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giovedì 9 febbraio 2017

Leucemia mieloide cronica, un corso di perfezionamento per l’infermiere

Leucemia mieloide cronica, un corso di perfezionamento per l’infermiere



di Eugenia Sermonti



Ad un anno dall’avvio dei lavori per la preparazione dei moduli formativi, il Gruppo Pazienti Leucemia Mieloide Cronica dell’Ail, la Società Italiana di Ematologia (Sie) e la Federazione Ipasvi hanno presentato il corso di perfezionamento partito a dicembre 2016. Il progetto è sostenuto da un contributo non condizionato di Incyte Biosciences Italy. Il team ha lavorato con determinazione e sinergia per poter garantire continuità al percorso intrapreso ed arrivare al momento formativo finale. Il corso di perfezionamento intende istituzionalizzare ancor più la figura professionale dell’infermiere specializzato nella Lmc. Il corso rappresenta la tappa più recente del Progetto EURICLEA, un’esperienza virtuosa partita nel marzo 2015 con l’obiettivo di accrescere le competenze infermieristiche per la gestione degli effetti avversi in pazienti affetti da LMC. Infatti, benché oggi siano disponibili farmaci innovativi in grado di controllare la malattia, il paziente può sviluppare reazioni indesiderate di vario tipo (mielosoppressione, eruzioni cutanee, disturbi gastrointestinali e alcune manifestazioni come debolezza, affaticamento, mal di testa, alterazioni degli esami di laboratorio, tendenza alle infezioni e sanguinamenti/emorragie, comparsa di pallore, tachicardia ed affanno) che necessitano di intervento da parte del personale sanitario. “Abbiamo creduto fortemente nel progetto sin dal suo esordio. EURICLEA è un’eredità Ariad che Incyte Bionscies Italy, azienda biofarmaceutica focalizzata su sviluppo di prodotti innovativi per la cura delle leucemie, è orgogliosa di portare avanti e nella quale continuerà ad impegnarsi. EURICLEA ha risposto ad un bisogno che proveniva dai pazienti e il percorso di approfondimento della leucemia mieloide cronicari volto agli infermieri offre un’ulteriore opportunità per la migliore gestione della malattia – ha commentato Giancarlo Parisi, Generale Manager di Incyte Biosciences Italy”.

“Oggi la Lmc è una patologia cronicizzata grazie all’impiego di terapie target e le persone che ne sono affette hanno un bisogno assoluto di figure dedicate che, in affiancamento agli ematologi, siano in grado di rispondere puntualmente alle sfide lanciate dalla malattia, alle sue manifestazione e al suo decorso. Il corso di perfezionamento universitario nato dal Progetto EURICLEA e rivolto agli infermieri dei centri ematologici è il risultato del lavoro di un anno di confronto tra pazienti, medici e infermieri - afferma Felice Bombaci, presidente Gruppo AIL Pazienti Lmc - sono molto soddisfatto di questo traguardo, la crescita professionale degli infermieri va a diretto beneficio dei pazienti affetti da Lmc”. L’infermiere riveste un ruolo fondamentale nella gestione degli effetti collaterali delle terapie disponibili, questa gestione ottimale è in grado di garantire l’aderenza alle cure. I pazienti riconoscono nell’infermiere il proprio punto di riferimento nella gestione quotidiana della patologia. Si è evidenziato che per affrontare gli effetti collaterali in maniera efficace sia necessaria, accanto al rapporto di fiducia paziente infermiere, l’effettiva collaborazione da parte di quest’ultimo con il clinico. Solo così, con la cooperazione tra paziente, infermiere ed ematologo, è possibile evitare l’interruzione delle cure, che andrebbe ad inficiare l’efficacia terapeutica.

