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domenica 25 maggio 2014

Non votiamo Berlinguer

Non votiamo Berlinguer

di Alessandro Sallusti 


Se tra di voi c'è qualcuno che in anni duri e pericolosi si è rifiutato di votare Berlinguer, non lo faccia oggi. È rinnegare la nostra storia e quella dei nostri padri. Le icone comuniste lasciamole a Grillo e Renzi. E allora, Forza Italia



Nelle ultime ore della campagna elettorale Beppe Grillo e Matteo Renzi hanno fatto gara a intestarsi l'eredità di Enrico Berlinguer, storico segretario del Partito comunista italiano dal '72 all'84. Da dove sia sbucato il fantasma del «più amato» (così veniva chiamato dai compagni in contrapposizione a Togliatti, «il migliore») è un mistero. Che rivela però più verità di tante parole pronunciate in questa campagna elettorale. E cioè che Grillo e Renzi hanno come modello e stella polare l'ultimo vero comunista. Uno che strinse la mano a Stalin, il più grande carnefice della storia. Uno che appoggiò l'ascesa di Pol Pot, il macellaio cambogiano tanto caro alla sinistra italiana. Uno che ci mise un po' più del dovuto a prendere le distanze dal nascente terrorismo rosso («sono compagni che sbagliano»). Uno che benedì la violenza fisica dei sindacati contro la Fiat alle prese con la grande crisi degli anni Settanta. Uno a cui non faceva schifo che il partito si sporcasse le mani facendosi finanziare dall'Unione Sovietica con quattro miliardi di dollari all'anno, ovviamente in nero e intrisi del sangue dei pochi ed eroici dissidenti.

Ma soprattutto Renzi e Grillo si rifanno all'uomo che inventò la «questione morale», che detta così è cosa buona. È che Berlinguer intendeva che chiunque stesse a sinistra (anche i ladri) era puro e onesto per definizione e chi stava dall'altra parte era ladro e indegno a prescindere. Un razzista politico, che introdusse in Italia il concetto, ancora vigente e applicato da opinionisti e magistrati, della superiorità morale, intellettuale e politica della sinistra.

Ecco, chi oggi è tentato di dare il suo consenso al partito di Renzi o a quello di Grillo deve sapere su che storia va a mettere il suo voto. Se quella passata è stata devastante per l'Italia e per il mondo, quella futura potrà essere certo meno sanguinaria ma mai liberale. Renzi - come ha dimostrato osannando, proprio lui ex democristiano, Berlinguer - è ostaggio mani e piedi della tradizione comunista. Grillo è a capo di una setta che vuole riesumare il comunismo berlingueriano e servirlo agli allocchi via internet.

Se tra di voi c'è qualcuno che in anni duri e pericolosi si è rifiutato di votare Berlinguer, non lo faccia oggi. È rinnegare la nostra storia e quella dei nostri padri. Le icone comuniste lasciamole a Grillo e Renzi. E allora, Forza Italia.



Europee, il valzer di poltrone tra Roma e Strasburgo

Europee, il valzer di poltrone tra Roma e Strasburgo



Dopo il 25 maggio tra Strasburgo e Roma comincerà il grande valzer di poltrone. Diversi parlamentari hanno scelto di candidarsi nelle liste per le Europee. Se dovessero farcela a quel punto al loro posto in Parlamento arriverebbero i loro sostituiti. Molti deputati, senatori e amministratori locali avendo ottenuto il pass alle urne per Strasburgo dovranno abbandonare la loro carica con le dimissioni. È il caso, ad esempio, di Alessandra Mussolini, che corre nella circoscrizione Centro sotto le insegne di Forza Italia. Se l'azzurra dovesse farcela e decidesse di lasciare il Senato, a Palazzo Madama approderebbe Domenico Auricchio detto Mimmo, che da ex sindaco di Terzigno. Sempre dalla zona potrebbe arrivare anche un’altra new entry: Anna Maria Carloni , moglie dell’ex governatore campano Antonio Bassolino. Per lei, come racconta l'Espresso sarebbe in realtà un ritorno, visto che nelle due precedenti legislature la Carloni è stata senatrice. Il seggio della ex first lady partenopea è legato all’elezione in Europa del deputato Pd Massimo Paolucci, sostenuto nel collegio Sud da Massimo D’Alema. 

