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mercoledì 18 febbraio 2015

"Libia libera": le frasi più stupide dei benpensanti anti-Gheddafi

Libia "libera": tutte le frasi più stupide





Nel 2011 molti politici e intellettuali si esaltarono per le «primavere arabe». E quando Berlusconi si dimostrò restìo ad intervenire contro Gheddafi, nel timore del caos libico che ne sarebbe seguito, tutti gli diedero addosso. Ecco una breve antologia di quanto si diceva all’epoca. In alcuni casi abbiamo accostato, dello stesso autore, le opinioni di quattro anni fa a quelle di oggi: i giudizi sulla situazione libica sono quasi opposti, manca l’ammissione di avere sbagliato. 

"Il primo ministro (Berlusconi, ndr) non ha osato ancora riconoscere che dopo quasi 42 anni di dittatura - il doppio di Mussolini! - è ben venuto il tempo che si allontani dal potere quel partner sanguinario cui Silvio Berlusconi ha da poco baciato la mano assassina in pubblico. Neanche le cifre di una vera e propria ecatombe in Libia lo hanno indotto a chiedere che Gheddafi sia assicurato a una corte di giustizia internazionale. Come mai persiste una simile, vile titubanza?"
(Gad Lerner, la Repubblica, 24 febbraio 2011)

"Che la situazione in Libia potesse precipitare era chiaro fin dall’estate scorsa, quando si è perso ogni controllo su questo territorio mediterraneo posto sui nostri confini meridionali (...) Le crudeli decapitazioni dei cristiani copti a Sirte segnano oggi un passaggio senza ritorno. Mi auguro che il governo e lo stato maggiore delle Forze Armate abbiano predisposto in questi mesi piani efficaci di intervento a tutela della nostra sicurezza nazionale".
(Gad Lerner, sul suo blog, 15 febbraio 2015)

"Obama ha mantenuto la promessa fatta due anni fa con il discorso del Cairo, rivolto al mondo musulmano. Ha appoggiato i movimenti democratici, pur compiendo qualche contorsione diplomatica. (…) Anche l’Europa è stata fedele ai suoi principi condannando la repressione e pronunciandosi in favore degli oppositori in rivolta. Soltanto l’Italia di Berlusconi ha mancato all’appuntamento d’onore per un paese democratico. Se l’insurrezione libica affogherà nel sangue, il governo italiano avrà la sua parte di vergogna".
(Bernardo Valli, la Repubblica, 22 febbraio 2011)

"Oggi la Libia non è più oppressa da un raìs megalomane e sanguinario, ma è un mosaico di tribù rissose incontrollabili dal governo centrale".
(Bernardo Valli, la Repubblica, 18 gennaio 2013)

"Angela Merkel ha usato un’espressione rivelatrice: vuole “aspettare e vedere come si evolve la situazione”. I prossimi popoli che covano voglie di ribellione e libertà sono avvisati. (...) L’Italia poi è irrilevante, e tiene a esserlo. Ogni giorno che passa rende lo scioglimento più arduo. Che la banda Gheddafi se ne vada per via di persuasione e qualche embargo, è impensabile. Che si rimetta saldamente in sella e tutti ricomincino a trafficarci come prima, è il sogno di molti, ma difficile da realizzare. E allora? Allora, siccome il tempo è un fattore decisivo per qualunque sbocco, l’Europa prende, cioè perde, tempo".
(Adriano Sofri, la Repubblica, 17 marzo 2011)

«Non c’è nessun “kafir”, infedele, persona o paese, che possa sentirsi al riparo dal jihad islamista. Il terrorismo politico di formazioni arabe di altri tempi consentiva furbizie e sotterfugi, per il terrore superstizioso di oggi non ci sono mediatori come il colonnello Giovannone. Questo vuol dire anche che quando si dice che “la soluzione è in Libia” (Renzi) o “siamo pronti a batterci in Libia”, non si può fermarsi lì, tantomeno tornare indietro».
(Adriano Sofri, la Repubblica, 15 febbraio 2015)

«Peccato per il silenzio dei “pacifisti”: ma dove sono mentre Gheddafi bombarda il suo popolo? In week end temo».
(Gianni Riotta, il Sole 24 Ore, 6 marzo 2011)

