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mercoledì 16 novembre 2016

"Occhio, è in arrivo un altro choc" Perchè lo spread s'impenna

Spread a quota 180: zero inflazione e crescita ai minimi



In mezzo alla ridda di accuse, insulti, proclami e quant'altro che imperversa ormai da qualche settimana e chi si trascinerà fino al 4 dicembre e pure dopo, visti gli strascichi che il risultato del referendum inevitabilmente porterà con se, c'è un dato che striscia sotto traccia ma del quale i media hanno cominciato da qualche ora a occuparsi: lo spread e la sua crescita. Certo, nulla (ancora) a che vedere con quanto accadde nell'autunno 2011, quando il differenziale tra il rendimento dei titoli decennali tedeschi e italiani volo intorno a quota 500. Ma, comunque, un'impennata quale non si era più registrata da quei giorni drammatici che coincisero con la caduta di Berlusconi e l'arrivo a Palazzo Chigi di Mario Monti. Ieri, quel valore ha toccato quota 180, dopo essere rimasto tra i 120 e i 140 punti negli ultimi tre anni.

Della questione si occupa in modo ampio il Corriere della Sera, che riporta come le cause di questa impennata vadano ricercate nel contesto internazionale (Brexit, elezione di Trump, liti tra i Paesi Ue), piuttosto che sul fronte interno. Ma, scrive sempre il quotidiano di via Solferino, l'Italia purtroppo si trova in una posizione tale per cui, qualora sull'economia o sul contesto della politica o della sicurezza internazionale dovesse abbattersi un choc imprevisto, lo spread potrebbe schizzare alle stelle di nuovo. Questi fattori sono l'assenza di inflazione e la crescita molto vicina allo zero. Condizioni condivise anche da altri Paesi del sud Europa come il Portogallo, la Grecia e (in misura minore) la Spagna e la Francia. Che stanno pure essi registrando spread in crescita. Diversamente da altri Paesi come Germania e Olanda, che sono più vicini a un ritorno di sana inflazione da ripresa.

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