Chi entra e chi esce - Quasi certo è invece lo sbarco alla Camera di un’altra consorte, ancorché meno celebre: Camilla Sgambato, prima dei non eletti nel collegio Campania 2. Dipende se la capolista Pd al Sud Pina Picierno volerà davvero a Strasburgo. Al posto della capolista al Centro, la renziana Simona Bonafè, arriverebbe alla Camera l’ex senatore Paolo Rossi. Non proprio un nome qualunque: il politico varesino è fra i testimoni dell’accusa nel processo per corruzione che vede imputato a Napoli Silvio Berlusconi per la presunta compravendita di senatori. Spera invece nel successo di Nino Germanà (Ncd) l’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca , che in questo modo potrebbe prendere il suo posto nell’Assemblea regionale siciliana. 

sabato 24 maggio 2014

Il falso mito del re del web: la Rete se ne frega di Beppe

Il falso mito del re del web: la Rete se ne frega di Beppe


di Massimiliano Parente



Grillo è un minuscolo punticino nella galassia della Rete. Perché i siti più visitati sono quelli porno. Molto più di Google, Facebook e Twitter. Così, se Youporn facesse un partito politico appellandosi alla Rete, le elezioni le vincerebbe Sasha Grey


Lo decide la Rete, lo pensa la Rete, eleggiamo il presidente della Repubblica in Rete, adesso perfino il Tribunale della Rete, immagino corredato di ghigliottine stampate con le stampanti 3D come le turbine dei Jumbo. È la retorica della volontà collettiva di internet, un'altra bufala di questi anni. D'altra parte la piazza suona vecchia, il concetto di partito troppo corrotto e politico (meglio chiamarlo «movimento»), mentre la Rete è evanescente, ha l'appeal a metà tra lo spettro comunista che si aggira per l'Europa e una religione moderna. 

Mi rendo conto, se Beppe Grillo dicesse «gli iscritti al mio blog» non farebbe la scena che fa evocando la divinità della Rete e proponendosi come suo unico sacerdote e grande domatore, però spiegherebbe perché Stefano Rodotà prese poco più di cinquemila voti (prima di prendersi il solito vaffanculo di rito). Insomma, tutto questo casino e la Rete sono cinquemila persone? 

Dunque, se c'è un astensionismo record alle urne, la Rete, interpretata politicamente, è peggio. O meglio, è tutto e il contrario di tutto. A livello di pensiero individuale è come la rete ferroviaria, la rete telefonica, la rete stradale e la calze a rete, e a nessuno verrebbe in mente di evocare una volontà collettiva di viaggiatori in Eurostar, utenti Tim e Vodafone, automobilisti e acquirenti di lingerie. Tra l'altro, tra gli account Twitter più seguiti, Barack Obama ha «solo» 43 milioni di follower, al primo posto c'è Katy Perry, e al secondo Justin Bieber, che è nato nel 1994 e ha quattro volte i follower del papa. 

Oppure: il video di Beppe Grillo a Porta a porta su Youtube ha totalizzato circa cinquecentomila visualizzazioni, mentre un discorso medio di Grillo (amplificato tra l'altro da telegiornali e giornali) si aggira tra le trentamila e le cinquantamila visualizzazioni. Niente a confronto con le recensioni trash di Yotobi (oltretutto, rispetto ai comizi di Grillo, mica tanto trash, e fanno pure ridere), un ragazzo che posta video su Youtube (si chiama «youtuber») che sfiora tranquillamente il milione di visualizzazioni a botta. Yotobi, che si chiama Karim Musa, per capirci, Grillo se lo mangia in un boccone. 

