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giovedì 25 maggio 2017

TUMORE DEL POLMONE Grazie all’arrivo di pembrolizumab il 70% dei pazienti vivo a un anno

Grazie all’arrivo di pembrolizumab il 70% dei pazienti è vivo a un anno


Eugenia Sermonti



Uno spauracchio per tutti - malati e medici, infermieri e parenti - che da oggi vede una luce in fondo al tunnel della cura. È il tumore del polmone, la terza neoplasia più frequente in Italia, per la terapia del quale le autorità hanno stabilito la rimborsabilità di una nuova molecola (pembrolizumab, frutto della ricerca MSD), più efficace della chemioterapia nella forma non a piccole cellule in persone che esprimono alti livelli di PD-L1. “al punto che - afferma il professor Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano - in molti casi eviterà il ricorso alla chemioterapia”. Una vera e propria rivoluzione per gli oltre 41mila nuovi casi registrati nel 2016, perché cambia radicalmente, dopo più di 40 anni, lo standard di cura in questo tumore in stadio avanzato in prima linea, finora rappresentato, appunto, dalla chemioterapia. I pazienti italiani colpiti da carcinoma polmonare non a piccole cellule in fase avanzata che esprimono PD-L1 possono oggi accedere a pembrolizumab, una nuova terapia immuno-oncologica. L’Agenzia italiana del Farmaco (AIFa) ha infatti stabilito la rimborsabilità della molecola non solo in prima linea ma anche in pazienti già trattati con la chemioterapia. Pembrolizumab rappresenta la prima molecola immuno-oncologica resa disponibile nel nostro Paese per il trattamento del carcinoma polmonare anche in prima linea. Una decisione che apre nuove opportunità, approfondite oggi in un incontro con i giornalisti a Milano. “Il melanoma ha rappresentato il modello per l’applicazione di questo approccio innovativo che ora si sta estendendo con successo a diversi tipi di tumore come quello del polmone, particolarmente difficile da trattare - spiega il professor Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) - È un’arma che si affianca a quelle tradizionali rappresentate da chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche. Un passo in avanti verso la sconfitta o la cronicizzazione della malattia. La decisione dell’AIFa conferma l’impegno dell’agenzia regolatoria italiana a supportare l’innovazione in un’area con significativi bisogni clinici insoddisfatti”.

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Lo studio che ha condotto all’approvazione della molecola in prima linea (su più di 300 persone) ha dimostrato che a 1 anno il 70 per cento dei pazienti trattati con pembrolizumab è vivo rispetto a circa il 50% con chemioterapia. Sono stati osservati un 40 per cento di riduzione del rischio di morte e un 50 per cento di riduzione del rischio di progressione della malattia nei pazienti trattati con pembrolizumab ed è risultata triplicata la sopravvivenza libera da progressione di malattia che, a 1 anno, raggiunge il 48 per cento rispetto al 15 per cento con chemioterapia. “I dati che hanno portato all’approvazione del farmaco, prima negli Stati Uniti poi in Europa, sono ‘rivoluzionari’, perché per la prima volta in oltre 40 anni un gruppo di pazienti ha ricevuto un vantaggio in termini di sopravvivenza in prima linea con una molecola immuno-oncologica al posto della tradizionale chemioterapia - conferma Filippo de Marinis - Con pembrolizumab inoltre si amplia il concetto di medicina di precisione: è l’unico farmaco immuno-oncologico basato sulla definizione di un biomarcatore, PD-L1, che permette di scegliere il trattamento ‘giusto’ per il paziente ‘giusto’. In base cioè al livello di espressione di PD-L1 può essere utilizzata l’immuno-oncologia nel modo più efficace, con evidenti risparmi per il sistema sanitario. In particolare il 75 per cento dei pazienti con istotipo non squamoso e tutti quelli con istotipo squamoso in fase metastatica, che oggi in prima linea sono trattati con chemioterapia, potranno trarre importanti benefici dall’immuno-oncologia se rispondono a determinati criteri”. È stato infatti dimostrato che pembrolizumab è più efficace della chemioterapia tradizionale quando un biomarcatore, la proteina PD-L1, è espresso a livelli elevati, in misura uguale o superiore al 50% delle cellule tumorali. “È quindi necessario determinare immediatamente il livello di espressione di PD-L1, cioè al momento della diagnosi della malattia in stadio IV non operabile – sottolinea il professor Andrea Ardizzoni, direttore dell’Oncologia Medica al Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna e Ordinario di Oncologia all’Università degli Studi Alma Mater di Bologna – L’immuno-oncologia rappresenta un’opzione importante anche in seconda linea, quindi nel caso in cui la malattia sia in progressione dopo la chemioterapia. Lo studio di riferimento ha infatti dimostrato che pembrolizumab è superiore alla chemioterapia tradizionale usata in seconda linea quando il tumore esprime livelli di PD-L1 uguali o superiori all’1 per cento. Quindi la molecola funziona anche in condizioni di minore espressione di questo bersaglio molecolare. Senza dimenticare che grazie all’immuno-oncologia vi è una percentuale di pazienti più alta che presenta una riduzione del tumore con un conseguente miglioramento dei sintomi e della qualità di vita. Non si può parlare di abbandono della chemioterapia nel trattamento del polmone perché è ancora in grado di svolgere un ruolo preciso. Però oggi abbiamo un’arma in più, l’immuno-oncologia, che in specifiche situazioni può costituire un’alternativa importante al trattamento chemioterapico”.

