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martedì 22 aprile 2014

Le banche rottamano gli sportelli, verso il taglio di 1.500 filiali

Le banche rottamano gli sportelli, verso il taglio di 1.500 filiali



Cambia tutto. Comincia la rivoluzione delle banche. Gli istituti dicono addio agli sportelli e puntano tutto sull'home banking, ovvero le operazioni a portata di click. La rottamazione è iniziata già da qualche anno sotto la spinta della crisi: dopo i circa 800 sportelli persi dal 2007, nei prossimi anni è prevista la chiusura di altri 1.500, considerando solo i grandi istituti. La chiusura degli sportelli per il momento ha riguardato di più gli istituti che hanno le agenzie nei centri urbani, mentre resistono le agenzie delle banche di credito cooperativo o popolari presenti soprattutto nei piccoli centri rurali. Da qui al 2017 così Intesa Sanpaolo prevede di passare da 4100 a 3300 sportelli (erano 6100 nel 2007), Unicredit di ridurre 500 sportelli da qui al 2018 sulle attuali 4100 e Mps 200 degli attuali 2300. Mantengono invece le tedesche come il colosso Deutsche Bank. La crisi economica, il crollo del mercato immobiliare e l’introduzione delle nuove tecnologie hanno reso gli sportelli superflui lasciando spazio a quelli online.

Addio agli sportelli - Dando uno sguardo ai piani industriali delle grandi (Unicredit, Intesa, Mps), insomma, le filiali faranno sempre meno cassa e sempre più consulenza, che resta indispensabile per siglare un mutuo o stipulare un finanziamento per un’impresa. "I clienti per le operazioni giornaliere come bonifici, estratto conto o pagamento bollette non sono più disposti a fare file e operano da casa o dall’ufficio con pc e smartphone o anche dall’Atm ma per accendere un mutuo o realizzare operazioni complesse o percepite tali vogliono ancora parlare con qualcuno", spiega un banchiere. Insomma la rottamazione è cominciata e nel corso dei prossimi anni gli sportelli sono destinati a scomparire del tutto. 

Tutte le tasse nascoste che ci impone Renzi

Tutte le tasse nascoste che ci impone Renzi

di Chiara Sarra


Se non arrivano i soldi dalla spending review, il governo dovrà tagliare fondi a enti locali e aumentare accise. E pure per le imprese...



Siamo alle solite: il governo fa finta di dare da una parte e toglie dall'altra. Così, perché alcuni abbiano 80 euro al mese in busta paga, a tutti vengono aumentate le tasse per 4 miliardi. Secondo quanto racconta Libero, infatti, lo ha ammesso anche Pier Carlo Padoan in un'intervista al Corriere della Sera. Se i 4,5 miliardi attesi dalla spending review non dovessero arrivare "ci sono clausole di salvaguardia misura per misura, altrimenti il provvedimento non potrebbe ricevere il visto della Ragioneria generale. Clausole che prevedono, secondo i casi, utilizzo di risorse accantonate per altri fini, tagli lineari, aumenti di imposta". Detto in parole povere, a pagare saranno - al solito - Regioni e Comuni, che si vedranno ridurre il budget per scuola e sanità, ma anche - probabilmente - i consumatori che potrebbero assistere a ulteriori aumenti di iva e accise su tabacchi e carburanti. 

Non solo. Salvo modifiche dell'ultim'ora, anche le imprese saranno beffate: se da una parte Palazzo Chigi promette la riduzione dell'Irap, dall'altra taglia alcune agevolazioni fiscali, come la limitazione dell'esenzione Imu per le aziende agricole, l'eliminazione del regime di esonero per le cosiddette imprese marginali e la riduzione degli sgravi per le imprese agricole che utilizzano energia da fonti rinnovabili. Oltre a ben 600 milioni derivanti dall'eliminazione della rateizzazione di una imposta sostitutiva introdotta dal governo Letta e che doveva essere pagata in tre anni. Risultato? Complessivamente nelle tasche degli imprenditori arrivano 700 milioni di euro, ma ne esce un miliardo. Insomma, alla fine le aziende perderanno comunque 300 milioni di euro.