Eppure, se proprio volessimo cercare una volontà della Rete, un inconscio collettivo, la verità è che la Rete se ne fotte. Letteralmente, perché i siti più visitati, che tirano di più, sono quelli porno. Molto più di Google, Facebook e Twitter. Solo Xvideos registra quasi cinque miliardi di pagine visitate al mese. E ancora ci chiediamo com'è che Marco Pannella portò Cicciolina in Parlamento? Piuttosto immaginate se Youporn facesse un partito politico appellandosi alla Rete, probabilmente le elezioni le vincerebbe Sasha Grey, la quale tra l'altro ha smesso con i film hard, ha scritto un romanzo più bello di tutti quelli candidati allo Strega, e ora è libera, basterebbe offrirle la cittadinanza italiana o fare una legge per renderla candidabile. E io sarei il primo a votarla, perché sono un vero uomo della Rete, mica un grillino.

venerdì 23 maggio 2014

Silvio Berlusconi chiama l'Italia alle urne: "Il voto di domenica è un referendum su Renzi"

Silvio Berlusconi chiama l'Italia alle urne: "Il voto di domenica è un referendum su Renzi"



Ultimi scampoli di campagna elettorale: alle elezioni mancano tre giorni. Tour de force per Silvio Berlusconi, che si divide tra televisione, radio, interviste e comizi, tra cui quello romano al Palazzo dei congressi dell'Eur.Dal Cav ecco l'ultimo appello al voto e contro l'astensionismo: "Gli italiani devono andare a votare perché dall'Europa dipenderà il nostro futuro". Da Roma il leader di Forza Italia attacca Matteo Renzi: "Il voto di domenica è anche un referendum su quello che è il nostro giudizio sul governo non eletto dai cittadini, il governo di Renzi". Pioggia di tasse - Sul premier continua: "Devo manifestare quella delusione che colgo in tutti coloro con cui affronto questo argomento: tutti avevamo sperato che l'avvento al vertice del Pd di un non nato nella storia del comunismo, di quell'ideologia disumana e la più criminale della storia, potesse dar vita a una pacificazione per collaborare per il bene del Paese. Invece - continua Berlusconi - la delusione è stata grande, abbiamo visto che questo governo si è esposto con 12 o 13 impegni, ma quando si è passati dall'impegno alla realizzazione in un solo caso si è passati alla realizzazione". Dunque il Cav ribadisce la sua linea: "Erano nate incertezze sulla nostra posizione nei confronti del governo. Noi siamo all'opposizione, Renzi è un premier di sinistra e guida un governo di sinistra ed è un governo che fa le stesse cose che ha sempre fatto la sinistra. Le prime cose prodotte da questo governo sono state aumenti di tasse sulla casa e aumenti dell'imposta sui risparmi delle famiglie, attraverso una manovra elettorale che se l'avessimo fatta noi avrebbe portato la rivoluzione in Italia: 80 euro a pochi italiani, quelli che questo governo ritiene siano i suoi elettori".

Tasse sulla casa - Berlusconi, dall'Eur, annuncia: "Ci impegniamo per quando saremo, ancora, al governo: nel primo Consiglio dei ministri aboliremo l'Imu". Resta un dubbio: si riferisce alla Tasi (la stangata sulla prima casa) o all'Imu che è restata sulle seconde abitazioni. Il Cavaliere, inoltre, ha promesso mille euro al mese ai pensionati che oggi ne percepiscono di meno e un uguale reddito alle casalinghe. In chiusura del comizio romano, una battuta: "Devo scappare, perché se per le 23 i Carabinieri non mi trovano a casa ad Arcore mi portano a San Vittore". La platea, però, chiede al leader di restare e lo incita con applausi. Così il Cav scherza ancora: "Se prolungate la mia permanenza qui mi mettete a rischio..."