“Gli infermieri svolgono un ruolo molto importante nella gestione quotidiana dei malati affetti da varie patologie ematologiche, supportando e agevolando il lavoro dei medici - spiega il professor Fabrizio Pane, presidente Società Italiana di Ematologia - per questo motivo Sie sostiene da sempre il progetto EURICLEA e supporta il corso di perfezionamento universitario, partito a dicembre da Napoli, presso il dipartimento di Medicina Clinica dell’Università Federico II. Il corso che prevede come docenti professori universitari ed anche altri esperti in aspetti peculiari delle malattie ematologiche, si articolerà in 5 incontri distribuiti tra la fine del 2016 ed i primi mesi del 2017 durante i quali verranno approfonditi i percorsi diagnostici e terapeutici delle principali patologie ematologiche che hanno un importanza nella formazione e crescita professionale post-laurea degli infermieri che lavorano in questi reparti. Consentire agli infermieri di acquisire le conoscenze necessarie per gestire in modo più autonomo i pazienti con varie patologie ematologiche tra cui anche la leucemia mieloide cronica garantisce il miglioramento dell’assistenza a questi pazienti così delicati e andrà sicuramente a rafforzare il lavoro di squadra già esistente”. 

L’obiettivo del progetto rimane sempre quello di creare sul territorio nazionale un ampio network di infermieri specializzati, in modo da coprire il fabbisogno di tutti i centri italiani.“Il corso di perfezionamento è una occasione importante per noi infermieri e di conseguenza, per le persone che assistiamo - conclude Irene Rosini, Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI -. Abbiamo, infatti, la possibilità di acquisire ulteriori competenze e svolgere una funzione qualificante al fianco dei nostri pazienti con cui già condividiamo impegno, professionalità e continuità nei processi di cura e assistenza. I cinque moduli del corso prevedono la partecipazione di numerosi infermieri in qualità di formatori con un ventaglio di argomenti che andranno dalla gestione delle complicanze nel trapianto di cellule staminali emopoietiche agli aspetti etici e deontologici quali l’accanimento terapeutico e le cure di fine vita”. 

'Stati generali' sulla meningite in arrivo linee guida della Simit

'Stati generali' sulla meningite in arrivo linee guida della Simit


di Matilde Scuderi


Massimo Galli
Vicepresidente Simit


Nelle scorse settimane la notizia dei casi di meningite, localizzati soprattutto in Toscana ha suscitato una forte preoccupazione in una parte della cittadinanza, anche a causa della risonanza mediatica che ha contribuito a diffonderla. I casi di malattia meningococcica invasiva (Mmi) che vengono ogni anno segnalati nel nostro paese sono circa 200 - gli 0,2 e gli 0,3 casi per 100mila abitanti- senza significative variazioni negli ultimi anni. Con oltre 4 casi per 100mila, l’incidenza maggiore si registra nei bambini al di sotto dell’anno di vita. Dal 2015 si è osservato in Toscana un incremento inusuale di casi invasivi dovuti a un ceppo appartenente al sierogruppo C e al complesso clonale 11 (cc11), che è caratterizzato da marcata invasività. Malgrado il numero di casi osservati non si discosti significativamente da quanto accade ogni anno, la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) ha ritenuto necessario convocare gli 'Stati generali Simit sulla meningite', una giornata di studio e discussione dedicata alla mmi, coinvolgendo i primari italiani di malattie infettive con la presenza del ministro Beatrice Lorenzin. La giornata di studio si è proposta inoltre di definire i compiti degli infettivologi italiani e le modalità degli interventi che ad essi competono per quanto attiene alla estensione della proposta vaccinali alle popolazioni di pazienti a rischio. documento risultante verrà diffuso a cura di Simit con le modalità già sperimentate per le linee guida sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1 e pubblicato su una rivista scientifica internazionale.

Lo studio in Toscana. Un recente studio è stato attuato nella primavera del 2016 in Toscana su oltre 2000 tamponi faringei prelevati in marzo, aprile e maggio del 2016 e ha evidenziato una percentuale di carriage compresa tra il 2,3 e il 4,7% nella fascia d’età tra gli 11 e i 19 anni e tra l’1 e il 2,3% nella fascia d’età tra i 20 e i 44 anni. Il meningococco C'è stato isolato in solo 4 dei 58 casi positivi - tutti adolescenti - a suggerire che questo sierotipo sia caratterizzato da uno stato di carrier di breve durata.

