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mercoledì 2 dicembre 2015

Istanbul, bomba esplode in metropolitana, Video: La ricostruzione

Istanbul, una bomba in metropolitana: La ricostruzione




Momenti di terrore a Istanbul: una forte esplosione, quella che potete vedere nel video, è avvenuta in una stazione della metropolitana. I media locali riferiscono di almeno sei feriti e di una vittima. La municipalità ha immediatamente sospeso la circolazione dei treni nella stazione di Bayrampsa. Haberturk Tv, inizialmente, aveva attribuito l'origine dell'esplosione a un trasformatore, che avrebbe fatto da innesco. Anche Ntv, sulla base delle testimonianze, aveva affermato altrettanto. Dopo pochi minuti, però, indiscrezioni hanno riferito di un ordigno. E il fatto che si sia trattato di un attentato lo ha confermato il sindaco della municipalità locale, che ha confermato che si è trattato di una bomba. Secondo l'agenzia di Stato Anadolu, inoltre, l'esplosione non è avvenuto all'interno della stazione della metropolitana, ma in prossimità di un cavalcavia. L'allerta, a Istanbul e in Turchia, è ai massimi livelli sia per l'allarme terrorismo, sia per la possibile vendetta del Pkk, dopo la recente uccisione del leader degli avvocati curdi.


"Servono truppe di terra in Siria" Isis, la guerra diventa globale

"Truppe di terra per schiacciare l'Isis". Guerra globale: il piano definitivo




L'impegno degli Stati Uniti nel conflitto in Siria potrebbe prevedere anche il coinvolgimento di truppe di terra oltre che il già annunciato uso dei raid aerei. In particolare sarà necessaria: "una coalizione internazionale più efficace come solo gli Stati Uniti sono in grado di mobilitare". A dirlo è stata l'ex Segretario di Stato Hillary Clinton, in corsa per le primarie del Partito democratico americano alla Casa Bianca, durante un intervento al Council on Foreign Relations a New York. Secondo la Clinton l’obiettivo "non è quello di contenere e respingere l’Isis ma di sconfiggerlo e distruggerlo - non solo in Siria ma anche in Iraq e in tutto il Medio Oriente - annientando le loro infrastrutture». Per la Clinton, dopo gli attentati di Parigi, si è entrati in "un nuova fase" che richiede un maggior lavoro di intelligence e il coinvolgimento, indispensabile, dei paesi arabi.

In Siria - Per risolvere la crisi siriana, uno degli ostacoli principali è rappresentato proprio dalla difficoltà di coinvolgere più truppe di terra, ha insistito la Clinton. Mentre "i siriani curdi sono già fortemente impegnati nella lotta", i gruppi sunniti di opposizione "sono comprensibilmente reticenti a combattere contro Assad che - ha osservato l’ex first lady - ha ucciso più siriani del terrorismo, anche se sono sempre più minacciati dell’Isis". La strategia indicata dalla Clinton è qualla di "muoversi contemporaneamente verso una soluzione politica della guerra civile, che spiani la strada ad un nuovo governo con una nuova leadership, e incoraggiando più siriani a combattere l’Isis".

Le truppe - La Clinton ha dunque idicato l’esigenza di "dispiegare immediatamente le forze speciali già autorizzate da Obama, preparandosi a dispiegarne ancora di più se un maggior numero di siriani si unisce alla lotta". E il rafforzato supporto degli Usa dovrebbe andare "mano nella mano con un aumentato supporto da parte dei partner arabi ed europei - ha proseguito -contemplando l’impiego di forze speciali che possano contribuire alla lotta via terra". L’ex Segretario di stato ha poi ribadito la necessità di una «no-fly zone» per impedire ad Assad di continuare ad uccidere civili con i raid aerei. Infine "le forze di opposzione a terra, con il supporto materiale della coalzione, potrebbero contribuire a creare una zona sicura per consentire ai siriani di rimanere nel loro Paese - ha concluso - anzichè fuggire in Europa. Quanto al coinvolgimento della Russia in Siria, sebbene possa "giocare un ruolo importante e siamo disponibili a lavorare con loro. Penso che in questo momento - ha avvertito - il presidente Putin stia in realtà peggiorando la situazione".

L'URLO DI PUTIN: "TU NON SEI DIO" La furia dello zar al super-vertice

Vladimir Putin: "Tu non sei Dio". La rabbia contro Tony Blair nel vecchio vertice




Capire chi oggi va considerato amico o nemico non è un esercizio facile, come conferma l'ex presidente della Commissione europea Romano Prodi che ripercorre alcuni momenti salienti dei primi anni 2000 per lo scenario internazionale. La grave crisi di oggi, tra il ritorno del terrorismo islamico in Occidente e l'avanzata dello Stato Islamico fino alle porte dell'Europa, affonda le sue radici nei tanti e madornali errori fatti nei decenni scorsi dai governi delle principali potenze mondiali.

