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martedì 27 gennaio 2015

Ufficiale: anche Diego Della Valle scende in politica

Diego Della Valle in politica, c'è il simbolo del suo partito





"Marchionne vuole dare lezioni a noi italiani...". "Noi italiani non dobbiamo permettere a questi furbetti...". "Vanno a pagare le tasse in Inghilterra e vorrebbero dare a noi italiani...". E ancora: "La Costituzione appartiene a noi italiani"... "Il garante di noi italiani ...". Ora, se non è detto che tanti indizi facciano una prova, quando la prova spunta si pensa inevitabilmente ai tanti indizi. Chi li ha disseminati come pollicino negli ultimi mesi è Diego Della Valle, imprenditore della scarpa al quale ormai da anni piace intervenire attivamente nel dibattito politico. Tanto che, in un momento di particolare slancio, alcune settimane fa arrivò a dire di volersi presentare a napolitano con una lista di ministri per porre fine all'era Renzi. Lo scorso novembre, con una situazione politica in parte ormai stabilizzata, l’imprenditore si augurava: «Altri due anni così, e il Paese muore. Bisogna votare il prima possibile».

La cosa, poi, è morta lì. Almeno per ora. Ma il settimanale L'Espresso ha scovato all'Ufficio brevetti del ministero economico il simbolo del partito col quale Della Valle scenderebbe in politica: uno tondo giallo sgargiante (come certi suoi floulard, con bordino tricolore e al centro la scrritta grande, in blu, "Noi italiani"). Vedremo se lo "scarparo" fiorentino, fatta la nuova legge elettorale, deciderà davvero di scendere nell'agone politico la prossima volta che si voterà per le politiche, o farà come il suo amico Montezemolo, che tanto ha abbaiato decidendo poi di non mordere. Ma intanto, il simbolo ce l'ha.

Civati scrive a Renzi: "Candidiamo Prodi"

Civati scrive a Renzi: "Candidiamo Prodi"





Un salto temporale indietro di quasi due anni. Una macchina del tempo. Pippo Civati, ex amico di Matteo Renzi e oggi esponente-chiave della sinistra Pd, pare già aver assunto uno dei tratti fondamentali dei vecchi comunisti: la nostalgia per i tempi andati. Così, in una lettera al Pd a tre giorni dall'inizio delle votazioni per il nuovo capo dello Stato, rilancia la candidatura al Colle di Romano Prodi. "Partiamo da dove ci siamo fermati nel 2013, candidiamo Prodi" propone l’esponente della minoranza dem. Dovremo attenderci, nel caso, pure un bis dei "centouno"?

La Grecia dice addio all'Euro? Paghiamo noi: quanto ci costerebbe

Elezioni in Grecia, quanto è esposta l'Italia sul debito di Atene





Dopo la vittoria di Tsipras, occhi puntati sulla Grecia e le prossime mosse di Atene con Bruxelles e la Troika. A far tremare le cancellerie europee sono le richieste di rinegoziazione del debito avanzate da Tsipras in campagna elettorale e ribadite subito dopo la vittoria con un secco: "Diciamo addio alla Troika". Ma se Atene dovesse scegliere la via di un raccio di ferro con l'Europa chi ci perderebbe di più? L'Italia è esposta verso la Grecia per circa 40 miliardi di euro, se si considerano i prestiti bilaterali e le quote di partecipazione nel fondo salva-stati Esm, nella Bce e nell'Fmi. Lo calcola Bloomberg secondo cui, davanti al nostro Paese ci sono solo Germania (60 miliardi) e Francia (46 miliardi). I 322 miliardi di debiti della Grecia, secondo i dati del Ministero delle Finanze greco resi pubblici alla fine del terzo trimestre 2014, sono solo per il 17% in capo a soggetti privati. 

