Anche Quagliariello molla Alfano: Ncd rischia l'estinzione
di Fausto Carioti
Gaetano Quagliariello lascia la maggioranza e mette un piede e mezzo fuori dal Nuovo Centrodestra, partito del quale è tuttora il coordinatore nazionale. È questa la convinzione che ha lasciato in Senato il discorso pronunciato ieri in aula dall’ex ministro durante il dibattito sulle riforme istituzionali. Non è il solo, dentro Ncd, a meditare l’addio: l’Italicum, legge elettorale che non contempla alleanze, sta spingendo l’intera compagine governativa degli alfaniani a confluire nel partito della Nazione di Matteo Renzi, ma molti sono quelli che non intendono seguire Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin lungo tale strada. Questa dinamica, e il rientro della diaspora in Forza Italia iniziato con Nunzia De Girolamo, sembrano destinate a segnare la fine di Ncd.
Alludendo proprio a questo, nel suo intervento Quagliariello ha detto che «sarebbe paradossale che le forze popolari italiane perdessero per legge ogni spazio di autonomia e diritto di rappresentanza». «Le riforme non sono in discussione», ha assicurato, «ma, un minuto dopo, questo dibattito sulle riforme ne genererà un altro, che investirà sia i rapporti interni a una coalizione di governo che la legge pone fuori-legge, sia la collocazione politica. È un problema che personalmente mi riguarderà», ha avvisato il senatore, convinto che riguarderà tutti quelli che come lui «hanno fin qui contribuito al cammino delle riforme, ma non intendono consentire l’estinzione della propria cultura politica». Insomma, bolle in pentola qualcosa di nuovo e alternativo a Renzi.
Un discorso a tratti anche ruvido, che però non può aver sorpreso Alfano. Diverse volte, nelle ultime settimane, Quagliariello aveva manifestato al ministro dell’Interno preoccupazione per un quadro politico destinato a togliere ogni spazio di autonomia all’area moderata. Problema che Quagliariello intendeva porre con chiarezza agli alleati di governo. Lui e Alfano si erano confrontati prima dell’intervento alla festa nazionale dell’Udc di due domeniche fa, e un ultimo colloquio tra i due si è svolto alla vigilia dell’intervento in aula di Quagliariello. Senza però trovare un’intesa.
Dinanzi ai rifiuti di Renzi a tenere in considerazione un alleato piccolo, ma sempre leale come Ncd, Quagliariello aveva proposto all’ala “governativa” del partito il ritiro dall’esecutivo: di fatto, il passaggio a un appoggio esterno. Proposta respinta. A quel punto Quagliariello ha alzato il tiro su una battaglia sgradita al premier che comunque Ncd portava avanti (invano) da mesi: la riforma dell’Italicum, introducendo il premio di maggioranza alla coalizione, in modo da garantire dignità e sopravvivenza a chi non vuole stare né con Renzi né con Salvini.
La posizione assunta, per i toni e per i contenuti, è senza ritorno. E in aula Quagliariello ha fatto intendere che lo stesso malessere riguarda altri di Ncd, che non si faranno annettere dal Pd né oggi né mai. I parlamentari vicini a lui assicurano che nessuno pensa a un ritorno nell’ovile berlusconiano, ma la convivenza nella maggioranza si è fatta difficile, se non impossibile. È presto per fare conte e non ci sarebbe ancora stato alcun reclutamento ufficiale, ma dentro Ncd raccontano che, in calce al disegno di legge presentato da Quagliariello per cambiare l’Italicum, ci sono già diciassette firme di senatori di Area Popolare.
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