“Un plauso particolare va all’AIFa - afferma Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia - che, sulla base degli incredibili risultati clinici di questa molecola, ha fatto sì che i pazienti italiani potessero avere a diposizione in tempi record la prima opzione terapeutica immuno-oncologica, in prima linea, per questa tipologia di tumore, che potrà fare la differenza nella vita di molte persone. Sapere che, dopo oltre un secolo di tentativi degli scienziati, sia stata la ricerca scientifica MSD a concretizzare finalmente questa nuova opportunità per i pazienti non può che spingerci a perseverare nel nostro impegno quotidiano”. Sono molto ampie le prospettive di utilizzo della molecola anche nei malati che non esprimono il biomarcatore PD-L1. “Recentemente la Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio americano - aggiunge De Marinis - ha approvato la combinazione pembrolizumab e chemioterapia anche per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule il cui tumore esprima bassi livelli di PD-L1 o in assenza di PD-L1 (inferiori all’1%). L’approvazione dell’FDA è molto importante perché evidenzia che la combinazione di pembrolizumab con chemioterapia permette di oltrepassare il limite della negatività di PD-L1”. “Nel prossimo futuro la collaborazione fra oncologi e anatomo-patologi, chiamati a identificare i biomarcatori - sottolinea il professor Mauro Truini, presidente della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP) - diventerà ancora più rilevante. La SIAPEC-IAP insieme ad AIOM è fortemente impegnata per armonizzare i diversi test e renderli fruibili diffusamente nella pratica clinica. È un’area della ricerca di grande interesse, perché potremo incrementare la percentuale di malati in grado di rispondere ai trattamenti in funzione delle caratteristiche della neoplasia da cui sono colpiti”. Negli ultimi anni è cambiato il quadro epidemiologico del tumore del polmone nel nostro Paese. Tra il 1999 e il 2011 l’incidenza di questa neoplasia è diminuita del 20,4 per cento tra gli uomini mentre è aumentata del 34 per cento nelle donne. Un fenomeno strettamente legato all’abitudine al fumo di sigaretta che sta diventando sempre più un vizio ‘femminile’: il 23 per cento delle italiane è fumatore abituale.