I vaccini. I vaccini per il meningococco attualmente disponibili in Italia sono tre: un vaccino monovalente coniugato contro il sierogruppo C -il secondo sierograuppo per numero di casi un vaccino tetravalente coniugato anti-A,C,Y,W e un vaccino subcapsulare contro il sierogruppo B, che causa più del 50 per cento dei casi. Il piano nazionale di immunizzazione recentemente approvato prevede la vaccinazione per il meningococco B nei bambini entro il primo anno di vita, il vaccino per il meningococco C nei bambini tra i 13 e i 15 mesi, il vaccino tetravalente ACYW negli adolescenti e per chi viaggia all’estero in aree endemiche. La vaccinazione è inoltre raccomandata per tutte le persone considerate ad aumentato rischio di malattia meningococcica, quali i portatori di immunodeficienze congenite ed acquisite e di particolari condizioni elencate nel piano. L’efficacia del vaccino monovalente anti meningoccocco C è risultata maggiore del 95% e la durata della protezione è stimata in circa 5-10 anni. I dati disponibili sono però ancora limitati e si ritiene necessario procedure a ulteriori studi sull’argomento. Nel piano vaccinale italiano è raccomandata negli adolescenti fino ai 18 anni una dose di vaccino anti-meningoccico quadrivalente ACYW135, sia che non abbiano mai effettuato, nell’infanzia, la vaccinazione C monovalente o quadrivalente, sia che abbiano già ricevuto una dose di vaccino.

Il nuovo documento Simit. "La rete dei reparti di malattie infettive negli ospedali italiani - dichiara Massimo Galli, vicepresidente Simit e professore ordinario di malattie infettive all'Università di Milano - rappresenta un valido strumento per la cura e la diagnosi delle malattie contagiose e diffusive, per la raccolta di dati sulla diffusione, l’emergenza e la riemergenza delle infezioni e per la trasmissione di informazioni e buone pratiche di prevenzione all’interno degli ospedali e alla popolazione tutta. Avvertendo la necessità di condividere le strategie di prevenzione, diagnosi e cura della mmi, con riferimento alle linee guida internazionali e ai contributi degli esperti, la Simit in collaborazione con la direzione generale della prevenzione del ministero della salute, ha promosso la stesura di un position paper contenente le raccomandazioni sui comportamenti da seguire nella gestione di diagnosi e cura di questa malattia e la sintesi dei più recenti dati epidemiologici". Simit si propone inoltre di esercitare quanto di sua competenza per facilitare l’applicazione sull’intero territorio nazionale delle indicazioni in merito alla profilassi e alla terapia della malattia meningococcica invasiva.

Il batterio. Il meningococco (Neisseria meningitis) ha una strategia che consiste nel ‘colonizzare’ la mucosa naso-faringea del suo ospite, diffondendosi da una persona all’altra mediante aerosol di secrezioni respiratorie, che in termine tecnico si definiscono ‘large droplets’ . Circa il 10% delle persone sane può, in ogni momento, essere portatore di N. meningitidis nelle vie respiratorie superiori ed è probabile che ciascuno di noi durante la sua vita ‘ospiti’ N.meningitis almeno per un periodo. Questo fenomeno è noto come carriage. Nei paesi ad alto reddito il carriage è più frequente negli adolescenti e nei giovani - prevalentemente tra gli 11 e i 20 anni - ed è favorito da infezioni respiratorie concomitanti, dal fumo di sigarette, da condizioni di sovraffollamento, dal bacio intimo. La condizione di carrier può prolungarsi per molti mesi, o essere intermittente o transitoria ed induce, entro poche settimane, una risposta anticorpale cui è attribuito un possibile ruolo protettivo. La gran parte dei ceppi isolati dai carrier non sono in grado di causare infezioni invasive. Si stima che si possa verificare un caso di malattia meningococcica invasiva ogni mille portatori. I fattori individuali che determinano la malattia invasiva sono tuttora poco definiti. I meningococchi isolati da pazienti con malattia invasiva (sepsi, meningite) appartengono ad un limitato numero di sierogruppi (prevalentemente A, B, C, Y e W135) e di complessi clonali (cc) iper-virulenti che possono includere sierogruppi diversi. Ad esempio, sia il sierogruppo W che ha causato epidemie nella cosiddetta fascia della meningite in Africa, sia il sierogruppo C, implicato nei casi recentemente osservati in Toscana, appartengono al cc11.

