Alberto Brambilla: "Alla Fornero avevamo detto che sbagliava"
di Giuliano Zulin
"Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni? L’errore compiuto dalla Fornero, come quello sugli esodati, è il classico errore da professori, di chi ha in tasca la verità e di chi non ha voluto ascoltare le voci che le dicevano che era una manovra sbagliata". Alberto Brambilla, già sottosegretario al ministero del Welfare con delega alla previdenza sociale e docente all’Università Cattolica di Milano, non usa tanti giri di parole: "E non finisce qui, perché a settembre andrà al vaglio della Consulta il ricorso contro il contributo di solidarietà deciso dal governo Letta".
Brambilla si era dimesso dalla presidenza del Nucleo di valutazione della spesa pensionistica - la task force poi chiusa nel 2012 - proprio perché, fra le altre cose, "avevamo avvertito il ministro, di non fare questa scelta di bloccare l’indicizzazione solo a una parte di pensionati perché la cosa non sarebbe passata. Ma lei ci ha messo solo nelle condizioni di presentare le dimissioni".
Adesso per rimediare al buco nei conti pubblici non basterà il solito decreto-pezza. Brambilla lancia così una proposta in un colloquio con Labitalia, la stessa che presenterà presto a Poletti. "Attualmente - ricorda - siamo in un sistema previdenziale a ripartizione (se le entrate contributive non sono sufficienti, la spesa pensionistica è coperta con altri trasferimenti dalla fiscalità generale, ndr). Nel 2013 l’Inps ha evidenziato un buco da 25 miliardi, nel 2014 le cose sono andate peggio perché abbiamo perso circa un milione di posizioni attive. Occorre, dunque, mettere in sicurezza il sistema pensionistico e per farlo, devo per forza incentivare l’occupazione, aumentando così i lavoratori attivi". Come fare? "È dimostrato che funziona una leva fiscale, un abbassamento del costo del lavoro che in Italia è molto alto. Ma questo vantaggio fiscale - precisa - deve essere permanente e non sporadico. E per avere le risorse necessarie posso scegliere tra due strade: o una deindicizzazione delle pensioni, ma di tutte le pensioni - sottolinea - o un contributo di solidarietà su tutte le pensioni. Ciò detto, poi gli incentivi all’occupazione - dice - potrebbero essere mirati sostanzialmente a due fasce: gli under 29 e gli over 50. Così facendo si va anche a un naturale esaurimento della richiesta di agevolazioni, perché nel giro di qualche anno si stabilizza l'occupazione giovanile e si accompagna con il lavoro attivo il cinquantacinquenne alla pensione». Senza contare che, sottolinea il professore, «così facendo, si risparmia circa un miliardo l'anno di cig o Naspi come la si voglia chiamare. È una questione di volontà politica...".
Insomma, dice Brambilla, "il governo dei tecnici non ne ha voluto sapere di fare scelte impopolari", e ora "paghiamo tutti quelle non scelte". Anche perché, ricorda, "in Italia ci sono molti milioni di pensionati che percepiscono un assegno pensionistico avendo lavorato 10 anni e ci sono 5 milioni di pensionati a cui lo Stato paga l’integrazione al minimo, vale a dire che percepiscono un assegno per il quale non hanno pagato i contributi sufficienti".
Scelta impopolare è anche quella di tassare i fondi pensione e di non educare chi lavora a investire, anche poche decine di euro, per una pensione integrativa. Dal 1993, anno di nascita dei fondi complementari, ha aderito - conclude Brambilla - solo il 27% dei lavoratori, spendendo "meno di 7 miliardi l’anno". Mentre "per il gioco non si bada a spese: 27 miliardi l’anno". Il 12-13-14 maggio a Napoli si parlerà anche di questo alla quinta Giornata nazionale della previdenza. Anche perchè - come dice l’ex sottosegretario - ormai bisogna informarsi da soli visto che "la politica fa disinformazione e fa spesso scelte sbagliate".
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