A Roberto Saviano un premio per un libro che non esiste
di Francesco Specchia
Philip Marlowe, oggi, ne avrebbe a che dire: una bile così senza smozzicare una parola. Poggerebbe, sospirando, il revolver sulla scrivania. Si accenderebbe, con gesto nervoso, una Marlboro nella penombra dell'ufficio trafitto dalla luce a singhiozzo del neon; e si attaccherebbe, rassegnato, a una bottiglia di bourbon.
Probabilmente sarebbe questa la reazione dell'investigatore privato creato da Raymond Chandler alla notizia che la nuova edizione lombarda del Noir in Festival (tra Como e Milano, 8/14 dicembre) assegna il suo premio prestigioso, il Raymond Chandler Award -l'Oscar del romanzo noir- appunto a Roberto Saviano che di noir veri, in vita sua, non ne ha mai scritti. E, diamine, sarebbe una stizza comprensibile.
Durissimo, per Chandler il re dell'hard boiled dell'Illinois, vedere il proprio nome accumunato a Saviano, un napoletano che s' è sempre occupato di camorra sfumata nell'omicidio e nella cocaina; uno, per di più, col pallino della denuncia sociale, astemio e non fumatore.
Ora, la motivazione del premio a Saviano è la seguente: «A uno scrittore italiano che, nonostante la sua giovane età, ha profondamente segnato con la sua opera la letteratura e la vita culturale italiana in questo ultimo decennio, e per la potenza della sua scrittura è stato apprezzato in tutto il mondo». La qual cosa è assolutamente vera, Saviano sarà pure «un narratore della realtà, un visionario che si nutre della speranza di sradicare il male, descrivendolo»(auguri!). Com' è vero anche che l'ultima fatica di Saviano, La paranza dei bambini (Feltrinelli) sia un ottimo reportage increspato d' incubo nel ventre della criminalità giovanile napoletana.
Ma, scusate, con Chandler e col noir, non c'entra una cippa. Mi ricordo esattamente (perché ero presente: anni 1988 e '89) quando la prima e seconda edizione del Chandler la vinsero Graham Greene e Leonardo Sciascia al MystFest di Cattolica diretto da Felice Laudadio; o di quando Giorgio Gosetti e Marina Fabbri, inaugurando il Noir in Festival, la kermesse di settore più ricca d' Europa prima a Viareggio e poi a Courmaeyur, non ebbero dubbi nell' assegnare il premio a mostri del settore: P.D. James, John le Carré, John Grisham, Elmore Leonard, Mickey Spillane, Scott Turow, Michael Connelly, Andrea Camilleri (per via di Montalbano), Don Winslow, Henning Mankell, fino a Joe Lansdale, l'anno scorso. E c'ero anche quando, nella liturgia della premiazione si palesò a noi cronisti d' allora, una prima incomprensibile eccezione: il Chandler a Farley Granger, attore feticcio di Hitchcock, che lo ritirò per conto del maestro nel centenario della nascita, dato che Hitch era già salma da tempo.
Le stesse eccezioni si riproposero per Quentin Tarantino assieme a Vàzquez Montalbàn (aveva appena diretto il noirissimo Le iene) e Chris Carter sceneggiatore di X Files, con Ed McBain. Ma diamine, masticavano tutti il genere; per ognuno di loro il noir è sempre stato tabacco letterario.
Erano tutti giganti del genere. Genere inteso, ovviamente, in tutti i suoi sottogeneri, in ogni sua sfumatura cromatica e narrativa: thriller, legal, poliziesco italiano, hard boiled, metropolitano, mediterraneo (alla Izzo, diciamo), ecc... Il noir (in francese «nero, misterioso, cupo») - o «romanzo nero» è una variante del poliziesco, e più specificatamente del sottogenere hard-boiled, nato negli Usa alla fine degli anni Venti del XX secolo, soprattutto col pulp e Dashiell Hammett. Perfino Osvaldo Soriano, che concepiva il gioco della scrittura come un colpo di tacco, scrisse noir.
Perfino, tra i «generalisti», Carofiglio e De Cataldo, in Italia, si esaltano sul tema. Saviano, scusate, no. Saviano è un talentuoso reportagista che estrae le viscere del reale e le rende materia letteraria: Gomorra -a cui l' ombra del plagio non ha tolto allure- rimane un capolavoro, ZeroZeroZero resta l'emblema del romanzo-saggio, o del romanzo-inchiesta. Ma fa soltanto un lavoro di cucina, non s'infila nelle pieghe del racconto, non respira il crimine col diaframma, non ne subisce la fascinazione romanzesca. Piuttosto ne diventa quasi protagonista, supportato ogni volta dal plauso della «società civile» e da un marketing strombazzante. Caro Gosetti, ce n'erano una caterva da premiare. Senza citare gli italiani, tra gli stranieri, quelli che quest'anno hanno toccato vette siderali sono: Michel Bussi, Santiago Gamboa, Jo Nesbo (a cui il Festival dedica la lettura pubblica di Sole di mezzanotte), Paula Hawkins per il suo strabiliante La ragazza del treno. Ma Saviano, via. La prossima volta toccherà a Fabio Volo...
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