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sabato 3 ottobre 2015

Caivano (Na): Intervista al Consigliere comunale del PD, Antonio Angelino

Caivano (Na): Il Consigliere Angelino interviene sul nostro blog il Notiziario sul web



di Gaetano Daniele




Dott. Antonio Angelino
Consigliere comunale PD

Dott. Angelino, dopo le dimissioni del consigliere comunale Raffaele Celiento, anche lei entra a far parte delle opposizioni in consiglio comunale. Che opposizione sarà la sua?

Un opposizione chiaramente in linea con quella che è stata la nostra campagna elettorale, intransigente decisa attenta e vigile. Non abbiamo nulla in comune con questa amministrazione, pertanto svolgeremo la nostra azione di denuncia e di controllo sugli atti e sugli indirizzi, tenendo come riferimento unico il bene e la crescita del paese.

Ha già in mente qualche interrogazione?

Devo dire che abbiamo formato un ottimo gruppo di opposizione, dove di certo non manca la volontà d'azione e lo dimostrano le tante interrogazioni e interpellanze già poste in essere nell'adunanza di CC del 28/9, per quanto mi riguarda sono un ragazzo molto curioso e devo dire che la mia attenzione è stata attirata da un bel po' di determine, ma sicuramente vorrei presto approfondire la questione relativa agli affidamenti degli impianti sportivi presenti sul nostro territorio, da anni grande problema, mai affrontato.

Quale la sua ricetta per rilanciare Caivano?

Magari potesse bastare una ricetta. Caivano negli ultimi 10 anni ha avuto un'involuzione clamorosa, il ceto medio è quasi scomparso, e di conseguenza la povertà ha raggiunto larga parte della popolazione. Al netto di una situazione simile gli interventi più significativi a mio parere sono quelli relativi alla creazione di occupazione e alla riduzione del fisco soprattutto per le aziende e le imprese presenti sul territorio, con l'esenzione totale per un periodo di tempo determinato (1/2 anni) per gli imprenditori che intendono investire sul territorio in nuove attività. Reddito di cittadinanza così come proposto da noi in CC il 28/9 e spending review chiuderebbero il cerchio garantendo un ciclo virtuoso di ripresa economica. 

Ambiente. 

Sull'ambiente sono cauto e con molta umiltà ammetto che sto reperendo quanta più documentazione possibile per avere un quadro completo della situazione. Già troppo si è speculato e strumentalizzato su tale tematica e quindi evito di lanciarmi in affermazioni non verificate ed analizzate, so per certo che tutti noi consiglieri di opposizione terremo alta l'attenzione soprattutto per ciò che concerne la gara da 30 milioni di euro per il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani. Vista l'incompetenza e l'incapacità amministrativa dimostrata sinora dall'amministrazione non ci sentiamo minimamente al sicuro.

Televisori truccati: i modelli sospetti Un altro scandalo dopo Volkswagen

Dopo lo scandalo Volkswagen, sospetti del Guardian sulle Tv Samsung: test truccati su consumi energia




Dopo lo scandalo che ha travolto Volkswagen che truccava i test sulle emissioni di gas di scarico della automobili, è la volta del colosso coreano Samsung e di alcuni modelli di televisori. Uno studio dell'organismo indipendente ComplianTv ripreso dal quotidiano brittannico Guardian, Samsung avrebbe usato un trucco molto simile a quello di Volkswagen, utilizzando quindi un software per ridurre i consumi energetici dei propri televisori durante i test ufficiali.

Il trucco - In occasione dei test effettuati dalla Commissione elettrotecnica internazionale (Lec) sui televisori vengono trasmessi filmati con sequenze veloci. In quelle condizioni, secondo lo studio raccontato dal Guardian, i modelli Samnsung attiverebbero la funzione Motion lighting, utile a ridurre la luminosità dello schermo e quindi il consumo di energia. La funzione di riduzione della luminosità si sarebbe attivata in automatico, secondo quanto si legge nel rapporto ripreso anche da Repubblica: "I laboratori hanno osservato diversi comportamenti delle tv durante le misurazioni e questo suggerisce la possibilità che gli apparecchi riconoscano la procedura di test e adattino il consumo di energia".

