Statali, pensione a 62 anni. Regole ad hoc per medici e magistrati
Rivoluzione pensioni per gli statali. Sì al pensionamento d’ufficio dei dipendenti pubblici, anche dirigenti, con più di 62 anni e che abbiano raggiunto il massimo dei contributi previdenziali (41 anni e 6 mesi per le donne, un anno in più per gli uomini). Soglia più alta per medici e professori universitari, che non potranno essere mandati in pensione d’ufficio prima dei 65 anni, e ancora più alta per i magistrati (70 anni). E risoluzione del nodo degli insegnanti “esodati” con la legge Fornero, i cosiddetti prof “quota 96”. Sono questi alcuni dei punti centrali della riforma della pubblica amministrazione, che ha ottenuto il primo via libera alla Camera. Il decreto dovrebbe diventare legge entro l’8-9 agosto, e le nuove norme si applicherebbero dunque già a settembre.
Le nuove norme - In base al decreto, dunque, sarà possibile pensionare d’ufficio “per esigenze organizzative e senza recare pregiudizio ai servizi”, ma non prima dei 62 anni. Fanno eccezione i medici e i docenti universitari, e soprattutto i magistrati: per loro la soglia resta i 70 anni. Per bilanciare la situazione, si è optato per la cessazione del beneficio dell’aspettativa.
I limiti - Chi vuole andare in pensione prima dei 62 anni ed è in regola con i contributi può farlo senza penalizzazioni, grazie a un emendamento di Maria Luisa Gnecchi che cancella tutte le decurtazioni economiche previste dalla legge Fornero e soprattutto elimina la dizione di “prestazione effettiva di lavoro”: ovvero, per maturare i 41 anni e 6 mesi di anzianità (per le donne) e 42 anni e 6 mesi (per gli uomini), necessari per la pensione di anzianità, si potrà tenere conto di tutto l’arco di vita lavorativa, compresi i giorni di sciopero, congedo matrimoniale, maternità facoltativa, e così via.
Scuola - Il decreto risolverebbe poi la questione degli insegnanti rimasti incastrati dalla riforma Fornero. Come spiega il Corriere, si tratta dei 4mila lavoratori della scuola che due anni fa dovevano andare in pensione. Ma che, per quello che è stato riconosciuto come un errore nella norma, sono rimasti incastrati nelle maglie lavorative, bloccati nelle aule dalla riforma Fornero che cambiava in corsa i requisiti per la pensione.
Liquidazione - Adesso – spiega ancora il Corsera - dopo un passaggio che sembra scontato in commissione Bilancio e una veloce approvazione al Senato, non appena il decreto sulla Pa sarà diventato legge, potranno richiedere di andare in pensione dal primo settembre. Non avranno subito diritto al Tfr, che arriverà solo tra due anni: la liquidazione sarà infatti rinviata al momento in cui avrebbero dovuto andare in pensione secondo i criteri Fornero. E la somma sarà ricevuta non per intero, ma a rate, scansionate in base al reddito. Ma non perderanno neanche un giorno di lavoro.
Inps - Non appena il decreto del governo sarà legge, i professori 'quota 96' potranno presentare domanda all’Inps. L’Istututo nazionale di previdenza avrà 15 giorni di tempo per esaminare la richiesta e dare il suo assenso. Ma, e qui sta il punto, la norma stabilisce anche che l’Inps dovrà fare un monitoraggio delle domande assegnando un ordine progressivo risultante dall’età anagrafica e dell’anzianità contributiva dei singoli richiedenti. Se le domande supereranno le 4 mila, quelle in eccesso non potranno essere prese in considerazione.
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