Le aspettative. "La produzione di raccomandazioni sulla gestione clinica e diagnostica, sulla prevenzione di una malattia e sulle indicazione di ambiti di ulteriore ricerca fanno parte dei compiti istituzionali di Simit - dichiara Galli - e rappresentano una delle principali ragioni che giustificano l’esistenza stessa di una società scientifica. Riunire i nostri soci per discutere su questo tema è innanzitutto un segnale di attenzione di chi costituisce una prima linea di assistenza e cura contro questa malattia. Fornire uno strumento che sintetizza le conoscenze più aggiornate sulla malattia invasiva meningococcica significa inoltre offrire agli infettivologi e ai medici di tutta Italia uno strumento di lavoro di facile accesso e consultazione e una guida nella pratica quotidiana. Il porsi interrogativi e l’indurre i colleghi a porseli serve a proporre soluzioni e ambiti di ricerca per meglio chiarire tutto ciò che non è ancora del tutto definito. L’interrogarci sul nostro ruolo e l’organizzarci per quanto ci compete nel promuovere e prescrivere il vaccino, specie nelle ‘popolazioni speciali ad aumentato rischio’ - come probabilmente potrebbero essere le persone con infezione da HIV-, serve a far camminare più rapidamente ed in maniera più efficiente gli interventi indicati dal piano vaccinale nazionale testè approvato. Certamente, questi sforzi potrebbero essere in gran parte vanificati in assenza di una omogenea e pronta risposta delle regioni nell’ applicazione delle direttive del piano".

Papilloma: poche idee ma … confuse Il rapporto giovani e salute sessuale

Papilloma: poche idee ma … confuse Il rapporto giovani e salute sessuale



di Matilde Scuderi



Il rapporto tra i ragazzi tra i 12 e i 24 anni dovrebbe essere migliorato con una comunicazione più adeguata e più incisiva, soprattutto per quanto concerne gli aspetti relativi alle malattie sessualmente trasmissibili. Si inizia infatti ad avere i primi rapporti sessuali completi da giovani, intorno ai 17 anni, ma non sempre si sa come proteggersi adegatamente con i rischi ad essi connessi, è questo quanto emerge dalla ricerca realizzata dal Censis con il supporto non condizionante di Sanofi Pasteur-MSD e distribuita da MSD Italia 'Conoscenza e prevenzione del Papillomavirus e delle patologie sessualmente trasmesse tra i giovani in Italia', che è stata presentata a Roma da Ketty Vaccaro, Responsabile dell’area welfare e salute del Censis, e discussa da un team di esperti. La ricerca è stata condotta intervistando un campione significativo di mille ragazzi tra i 12 e i 24 anni, e ne sono state desunti moltissimi dati riguardanti la sessualità e le fonti di informazione: 43,5 per cento dei giovani italiani tra i 12 e i 24 anni ha già avuto rapporti sessuali completi. La quota sale al 79,2 per cento tra i 22-24enni. L’età media al primo rapporto sessuale è di 16,4 anni, dopo circa un anno avviene il primo rapporto completo. Il 92,9 per cento di chi ha avuto rapporti sessuali completi dichiara di stare sempre attento per evitare gravidanze, ma una quota minore - il 74,5 per cento - si protegge sempre per evitare infezioni e malattie a trasmissione sessuale poiché la distinzione tra contraccezione e prevenzione non è sempre chiara tra i giovani: il 70,7 per cento usa il profilattico come strumento di prevenzione, ma il 17,6 per cento dichiara di ricorrere alla pillola anticoncezionale, collocandola erroneamente tra gli strumenti di prevenzione piuttosto che tra i mezzi di contraccezione.