Tutto ciò va ad aggiungersi, ovviamente, all'aumento delle aliquote per le rendite fiscali, che passano dal 20% al 26%. Norma che potrebbe essere persino retroattiva, se non ci si avvale del cosiddetto "affrancamento" entro il 30 settembre e solo per le plusvalenze maturate entro il 30 giugno.

Malore per Pannella: è stato operato al cuore

Malore per Pannella: è stato operato al cuore

di Luca Romano

Il leader dei Radicali ricoverato in terapia intensiva al Gemelli di Roma


Malore per Marco Pannella che si è sentito male ieri sera e questa mattina è stato operato al cuore. Il leader dei Radicali, ricoverato ora al Policlinico Gemelli, ha subìto un intervento di riparazione di endoprotesi vascolare aortica.

"Marco sarà degente per qualche ora in terapia intensiva", scrive la radicale Rita Bernardini nel suo profilo Facebook. L’ospedale dovrebbe emettere nel corso della mattina un bollettino medico sulle sue condizioni di salute. 



L'Avvocato Risponde

L'Avvocato Risponde

Spazio Settimanale dedicato all'Avvocato Risponde


La parola all'Avvocato Mario Setola
del Foro di Napoli 

Egregio avvocato, mi chiamo Pino e scrivo da Cardito. In un negozio mi sono fatto fare un buono di acquisto da regalare. Il negozio ha emesso il buono con regolare scontrino fiscale, indicando una scadenza a tre mesi dalla data di emissione. L’amico a cui l’ho regalato, si è recato al negozio con una decina di giorni di ritardo rispetto alla scadenza del buono e ovviamente il negozio ha rifiutato il buono. Considerando che ho eseguito un pagamento per cui non ho usufruito ne di beni ne di servizi, non ho il diritto al rimborso anche parziale dell'importo pagato ?

Gentile Pino, il buono acquisto è semplicemente un mezzo di pagamento equipollente al denaro. Il buono acquisto non è un “bene” nel senso più classico del termine, ma un sistema di pagamento, in base ad un accordo tra il cliente ed il negoziante. Non a caso, nella tua mail, non hai usato il termine acquistare il “buono acquisto”, ma “mi sono fatto fare un buono acquisto” , immagino che consapevolmente, tu ti sia reso conto che un buono acquisto non si potrebbe acquistare. Il buono acquisto è un accordo con il negoziante, con cui il cliente in concreto afferma: “ti anticipo 300 euro per conto di colui che si presenterà nei prossimi tre mesi con il buono acquisto”. Potremmo paragonare il buono acquisto ad un titolo al portatore equipollente al denaro. Magari sui libri di diritto privato non troveremo un paragrafo dedicato ai buoni acquisto, ma il loro funzionamento è identico ai titoli al portatore utilizzabili come strumenti di pagamento. Facciamo un altro esempio: i buoni pasto consegnati dal datore di lavoro hanno anch'essi una scadenza, in genere aprile dell'anno successivo alla loro emissione. Se non li dovessi consumare entro aprile ? Il negoziante non li accetterebbe più in pagamento, ma il datore di lavoro li sostituirebbe con altri buoni pasto aggiornati! Cosa c'entra con la nostra storia: i buoni acquisto, i buoni pasto sono strumenti di pagamento come il denaro ed esattamente come la moneta, non possono scadere nel vero senso della parola. Il tuo buono acquisto aveva una scadenza di tre mesi, perché dopo i tre mesi sarebbero iniziati i saldi ed il buono acquisto avrebbe aumentato il suo valore reale (se a Natale con quel buono acquisto avresti acquistato un cappotto, a metà gennaio, un cappotto ed un pantalone !). La scadenza trimestrale del buono acquisto affonda le sue ragioni in queste circostanza. Il negoziante vuole evitare che il buono acquisto sia speso durante il periodo dei saldi, quando i prezzi si abbassano ed il valore reale della moneta sale. Tanto premesso, è semplicemente da pazzi sostenere che il buono acquisto non utilizzato non possa essere rimborsato. Il buono è moneta e se non utilizzato nei termini, deve ritornare nella forma liquida di denaro - salvo che sul buono acquisto non sia scritto espressamente “se non utilizzato entro tre mesi non dà diritto al rimborso”. Del resto le nostre conclusioni sono in sintonia con l'articolo 1463 del codice civile che prevede quanto segue, per quanto riguarda i contratti a prestazioni corrispettive: se una parte non può usufruire della prestazione per impossibilità sopravvenuta, la controparte deve restituire la prestazione già ricevuta, secondo le norme sull'indebito..

