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sabato 3 dicembre 2016

Rai. tutta la verità su Merlo, l'uomo che ha imbarazzato Campo Dall'Orto

Tutta la verità su Francesco Merlo, l'uomo che ha imbarazzato Campo Dall'Orto


di Enrico Paoli


Francesco Merlo

Magari ha solo aperto l'ombrello prima che piova. In tanti, e tutti di alto livello, nei chiacchiericci a braccetto nei corridoi della Rai dicono che l'audit interno, una sorta di commissione d'inchiesta aziendale che viene attivata per i casi relativi di fughe di notizie e roba simile, aveva già acceso i riflettori su Francesco Merlo. Secondo i maligni sarebbe stato lui, l'editorialista di Repubblica, a passare al settimanale L'Espresso (lo stesso giornale che una settimana prima aveva intervistato il direttore generale Antonio Campo Dall'Orto) la bozza contenente il piano di riforma dell'informazione Rai. Piano che doveva restare segreto non essendo ancora stato discusso dai vertici aziendali con Carlo Verdelli, direttore dell'offerta informativa della Rai.

"Una brutta storia", sussurrano dirigenti e manager tenendoti sotto braccio. Come si fa nei paesi quando si passeggia nel corso principale. Oppure no. Oppure Merlo ha semplicemente deciso di scendere dal Cavallo di viale Mazzini perché era entrato in rotta di collisione con tutti, a partire dal direttore generale, con il quale avrebbe avuto un duro scontro all'indomani del servizio apparso su Repubblica, con tanto di video, dedicato all'ultimo terremoto. Certo, Merlo non aveva un contratto di esclusiva con l'emittente di Stato, ma aveva accettato una clausola ben precisa: continua pure a scrivere per il tuo ex giornale ma non occuparti di politica televisiva e televisione. Cosa che Merlo non ha assolutamente fatto. Da qui l'irritazione del capo azienda. Le dimissioni del giornalista, consegnate giovedì sera al settimo piano di Viale Mazzini e ufficializzate ieri mattina sul quotidiano La Repubblica - "una caduta di stile", affermano in Rai - sono solo il naturale sipario di una commedia degli errori e degli equivoci e non il gesto di ribellione di un rivoluzionario, nonostante il duro attacco mosso alla politica . Anche perché al pensionato Merlo, collaboratore del giornale per il quale lavorava, la Tv di Stato aveva concesso un contratto di collaborazione da 240mila euro.

Cifra aveva creato non pochi malumori all'interno del consiglio di amministrazione, dato che alcuni consiglieri lavorano gratis. "Le dimissioni di Merlo sono frutto di una scelta privata, non può essere tutto strumentalizzato come ha fatto lui, ergendosi a vittima della politica", sostiene Franco Siddi, “non mi risulta che ci sia stata una politica che abbia voluto imporgli qualche cosa. Il suo contratto", spiega il consigliere di amministrazione, "è stato in discussione sul merito sin dall'inizio. Non c'è mai stato, da parte nostra, alcun pregiudizio professionale, ma l’evidenza di una serie di incompatibilità che via via, anziché essere fugate, si sono rafforzate". Insomma, la politica stavolta non c'entra. C'entra, invece, il merito della questione. "In un'azienda normale non si può verificare che un collaboratore guadagni quanto il direttore generale. Con le dimissioni di Merlo si sana un'anomalia", afferma Arturo Diaconale, membro del board. "In questa faccenda la politica non c'entra assolutamente nulla", spiega l'amministratore, "c'è semmai un problema che nessun consigliere d'amministrazione potrebbe mai votare bilanci con disparità e anomalie così macroscopiche. Con le sue dimissioni Merlo sana un'anomalia, avrebbe potuto pure concordare un compenso minore. Anche perché nessuno ha saputo e sa cosa faceva in una struttura organizzativa come quella di Verdelli". Un dubbio, quello di Diaconale, che trova sponda nelle parole del collega Guelfo Guelfi. Solo che la mancanza di conoscenza delle mansioni di Merlo offre a Michele Anzaldi l'occasione per mettere tutta la Rai di fronte alle proprie responsabilità. "Guelfi dice di aver chiesto cinque mesi fa chiarimenti sull'incarico di Merlo, ma di non aver saputo nulla. E ancora oggi dice di non sapere quale fosse il ruolo del giornalista in Rai. Ma allora che ci sta a fare?", afferma il deputato Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai, "è singolare che un consigliere nominato dal parlamento si rivolga a un parlamentare chiamandolo ragazzo. Non sono un ragazzo, ma un parlamentare componente della commissione di Vigilanza". Insomma, il problema non è Merlo ma la stessa Rai. Che alla politica piace così…

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