Importante il ruolo dei media nell’informazione, poi viene la scuola. Il 93,8 per cento dei giovani italiani di 12-24 anni ha sentito parlare di infezioni e malattie sessualmente trasmesse. Se si chiede ai ragazzi quali sono le malattie trasmesse da rapporti sessuali è l’Aids la patologia che viene maggiormente citata, con un buon 89,6 per cento di risposte. Solo il 23,1 per cento indica la sifilide, il 18,2 per cento la candida, il 15,6 per cento il Papillomavirus e percentuali tra il 15 per cento e il 13 per cento la gonorrea, le epatiti e l’herpes genitale. Il 31,1 per cento conosce o ha sentito parlare di almeno 3 infezioni e malattie, il 31,4 per cento di conoscerne da 4 a 6, il 37,5 per cento più di 6. Tra le fonti di informazione sulle infezioni sessualmente trasmesse è preponderante il ruolo dei media, utilizzate dal 62,3 per cento. Poi viene riconosciuto come significativo il contributo della scuola (53,8 per cento), ma con differenze rilevanti tra le diverse aree geografiche del Paese: si passa da oltre il 60 per cento al Nord al 46,1 per cento al Centro e al 47,9 per cento al Sud. Solo il 9,8 per cento cita i professionisti della salute come i medici di famiglia, i medici specialisti e i farmacisti.

L’informazione sul Papillomavirus umano (Hpv) è ancora inadeguata: il 63,6 per cento dei giovani italiani di 12-24 anni ne ha sentito parlare ma le differenze tra generi sono grandi poiché tra le ragazze la quota sale all’83,5 per cento, mentre tra i maschi si riduce drasticamente al 44,9 per cento. Rispetto alle modalità di trasmissione dell’Hpv, la gran parte cita i rapporti sessuali completi - 81,8 per cento -, ma una quota inferiore sa che l’Hpv si può trasmettere anche attraverso rapporti sessuali non completi, solo il 58 per cento. Per il 64,6 per cento il preservativo è uno strumento sufficiente a prevenire la trasmissione del virus, ma solo il 17,9 per cento è consapevole del fatto che non è possibile eliminare i rischi di contagio se si è sessualmente attivi. L’80,0 per cento degli informati dell’esistenza dell’Hpv sa che si tratta di un virus responsabile di diversi tumori, soprattutto di quello al collo dell’utero; il 62,4 per cento sa che si stratta di un virus che causa diverse patologie dell’apparato genitale, sia benigne che maligne ma che molto spesso rimane completamente asintomatico; il 37,1 per cento sa invece che l’Hpv è responsabile di tumori che riguardano anche l’uomo, come quelli anogenitali. Infine, il 33,0 per cento pensa che questo virus colpisca solo le donne e il 26,4 per cento sa che si tratta di un virus responsabile dei condilomi genitali.

Il 70,8 per cento dei giovani di 12-24 anni che hanno sentito parlare di Hpv sa che esiste un vaccino contro il Papillomavirus, anche qui le ragazze si rivelano più informate con il 79,8 per cento di risposte affermative a fronte del 55 per cento dei maschi. Sono i più giovani a esserne più frequentemente a conoscenza - l’84,4 per cento tra i 12-14enni e l’85,1 per cento tra i 15-17enni -, probabilmente grazie alle campagne di vaccinazione del Sistema sanitario nazionale. Il 73 per cento pensa che vaccinare anche i maschi sia una strategia utile per ridurre il rischio di contagio. Solo una piccola quota indica di non fidarsi del vaccino per gli effetti collaterali che può determinare, perché credono erroneamente che la protezione duri poco, perché non elimina la necessità di fare il pap test, rispettivamente il 15,8 per cento, il 12,1 per cento e ancora 12,1 per cento.