I calcoli - Il 62% è in capo ai governi dell'Eurozona, il 10% all'Fmi e l'8% alla Bce mentre il restante 3% è custodito nella Banca centrale greca. I governi dell'Eurozona, tra prestiti bilaterali concessi in occasione del primo salvataggio nel 2010 e fondi elargiti attraverso l'Esm, sono esposti complessivamente per 195 miliardi di euro. Inoltre hanno sostenuto la Grecia, in proporzione alle loro quote di partecipazione, anche attraverso la Bce, di cui l'Italia detiene il 12,3% del capitale e l'Fmi, di cui il nostro Paese è “socio” con il 3,2%. Alla fine, leggendo in trasparenza gli impegni, risulta che l'esposizione dell'Italia ammonta a circa 40 miliardi. Dietro il nostro Paese si colloca la Spagna con circa 26 miliardi, seguita dall'Olanda con circa 12 miliardi.

Il pm insulta Schettino: "E' un idiota" Per una volta la vittima è il capitano

Francesco Schettino, al processo Concordia il pm lo chiama "idiota": per una volta la vittima è Capitan Codardo

di Pietro Senaldi 



Esiste il reato di idiozia? No, altrimenti in Italia altro che affollamento carcerario. E allora perché il pm, nel chiedere 26 anni di carcere per Francesco Schettino, gli ha dato dell'idiota, ancorché incauto? Un insulto gratuito, che certo soddisfa la pancia dell'opinione pubblica ma che è del tutto irrilevante ai fini dell'accusa - anzi, al massimo è una scusante - e quindi resta una volgarità e basta. Un sopruso che rivela un'arroganza consueta, compiuto facendosi forti della condizione di inferiorità dell'imputato, che ha altro di cui preoccuparsi e non reagirà, anche perché la notte della Concordia ha dimostrato che non si distingue per il coraggio. Eppure, con un po' di dignità, il comandante forse potrebbe perfino querelare. Dopo tutte le cialtronate che Schettino ha detto per salvarsi la ghirba, ci mancava solo questa requisitoria rubata agli spaghetti western, che non si imbarazza a evocare Bud Spencer e Terence Hill quando afferma che forse Dio perdonerà Schettino ma la giustizia non può.

Renzi tra "Vietnam" e "sfiducia": cosa succederà dopo il Quirinale

Matteo Renzi tra Italicum, Quirinale e Nazareno. Cosa succede dopo l'elezione del presidente: lo scenario

di Claudio Brigliadori 



Sabato mattina, con ogni probabilità, il Parlamento eleggerà il nuovo presidente della Repubblica. Lo pensano in tanti, e lo auspicano altrettanti. Matteo Renzi ha già annunciato che le prime tre votazioni saranno interlocutorie, con gli onorevoli del Pd che presenteranno scheda bianca. Altrettanto faranno quelli di Forza Italia, parola di Giovanni Toti. O almeno questi sono gli ordini di scuderia, per depotenziare eventuali imboscate dei "franchi tiratori" presenti sia nel centrodestra sia nel centrosinistra. 

"Salta il Nazareno? Vietnam" - L'intenzione di Renzi è quella di trovare un nome che piaccia a tutto il Pd, o che comunque metta in condizione i "dissidenti" di non poter dire no. Il guaio è che non è così sicuro che quel nome vada bene anche a Silvio Berlusconi. Il Cav vuole blindare il patto del Nazareno, che sulla questione Quirinale prevederebbe un accordo su "un solo nome forte e credibile", che resterà coperto fino all'ultimo momento utile per non bruciarlo. Unico paletto posto ad Arcore: va bene anche un presidente di sinistra, "Basta che non ci sia ostile". Di più forse si saprà martedì sera, quando Berlusconi, forse Toti e i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani si recheranno al vertice con il premier Renzi per le consultazioni di rito. E "se dovesse saltare il Nazareno, il Parlamento si trasformerà in un Vietnam e Renzi andrà contro un muro", è il messaggio servito dagli azzurri. La partita è sfaccettata e complessa: c'è il Colle, sì, ma prima ancora c'è la legge elettorale il cui sì definitivo è atteso per martedì pomeriggio al Senato. Su questi temi Forza Italia appoggia Renzi, ma è pronta a fare ostruzionismo durissimo su tutto il resto nel caso ci scappi la (brutta) sorpresa sull'elezione del presidente. Se per ipotesi (inverosimile, per il momento) a determinare il nuovo presidente sarà una convergenza tra Pd e M5S, per esempio, gli azzurri lasceranno il Pd in balìa dei grillini. Effetto domino: anche Ncd, a quel punto, mollerebbe il governo e risulterebbe molto, molto complicato per Renzi restare a Palazzo Chigi, anche con eventuale rimpasto o nell'ipotesi di un Renzi-bis.  