In un'intervista al Fatto quotidiano, Prodi dice: "Quando si sbaglia la prima volta, penso alla guerra tra l'Iraq e l'Iran, si continua a sbagliare, errore dopo errore, fino alle guerre a Saddam e Gheddafi. Tutti contro tutti". In particolare il conflitto in Iraq del 2003 fece schizzare i toni tra le diplomazie degli otto paesi più industrializzati, fino all'episodio al quale lo stesso ex premier ha assistito.

Da un mese era cominciata la guerra in Iraq promossa soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Ai primi di giugno c'è stata la riunione del G8 in Francia e nel corso di una cena, Prodi ricorda che alla fine di una discussione: "Putin si alzò dal tavolo e grido a Blair: 'You are not God' (tu non sei dio). Vede - aggiunge Prodi - la guerra in Iraq spaccò l'Europa, frantumò tutte le alleanze. io dovetti rinunciare al secondo mandato alla presidenza della Commissione europea. Ascoltare oggi Blair scusarsi perché quelle maledette armi di distruzione di massa non esistevano lascia un peso enorme".

martedì 1 dicembre 2015

Ricordate Charamsa, il monsignore gay? Beccato con un vip (famosissimo) / Foto

Charamsa a sorpresa: il prete gay con Miguel Bosè...




Sul numero di Chi in edicola  le immagini esclusive della trasformazione di Krzysztof Charamsa, 43 anni, teologo e presbitero, ex segretario aggiunto della Congregazione della Fede dopo il coming out, avvenuto prima del sinodo sulla famiglia, quando ha presentato al mondo il suo compagno. Notiamo la sua svolta estetica, da “grigio” prelato a elegante viveur: leggermente abbronzato, abito e camicia blu con occhiali e pochette arancioni in pendant. Ma il suo cambiamento non si nota soltanto dal look: il suo sorriso parla da solo. È con il compagno Eduard Planas, 44, professore molto impegnato per l’indipendenza della Catalogna, e Miguel Bosè alla serata di beneficenza per la 6ª edizione del Gala contro l’Aids. Oggi Charamsa vive a Barcellona ed è molto attivo sui social. Abita con il compagno nel quartiere gay di tendenza della capitale catalana (Gayxample), partecipa alla kermesse contro la violenza sulle donne e milita per la difesa dei diritti degli omosessuali, va ai vernissage e posta su Twitter le sue scelte musicali con le foto del weekend trascorso nei borghi di Besalù o a Banyoles, a pochi chilometri dalla città. 

«Facendo coming out ho perso tutto: il lavoro, lo stipendio, le risorse per la vita, l’abitazione, l’insegnamento all’università, la pensione, la sicurezza sociale e medica. La Chiesa in un istante mi ha privato di tutto, come se io non esistessi più. Ma ho recuperato la libertà umana e cristiana, la libertà di coscienza, la felicità e la dignità personale. In questo ambito umano tutto è migliorato», ha spiegato l’ex prelato. «Dell’Italia mi mancano le mamme, i giovani italiani, la loro tolleranza. Gli italiani sono un popolo accogliente, anche se sotto l’influsso della Chiesa, a volte, ci si svuota della curiosità nei confronti dell’altro», ammette con amarezza. «I catalani mi hanno accolto splendidamente, ho ritrovato lo spirito del cristianesimo libero da ipocrisia e dalla cattiveria umana, che è la caratteristica del Vaticano e di molte Chiese, a iniziare da buona parte della mia Chiesa polacca», sostiene.

I pensionati più poveri della storia L'allarme dell'Inps: chi sarà punito

I pensionati più poveri della storia. Boeri, la maledizione per giovani e mamme


di @juan_r



I trentenni di oggi farebbero meglio a pianificare lunghe cure vitaminiche e antiossidanti per i prossimi 40 anni perché li passeranno a lavoare e alla fine potrebbero anche un assegno insignificante se riusciranno ad andare in pensione. La mazzata per i nati nella prima metà degli anni Ottanta arriva dal presidente dell'Inps Tito Boeri durante il convegno "Pensioni e povertà oggi e domani", due elementi che i trentenni dovranno abituarsi a conciliare con arte. L'occasione doveva servire per presentare i dati dell'Ocse sull'Italia, secondo i quali con il sistema contributivo ci potrà essere un risparmio sulla spesa pubblica del 2%. Ma alla buona notizia, si accompagna l'allarme di Boeri, secondo il quale: "i programmi di contenimento della spesa devono preoccuparsi prima di tutti del fatto che sotto le curve ci sono le persone, e che quindi le persone devono ricevere un reddito mimino. Questo - ha detto - spesso non viene fatto".

Gli over 65 - Uno dei dati di fatto evidenziati da Boeri sta nel modo in cui i pensionati sono riusciti a sopportare la crisi: "Chi ha più di 65 anni - ha chiarito - ha retto meglio alla crisi di chi ha un'età inferiore". Il motivo è presto trovato nel fatto che in molti sono riusciti da andare in pensione prima dei 60 anni e quindi non hanno subito decurtazioni, oltre che: "contano molto gli altri redditi che percepiscono - ha aggiunto - e contano molto anche quelli della famiglia di appartenenza".