La difesa - La compagnia coreana ha respinto i sospetti sollevati dallo studio britannico, sostenendo che la funzione Motion lighting sia stata progettata non per eludere i test, ma per ridurre i consumi quando il video rileva immagini in movimento. Le indagini però sono partite, come quella della Commissione Ue che ha risposto all'articolo pubblicato sul Guardian citando anche segnalazioni simili arrivate da autority di Paesi membri dell'Unione europea, come quella svedese.

Una portaerei cinese nel Mediterraneo Inquietanti alleanze a casa nostra

Guerra in Siria, la Cina porta nel Mediterraneo una portaerei, caccia e 1.000 marines




La Cina porta nel Mediterraneo una portaerei, una squadra aerea e 1.000 marines in appoggio alla Russia. Mentre Mosca continua con i suoi raid in  Medio Oriente contro le postazioni dello Stato Islamico ("Dobbiamo agire d'anticipo, prima che arrivino da noi", ha ammesso Vladimir Putin), Pechino inizia le grandi manovre al largo della Siria e, di fatto, alle porte dell'Europa, in una alleanza strategico-militare che inquieta non poco il Vecchio Continente, diviso tra interventisti e neutralisti, ancora una volta inesistente dal punto di vista politico e al traino degli Stati Uniti di Obama decisamente tremebondi. 

Mosca e Pechino mai così vicini - L'intesa tra Russia e Cina, due colossi sotto ogni punto di vista e dotati di un apparentemente insaziabile appetito di dominio, si poggia su motivazioni geopolitiche, economiche e di lotta al terrorismo, perché sebbene lontana migliaia di chilometri dalla culla dell'Isis, anche la Cina potrebbe avere nelle regioni del suo estremo occidente una bomba-terrorismo islamico pronta ad esplodere, proprio come Mosca con molte regioni dell'ex impero sovietico nel Sud-Est. 

Ue e Usa all'angolo - L'Unione europea finisce così in un momento drammatico come quello dell'emergenza immigrazione, strettamente legato alla guerra in Siria. Rinunciare a una voce in capitolo nell'area significa affidarsi con mani e piedi legati a Putin (e ai cinesi). Il Cremlino questo lo ha capito, e non a caso ha rafforzato le intese con l'Iran e l'Iraq tagliando fuori non solo gli europei, ma anche gli americani. Il guaio è che la partita, giocata con caccia al posto degli scacchi, si gioca in casa nostra e noi siamo spettatori. 

Tre banche italiane fallite: chi paga, quando e come

Crac delle banche, si paga subito: ci rimettono i risparmiatori


di Giuliano Zulin 



Le crisi bancarie fanno le prime vittime. Nelle prossime settimane, con ogni probabilità, i possessori di obbligazioni subordinate di Banca Marche dovranno partecipare al primo bail-in in salsa italiana. Dal primo gennaio entrerà in vigore il nuovo meccanismo di salvataggio degli istituti in difficoltà, che prevede l’esborso anche da parte dei privati (azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100mila euro), ma per chi ha dato fiducia negli anni passati alla banca con sede a Jesi il coinvolgimento diretto dovrebbe scattare in anticipo. 

In pratica le decine di migliaia di correntisti-obbligazionisti, e in parte minore altre istituzioni bancarie e fondi, subiranno la conversione coatta dei loro bond subordinati in azioni. Azioni che negli ultimi mesi sono state penalizzate da una doppia svalutazione, decisa dai commissari che gestiscono la banca da quasi due anni e in scadenza a fine ottobre, e che potrebbero essere ulteriormente svalutate. In teoria gli obbligazionisti subordinati potrebbero vendere sul mercato i loro bond, ma basta dare un’occhiata all’andamento sul mercato dei titoli sotto osservazione: il prezzo è sceso dai 100 di partenza a quota 34-35. In ballo ci sono grosso modo 400 milioni di euro, un sacco di famiglie e indirettamente tutti i correntisti italiani. Perché, alla fine, per il salvataggio di Banca Marche servirà soprattutto l’intervento del Fondo di Tutela dei Depositi bancari, che raggruppa tutti gli altri gruppi italiani e che emetterà obbligazioni sul mercato proprio per ricapitalizzare - si parla di oltre un miliardo - per provare a risanare Banca Marche prima del gennaio 2016, quando tutto il bail-in sarà realtà e allora, non solo gli obbligazionisti subordinati, ma pure tutti i grandi correntisti, dovranno cedere parte del loro patrimonio per soccorrere un istituto finito in sofferenza per una gestione sotto inchiesta: gli avvocati dell’istituto commissariato hanno chiesto agli ex amministratori 282 milioni di danni. 