“Per troppo tempo è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile - spiega Stefania Vallone dell’Associazione Women Aganist Lung Cancer in Europe (Walce) - i nuovi dati evidenziano invece una forte crescita anche tra le donne a causa dell’aumento del consumo di tabacco nella popolazione femminile. La prevenzione primaria è uno dei pilastri della nostra Associazione, ma WALCE lavora anche al fine di garantire ai pazienti la possibilità di accedere al trattamento migliore. Purtroppo la diagnosi del tumore del polmone è ancora tardiva e l’approvazione di questo nuovo farmaco, frutto dell’innovazione che in questi anni ha caratterizzato sempre di più la medicina, rappresenta un passo in avanti decisivo poiché offre alle persone affette da questa patologia la possibilità di avere accesso a nuove terapie in grado non solo di allungare la sopravvivenza ma anche di preservare una buona qualità di vita”. “Sostenibilità per la sanità pubblica e garanzia di accesso per tutti i pazienti alle migliori cure non sono elementi in contraddizione - conclude Pinto - se si definisce il perimetro di valore e costo e di reale impatto di innovatività di un farmaco. L'Aiom, fortemente impegnata per garantire sostenibilità e accesso, ha richiesto e sostenuto un Fondo Nazionale per i farmaci innovativi in Oncologia, che sarà di 500 milioni di euro per il 2017 e che verrà attuato secondo i criteri di definizione di innovatività previsti dall’AIFA”.

TRAGEDIA NEL MEDITERRANEO "Strage di bambini, 34 morti" La tragedia a largo della Libia: toh, sapete chi li ha soccorsi?

LA TRAGEDIA Libia, strage nel Mediterraneo centrale: almeno 20 cadaveri recuperati, "molti sono bambini"



Sono almeno 34 i morti annegati nel Mediterraneo centrale, a largo del porto libico di Zuara, dopo il naufragio di un barcone con a bordo circa 500 migranti. Finora circa 200 persone sono state salvate, ma secondo il comandante della Guardia costiera italiana, Cosimo Nicastro, sono stati recuperati almeno 20 cadaveri. Gli operatori della Ong Moas sostengono poi di aver recuperato almeno 31 corpi, "per la maggior parte bambini". "Alcuni sono neonati", ha puntualizzato il co-fondatore della Ong, Chris Catrambone a cui risponde via Twitter il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli: "Se non vogliamo continuare a recuperare cadaveri non bisogna farli partire. I responsabili delle Ong dovrebbero capire che così stanno solo causando centinaia di morti".

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WILLIAM HILL Fisco e gioco: cosa è cambiato e cosa cambierà entro il 2020

Fisco e gioco: cosa è cambiato e cosa cambierà entro il 2020



Il 2017 parte forte per quanto riguarda la correlazione tra materia fiscale e gioco d’azzardo. I dati messi a disposizione dalla Camera dei deputati, Camera di commercio e agenzie che si occupano di monitorare il gioco online, ci dicono di un trimestre molto proficuo e positivo, sotto questo punto di vista. Vanno forte sia i giochi di casinò online, sia quelli di scommesse sportive. Un aumento quantificabile con il 27% in più, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e solo per quanto riguarda i dati dei siti online. Nel corso del mese di aprile sono stati pubblicati dati interessanti e il Governo ha stabilito alcune misure circa un rincaro fiscale per il gioco. Sia per il lotto che per le scommesse ci sarà un aumento della tassazione sui giochi. Si passerà quindi dal 6 al 9% per quanto riguarda le scommesse, mentre gli altri giochi subiranno un aumento dal 6 all’8%. Giro di vite anche per gratta e vinci, di cui si prevede un incasso di 400 milioni, ma come una tantum. Secondo questi ultimi dati il gioco è in crescita non solo in Italia, ma anche in Europa. Il boom sul gioco e in particolare su sistemi come quello dei casinò online legali dimostra come l’Italia e più in generale l’Europa sta recuperando un gap sul gioco che è abbastanza normale, visto che fino al 2012 questo tipo di attività non era legale nel nostro Paese. Il mese di aprile scorso, sono stati pubblicati i primi dati relativi al consumo sul gioco d’azzardo che riflette alla perfezione ciò che già si era verificato nel corso del 2016. Così abbiamo registrato un aumento significativo da parte delle scommesse sportive, pari al 27%, tenendo presente dello stesso dato riferito però allo scorso anno.