Avv. Mario Setola Per contatti: 3382011387
Studio C.so Cesare Battisti n. 145 – Cardito (NA)
E_mail: avvocato.mariosetola@libero.it

Colpa medica, malasanità ed accuse di speculazione: aspro conflitto tra Medici e Avvocati, mentre i pazienti continuano a morire

Colpa medica, malasanità ed accuse di speculazione: aspro conflitto tra Medici e Avvocati, mentre i pazienti continuano a morire

di Mario Setola




Tornano in questi giorni, purtroppo, nelle cronache giornalistiche e giudiziarie, casi di presunta malasanità, che hanno causato la morte di altri pazienti. Ciò riporta al recentissimo scontro tra Medici e Avvocati che, dalle aule di Tribunale, si è trasferito sui mezzi di informazione, dopo il famosissimo spot pubblicitario degli “avvocati-avvoltoi”. Sull’argomento è intervenuto l’Avvocato Armando Rossi, consigliere dll’ordine degli avvocati di Napoli. “In realtà dice  - bisogna partire da un dato di fatto.  Le morti per malasanità per errori commessi dai medici o causati dalla cattiva organizzazione dei servizi sanitari parlano chiaro: gli ultimi dati ufficiali resi pubblici, relativi al contenzioso sulla responsabilità medica, sono quelli della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori e i disavanzi in campo sanitario, secondo i quali sono 400 i pazienti morti da aprile 2009 a dicembre 2012 per presunti casi di malasanità, per un totale di 570 casi segnalati, ai quali sono seguiti circa 500 procedimenti giudiziari. La colpa medica è da sempre al centro di un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, foriero di importanti pronunce, che hanno cambiato la storia del diritto in Italia.

Punto di partenza è la celebre Sentenza Franzese, in tema di reato colposo omissivo improprio, antesignana di quella rivoluzione copernicana del diritto, volto all’accertamento delle responsabilità in campo sanitario. La Cassazione penale, a Sezioni Unite, decretò la necessità di ravvisare il nesso causale, alla stregua di un giudizio controfattuale condotto sulla base di una regola di esperienza o di una legge scientifica o statistica, con la necessità di dimostrare che se il medico avesse seguito il protocollo sanitario, indicato per la specifica malattia, l'evento nefasto non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato successivamente o con minore intensità lesiva.

Veniva poi stabilito l’impossibilità di una deduzione automatica del coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica dovendo, l’Organo giudicante, sempre rapportarsi al caso concreto, per giungere alla cosiddetta “verità processuale”, senza l'interferenza di fattori alternativi e dimostrando che la negligenza del medico è stata “condizione necessaria dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale' o probabilità logica”. L’importante pronuncia della Cassazione ha, quindi, aperto la strada a numerosi procedimenti contro gli operatori sanitari, con una battaglia che si combatte a suon di accuse reciproche e colpi bassi. E’ essenziale, però, differenziare le azioni volte all’accertamento delle responsabilità penali, da quelle volte al ristoro economico, in sede civile. Infatti, in sede penale si deve dimostrare 'al di la di ogni ragionevole dubbio' la colpa del medico, mentre in sede civile, l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è dipeso da fattori non prevedibili, grava sul medico. Pertanto, in ambito penalistico, si registra una tendenza all’archiviazione o all’assoluzione del camice bianco accusato di negligenza professionale, in 9 casi su dieci, stante la maggiore difficoltà di dimostrare i profili di responsabilità. Ed a tale dato fa da contraltare quanto emerso nelle aule di giustizia civile, dove oltre il 70% delle azioni intentate, vede il riconoscimento del  risarcimento in favore del paziente.