"Le infezioni sessualmente trasmesse costituiscono un insieme di malattie molto diffuse che interessano milioni di individui, ogni anno, in tutto il mondo. Esse hanno un forte impatto sia a livello individuale che di sanità pubblica e, tra l’altro, favoriscono l’acquisizione e la trasmissione dell’Hiv - ha detto Ranieri Guerra, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della salute - Il nuovo piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 e il decreto ministeriale sui nuovi Lea prevedono la vaccinazione Hpv nelle ragazze undicenni e l’introduzione della vaccinazione anti-Hpv nei maschi undicenni, segnando un notevole progresso rispetto allo scenario precedente". "L’insufficiente conoscenza di queste infezioni e di come prevenirle è tra i principali problemi - ha detto Andrea Lenzi, professore ordinario di endocrinologia dell’Università La Sapienza di Roma - La maggior parte delle informazioni che i giovani hanno derivano infatti dagli amici, seguiti dai media e dai social network, lasciando spazio a molta spazzatura sul web. Parlando di Papillomavirus e di maschi, per esempio, spesso i ragazzi non sospettano minimamente di poter essere portatori di una infezione che può anche causare un tumore». «Il nostro Telefono verde aids e infezioni sessualmente trasmesse riceve oltre 1.000 chiamate al mese, di queste solo il 10 per cento proviene da parte di giovani tra i 15 e i 24 anni, che risultano avere poche informazioni corrette sulla prevenzione di queste patologie e pensano che siano un problema legato a determinate fasce di popolazione e non causate da comportamenti a rischio" ha dichiarato Walter Ricciardi, presidente dell'istituto superiore di sanità - Ciò richiama l’importanza di attivare canali di informazione pensati specificamente per i giovani, per proteggere la loro salute, la loro fertilità, il loro futuro". "Gli adolescenti e i giovani millennial che abbiamo interpellato si muovono in un mondo inondato di immagini e contenuti sessuali sempre più facilmente accessibili, in media a 17 anni iniziano ad avere rapporti sessuali e hanno colmato le tradizionali differenze tra ragazzi e ragazze. Eppure circa il 50 per cento dichiara di avere dubbi in materia di sessualità - dice Vaccaro - Se in larga misura dichiarano di proteggersi anche dalle infezioni sessualmente trasmesse, non sempre sono consapevoli dei rischi che corrono. Le ragazze hanno una maggior conoscenza del Papillomavirus e della possibilità di prevenzione basata sulla vaccinazione, ma tutti sono ampiamente favorevoli alla sua estensione ai maschi".

Strage Andria-Corato: "I soldi ci sono". La verità sui 10 milioni per le famiglie

Strage Andria-Corato: "I soldi ci sono". La verità sui 10 milioni per le famiglie


di Tiziana Balsamo



«I soldi ci sono e sono estremamente fiducioso sul fatto che entro fine mese sarà erogata una prima tranche delle risorse previste». Così l' onorevole del PD Francesco Boccia a Libero che ieri aveva sollevato il caso del fondo da 10 milioni di euro da destinare ai familiari delle vittime dello scontro tra i treni sulla Andria-Corato. Soldi di cui ad oggi non si è visto un centesimo ma che sono previsti da una legge speciale emanata dopo il disastro del 12 luglio.

La richiesta era stata avanzata al Governo proprio dal Presidente della commissione Bilancio il giorno dopo l' incidente, «la proposta è quella di equiparare la tragedia ferroviaria pugliese a quelle di Viareggio e Linate» aveva dichiarato allora l' onorevole. In quelle due occasioni il Parlamento approvò due leggi speciali che stanziavano, rispettivamente, 10 milioni e 12,5 milioni da ripartire tra tutte le vittime e i superstiti. A differenza però dei casi in questione la norma per la Puglia è arrivata in tempi record.

