Intervista al Prof. Marco Plutino
di Gaetano Daniele
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Prof. Dott. Marco Plutino Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino |
Professore l’altro ieri si è votato. Abbiamo letto tante analisi. Manca la nostra.
Va bene, non voglio sottrarmi a questo rito.
Chi ha vinto e chi ha perso.
Le analisi ovviamente convergono su alcuni dati innegabili. E’ andata decisamente male ai Cinque Stelle, benino a Pd e al centro-destra se unito. Ma il diavolo, come sempre, sta nei particolari.
Cioè?
Cioè bisogna scendere più a fondo. Questo è solo il pelo dell’acqua.
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Facciamolo.
Allora si potrebbe iniziare dicendo che la strategia dei partiti di consentire la moltiplicazione delle liste civiche può portare alla vittoria ma ha un prezzo molto alto. Non mi riferisco al fatto che a conti fatti il primo partito è il Pd con il 16% dei voti nazionali. No, chiaro che è un dato sottostimato. E neanche parlo delle difficoltà di sindaci sostenuti da dieci e più partiti in consiglio. Nel modello locale questo elemento ha un peso molto relativo. Mi riferisco alle conseguenze sistemiche per tutto il paese. Il livello locale è ormai quasi completamente autonomo dal livello nazionale. Un’Italia neo-feudale.
Infatti i leader hanno girato pochino.
Diciamo pure niente. Un po’ per la pausa di personalizzare le elezioni, che è rimasta dopo il referendum del 4 dicembre, un po’ perchè oggettivamente la presenza dei leader non rappresenta un valore aggiunto, se non forse per Lega e Movimento Cinque Stelle.
Si è parlato di buona salute del Pd, salvo alcune realtà, e del centro-destra.
Ho letto analisi che non condivido appieno. La salute del centro-destra sarebbe in una coalizione ammucchiata con la Lega. Alle amministrative può andare, a livello nazionale molto meno, almeno come credibile prospettiva di governo. Invece il centro-destra al Sud non va bene. Sarà anche una riprova che la Lega è importante ma alle elezioni politiche senza Sud non si va da nessuna parte. E comunque non è solo il fattore Lega ma anche una questione interna al centro-destra. In Campania il centro-destra praticamente non esiste più, salvo qualche roccaforte. Erano tutti duelli tra sindaci di sinistra-sinistra, centro-sinsitra, sinistra, trasfughi e così via. Sono venuti meno i notabili cui Berlusconi lasciava mano libera (i Cosentino, i Nespoli, ora Cesaro e così via). Chi è rimasto è passato dall’altra parte, così come i trasfughi del Pd sono rimasti a sfidare il Pd. E’ tutta una cosa Pd contro tutti o tutti alleati del Pd. Naturalmente questo spesso sfigura anche le espressioni locali del Pd o comunque le formule di governo. Ma questo dipende da due fattori: la curiosa teorizzazione del partito “a porte aperte”, cioè il partito-taxi, e il modello del sindaco basato su elezione diretta e premio, dove l’esigenza suprema della vittoria al primo turno incentiva ammucchiate: una forma di reazione preventiva al rischio del cappotto al secondo turno ad opera delle ammucchiate contrapposte. Alla fine resta solo il sindaco, e poi è tutto un blob. Anche per questo le riconferme non sono più tanto scontate come nei primi anni.
I Cinque Stelle però non sembrano in grado di inserirsi in questi giochi per vincere.
Anche perché rifuggono dalle ammucchiate e quindi la dimensione locale non è per loro, non solo - come si dice - per lo scarso radicamento ma per l’assenza di una politica di alleanze. Quindi la variabile è una sola: se l’amministrazione funziona viene confermata, altrimenti il sindaco uscente non stravince ma arranca e lì possono vincere anche i Cinque Stelle, con una ammucchiata anti-Pd, se riescono a imporsi come seconda forza al primo turno. Perciò sindaci pur bravissimi, come Figliolia a Pozzuoli, non hanno voluto rischiare con quella che si chiama in politologia la coalizione minima necessaria. Necessaria e sufficiente per vincere. Rischio troppo alto, anche alla luce dell’incognita rappresentata dal voto di opinione M5S. Poi, alla luce dei fatti, quel sindaco ha stravinto e possiamo dire che la coalizione fosse troppo ampia. Ma nessuno vuole sperimentare l’effetto Fassino.
Effetto Fassino?
Effetto Fassino. Governi benino ma te ne vai a casa, come accadde al povero Fassino. Capitò nella tempesta perfetta ma, ripeto, fu un ballottaggio e al primo turno fece l’errore di andare con poche liste (quattro in tutto) non riuscendo a chiudere la partita. E’ vero che lo tsunami del Movimento Cinque Stelle è passato, ma M5S resta forte. Inoltre è un movimento anti-politico che prende di mira soprattutto i fallimenti della politica nazionale, quella che si occupa di globalizzazione, europa, migranti, pensioni, lavoro. I sindaci fanno un altro mestiere e la gente lo sa.
Mi ha incuriosito che lei diceva che prenderanno molti voti alle politiche. Lo dice sulla base di questa analisi generale?