Recentemente, tuttavia, si è registrato l’innalzamento dello scontro tra gli Avvocati e Medici relativamente all’uso o, secondo alcuni, l’abuso dello strumento pubblicitario. Gli Avvocati sono stati accusati di sciacallaggio, di speculare sulla morte e sul dolore, ma soprattutto di cercare il guadagno facile, contro ogni regola deontologica, con pubblicità nelle quali si offrono servizi di consulenze alle vittime della malasanità.
Innanzi a tale offensiva mediatica, tuttavia, i Medici hanno risposto con un contrattacco mediaticamente dirompente, con una campagna pubblicitaria dai toni molto provocatori, nella quale vengono utilizzati gli avvolti per rappresentare i Legali. 

Suddetta azione ha suscitato lo sdegno dell’intera categoria che, attraverso il Consiglio Nazionale Forense, ha denunciato l’opera diffamatoria perpetrata, non solo nei confronti dell’Avvocatura e lesiva dell’onorabilità professionale, ma che mira a colpire la tutela del diritto, costituzionalmente riconosciuto, del cittadino alla salute. 

In definitiva, i Medici dipingono impropriamente gli Avvocati come avvoltoi, ma omettono di considerare che non sono gli avvoltoi che provocano la morte della preda, che viene causata da responsabilità organizzative e politiche nel mondo della Sanità, oltre che dalla negligenza e la scarsa  preparazione professionale di alcuni medici e, sicuramente, non dell’intera categoria. Elemento questo su cui sarebbe opportuno riflettere”.

Dai costruttori ai ciellini così il partito di Angelino ha accumulato un tesoretto

Dai costruttori ai ciellini così il partito di Angelino ha accumulato un tesoretto

di Paolo Bracalini 

Le poltrone ottenute nel governo sono servite ad attirare altri sponsor


«L'ultima convention di Ncd a Roma - racconta un deputato esperto di bilanci di partito - sarà costata non meno di 100mila euro, tra affitto, palco, fonìa, sicurezza eccetera. Vuol dire che un po' di soldi ce li hanno da parte...». Partiti come figli poveri e negletti rispetto a Forza Italia, senza rimborsi elettorali perché appena nati, e senza un Berlusconi alle spalle, il Ncd di Alfano in pochi mesi si è fatto la sua cassa. Una bella fetta delle finanze di Ncd viene dall'autofinanziamento interno, come - più o meno - in tutti i partiti. Da una parte ci sono gli eletti, che avendo una indennità ne versano una quota al partito. Per Ncd i fondatori, come l'ex ministro Gaetano Quagliariello, hanno versato uno quota di 5mila euro, come risulta dalle dichiarazioni alla Camera dei deputati. Poi ci sono le quote di chi viene ricandidato, come gli eurodeputati, che contribuiscono personalmente alla propria campagna elettorale e quindi alle finanze del partito. E poi c'è il tesseramento, che con 12mila circoli e 120mila iscritti (numeri dati durante l'Assemblea costituente di aprile) hanno portato nelle casse di Ncd 1.080.000 euro.