"Ieri il ministro Gentiloni ha detto bene: finché Isis occupa uno Stato terrorista non ci sarà pace in Europa".
(Gianni Riotta, la Stampa, 9 gennaio 2015)

"Per quanto abborracciato sia stato l’intervento in Libia, le conseguenze di un non-intervento sarebbero state assolutamente peggiori. La Francia ha il merito di aver reso tempestivo l’intervento e la colpa di aver preteso una leadership che nessuno aveva voglia di riconoscerle".
(Vittorio Emanuele Parsi, la Stampa, 20 aprile 2011)

"Com’è risaputo, sono stati i francesi a insistere per deporre Gheddafi, ma non hanno pianificato la fase successiva. (...) La responsabilità di questo pasticcio grava su Londra e Parigi ma, anche se la frittata l’hanno fatta gli altri, ora chi se la ritrova davanti alle proprie coste siamo noi".
(Vittorio Emanuele Parsi, intervista al Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2015)

"Nei paesi nordafricani vigeva simile spartizione di compiti: ai despoti il dominio politico, alle moschee la libertà di modellare l’intimo delle coscienze. L’accordo di scambio sta saltando ovunque, tanto che si parla di fallimento colossale di quella che gli Occidentali chiamavano stabilità. È in nome della stabilità che Berlusconi ha chiamato Mubarak un saggio, e ha detto non voler “disturbare” Gheddafi poco prima che questi bombardasse i libici facendo centinaia di morti".
(Barbara Spinelli, la Repubblica, 23 febbraio 2011)

"In Iraq come in Libia, stiamo assistendo alle conseguenze di guerre che hanno letteralmente generato Stati fallimentari e caos, nonostante i fuorvianti propositi iniziali".
(Barbara Spinelli, intervento all’Europarlamento, 2 settembre 2014)

"Le violenze (di Gheddafi, ndr) andavano condannate subito. Riconosco che c’erano stati tali legami e un tale intreccio di interessi per cui c’era qualche difficoltà ad avere la reazione che questi eventi richiedono. Berlusconi ha blandito Gheddafi. I rapporti con la Libia sono utili ma la dignità va sempre salvata".
(Romano Prodi, 22 febbraio 2011)

"Non poteva esserci diversa conseguenza di una guerra sciagurata voluta sconsideratamente dalla Francia e che l’Italia ha seguito in modo folle e incomprensibile. Non avevo mai visto un paese che paga una guerra fatta contro di lui".
(Romano Prodi, 14 febbraio 2015)

"Berlusconi ha ripetuto per anni: “amico Putin, amico Gheddafi”, ma a cosa ci hanno portato le sue relazioni speciali? Ad essere il tappetino delle autocrazie, se non vere e proprie dittature".
(Pier Luigi Bersani, 22 febbraio 2011)

"L’Italia sta apparendo complice di un tiranno nel momento in cui si denuncia un genocidio. Di fronte a questo non è possibile essere esitanti. (...) L’attenzione non va spostata sui profughi. In questo momento il tema è il vento di libertà che sta soffiando e come contribuiamo a cacciare i dittatori dal Mediterraneo".
(Nichi Vendola, 23 febbraio 2011)

"Protagonisti della rivolta sono stati giovani che non sanno che farsene del Libretto verde, connessi alla società mondiale attraverso la Rete. (...) Cosa hanno a che fare essi con Al Qaeda? Per gli islamisti radicali queste rivolte sono una cocente sconfitta".
(Renzo Guolo, la Repubblica, 25 febbraio 2011)

"Il “dopo” terrorizza. E si accusa la Francia dello smanioso Sarkozy di procedere alla cieca, senza preoccuparsi del predominio delle tribù, o dello spazio dei fondamentalismi che si potrebbe spalancare “dopo” Gheddafi. (…) Ma il terrore del “dopo” può essere un principio di paralisi se il “dopo” è pressoché ineluttabile. E non c’è peggiore impotenza politica dichi è prigioniero della nostalgia per il dittatore con cui si facevano ottimi affari. Nella stabilità perduta".
(Pierluigi Battista, Corriere della Sera, 30 marzo 2011)

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