L'ultima beffa sulle pensioni: quanto prendi e quando ci andrai
di Francesco Pellegrino
E' sempre più lontano per i trentenni/quarantenni di oggi il traguardo della pensione. Come riporta Repubblica riceveranno solo in base a quanto versato. Per questa fascia di età si profila un'uscita anche oltre i 75 anni paventati dal presidente Inps Boeri. Due regole lasciano perplessi: la prima è che chi guadagna di più, può lavorare meno. La seconda è che se la speranza di vita aumenta l'età della pensione si allontana, ma se diminuisce resta uguale.
Se un post-1996 vuole andare in pensione anticipata (tre anni prima del requisito), non può farlo se la pensione stimata è inferiore a 2,8 volte l' assegno sociale, dunque 1.250 euro lorde. E se è al di sotto dei 670 euro, cioè una volta e mezza il livello minimo, allora non può uscire nemmeno con la pensione di vecchiaia. Ergo: deve lavorare 6-7 anni in più, nel primo caso, 4-5 nel secondo. Arrivando anche a 76 anni.
D' altro canto la realtà ha sempre battuto le stime anche più ottimistiche: dal 1976 al 2014 la speranza di vita è cresciuta in media di 3,4 mesi ogni due anni, passando da 80 a 85 anni, mentre lo scenario più spinto dell' Istat è di 3,1 mesi. Se insomma uniamo i criteri stringenti di reddito prima descritti alla longevità sprint, il traguardo dell' uscita dal lavoro si sposta sempre più in là. Con un' assurdità contenuta nella legge Sacconi del 2010 (il decreto 78 all' articolo 12, comma 12 ter): se la speranza di vita cresce l' età pensionabile aumenta, ma se decresce resta uguale.
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