"I vostri risparmi..." - Ai microfoni del Tg4, in precedenza, Berlusconi ha aggiunto: "Il nostro futuro dipenderà in gran parte dall'Europa, dove è necessario esserci. E' necessario votare". Per l'ex premier gli italiani "devono scendere in campo e col voto, da spettatori, devono diventare protagonisti". Dunque il Cav ha spiegato perché Matteo Renzi e Beppe Grillo sono due cavalli sui quali non si deve puntare: "Votare significa affidare il proprio futuro a qualcuno, un po' come le decisioni che si devono prendere quando qualcosa ti costringe ad affidare i tuoi risparmi a qualcuno. A chi li affidereste? A Renzi, che non ha mai lavorato? A Grillo, che non fa nemmeno ridere ma solo paura? O a Berlusconi, che da imprenditore, da uomo di sport, da uomo di Stato ha realizzato tutto ciò che si propone come obiettivo?". 

Moneta unica - Dagli studi di Matrix, il leader di Forza Italia ha inoltre spiegato la sua idea di Europa. Nel mirino del partito c'è il tetto del 3% al rapporto tra deficit e Pil, quindi le politiche monetarie della Bce. Una volta arrivati all'Europarlamento, gli azzurri - ha affermato Berlusconi - per prima cosa dovranno battersi per eliminare il tetto del 3 per cento. "Oggi siamo in recessione - afferma Berlusconi -, bisogna utilizzare la maggior possibilità di deficit per diminuire le tasse". Una battuta, poi, anche sull'uscita dall'euro, un'ipotesi da escludere perché l'abbandono alla moneta unica "può essere pericoloso e negativo". Per restare nell'Eurozona, però - insiste il Cavaliere - è necessario che la Bce diventi una vera banca centrale, come la Fed americana: "Altrimenti - ha sottolineato - non si può uscire dalla crisi". L'ex premier, infine, indica le quattro mosse che l'Eurotower dovrebbe compiere per sconfiggere la recessione: garantire i debiti degli Stati membri, stampare moneta quando occorre, immettere liquidità e infine svalutare l'euro per riportarlo in parità col dollaro, proprio come quando la moneta unica fu introdotta.

giovedì 22 maggio 2014

Hacker contro Ebay: "Cambiate la password"

Hacker contro Ebay: "Cambiate la password"

di Rachele Nenzi



La società denuncia un cyber-attacco e invita tutti gli utenti a cambiare le credenziali d'accesso anche per Paypal


Avete un account eBay? Affrettatevi a cambiare password. La società proprietaria dei due marchi, infatti, ha denunciato di essere stata vittima di un cyber-attacco da parte di hacker che hanno preso di mira un database tra la fine di febbraio e i primi di marzo, riuscendo a entrare in possesso di nomi, numeri di telefono, indirizzi e altri dati personali. Al momento "non ci sono prove" di accesso non autorizzato alle informazioni personali o finanziarie dei clienti PayPal, perché questi dati vengono crittografati e  conservati separatamente. La società chiede comunque ai titolari dei conti PayPal di cambiare la password se è la stessa di quella usata per eBay. 

In ordine temporale, l’attacco a eBay è solo l’ultimo dei successi dei pirati informatici contro i popolari siti di aziende americane. Nei mesi scorsi nel mirino erano infatti finite Yahoo! e Target, oggetto del maxi furto di informazioni personali di 70 milioni di persone e 40 milioni di carte di credito. E arriva a breve distanza dalle accuse mosse dalle autorità americane nei confronti di cinque militari cinesi, accusati di essersi infiltrati illegalmente. "Insieme alle autorità e a esperti in sicurezza, eBay sta indagando attivamente sull’accaduto" afferma il sito di aste online, sottolineando che gli hacker sono entrati in possesso delle informazioni per il log in di un numero ristretto di dipendenti, ottenendo così l’accesso non autorizzato alla rete dell’azienda. Un’affermazione ritenuta ingannevole da alcuni esperti: "Per compromettere una società sono sufficienti le credenziali di un unico dipendente".



Schettino fa campagna elettorale per il sindaco Pd, vuole traghettarlo sull'Isola che non c'è....