Ad agosto l' emendamento è stato inserito nel decreto legge Enti locali: duecentomila euro esentasse per i parenti delle 23 vittime e un sostegno da quantificare per chi aveva riportato lesioni gravi e gravissime. «Le somme», aveva spiegato in quell' occasione proprio Boccia, «rappresenteranno un sostegno immediato a tutti i soggetti coinvolti da questa nuova tragedia ferroviaria». Perché allora sono trascorsi 7 mesi? «Questioni amministrative dovute alla non completezza della documentazione richiesta ai comuni di residenza delle vittime, necessaria per stabilire a quali parenti destinare il sostegno». Ad oggi, risulta tuttavia a Libero, non tutti i comuni interessati hanno fornito i dati sollecitati dalla Presidenza del Consiglio qualche settimane fa. «A giorni», ha chiarito Boccia, «sarà varato un decreto per il trasferimento delle risorse alle famiglie delle vittime per le quali è già pervenuta la documentazione utile». In pratica, appena arriveranno anche gli altri dati mancanti, si procederà al completamento dell' erogazione anche per i restanti parenti. In totale parliamo di 4,6 milioni per gli "eredi" delle vittime, non meno di 200mila euro a famiglia. Nessuna buona nuova invece per i feriti.

Almeno nel breve termine. È stato firmato infatti solo lunedì il decreto di Palazzo Chigi per la nomina formale della commissione chiamata a definire le regole per il ristoro di questi ultimi che avverrà dopo l' analisi «della gravità delle lesioni subite e dell' effettiva necessità». Solo dopo si procederà a suddividere in maniera equa la restante parte del fondo ai parenti delle vittime.

Di chi quel giorno assolato di luglio si trovava su un treno della Bari Nord diretto all' inferno. Il giorno in cui tutto il mondo ha scoperto che tra Corato e Andria tanti di noi hanno viaggiato per cinquant' anni su un binario unico.

Tbc e scabbia, le cifre che fanno paura: immigrati e malattie, contagio a Milano

Milano, allarme profughi: 38 casi di tbc e 2000 di scabbia


di Fabio Rubini



Oltre duemila casi di scabbia e 38 di tubercolosi nei centri di accoglienza di Milano. È il bilancio 2016 dei controlli sui migranti. Numeri che sono stati resi noti ieri dall’assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera e che hanno suscitato una certa preoccupazione tra i partiti del centrodestra, da sempre avversi alla politica delle «porte aperte» portate avanti negli ultimi anni dall’amministrazione milanese di centrosinistra.

Rispondendo ad un’interpellanza del consigliere regionale di Fratelli d’Italia Riccardo De Corato, l’assessore Gallera ha spiegato che, «per entrambe le patologie non ci sono stati contagi» e questo «mostra come le visite mediche alle quali vengono sottoposti i migranti e le successive misure di profilassi di fronte a patologie particolari, consenta di intervenire tempestivamente e in modo efficace». Nella risposta a De Corato, poi, Gallera ha anche fatto il punto sulla tubercolosi, altra malattia riscontrata tra i migranti. «Sono stati eseguiti 1.821 test di Mantoux e 824 soggetti sono stati sottoposti ad approfondimenti specialistici e grazie a queste attività sono stati diagnosticati complessivamente 38 casi, tutti trattati o in corso di terapia». Infine Gallera ha ricordato come «in tutti i centri di accoglienza viene applicato il protocollo ministeriale del 2011 “per la sorveglianza sindromica e la profilassi immunitaria” in relazione all’emergenza migranti dall’Africa settentrionale». Un protocollo che prevede per ciascun migrante ospitato da una struttura d’accoglienza, che sia offerta la vaccinazione contro difterite, tetano e poliomielite.