La frase di Bankitalia - Tutti si chiederanno: ma se il bail-in scatterà l’1 gennaio, perché azionisti e obbligazionisti subordinati dovranno pagare subito? La definizione tecnica si chiama «burden sharing», contenuta anche nel vademecum di Banca d'Italia sulla nuova legge che disciplina i salvataggi bancari. Pagina 7 del documento, ultimo paragrafo. Ecco cosa c’è scritto: «In Italia la completa applicazione del bail-in è prevista solo a partire dal 2016; tuttavia, la svalutazione o la conversione delle azioni e dei crediti subordinati, fra cui gli strumenti di capitale, sarà applicabile già da quest’anno, quando essa sia necessaria per evitare un dissesto. Gli orientamenti sull’applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato adottati nel 2013 dalla Commissione europea già prevedono la necessità di coinvolgere gli azionisti e i creditori subordinati prima di un eventuale supporto pubblico, attraverso la svalutazione o la conversione dei crediti in azioni, quale misura di burden-sharing necessaria per ritenere il sostegno pubblico compatibile con la disciplina sugli aiuti di Stato». La questione è questa: l’Antitrust europeo, che dovrà comunque dare il via libera all’ingresso del Fondo di Tutela dei Depositi bancari nel capitale di Banca Marche, sostiene che un intervento solo del Fondo potrebbe sottendere un aiuto di Stato. Vanno insomma chiamati in causa anche tutti i creditori subordinati. Di Banca Marche, ma non solo.

Governo in ritardo - Si dà il caso infatti che su un salvataggio quantificabile in 370 milioni di euro su Cassa di Risparmio di Ferrara (Carife), circa 300 saranno investiti dal Fondo di Tutela dei Depositi bancari, ma 70 dovranno arrivare dalla conversione in azioni - con perdita di valore - degli obbligazionisti subordinati che si erano fidati dei prodotti venduti agli sportelli Carife. Un percorso simile è immaginabile anche ad Arezzo, dove la Popolare dell’Etruria, la banca dove era vicepresidente il papà del ministro Maria Elena Boschi, rischia di arrivare con zero capitale a fine anno. L’istituto popolare, commissariato da febbraio, vedrà anch’esso l’ingresso del Fondo di Tutela dei Depositi bancari per un ammontare ancora da definire - pare intorno ai 200 milioni - ma altri 200 circa arriveranno dalla solita conversione di bond subordinati in azioni. Un altro bagno di sangue, dopo la beffa del congelamento delle azioni in seguito al commissariamento. 

Tirando le somme, possiamo dire che si ridimensioneranno di molto i 700 milioni di risparmi investiti in bond di decine di migliaia di famiglie italiane - sparse tra le Marche, l’Emilia e la Toscana - con il rischio che l’operazione non basti e che anche le azioni finiscano nel tritacarne del bail-in. C’è poco tempo - tre mesi - per mettere in piedi l’operazione salva-banche, ma il governo non brilla in tempismo. Ai primi di settembre ha approvato i decreti attuativi del bail in, ma prima dell’entrata in vigore bisogna che i testi ottengano l’ok dalla Commissioni Finanze di Camera e Senato, prima di tornare a Palazzo Chigi e diventare esecutivi. È passato quasi un mese dall’approvazione del Consiglio dei ministri. Che aspettano Renzi e Padoan? Perché poi, prima di partire con il salvataggio, il Fondo dovrà avere i via libera di Bankitalia, Antitrust Ue e Bce. In teoria ci vogliono 60 giorni, ma così si arriva a metà dicembre. Al limite. Da gennaio non pagheranno solo azionisti e obbligazionisti, ma anche i grandi correntisti...

