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venerdì 20 gennaio 2017

"Se il lavoro ha a cuore la salute" Nuovo approccio alla prevenzione

"Il lavoro ha a cuore la salute" Nuovo approccio alla prevenzione


di Matilde Scuderi



“Sono convinto che si stia aprendo una nuova stagione illuminata, in cui il mondo del lavoro si coalizza sempre più con tutti i soggetti che si occupano della salute dei cittadini” commenta così l’onorevole Luigi Bobba, sottosegretario di Stato del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il sodalizio tra mondo del lavoro e salute in occasione dell’evento 'Insieme al mondo del lavoro per ridurre la mortalità delle malattie cardiovascolari' promosso dalla Fondazione italiana per il cuore.

La campagna 'lavora con il cuore'. Alla luce dell’impatto delle patologie cardiocircolatorie sulla vita lavorativa e dei costi previdenziali che ne derivano, oltre che in considerazione della recente manovra finanziaria che, con la legge di stabilità 2017, potenzia il ruolo del welfare aziendale - sia in realtà pubbliche che private - risulta sempre più evidente come aziende e istituzioni ricoprano un ruolo centrale nella promozione della salute, a partire da quella dei propri dipendenti. “La promozione di una sempre più forte cultura della prevenzione cardiovascolare è un passo fondamentale verso un approccio congiunto tra aziende e istituzioni e più efficace a queste patologie in costante aumento - afferma Emanuela Folco, presidente di Fondazione italiana per il cuore - Come fondazione ci siamo sempre posti in qualità di garante della bontà di progetti di alto valore sociale come 'Lavora con il cuore'. Per proseguire in questo percorso è imprescindibile la collaborazione e l’alleanza con altri gruppi che condividono con noi gli stessi scopi. Proprio in questi giorni si è concluso il lungo percorso dei livelli essenziali di assistenza (Lea) dove il Ministero della Salute ha voluto consolidare non solo sugli assistiti ma sulle singole persone la sua attenzione sulla salute del cittadino”.

'Lavora con il Cuore' è la campagna di prevenzione avviata nel 2015 dalla Fondazione italiana per il cuore con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’intento di valutare i principali fattori di rischio cardiovascolare tramite un semplice test del sangue. “La salute del singolo individuo -afferma Bobba - è certamente un bene primario, ma lo è ancor più se anche il contesto lavorativo lo sostiene con adeguate ed integrate politiche di welfare. In questa ottica il Ministero del lavoro con la Fondazione italiana per il cuore è riuscito a realizzare un significativo intervento per i suoi dipendenti mirato all’individuazione di eventuali patologie cardiovascolari, purtroppo in crescita in molti paesi europei. L’iniziativa, portata avanti nel 2015 e nel 2016, rappresenta un grande esempio di sensibilità rivolta alle lavoratrici e ai lavoratori che può indurre ad adottare stili di vita corretti, attivando un circolo virtuoso. Per un datore di lavoro, avere collaboratori in salute favorisce un ambiente di lavoro più armonioso, riduce i costi e incrementa efficienza e produttività. Questa importante azione di welfare rappresenta, altresì, un esempio di politiche di gestione del personale moderno volto a facilitare un rapporto di coalizione tra amministrazione e dipendenti”.

"Tra dicembre 2015 e febbraio 2016, infatti, la campagna si è svolta nelle sedi centrali del Ministero del lavoro a Roma, e ha coinvolto circa 550 persone (25,8 per cento uomini e 74,2 per cento donne), il 56 per cento dei dipendenti, con ottimi risultati in termini di informazione e sensibilizzazione - afferma Stefania Cresti, direttore generale per le politiche del personale e l’innovazione organizzativa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - A dimostrazione del fatto che il mondo del lavoro rappresenta un’area privilegiata per iniziative di questo tipo, ricordiamo che il 10,5 per cento delle persone coinvolte non aveva alcuna conoscenza dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari ma un 35 per cento era composto da fumatori o ex fumatori, un 20 per cento con stile di vita sedentario, e che circa il 21 per cento ha scoperto in quella occasione di presentare fattori di rischio cardiovascolare aumentato”. Inoltre, dalle valutazioni effettuate sui dati della campagna in collaborazione con il servizio prevenzione e protezione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Roma e la Società italiana studio arteriosclerosi sezione Lazio, è emerso che il 98 per cento dei lavoratori intervenuti ha giudicato molto positiva l’iniziativa affermando, nell’81 per cento dei casi, che la campagna ha permesso di migliorare le proprie conoscenze sui fattori di rischio cardiovascolari. Il 97 per cento ha dichiarato che avrebbe tenuto conto dei consigli ricevuti e ben il 68,5 per cento si è detto intenzionato a parlarne con il proprio medico.

“Con particolare riferimento alle considerazioni sui fattori di rischio cardiovascolare, la campagna ha permesso di evidenziare che il 15 per cento dei soggetti era iperteso, il 44 per cento presentava alti livelli di colesterolo nel sangue, il 23 per cento fumatore, il 20 per cento non svolgeva alcuna attività fisica e il 44 per cento era in sovrappeso, di cui l’11 per cento obeso - afferma Roberto Volpe, ricercatore del servizio di prevenzione e protezione del Cnr di Roma - La bontà di iniziative come questa e l’apporto che può dare la medicina sui posti di lavoro risiede, dunque, proprio nell’opportunità di andare ad evidenziare quei fattori di rischio su cui si può e si deve agire per una migliore prevenzione”.