Schettino fa campagna elettorale per il sindaco Pd, vuole traghettarlo sull'Isola che non c'è....



Non solo le Europee, in Piemonte e in Abruzzo si vota anche per le Regionali e in molti Comuni per il rinnovo dell'amministrazione. Tra questi vi è Mèta di Sorrento, il paese di Schettino, il comandante della Concordia. E proprio per le elezioni il capitano è tornato a vedersi più spesso in Paese non solo partecipando alle iniziative del candidato sindaco del Pd Giuseppe Tito, ma ha rivolto - come scrive il Fatto Quotidiano - un vero e proprio appello pubblico perché i cittadini lo votino. Sul sito  Politica in Penisola del giornalista Vincenzo Califano si legge l'appello di Schettino: “In Tito non si è mai assottigliato l’entusiasmo di sentirsi utile, lo ricordo sempre presente, dove la sola gratificazione è stata l’elemento trainante della sua irrefrenabile attività del sapersi mettere a disposizione degli altri. Un giovane al servizio della comunità, e non il contrario, un concetto pratico da lui sempre applicato con entusiasmo”. Secondo molti la presa di posizione di Schettino, è una forma di ringraziamento perché il paese intero e in prima linea Tito lo hanno difeso.  “Colgo l’occasione per esprimere a tutti i Metesi indistintamente la mia sincera gratitudine per l’affetto dimostratomi in questi due anni, allo stesso modo non posso esimermi dal sottolineare le doti umane, che ho avuto modo di riscontrare personalmente in Giuseppe Tito, integrità morale e la sensibilità che lo contraddistingue assieme all’inte ra famiglia”.

Non solo Schettino -  Ma non c'è solo Schettino tra "gli impresentabili" che il Pd ha imbarcato a Meta. Ai comizi di Tito - come scrive il Fatto - sono arrivati anche Umberto Del Basso De Caro, ex socialista craxiano oggi sottosegretario alle Infrastrutture del governo Renzi. Sospettato di essere tra i mandanti del presunto complotto contro Nunzia De Girolamo per la vicenda Asl di Benevento, Del Basso De Caro è indagato per la rimborsopoli della Regione Campania con l'accusa di peculato. L'altro è il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio.  

Larghe intese Renzi-Silvio: l'analisi di Belpietro

Larghe intese Renzi-Silvio: l'analisi di Belpietro

di Maurizio Belpietro



Passate le elezioni europee, Matteo Renzi toccherà il traguardo dei suoi primi cento giorni a Palazzo Chigi. Cento giorni sono pochi per giudicare un governo, ciò nonostante si sostiene che i tre mesi iniziali sono per qualsiasi esecutivo una specie di luna di miele con il proprio elettorato. Nelle prime settimane infatti l’attesa e la fiducia sono al massimo e i ministri si danno un gran da fare per non deludere le attese. Le idee migliori vengono messe sul tavolo al momento della partenza, dopo spesso subentra la routine. Dunque, anche se manca ancora una decina di giorni, è forse il momento di cominciare a ragionare su ciò che Renzi ha fatto, per capire ciò che farà, ma soprattutto per comprendere il suo e il nostro destino.

Ieri, sotto il titolo «Non si cresce di sole promesse» Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno scritto sulla prima pagina del Corriere della Sera un editoriale senza sconti, in cui si ricorda che allo stato attuale i risultati dell’azione di governo sono piuttosto scarsi. Se si escludono gli 80 euro a dieci milioni di italiani, cioè un terzo dei lavoratori  in attività, provvedimento dal quale per altro sono esclusi pensionati e partite Iva, beh davvero si può dire che di cose fatte ce ne sono davvero poche. Sì, è stata varata l’abolizione delle Province, ma lasciando praticamente intatto il grosso dei costi degli enti soppressi. E poi è stato votato il decreto lavoro, misura che, oltre ad essere stata depotenziata dalle modifiche volute dai sindacati, è molto lontana dal progetto di piano del lavoro annunciato.