Cifre utili per partire con qualche convention, ma non per finanziare un partito nazionale. Servono sponsor privati, imprenditori che staccano l'assegno, finanziatori veri, col portafoglio gonfio. E qui, per diventare interessanti agli occhi dei privati, è consigliato ricoprire poltrone strategiche, specie per chi fa business. E quella di ministro delle Infrastrutture e Trasporti, riconfermata da Renzi a Maurizio Lupi, dopo grande pressing di Ncd, conta molto in quel campo. E da quel mondo lì, i costruttori, arrivano finanziamenti a Ncd. Ad Angelino Alfano in persona, nel 2013, sono stati versati 8.400 euro dalla Management Engineering Consulting spa Torino (ramo Grandi Infrastrutture). Tutto in casa, perché la Mec Spa è la holding della famiglia di Vito Bonsignore, che è europarlamentare (ricandidato) proprio di Ncd. La società di Bonsignore ha finanziato con 20 mila euro anche il sottosegretario all'Agricoltura Giuseppe Castiglione, deputato di Ncd, e altri 20mila euro a Fabrizio Cicchitto, anche lui Ncd. Altri finanziamenti arrivano dal mondo vicino al ramo imprenditoriale di Cl (da cui proviene Lupi), la Compagnia delle opere, di cui è stato presidente Raffaello Vignali, deputato di Ncd. E non dev'essere un caso che Alfano abbia scelto, come tesoriere del partito, proprio Vignali.

Come finanziamenti personali, Lupi nel 2013 ha beneficiato di 47mila euro, arrivati da Ingegneria spm (10mila euro), società milanese che si occupa di infrastrutture stradali, altri 10mila da Russott finance che si occupa di edilizia, 5mila euro dal tour operator Eden viaggi di Pesaro, e 2mila da Claudio Del Bianco, direttore Relazioni esterne della Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi. Se il motore di raccolta finanziaria per Ncd è la Lombardia di Lupi e Vignali e delle relazioni con Cl e Compagnia delle opere (migliaia di imprese associate), un altro terminale è la fondazione Magna Charta di Gaetano Quagliariello, coordinatore di Ncd. Alcune delle imprese che sostengono economicamente la fondazione - si legge nell'ultima brochure di Magna Charta - sono la società di costruzioni generali e ferroviarie Salcef Spa, il gruppo petrolifero Erg Spa, la finanziaria torinese IP - Investimenti e partecipazioni Srl, la Securfin Holding dei Moratti, Residenza Verde Srl (ramo immobiliare-edilizia-costruzioni), e poi altre aziende (tra cui anche Mediaset). Imprese che possono tornare utili per Ncd, come altri settori da cui potrebbero arrivare appoggi. Come la Coldiretti (vicina all'ex ministro dell'Agricoltura Nunzia De Girolamo), e le aziende chimiche (non guasta che la moglie del capogrupppo Sacconi sia direttore generale di Farmindustria). 

Un grande movimento politico, poi, ha bisogno anche di un organo di informazione di riferimento. Per il momento c'è L'Occidentale, che si presenta come «Giornale on line del Nuovo centrodestra». Ma Ncd ha buttato gli occhi su Libero, quotidiano di proprietà della famiglia Angelucci. La richiesta però - a quanto si sussurra, di 100 milioni di euro - è assolutamente al di fuori della portata di Ncd e degli imprenditori vicini al partito di Alfano. Almeno per il momento.

Sbarchi: l'Italia implora, l'Europa se ne frega

Sbarchi: l'Italia implora, l'Europa se ne frega


Bruxelles ci vieta i respingimenti. Ma c'è chi non ci sta: sostieni il reportage L'Europa ribelle


I migranti arrivati dalla Libia l'Italia se li deve tenere. E tacere. Londra e Berlino possono invece studiare nuove leggi che permetteranno l'espulsione forzata dei cittadini europei rimasti senza lavoro per più di tre mesi. Leggi inflessibili che consentiranno ai "bobbies" londinesi di rispedire a casa un italiano rimasto per più di dodici settimane nel Regno Unito. E ai poliziotti italiani di far lo stesso con un disoccupato tedesco in viaggio per l'Italia da più di un trimestre. Rispedire al mittente gli immigrati extracomunitari resterà invece un inaffrontabile tabù.