Il Pd: rischio di sfiducia - Una parte del Pd, invece, il problema di una crisi di maggioranza lo porrà già da domani sera. Perché come detto al Senato arriverà il via libera definitivo all'Italicum e dopo settimane di violenti scontri interni e minacce di scissione, sembra altamente improbabile che i dem si ricompattino votando il testo del governo sulla riforma elettorale. Se come probabile i dissidenti voteranno l'emendamento Gotor entrando di fatto nell'opposizione insieme a M5S, Lega Nord, Sel e parte di Forza Italia, Renzi si troverà nella paradossale di essere sostenuto da una maggioranza trasversale e diversa da quella che gli ha votato la fiducia nel gennaio 2014. E a metterlo in guardia da questa ipotesi è stato Davide Zoggia, deputato del Pd: "Se l'Italicum al Senato passerà con una maggioranza diversa da quella del governo, garantita solo dai voti di Forza Italia perché una discreta parte dei senatori Pd non l'avrà votata, sarà necessario un passaggio parlamentare per verificare la maggioranza di governo". Verifica, dunque, con la possibilità di una sfiducia. Altro pane per i franchi tiratori di ogni colore.

Salerno, De Luca come De Magistris: condannato, sospeso, fa il sindaco

Salerno, De Luca come De Magistris: condannato, sospeso, fa ricorso al Tar e vince





Gigi De Magistris ha fatto scuola. Oggi anche Vincenzo De Luca, condannato e dunque sospeso dalla carica di sindaco di Salerno per via della legge Severino, ha presentato ricorso al Tar contro il provvedimento di sospensione dopo la condanna per abuso di ufficio nel processo per la costruzione di un termovalorizzatore che doveva sorgere nella periferia di Salerno. E i giudici amministrativi, come hanno fatto per De Magistris, hanno annullato la sospensione reintegrandolo sullo scranno più alto del Comune: De Luca è di nuovo sindaco di Salerno. 

La legge Severino - Nel ricorso, appunto, è stata sollevata una eccezione di incostituzionalità della legge Severino, chiedendo l’emanazione di un decreto monocratico nelle more dell udienza collegiale. I legali di De Luca puntano ad ottenere fra una decina di giorni la sospensione della disposizione della legge Severino. A firmare il decreto di sospensione di De Luca dalla carica di sindaco era stato nei giorni scorsi il vice prefetto di Salerno, Giovanni Cirillo, dopo la condanna a un anno di reclusione e a un anno di interdizione dai pubblici uffici, con pena sospesa, emessa dal Tribunale di Salerno per abuso di ufficio.

Il tweet - "Il tar ha accolto il mio ricorso. Continuerò ad essere sindaco". È il post messo su facebook dal sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, non appena reintegrato nelle sue funzioni.

Le tappe della vicenda - Ecco le tappe della vicenda relativa alla sospensione del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, ora reintegrato nelle sue funzioni dal Tar. Il 21 gennaio erano stati i giudici del secondo collegio della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno a emettere a carico del sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, la sentenza di condanna per abuso di ufficio a un anno di reclusione e a un anno di interdizione dai pubblici uffici con pena sospesa. Il giorno dopo la cancelleria del Tribunale ha inviato il dispositivo di sentenza in prefettura per l’applicazione della legge Severino.  Il 23 gennaio il vice prefetto vicario, Giovanni Cirillo, ha firmato l’ordinanza che ha sospeso De Luca dalla carica di sindaco fino ad oggi, quando il Tar ha emesso un decreto monocratico che lo ha reintegrato nelle sue funzioni, in attesa di una udienza nel merito del ricorso, basato su presupposti di incostituzionalità della norma. Il processo in cui De Luca è stato condannato per abuso d’ufficio nasce da una vicenda del 2008, quando, da commissario delegato per la realizzazione di un impianto di trattamento finale dei rifiuti (decreto dell’allora premier Romano Prodi firmato il 16 gennaio di quell’anno), nomina project manager del progetto per il termovalorizzatore un componente del suo staff. Nomina irregolare per mancanza di requisiti, con una richiesta di rinvio a giudizio per il sindaco e altre due persone firmata ad aprile 2011 dall’allora procuratore di Salerno Franco Roberti, e prima udienza del processo l’8 novembre di quell’anno.