Altro non c’è o se c’è è sulla carta. La riforma elettorale è abbozzata, ma non è legge e forse non lo sarà mai. Lo stesso si può dire delle modifiche costituzionali che dovevano portare all’abolizione del Senato: il disegno di legge esiste, ma dovrà passare tra le forche caudine dello stesso Senato e non è detto che riesca a superarle. Nessuna traccia neppure del piano contro la burocrazia: annunciato da Renzi ha fatto la stessa fine di altre cose, compresi il pacchetto di interventi a favore della scuola e la spending review. Nelle prime settimane a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio è stato abilissimo nel rilanciare la fiducia del Paese e quella degli italiani nei confronti dell’esecutivo. Molte le operazioni d’immagine, come ad esempio la vendita su eBay delle auto blu o la polemica con i manager pubblici sugli stipendi. Ma poi dalle parole non si è passati ai fatti: poche le vetture di servizio passate di mano, invariati gli stipendi dei dirigenti delle grandi aziende (in compenso i manager sostituiti hanno preteso 23 milioni di buonuscita).

Insomma, ad una partenza ad alta velocità del programma di governo non è seguito un arrivo altrettanto veloce delle leggi promesse. Sarà per questo che i sondaggi (che non possono essere pubblicati) segnalano per la prima volta in tre mesi un arresto della corsa di Matteo Renzi? Oppure sarà che alle dichiarazioni ottimistiche del premier non sono corrisposti fatti così significativi da cambiare la percezione delle famiglie a proposito delle proprie prospettive economiche? Forse i dati del Pil, della disoccupazione e del debito pubblico, uniti allo spread che è tornato a salire, hanno spento gli entusiasmi? Forse. E allora converrà ragionare di quanto potrebbe accadere in futuro, anche sulla scorta dei risultati che potrebbero uscire dalle urne domenica prossima. Se infatti il Pd di Renzi dovesse assestarsi intorno al 30 per cento ma tallonato a poca distanza dal Movimento Cinque Stelle di Grillo, per il governo sarebbero guai seri. Si è a lungo scritto in questi giorni di cosa potrebbe accadere qualora Forza Italia non superasse il 20 per cento.

La maggior parte degli osservatori è convinta che Berlusconi getterebbe tutto all’aria, stracciando il patto del Nazareno stipulato con Renzi. In realtà le cose non stanno così, perché anche con il 18 per cento se si alleasse con Ncd, Fratelli d’Italia e Lega, Forza Italia e soci potrebbero comunque rimanere della partita, cioè arrivare al ballottaggio previsto dall’Italicum. Il problema semmai è con chi il centrodestra nel suo complesso si confronterebbe. Se infatti il Pd dovesse assestarsi intorno al 30 per cento e il M5S dovesse stare a un passo dal partito di Renzi, la sfida alle prossime politiche sarebbe tra loro. Non potendo allearsi facilmente con altri, sia il Pd che i Cinque stelle lotterebbero per il ballottaggio con il centrodestra e uno solo alla fine ce la farebbe. Uno scenario da incubo? Per ora è solo ipotetico ma non improbabile e lascia aperta una possibilità. Se il Pd non dovesse andare così bene come si dice, se cioè la corsa di Renzi dopo soli tre mesi cominciasse a mostrare segni di stanchezza, a voler far saltare il banco delle riforme potrebbe essere lo stesso premier. Al quale, fra un anno o due, non converrebbe andare a votare con l’Italicum, cioè una volta logorato dai risultati economici, ma molto prima e con il Consultellum. Un proporzionale puro assicurerebbe al Pd una rappresentanza del 30 per cento e al centrodestra potrebbe portare qualche cosa in più. In tal caso non ci sarebbe un partito con la maggioranza assoluta in Parlamento, come sogna Renzi, ma si riaprirebbe la possibilità di un governo Pd-Forza Italia, cioè una riedizione delle larghe intese. Fantasie? Vedremo. Ma mai dire mai.