La paradossale prospettiva è un'altra conseguenza delle schizofrenie europee e dal ruolo irrilevante giocato a Bruxelles dai governi italiani. Per capirlo basta leggersi l'articolo del quotidiano britannico Daily Mail dello scorso 28 marzo in cui si saluta l'intesa raggiunta da Angela Merkel e David Cameron per introdurre una nuova legislazione europea checonsenta l'espulsione, come si legge nel titolo, degli "immigranti europei disoccupati". Dietro l'intesa sollecitata da Cameron si nascondono le preoccupazioni politiche di un premier alle prese con la rabbia dei disoccupati britannici licenziati per far posto ai lavoratori a basso costo in arrivo dalle frontiere orientali dell'Unione Europea. L'intesa, pretesa da Cameron per evitare una devastante emorragia di voti alle prossime elezioni europee e gentilmente concessa da una Merkel preoccupata da un addio inglese a Bruxelles, si estenderà naturalmente a tutti i paesi dell'Unione. "Cameron lavorerà ad un piano per deportare gli immigranti illegali che non riescono a trovare un lavoro. Ma i piani tedeschi - spiega il Daily Mail - andranno oltre dando agli stati membri il diritto di buttare fuori chi non lavora. Le proposte sono la prova - ha detto Cameron - di come i principali leader europei si stiano rendendo conto della necessità d'imporre maggiori restrizioni alla libertà di movimento in Europa".

Le proposte, in palese contraddizione con le politiche assai meno severe adottate per frenare l'immigrazione illegale extra europea, sono l'ennesima dimostrazione dell'indifferenza dei nostri partner europei sordi anche alle recenti implorazioni dei ministri del governo Renzi. L'ultima è quella del ministro della difesa Roberta Pinotti che ricorda come sia sbagliato lasciare solo all’Italia l’alto costo del flusso in crescita di clandestini. "Se è un problema europeo - dichiara il ministro - non si può pensare che sia solo l’Italia a farsene carico nel Mediterraneo. Mare Nostrum dà soccorso e sicurezza, l’Europa non scarichi i costi solo sull’Italia. Frontex stanzia complessivamente 7 milioni e noi, solo in un mese, ne spendiamo 9 per Mare Nostrum". Una settimana prima il ministro dell'interno Angelino Alfano aveva ricordato alla Commissione Schengen come gli oltre 20mila migranti approdati in Italia dall'inizio dell'anno, a fronte dei 2500 dello stesso periodo di un anno fa, rappresentino un'emergenza senza precedenti, paragonabile a quella del 2011 quando primavere arabe e conflitto libico spinsero in Italia 62mila clandestini. Dopo aver snocciolato queste cifre e aver ricordato i 300mila euro al giorno (9 milioni di euro al mese) spesi dall'Italia per tener in piedi l'operazione Mare Nostrum il ministro aveva sollecitato un "indispensabile ulteriore concorso dell'Europa".

Per valutare l'attenzione e l'interesse riservati dagli "amici" europei ad Alfano è bastato attendere il 17 aprile quando l'Europarlamento ha votato la nuova legge che vieterà ai paesi membri qualsiasi operazione di respingimento in alto mare dei clandestini. Grazie a quella legge nessuna guardia costiera europea potrà rimandare indietro le barche usate dai trafficanti di uomini, ma potrà soltanto "avvertire il natante e ordinargli di non entrare nelle acque territoriali di uno Stato membro". Un voto scontato se si pensa alle critiche europee ad una politica dei respingimenti incapace di distinguere tra clandestini e migranti con diritto d'asilo. Un voto paradossale se si pensa a come nella stessa seduta, svoltasi 48 ore dopo l'appello di Alfano, il Parlamento europeo abbia tranquillamente ignorato quanto sta avvenendo sulle nostre coste. Del resto come dargli torto. Quando si trattò di varare l'operazione "Mare Nostrum" il governo Letta si guardò bene dal discutere con gli alleati europei un'equa ripartizione dei 19mila esseri umani salvati, ad oggi, dalle nostre navi. E così ora l'Europa non si fa problemi a lasciarci sia l'onere del salvataggio che quello del mantenimento. Tanto noi, a differenza di Cameron e degli inglesi, dall'Europa non ci muoviamo.