giovedì 1 ottobre 2015

Brunetta faccia a faccia con Renzi Il premier "demolito" in diretta tv

Camera, Brunetta contro Renzi: "Quando l'Ue ti ha detto di poter usare quei 17 miliardi? Vuoi usarli per tagliare le tasse? Non puoi"




"In quale occasione l'Ue le ha concesso oltre un punto di Pil, cioè 17 miliardi?". Renato Brunetta inizia così, dopo i convenevoli di rito ("Bentornato dal suo viaggio, signor presidente"), il suo intervento nel QuestionTime alla Camera davanti al premier Matteo Renzi. Il tema è quello, caldissimo, delle coperture alla ormai imminente legge finanziaria, "manovra" che Palazzo Chigi giura di riuscire a portare a termine anche grazie a minore flessibilità concessa da Bruxelles. "Il 13 gennaio 2015  - risponde Renzi - la Commissione europea ha approvato la comunicazione sulla flessibilità che ha consentito a ciascun Stato membro di utilizzare due clausole per limitare gli effetti del Fiscal compact sugli Stati membri. L'Italia ha ottenuto lo spazio dell'1 per cento, potevamo ottenere di più? Forse. Resta il fatto che mentre qualcuno ha votato il Fiscal compact, noi abbiamo ottenuto la flessibilità". 

Stoccata e veleni - La punzecchiatura (quel "qualcuno" è Silvio Berlusconi, premier nel 2011) scatena il capogruppo di Forza Italia. "Non ci saranno 17 miliardi, ce ne saranno molti meno e poi se pensate di utilizzare quei soldi per tagliare le tasse vi sbagliate di grosso. Non c'è possibilità di farlo, stando ai trattati comunitari - ha ricordato Brunetta -. Non si può utilizzare il deficit per tagliare le tasse. Anche solo sostenerlo è un errore da matita blu".

BELPIETRO SVELA RENZI Il retroscena sul Premier: "Così costruisce un regime"

Maurizio Belpietro, una democrazia rottamata ai tempi di Matteo Renzi


di Maurizio Belpietro
maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it
@BelpietroTweet




Lo so, della riforma del Senato non importa un fico secco a nessuno. Gli italiani hanno altri problemi: il lavoro, le tasse, la paura degli stranieri. Figurarsi se hanno tempo da perdere con il futuro della Camera Alta, ossia del doppione della Camera Bassa. A lungo hanno sognato che si sfoltissero i costi della politica, intravedendo nei vari palazzi del potere uno spreco di denaro pubblico. Dunque, all’idea che si riduca il numero dei senatori, non li si paghi più e alla fine si risparmi e si cambi qualcosa nell’acqua stagnante della politica italiana non possono che essere favorevoli. Certo, forse anche loro preferirebbero che Palazzo Madama fosse chiuso e trasformato in un museo, come ha minacciato il presidente del Consiglio, ma chi non segue quotidianamente la politica e non ha esperienza di costituzione in fondo pensa che ridurre sia sempre meglio che conservare. Se prima si pagava lo stipendio a trecento sfaccendati e a tutti i funzionari, adesso non si pagherà più nulla e di funzionari ce ne saranno meno. O al meno questo è quanto spera l’opinione pubblica, che dunque non può che essere moderatamente favorevole alla riforma di Matteo Renzi.

Tutto bene dunque? Niente affatto. E non tanto perché mi dispiaccia l’idea di 100 senatori non eletti dal popolo e senza stipendio, ma perché l’insieme del progetto è un passo avanti verso uno stravolgimento della Costituzione e mette il potere nelle mani di un solo uomo.

Immagino l’obiezione: ma come, da anni scrivi che la Costituzione va cambiata e che bisogna sveltire il processo decisionale perché il Paese non può pagare i ritardi della politica e quando Matteo Renzi mette mano alla riforma dici che non ti piace? Qui il problema non è se la riforma piace o non piace. Certo è più brutta di quella che anni fa aveva disegnato il centrodestra e il centrosinistra riuscì a far cancellare rimbambendo con parole false gli italiani. Tuttavia, oltre a essere brutta, la riforma del presidente del Consiglio è pericolosa, perché consegna ogni potere nelle sue mani, ossia nella disponibilità di un signore che in appena un anno e mezzo ha già dimostrato di avere una straordinaria propensione ad occupare quanto c’è da occupare e a gestirlo con eccezionale disinvoltura.

