Vince Trump, ballano miliardi: che cosa succederà adesso
È la politica estera degli Stati Uniti una delle più grandi incognite che agitano il dibattito mondiale dopo la vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni americane. Il teatro più delicato sul quale è alta la curiosità degli osservatori internazionali è quello asiatico, considerando la posizione del tycoon orientata su uno stile meno invasivo negli affari delle altre potenze. A stretto giro dal risultato delle urne è arrivato il giudizio severo del governo cinese sulle ultime elezioni americane espresso attraverso le colonne del Quotidiano del popolo, il maggiore giornale di Pechino che esprime la visione ufficiale del governo.
Secondo il quotidiano cinese l'ultima campagna presidenziale americana ha rivelato il fallimento della democrazia statunitense, definita "malata" nel titolo di apertura. Una campagna giudicata: "la più cupa, caotica e negativa degli ultimi due secoli. Non può essere certamente vista come una vittoria della democrazia". La corsa alla Casa Bianca è stata contrassegnata da "modi spregevoli e incivili" da entrambe le parti. "Commenti estremisti e attacchi personali" hanno dominato la campagna, continua il Quotidiano del Popolo, e i candidati "hanno rinunciato a spiegazioni sistematiche delle loro visioni". L’intera campagna "ha perso significato ed è stata niente più che una farsa". Netto anche il giudizio dell’agenzia Xinhua: la campagna presidenziale ha mostrato che "la maggioranza degli americani si stanno ribellando contro le la classe politica e le elite finanziarie degli Stati Uniti".
La vittoria di uno o dell’altro candidato fa poca differenza anche per il Global Times, tabloid dai toni spesso corrosivi e spin off dello stesso Quotidiano del Popolo. Il risultato delle elezioni negli Stati Uniti «non avrà grande impatto in Cina», scrive il giornale. «Se Trump entrerà in carica, la Cina affronterà più difficoltà sul piano economico e commerciale. Se vince Clinton ci saranno più difficoltà sul piano politico e strategico", è il commento del quotidiano cinese, ma nessuno dei due "ha la capacità di manipolare proprio piacimento le relazioni tra Cina e Stati Uniti".
Una forte critica ai temi della campagna elettorale emerge, infine, anche dalle pagine del China Daily, secondo cui gli scandali che hanno dominato la competizione tra i due candidati "hanno ridotto la corsa presidenziale a una caotica farsa politica agli occhi di molti" e la stessa campagna presidenziale è il sintomo di «un malessere profondamente radicato nella società statunitense in cui molti devono ancora vedere i benefici della ripresa economica dopo la crisi finanziaria, e i problemi strutturali aumentano il divario tra ricchi e poveri, lasciando le giovani generazioni particolarmente confuse". Il China Daily attribuisce parte della responsabilità della situazione anche alla presidenza Obama, che in otto anni, secondo il quotidiano filo-governativo cinese, "non ha fondamentalmente ricomposto le contraddizioni della società statunitense e non ha mantenuto le promesse di cambiamento".
Alle posizioni dure e schiette della stampa cinese fa da contraltare la retorica diplomatica del governo di Pechino che, attraverso il ministero degli Esteri, ha confermato la volontà di mantenere rapporti bilaterali quanto più "solidi e stabili" con il nuovo presidente degli Stati Uniti. Prima ancora che i risultati fossero ancora ufficiali e si conoscesse il nome del vincitore, dal governo cinese hanno quindi provato a rassicurare i mercati, aperti in Asia al ribasso, insistendo sulla volontà di mantenere tutti i legami commerciali sviluppati tra Pechino e Washington che sono "di reciproco beneficio ai due Paesi più che causa di problemi" nelle relazioni bilaterali. Il portavoce del Ministero, Lu Kang, aveva parlato a nome del governo ribadendo che: "Vogliamo lavorare con il nuovo governo degli Stati Uniti per solide e stabili relazioni bilaterali e speriamo che la nostra relazione possa essere di reciproco beneficio e di beneficio al resto del mondo".
Durante la campagna elettorale, Trump ha più volte promesso di impegnarsi per proteggere la produzione americana, soprattutto dalla concorrenza a basso costo che arriva dall'Asia. Argomenti che hanno sollevato le paure di possibili attriti sul piano commerciale tra Usa e Cina, a proposito dei quali il portavoce cinese ha provato a smorzare i toni ricordando che i due Paesi: "sono entrambi membri della World Trade Organization" e che "ci sono meccanismi in atto per risolvere questo tipo di dispute".

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