Bossetti, la voce dalla procura: clamoroso ribaltone su Yara e il Dna

Omicidio Yara Gambirasio, possibile svolta. Indiscrezione dalla Procura: "Il dna mitocondriale non è quello di Bossetti"





Possibile svolta nel caso di Yara Gambirasio: sul corpo della vittima non c'è traccia del Dna mitocondriale di Massimo Giuseppe Bossetti, in carcere dal 16 giugno scorso con l'accusa di aver ucciso, con crudeltà, la 13enne di Brembate di Sopra. Emerge dalla relazione del consulente della procura in possesso dell'agenzia Adnkronos. Si è sempre parlato della traccia mista - Dna della vittima e di Ignoto 1 - trovata sugli slip di Yara come la prova regina contro il muratore 44enne, dopo che il corpo della ragazzina scomparsa il 26 novembre 2010 fu trovato in un campo di Chignolo d'Isola tre mesi dopo, ma la scienza sembra sconfessare se stessa. Pochi giorni fa era stato Claudio Salvagni, legale di Bossetti, a sostenere la stessa tesi in tv a Quarto grado. E ora l'avvocato torna alla carica: "Basta arrampicarsi sugli specchi: non c'è nessuna prova regina e Massimo Giuseppe Bossetti va scarcerato". Nei prossimi giorni l'avvocato presenterà una nuova istanza di scarcerazione.

"Il Dna non è quello di Bossetti" - Secondo la relazione in cui Carlo Previderè, ricercatore responsabile del laboratorio di genetica forense dell'Università di Pavia e chiamato dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri ad analizzare la presenza di peli e capelli sul corpo della vittima, il Dna mitocondriale di Bossetti, estratto dal campione 31G20 della relazione del Ris (la traccia trovata sugli slip della vittima, ndr), non coinciderebbe con quello di "Ignoto 1". A Previderè spetta il compito di comparare i capelli e i peli trovati sul corpo della vittima con il Dna della vittima e con "Ignoto 1", il cui profilo del campione mitocondriale è reso disponibile dal Ris di Parma che a loro volta lo rilevano dalla relazione a firma del consulente Emiliano Giardina. 

La "svista" - Per risalire invece al profilo di Yara si chiede un campione di tessuto osseo dello spessore di circa due centimetri prelevato dal femore. Ma qui sorge la prima anomalia: il "semplice confronto di tali profili aplotipici consentì di realizzare immediatamente di essere in presenza di un unico profilo apolitico mitocondriale", scrive Previderè nella sua relazione e tale profilo "era certamente attribuibile alla vittima e non al soggetto definito Ignoto 1, come indicato nella relazione del consulente del pm, dottor Giardina". Un errore che vuol dire che il Dna di 532 persone, o meglio di 532 donne, non è stato confrontato con quello della persona sospettata di aver ucciso Yara ma con quello della vittima. Una svista, ma le anomalie non finiscono qui. 

Il giallo del Dna cellulare - La traccia trovata sugli slip della vittima mostra una traccia abbondante del Dna cellulare del4 4enne muratore, ma inspiegabilmente secondo i genetisti non contiene una quantità tale di Dna mitocondriale tanto che i Ris di Parma non sono stati in grado di dire, con certezza, se sul corpo della vittima ci fosse sangue, saliva o sperma di "Ignoto 1". Un risultato difficile da spiegare: il Dna cellulare, unico per ciascun individuo, contiene  al suo interno il Dna mitocondriale che caratterizza la "linea femminile" della discendenza. Non solo il Dna cellulare di Bossetti non coincide con quello mitocondriale, ma scientificamente risulta complicato giustificare una traccia abbondante di Dna cellulare e l'assenza di quello mitocondriale.