La condanna - Il problema più grave attanaglia i giovani, visto che il reddito di una carriera tipica reale in genere subisce un calo temporaneo significativo nei primi anni, quando si passa dai lavori temporanei ai lavori più stabili. Il calcolo è presto fatto, secondo Boeri, che stima come tra i trentenni di oggi nel 2050: "nell'ipotesi di un tasso di crescita del Pil dell'1%, molti dovranno lavorare anche fino a 75 anni, per andare in pensione". Pessime notizie anche per il peso dell'assegno mensile, stimato per il valore medio dagli attuali 1.703 euro ai 1.593. Anzi considerando che i giovani di oggi percepiranno per meno tempo la loro pensione, pur augurandoci tutti una vita più lunga dei nostri genitori, il confronto sull'assegno medio si fa più impietoso, considerando che i giovani intascheranno un quarto in meno dei loro genitori.

Maternità - Lo scenario si fa da incubo per le giovani donne che progettano di avere figli. Alle interruzioni legate ai contratti precari, si aggiungono, poi, per le donne, le interruzioni legate alla gravidanza "alla quale - denuncia Boeri - spesso si associa anche un cambio di lavoro". Questo comporta, secondo il presidente dell'Inps, che se le donne tra i trenta e i quaranta anni decidessero tutte di avere un figlio, una su tre si dovrebbe accontentare nel 2050 di una pensione di 750 euro.

Il Caso Caivano (Na): Napoli-Inter, il Cronista Piccinini mette il dito nella piaga

Il Caso Caivano (Na): Napoli-Inter, il Cronista Piccinini mette il dito nella piaga 


di Gaetano Daniele


D'Anilo D'ambrosio
Difensore Inter
di Caivano (Na)

A creare il caso, è il cronista di Mediaset, Sandro Piccinini, di Roma, 58 anni, che, durante la telecronaca di Napoli-Inter, di ieri 30 novembre 2015, nel commentare appunto, un'azione dell'Inter, con precisione un passaggio effettuato dall'orgoglio caivanese, Danilo D'Ambrosio, ha precisato: "Prende palla il napoletano D'Ambrosio, di Caivano, la Terra dei Fuochi". Una precisazione che il Piccinini, etichetta solo ai vari napoletani come capitato anche all'attaccante del Napoli, Insigne, appunto, sottolineando la provenienza del calciatore, Frattamaggiore, ad ogni tocco palla. A questo punto, non possiamo far altro che consigliare al Piccinini, di non fermarsi solo al Paese e all'espressione "Terra dei Fuochi", ma di sottolineare anche l'arduo lavoro svolto da Padre Maurizio Patriciello che, grazie al suo abnorme sacrificio in difesa della salute, ha scoperchiato non solo in Campania, ma anche nel Lazio, dove risiede appunto Piccinini, e al nord, un coperchio fatto di intrecci, mala gestione ed altro...., e ha ridato un filo di speranza ai tanti cittadini indifesi. Insomma, se proprio si vuole menzionare la "Terra dei Fuochi" lo si faccia in maniera professionale. 

Jihad a casa nostra: 4 arresti a Brescia La terribile minaccia al Papa: "Sarà..."

"INNEGGIAVANO ALLA JIHAD", arrestati a Brescia 4 kosovari




Blitz antiterrorismo della Polizia di  Stato di Brescia, in collaborazione con la Polizia kosovara. Arresti e perquisizioni sono in corso, in Italia e in Kosovo, a carico di cittadini kosovari ritenuti responsabili dei reati di  “apologia al terrorismo»” e  “istigazione all’odio razziale”. La  compagine terroristica che, anche attraverso l’uso dei social network, propagandava l’ideologia jihadista. I riscontri investigativi hanno evidenziato la presenza di “pericolosi indicatori di fanatismo religioso estremistico a carico dei componenti del gruppo criminale, i quali sul web si mostravano con armi e atteggiamenti caratterizzanti i combattenti del sedicente Stato Islamico”.

Le accuse - In particolare, a carico di uno dei fermati è stata disposta, per la prima volta, la misura di sorveglianza speciale per terrorismo, su richiesta avanzata direttamente dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. I dettagli dell’operazione denominata  Van Damme  verranno resi noti nel corso della conferenza stampa in programma alle 10.30 alla Procura di Brescia. Sono 4 gli arrestati nell’ambito del blitz antiterrorismo della Polizia di Stato di Brescia. I quattro sono ritenuti responsabili dei reati di «apologia al terrorismo» e «istigazione all’odio razziale”. 

Attacco al Papa - "Minacciavano il Santo Padre Bergoglio, esaltavano i recenti attentati di Parigi e minacciavano l’ex ambasciatrice degli Stati Uniti in Kosovo". Lo ha detto Carmine Esposito, questore di Brescia, intervenuto ad Agorà su RaiTre.

«Nelle dimore perquisite in Kosovo nell’ambito dell’operazione - compiuta contestualmente sul territorio italiano e kosovaro - sono state rinvenute armi. Si tratta di profili di rischio in relazione a derive terroristiche di matrice islamica con particolare riferimento a condotte di propaganda, reclutamento, finanziamento del sedicente stato islamico. I reati contestati a queste persone - conclude il questore - sono apologia del terrorismo e istigazione all’odio razziale".