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Aumentano i consumi, quindi e in relazione a questo si discute, anno dopo anno, di un innalzamento del Preu (Prelievo Erariale Unico) sulle Videolotteries, cioè le macchinette distribuite tra casinò e sale dedicate, poco più di 50mila apparecchi, la cui tassazione potrebbe passare dal 5% al 5,5% sul giocato. C’è sicuramente uno stretto legame tra l’esigenza di fare cassa del governo e i conti che rischiano di non tornare più all’intero settore. In mezzo un’industria abituata alla tempesta, tra polemiche sull’eccessiva offerta, e malavita pronta ad approfittare di ogni errore nella mancata riorganizzazione dell’industria italiana del gaming. Ed ecco che torna il concetto di gap culturale e professionale, su un’industria che nel corso di questi primi 5 anni ha prodotto introiti e risultati operativi ragguardevoli. Il tutto osteggiato da partiti politici e movimenti spontanei di cittadini contrari al gioco d’azzardo legale nel nostro Paese. Quello che però manca, ovvero la visione d’insieme è che più si combatte e si lotta contro il gioco legale d’azzardo, più si dà una mano concreta e sostanziale alla malavita.  Non è certo un caso, se ci sono quasi 29 milioni di italiani che tra il 2015 e questo trimestre 2017 che ha giocato almeno una partita, fatto una scommessa o acquistato un biglietto di lotterie e affini. Andiamo a vedere ora alcuni dati nello specifico. Attualmente ci sono ben 7300 imprese registrate nel nostro Paese. Di queste società operanti nel settore del gambling molte sono estere, alcune storiche come William Hill, che in Italia opera nel settore del gioco d'azzardo e dei bookmakers sportivi, un flusso di denaro vitale per il fisco italiano. Da un punto di vista tecnico bisogna ricordare che 2.958 sono sotto forma di imprese individuali, 3.211 sono società di capitale, 1.102 società di persone e 39 altre forme. La spesa complessiva è stata di 900 milioni di euro, mentre gli ultimi dati erano stati di 726 milioni nel 2014. La crescita dal 2015 è del 23%.

La banda di delinquenti rom Incubo di 40 minuti in villa: la violenza su due 80enni

Roma, l'incubo di due 80enni e la badante: rapina in villa, la rapina di due rom




Un incubo per due anziani coniugi di 80 anni: due nomadi di 26 e 20 anni sono entrati nella loro villa sulla via Cassia a Rocca Cencia (Roma) e li hanno presi in ostaggio insieme alla badante e a un operaio che si trovava in casa, minacciandoli con un martello. Come riporta Il Tempo, dopo averli immobilizzati i rapinatori hanno fatto sedere le vittime sul divano e mentre uno li sorvegliava l'altro ha rubato dai cassetti alcuni gioielli di famiglia. Dopo 40 minuti di paura e violenza, i due rom sono fuggiti in auto ma sono stati identificati da una pattuglia dei carabinieri in borghese e bloccati sulla via Prenestina qualche minuto dopo. La refurtiva è stata restituita agli anziani, i due giovani delinquenti arrestati. Due i complici: un 35enne rom, in fuga dopo aver abbandonato la sua abitazione, e un altro uomo ancora da identificare. Si tratterebbe di una vera e propria banda dedica a colpi nelle ville dell'hinterland romano.

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CALL CENTER ADDIO Telefonate a casa, operatori troppo molesti? La clamorosa decisione

Enel: stop telefonate moleste. Il colosso non chiamerà più a casa dei clienti



Dal 1° giugno Enel non chiamerà più i suoi clienti per proporgli offerte commerciali. Le telefonate a casa spesso risultano sgradevoli, invadenti e moleste. Così il colosso di gas ed energia ha deciso di privilegiare "i valori di ascolto e vicinanza, rinunciando a un canale commerciale di vendita che, seppur gestito d modo corretto, è percepito come invasivo”. La proposta di estendere lo scudo contro le chiamate indesiderate (discussione in corso in commissione Lavori pubblici e Comunicazioni del Senato sulla riforma del Registro delle Opposizioni) è partita da una petizione de Il Tirreno contro le telefonate moleste. Il primo risultato è che Enel ha deciso di auto regolamentarsi nell'attesa che la discussione termini. È un segnale di indirizzo molto forte quello lanciato dalla multinazionale produttrice di energia elettrica e gas e potrebbe influenzare tante altre aziende italiane. Ad oggi esistono 115 milioni di linee telefoniche, fra fisse e mobili. Solo 1,5 milioni di numeri fissi godono di protezione da telefonate selvagge grazie all'iscrizione al Registro pubblico delle opposizioni. Meno tutelai le linee mobili, per le quali non esiste nessun registro a cui iscriversi.

