Vienna, accordo sulla Libia: "Via l'embargo sulle armi, aiuti ma niente intervento straniero"
Niente eserciti stranieri in Libia, ma più aiuti militari. Stati Uniti, Italia e altre venti potenze internazionali hanno convenuto sulla necessità di armare il governo di unità libico per continuare la lotta contro lo Stato islamico, che sta guadagnando terreno grazie allo stallo della situazione politica e al vuoto di potere nel Paese dal 2011. Nel vertice ministeriale che si è tenuto oggi a Vienna, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Usa, Russia, Cina, Francia e Regno Unito), insieme all'Italia e ad altri 14 stati europei e arabi hanno concordato infatti di cercare di revocare l'embargo sulle armi imposto alla Libia.
Usa e Italia: "Via l'embargo sulle armi" - "Ribadiamo il nostro appoggio alla sovranità della Libia, alla sua integrità territoriale e alla sua unità", si legge in una nota diffusa dal Dipartimento di Stato Usa. Il presidente del Governo di unità libico designato dall’Onu, Mohammad Fayez al Serraj, che da marzo cerca di stabilire la sua autorità nel Paese, ha chiesto alle potenze internazionali aiuto nella lotta contro i jihadisti dell'Isis e la revoca dell'embargo, in vigore dal 2011. La richiesta è stata accolta dalle potenze, che si sono dette "disposte a rispondere alla proposta del governo libico per addestrare ed equipaggiare le forze e stabilire esenzioni dall'embargo". Il segretario di Stato Usa, John Kerry ha fatto sapere in una conferenza stampa a seguito del vertice che "la comunità internazionale appoggia il governo di unità libico per aiutare il Paese ad affrontare la crisi economica e aiutare la popolazione". Francia, Germania e Italia hanno inoltre precisato che l'instabilità in Libia e l'avanzata dello Stato islamico in una situazione di vuoto al potere rappresentano una minaccia diretta per l’Europa. "La stabilizzazione della Libia è la chiave per combattere il terrorismo. Senza stabilità si rischia un conflitto interno, anche armato", ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, secondo cui "la stabilizzazione della Libia è necessaria anche per fronteggiare l’emergenza migranti".
Al Serraj: "Sostegno straniero, non intervento" - Al Serraj ha ribadito di aver chiesto un aiuto ma non un intervento di forze straniere: "Chiediamo alla comunità internazionale di aiutarci, non parliamo di un intervento ma di sostegno". Al Serraj ha segnalato che la situazione in Libia è molto precaria anche per l'aggravarsi della crisi umanitaria, l'aumento di sfollati e il terrorismo, e ha segnalato la necessità di combattere questi problemi per evitare di compromettere altri Paesi. Ad esempio, ha ribadito, gli aiuti internazionali in materia di sicurezza sono essenziali per proteggere le frontiere e per evitare l’immigrazione illegale. La nomina lo scorso dicembre di un governo di unità non ha concluso la dualità istituzionale che divide il Paese per l'esistenza di due Parlamenti che non si riconoscono a vicenda. Da un lato il Parlamento di Tripoli, considerato ribelle, e dall'altro Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale e che a sua volta non ha riconosciuto il governo di unità designato dall'Onu. Kerry ha quindi chiesto a Tobruk di riconoscere il governo di Serraj, definito "l'unico strumento per ridare stabilità al Paese".
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