I costi e l’impatto sul lavoro. In Italia tali costi diretti delle malattie cardiovascolari per il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) sono di circa 16 miliardi di euro all’anno, ai quali vanno aggiunti circa 5 miliardi di euro in termini di costi indiretti calcolati principalmente come perdita di produttività. “E’ importante considerare, comunque, che i costi indiretti non comprendono solo la produttività ma anche le spese sostenute dal sistema previdenziale che è responsabile di fornire prestazioni assistenziali e previdenziali a tutte le persone affette da patologie e che eroga pensioni di inabilità ed assegni di invalidità. - afferma Massimo Piccioni, coordinatore generale e medico legale dell'Inps di Roma - Le malattie del sistema cardiocircolatorio sono, infatti, al secondo posto tra le cause di invalidità previdenziale, dopo le malattie oncologiche. Sul versante assistenziale, che riguarda invece i cittadini di tutte le età e non solo in età lavorativa, le malattie cardiovascolari rappresentano la quarta causa di morte”.

Da un’analisi condotta dal Centre for health economics and management (Chem) dell’Università Tor Vergata di Roma, in collaborazione con la banca dati Inps, le malattie del sistema cardiocircolatorio rappresentano una voce importante di costo, rispetto agli altri gruppi patologici, se consideriamo le singole prestazioni previdenziali - gli assegni ordinari di invalidità e le pensioni di invalidità previdenziali con una spesa dal 2009 al 2015 rispettivamente di 4,7 miliardi e 669 milioni in media all’anno - corrispondente al 23 per cento, su un totale di spesa complessiva per assegni ordinari di invalidità, e 8,8 miliardi pari al 19 per cento, su un totale di spesa per pensioni di invalidità. “La spesa annuale complessiva in Italia per invalidità previdenziale ammonta a circa 10 miliardi di euro che sale a 16 miliardi per invalidità assistenziali, voci di costo per lo stato che sono molto impegnative e comunque non esaustive in considerazione del fatto che non tengono conto dei lavoratori del settore pubblico e che mancano informazioni e dati riguardanti le assenze da lavoro per malattia - conclude Piccioni - In questo contesto è fondamentale considerare che, a costi invariati, è possibile una redistribuzione delle risorse a favore di una maggiore allocazione sul versante della prevenzione, come investimento volto ad evitare l’invalidità. Redistribuzione che noi, come Istituto, auspichiamo fortemente”.

L’importanza della prevenzione e dell’aderenza alle terapie. La prevenzione gioca un ruolo cruciale in questo quadro. Favorire politiche e azioni di prevenzione è possibile attraverso diverse azioni, tra cui, in particolare per le malattie cardiovascolari la principale è garantire l’aderenza alla terapia. E’ stato dimostrato, infatti, che una più efficace prevenzione, unita ad una migliore adesione alle terapie per coloro che sono in trattamento, è in grado di ridurre la spesa pubblica. Uno studio pubblicato nel 2015 sull’European Journal of Health Economics sull’impatto di una corretta adesione terapeutica per la cura nello studio della sola ipertensione - uno dei fattori di rischio predominanti delle malattie cardiovascolari - ha dimostrato come, all’interno di una analisi su 5 Paesi Europei, una adeguata aderenza alla terapia si associa a un miglioramento dello stato di salute dei pazienti e può far risparmiare risorse al sistema sanitario. Infatti, in una proiezione a 10 anni è stato calcolato che il raggiungimento di un livello di aderenza alla terapia del 70 per cento in Italia - contro il solo 40-41 per cento attualmente registrato nel nostro paese - determinerebbe un risparmio pari a circa 100 milioni di euro. Il tutto, ovviamente accompagnato da un miglioramento dello stato di salute dei pazienti. “Prevenzione, corretta gestione del paziente e corretta somministrazione delle tecnologie e delle terapie possono dunque incidere positivamente innanzitutto sul miglioramento dell’efficacia dell’intervento e della qualità di vita del paziente e garantire, nel medio-lungo periodo, anche una riduzione importante della spesa sanitaria, previdenziale e dei costi sostenuti direttamente dalle famiglie - precisa Francesco Saverio Mennini, direttore del Centre for economic evaluation and HTA (Eehta) dell’Università Tor Vergata, Roma - In Italia solo il 14 per cento del totale della spesa pubblica è dedicato alla salute. Siamo un paese, dunque, che non spende molto in questo ambito - ben al di sotto della media dei paesi dell'Ocse – un segno anche questo della necessità di incrementare le politiche di prevenzione”.

In Italia, secondo i dati del 2014 forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, ben 127 mila donne e 98 mila uomini muoiono ogni anno per ictus e per malattie del cuore, tra cui infarto e scompenso; inoltre, molte di queste morti avvengono prima dei 60 anni di età. La collaborazione tra le Istituzioni, associazioni e aziende, sia del mondo del lavoro che della salute, resta dunque un aspetto fondamentale con l’obiettivo comune di salute di tutti i cittadini.

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