità pubblica stia cambiando, mancando l’appuntamento del trasformarsi, migliorandosi.

Infatti non cogliere che la gestione della cosa pubblica (res publica) andrebbe fatta come la gestione di un bene proprio, anzi anche meglio, un pò come quei saggi contadini che coltivando orti confinati si sfidano nel migliorare le proprie colture senza trascurare la corretta manutenzione del flusso delle acque comuni di confine perchè nell’equilibrio di una Comunità troviamo il domani comune.

Molti professionisti della salute in questi anni mi hanno insegnato con la loro quotidiana abnegazione lavorativa che farsi carico della sofferenza dell’essere umano e partecipare alla tutela della salute e soprattutto della dignità umana sia uno degli esercizi più appaganti in assoluto un uomo, senza avere un valore economico equiparabile, perchè si partecipa ad alimentare la vita umana quale bene supremo biologico.

Inoltre partecipare ad una Comunità scientifica dovrebbe stimolare a migliorarsi, migliorando l’offerta di salute con la ricerca di nuove opportunità, nuove vie.

La Sanità che abbiamo ereditata è stata futuribile e lungimirante a noi l’affascinante ruolo di trasformarla da merce in stile di vita e welfare.

Dott. Francesco Pellegrino
Via G.A. Acquaviva, 39
81100 Caserta.
E_mail: frankpiglrim@gmail.com
Cell: 348.8910362

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