Renzi non è un padre costituente, o ricostituente come lo chiama Marco Travaglio, è un rottamatore e sta rottamando chiunque gli si opponga lungo la strada.

Questo potrà far piacere a chi ritiene che il percorso del rinnovamento sia ingombro di vecchi arnesi e molte carcasse della prima e della seconda Repubblica, ma dovrebbe preoccupare chiunque al contrario ritiene che nessuno, neanche Renzi, possa detenere il primato della verità. Nel passato, quando Berlusconi era a Palazzo Chigi, a sinistra si è sempre evocato il pericolo del regime. Ma al confronto di Renzi, Berlusconi è stato sempre un dilettante e i suoi tentativi di piegare i pm, il parlamento o la stampa, si sono sempre rivelati maldestri e inutili.

L’ex Cavaliere provava a scalfire il potere della magistratura, delle lobby e dell’informazione, ma senza alcun successo. Al contrario, l’attuale presidente del Consiglio si è subito rivelato un professionista, mettendo al guinzaglio tutti o quasi tutti e la prima a farne le spese è proprio quella sinistra politico-giornalistico-giudiziaria che ai tempi di Berlusconi lanciava quotidiani allarmi. Le ultime notizie dicono che presto il governo espugnerà il fortino del Tg3, poi verrà quello dei giudici, infine ciò che resta della stessa sinistra e del sindacato.

Di tutto ciò, essendo sempre stato fiero avversario del circo mediatico-manettaro e della parte più ideologica del paese, dovrei essere contento, perché Renzi fa quello che Berlusconi avrebbe voluto ma non gli fecero fare. E invece no. Invece guardo con preoccupazione la rottamazione di ogni sistema di contrappeso, perché penso che Renzi non stia sostituendo una classe dirigente vecchia e logora con una classe dirigente moderna e efficiente. Renzi sta solo sostituendo una classe dirigenta con se stesso. 

Non gioisco se rottama la sinistra, perché penso che poi rottamerà - se non si rottama da sola - la destra. Il nostro presidente del Consiglio è semplicemente allergico all’opposizione e alle critiche. Gli vanno bene solo quando gli fanno solletico. Per lui il confronto è un fastidio, la dinamica della democrazia una perdita di tempo e dunque per raggiungere il suo scopo non esita a intimare al presidente del Senato di spazzar via ogni emendamento alla sua riforma.

Del resto, vista la situazione, non ha nulla da temere. Non dall’opposizione, ma neanche dal Colle, ormai abitato solo dagli sprettri. Insomma, in cambio di un po’ di spiccioli risparmiati sul Senato, ci tocca un fantasma di democrazia.

ECCO LA BUSTA ARANCIONE Inps, la novità per i pensionati Arriverà a tutti: cosa contiene

In arrivo la "busta arancione": dall'Inps la simulazione di quanto prenderemo di pensione




Si chiama "busta arancione": si tratta di una stima dell'Inps della pensione, una simulazione della pensione futura sulla base di quanto finora versato, della retribuzione attesa e della data di uscita dal lavoro. In Italia, al momento, è ancora disponibile solamente online sul sito dell'Inps, dal primo maggio. Ma tra due o tre settimane, il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha assicurato che sarà inviata direttamente a casa dei lavoratori per la simulazione della futura pensione. "Abbiamo superato la soglia di un milione di persone che hanno fatto la simulazione online", ha aggiunto Boeri. D'ora in poi le buste saranno spedite a "tutti coloro che non hanno fatto la simulazione online, perché vogliamo incoraggiarli a prendere il Pin sul sito", necessario per effettuare una previsione sulla prestazione futura. La simulazione è stata fatta su 10.000 pensionandi.

Tramite il Pin si potrà infatti accedere all'applicazione dell'Inps, che, tenendo conto di vari parametri (fra cui l'andamento dell'economia, quello delle retribuzioni e il livello di inflazione atteso, oltre alla speranza di vita) calcola la pensione che presumibilmente si otterrà dalla data di pensionamento. Dal 2016 il servizio diventerà poi pienamente disponibile anche per i dipendenti pubblici e per i lavoratori con contribuzione versata ai fondi amministrati dall'Inps.