Ho qualche elemento in più, di prima mano. Non mi pare se ne sia parlato a livello nazionale. Leggere bene i dati va bene. Seguire uno spoglio però è un’attività a cui ogni politologo non dovrebbe mancare. Sinceramente non so se l’analisi dei flussi possa arrivare a tanto, ma vedere le schede una ad una fa emergere dato che l’analisi dei flussi può non essere in grado di rilevare. L’analisi dei flussi parla di aggragati con dati fermi, le schede hanno - diciamo - una loro vita individuale, ed io ho visto che perfino dove la gente è soddisfattissima dell’amministrazione comunale c’è una voglia notevole di votare Cinque Stelle.
Da cosa si desumerebbe?
Le faccio un esempio di prima mano. Il sindaco della mia città, una città media, quindi non semplicissima da governare è in pratica il sindaco più votato d’Italia. Un sindaco rieletto (andrebbe fatta questa distinzione, perché essere rieletti non è più tanto semplice), quindi giudicato su quello che ha fatto. Ha superato il 70%. Dove c’è buongoverno non vince l’antipolitica. Ok?
Giusto. Quindi?
E quindi il Movimento Cinque Stelle, praticamente inesistente sul territorio, ha preso due consiglieri comunali (dei quattro dell’opposizione) e quasi il 10%. Non è una cosa difficle da spiegare? Capisco una percentuale fisiologica attorno al 3% o massimo al 5%, ma il di più è esattamente l’ombra nazionale che investe la dimensione locale. E da quel che vedo, non a caso, si registra al Sud molto più che al Nord, dove le percentuali del M5S sono effettivamente più basse sia per il minore malcontento sia per la maggiore forza del centro-destra. Non vorrei esagerare, ma mi sfuggono le ragioni per votare i Cinque Stelle nel comune dove risiedo, se non per un rispettabile sentimento di partito. Ma non a caso hanno preso poche preferenze individuali quindi sarebbe pur sempre voto di opinione, un’opinione che è sempre più intesa come sostregno attivo e appartenenza. Una gran quantità di elettori ha voluto dare uno dei due voti a loro. O solo al Presidente, il classico voto disgiunto a loro favore, se prevaleva nel cittadino la dimensione personalistica del voto al consigliere. O alla sola lista, e qui balza l’assenza frequente di indicazioni di preferenze, se - come appariva ragionevole dopo cinque anni di buona amministrazione - si voleva esprimere un voto al bravo sindaco uscente. Ad esempio il loro candidato sindaco ha preso, se non ricordo male, 600 voti più della lista: un quarto di voti in più, proprio dove era meno sensato votare un sindaco loro. Ciò vuol dire solo che in un comune in cui le indicazione di preferenza ai consiglieri rasentano il 90%, il sindaco più votato d’Italia, forse il miglior sindaco campano in questo momento, è stato sacrificato da quei cittadini. Oppure, ripeto, è avvenuto anche l’inverso, il disginto a favore del sindaco uscente: voto la lista M5S pur riconoscendo che il sindaco merita la riconferma. Nessuna altro partito può vantare dinamiche simili. Per me sono segnali politici nazionali. Il M5S è quindi andato male ma non è tutto, se si legge tra le righe.
Quindi è ancora forte.
Senza dubbio. Innanzitutto non ha civiche e alleati. E’ un partito con una forte identità, che è il suo pregio e limite. Infatti anche in questo disastro, sul piano di una mera contabilità di sindaci e ballottaggi, si consolidano come secondo partito perché Pd e vecchio personale del Pdl donano sangue alle civiche. Dubito però che cresceranno una leva di amministrratori capaci. Il loro è un progetto nazionale, anche se nasce come proposta di democrazia dal basso. Se falliscono a livello nazionale non resterà nulla a livello locale, perché quel voto di cui ho detto, un voto di opinione, sparirà. La mia idea è molto chiara: non hanno le caratteristiche di mentalità politiche adatte a governare bene. Sono integralisti, moralisti, complottisti, studiano poco anche perché cercano solo conferme, hanno troppi preconcetti. Sono tratti di psicologia collettiva fondativi del movimento.
Quindi le prossime elezioni saranno la madre di tutte le battaglie?
Intendiamoci. Anche se per loro sarà più difficile che nel 2013, perché allora Berlusconi era stordito. Ora è sempre meno credibile ma si è ripreso da quel biennio orribile e deciso a dar battaglia. Più del Pd è Berlusconi la variabile per tenere bassi i Cinque Stelle. Cinque stelle che esistono per i fallimenti degli altri partiti ma anche e soprattutto perché Berlusconi ha sequestrato il centro-destra e la destra è implosa. Una situazione anomala. Poi i Cinque Stelle hanno una grande contraddizione.
Quale?
Nascono come non partito contrario ai partiti, ma non possono più restare troppo diversi né diventare simili agli altri. La risposta sarebbe semplice: diversi per quel che serve al paese. Ma è proprio quello che hanno di meno: la competenza per governare. Sul quel piano sono veramente diversi. Peggiori, precisamente.
Addirittura.
Mi segua. Lasciamo pure stare i casi di malgoverno dei Cinque Stelle. Riflettiamo su questo turno di amministrative e traiamo la conclusione dalla mia analisi. Se le persone non si sognano di prenderli sul serio nella realtà locali dove, almeno potenzialmente, sono conosciuti, cittadini tra cittadini, come potrebbero invece essere affidabili a livello nazionale, con una scala di problemi ben diversi, con la necessità di una classe dirigente, ovviamente, ben altrimenti attrazzata e allo stato sostanzialmente imperscrutabile? Mistero. Però intanto i cittadini prenotano il voto a loro per le politiche. L’italiano è fatto così. Però è un campanello d’allarme.