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Business degli immigrati, spunta il nome di Schettino Capitan codardo, affari

L'IDEONA Capo Rizzuto, i gestori del centro di accoglienza volevano Schettino per il salvataggio degli immigrati in mare



Il business degli immigrati fruttava talmente bene ai gestori del Cara di Isola Capo Rizzuto da spingerli a studiare nuovi settori in cui investire, con un testimoniale d'eccezione come Francesco Schettino. Il nome dell'ex comandante della Concordia è spuntato nelle carte dell'inchiesta Jonny dell'Antimafia di Catanzaro che ha indagato sulle presunte infiltrazioni della 'ndrangheta nel centro di accoglienza di Capo Rizzuto. Il piano dell'ex governatore della Misericordia, Leonardo Sacco, era di inserire l'impresa Miser Icr e la Sealounge negli affari del centro d'accoglienza.

Sacco aveva raccontato la sua idea in una telefonata con Andrea del Bianco, direttore della Confederazione nazionale delle Misericordie. Il progetto secondo gli investigatori era semplice, volevano allestire un centro della Protezione civile sull'isola e dotarlo di imbarcazioni adeguate per il salvataggio in mare degli immigrati.

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Come riporta crotonenews.com, i due puntavano a stringere i propri rapporti con membri del governo, così da riuscire a cambiare la legge che ad oggi impedisce ai privati di effettuare salvataggi in mare in modo sistematico. L'idea per un grosso affare c'era tutta, mancava la ciliegina sulla torta che doveva arrivare proprio con Schettino, che avrebbero costretto a lavorare gratis, come se fossero servizi sociali.

PREPARATEVI AL PEGGIO Arriva lo tsunami sui prezzi delle vostre case La mossa atomica delle banche, crolla tutto

Altra bomba sulle case: le banche svendono e il mercato crollerà


di Sergio Luciano



Una villa da 6 milioni di euro di valore che stava per essere svenduta a uno e mezzo, in un'asta giudiziaria e grazie a una perizia tecnica sballata. Un bravo avvocato che interviene in extremis, le carte si rimescolano e l'immobile, alla fine, è stato venduto al triplo: 4 milioni e mezzo. Storie di tutti i giorni in quest'epoca grama di crediti bancari «in sofferenza» e di esecuzioni immobiliari forzate, messe in atto dalle banche per rientrare almeno in parte dei loro soldi. Sarebbe un fenomeno doloroso ma in fondo anche giusto, se non fosse inquinato da una velenosissima speculazione. Fondi specializzati che raccattano a due lire i pegni che le banche hanno a garanzia dei crediti non rimborsati e non solo lucrano, su di essi, guadagni favolosi ma non liberano dal gioco del debito residuo i debitori. Doppio danno, insomma.

SUPERVILLA IN SALDO
«Sì, posso raccontare tutto», conferma l'avvocato Biagio Riccio, fondatore della Associazione Culturale Favor Debitoris (www.favordebitoris.it) «perché con i miei clienti faccio ormai anche delle battaglie di civiltà. In questo caso si è trattato di Adriano Fracassi, stilista e proprietario di negozi di abbigliamento, proprietario di un palazzo antico nel cuore di Brescia. Una villa di 4 piani, con un parco di 500 metri quadri, edificato in parte nel XV secolo e in parte nel XVIII, che è un tripudio di affreschi, fontane, mobili antichi, stucchi e decorazioni (opera dallo scenografo Eric Job). A seguito di una perizia sbagliata per ragioni misteriose, stava per essere battuto all' asta al prezzo irrisorio di un milione e 497mila euro. Era evidente la speculazione, in aggiunta alla generale ingiustizia del procedimento esecutivo. Ho fatto ristimare l' immobile che è stato correttamente valutato 6,6 milioni. Ho fatto istanza al tribunale perché l'asta fosse bloccata per "evidenti errori nella Ctu". Il giudice ci ha dato ragione, ha ordinato di ripetere la stima e il prezzo di vendita è salito a 4 milioni e mezzo. (3 volte il prezzo iniziale)». Storie del genere sono all'ordine del giorno, ma è un'eccezione che finiscano bene. Non tutti hanno al fianco un bravo avvocato.

Non tutti riescono a difendersi, anzi. «Quel che è successo a Fracassi non è casuale, accade pure alle famiglie povere», commenta l'avvocato Riccio. «Il mondo delle esecuzioni immobiliari pullula di sciacalli. La vendita di beni a prezzi irrisori ha ormai generato un mercato parallelo aperto ad ogni genere di speculatori, anche i peggiori».

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GLI SCIACALLI
«Indro Montanelli al tempo del terremoto dell'Irpinia scrisse un famoso articolo: quando calano gli sciacalli», aggiunge Riccio: «Per colpa dell' inerzia della politica che lascia, anche in questo campo, mano libera agli speculatori, si arriverà in pochissimi anni a 450.000 immobili in asta, il 3% delle case di proprietà. Nell'ambito delle aste immobiliari si è sviluppato un mercato ormai parallelo a quello imprenditoriale, con evidenti convenienze per chi acquista immobili all'asta. Questa speculazione sugli impoveriti inquina l'andamento dei prezzi normali, perché drena molta domanda che potrebbe confluire sul mercato ordinario e si ferma invece in attesa dell' asta della fortuna».

In pochi anni saranno comprati immobili con un esborso fra i 30 ed i 40 miliardi di euro: chi in Italia ha i soldi, spesso liquidi e contanti, per fare incetta di questo patrimonio a spese degli impoveriti? Perché nessuno si pone questa domanda?

Il meccanismo dell'esproprio strisciante è ormai rodato. Quando una banca avvia la procedura di esproprio giudiziario per liquidare un proprio pegno, il consulente tecnico di ufficio, nominato dal giudice, stabilisce il prezzo base, inferiore a quello di mercato. Di fatto, il giudice dell'esecuzione non sovrintende più all'espropriazione, ormai delegata. L'immobile viene posto all'asta per un valore irrisorio che, nel caso in cui non ci sia l'aggiudicazione immediata, subirà una falcidia del 20%, ad ogni ulteriore chiamata d'asta.

Un bene che vale 200mila euro viene venduto, dopo cinque aste deserte, a meno di 50mila euro. C'è un articolo di legge (art. 586 c.p.c.) che dovrebbe impedire tutto questo e il giudice potrebbe bloccare soprusi evidenti, ma non capita quasi mai.

Quindi il debitore non solo perde il proprio bene, ma questo esproprio - seguito da una svendita - non genera mai un introito sufficiente a cancellare il suo debito, che gli resta addosso come una maledizione impedendogli o complicandogli molto il rientro del mondo degli affari.

DOPPIO AFFARE
Inoltre, una recente norma di legge stabilisce che i creditori (e lo fanno quasi esclusivamente le banche) possono farsi assegnare direttamente il bene posto all'asta, che poi rivendono tramite le agenzie immobiliari a prezzi raddoppiati, concedendo anche un mutuo al potenziale compratore. Così le banche lucrano due volte: perché rivendono il bene al doppio (rientrando del loro mutuo originariamente concesso e non rimborsato) e perché concedono un altro mutuo al nuovo compratore. Una legge tutta dalla parte dei creditori «In questo modo il mercato immobiliare non si riprenderà mai davvero in Italia», dice Attilio Simeone, avvocato della Consulta nazionale antiusura: «Il vero prezzo degli immobili vero non è più fissato dal mercato ma dalle svendite immobiliari. Le fondazioni antiusura intervengono come possono per proteggere il debitore da quel che gli capita dopo l'esproprio, il ricorso agli usurai. Ma il problema ha ormai raggiunto un livello di assoluta gravità sociale».