«La situazione è preoccupante - ha spiegato nella replica in aula Riccardo De Corato -. Bisogna rendere obbligatorie le vaccinazioni per gli immigrati che ospitiamo, per preservare la salute sia loro che nostra, dato che il rischio di diffusione tra cittadini c’è». E dopo aver lodato il lavoro di prevenzione fatto da Regione Lombardia, De Corato ha anche spiegato che quelli letti da Gallera «sono numeri importanti ed è concreto il rischio che queste malattie si diffondano, anche perché questi migranti vivono in situazioni di promiscuità: uomini, donne, bambini tutti insieme giorno e notte. Ai migranti, ha spiegato l’assessore, vengono proposti i vaccini contro difterite, tetano e poliomielite. Vista la situazione - ha chiesto De Corato - i vaccini dovrebbero essere obbligatori per gli ospiti dei centri d’accoglienza, dato che è in pericolo sia la loro salute sia quella dei lombardi».

Pronta alle barricate anche la Lega. Il capogruppo in Regione, Massimiliano Romeo, spiega che «a quanto emerge da questi dati, il fatto che gli immigrati siano portatori di malattie che da noi risultavano ormai scomparse, non è una fantasia della Lega», e avverte: «Nonostante finora queste patologie non si siano trasmesse alla popolazione locale, credo che si tratti di un allarme da non sottovalutare».

A puntare il dito sul possibile contagio sono Paolo Grimoldi e Davide Boni, rispettivamente segretario nazionale e provinciale della Lega Lombarda: «I numeri rivelati in Consiglio regionale si riferiscono esclusivamente agli immigranti censiti, transitati nei centri d’accoglienza. Ma sappiamo bene - spiegano - che in città sono passati decine di migliaia di immigrati clandestini, che hanno poi proseguito il loro viaggio dopo un breve soggiorno milanese», senza contare «le altre migliaia di immigrati che si sono dispersi sul territorio milanese e lombardo, facendo perdere le loro tracce ed entrando nella nutrita schiera dei clandestini di cui non sappiamo nulla». Grimoldi, per questo, chiede che le vaccinazioni vengano eseguite non a Milano, ma «nelle strutture di prima accoglienza dove sbarcano gli immigrati, in Sicilia, Calabria e Puglia».

Infine Grimoldi e Boni ampliano l’allarme ad altre malattie: «Sul territorio lombardo stanno aumentando vertiginosamente i casi di tubercolosi, di malaria e naturalmente di meningite: un’emergenza sanitaria che va affrontata a monte, controllando subito gli immigrati quando sbarcano, e non distribuendoli sui territori senza sapere se portano con loro malattie contagiose».

NON SOLO LA RAGGI Trema pure la Appendino M5s, scoppia un altro caso

Chiara Appendino, pure a Torino è paralisi




In sette mesi di governo della città di Chiara Appendino, a Torino sono state approvate solo 66 delibere, contro le 150 del predecessore Pd Piero Fassino. "non si fa e non si decide nulla", dicono le opposizioni che invitano a disdire le sedute d'aula almeno per risparmiare sui gettoni di presenza dei consiglieri comunali, riporta il Tempo.

Una delle ultime mozioni approvate, circa una settimana fa, riguardava "l'inquinamento provocato dai botti di Capodanno e le relative strategie di contrasto". È stata discussa e votata dal gruppo grillino. Una delibera per impegnare la giunta "ad adoperarsi per fornire un'adeguata informazione relativa all'annoso problema derivante dall'inquinamento atmosferico prodotto dai botti di Capodanno".

In questo momento, l'attenzione è focalizzata su Virginia Raggi e questo mette al riparo la sindaca di Torino dalle critiche. La sostanza, però, non cambia: tutte e due non hanno combinato nulla. Adesso rischia di scoppiare un caso: la prossima puntata avrà per protagonista il capogruppo Pd in Consiglio comunale a Torino Stefano Lo Russo.

Feltri, la sentenza sul centrodestra: Vi spiego come e perché può vincere

Vittorio Feltri: vi spiego come e perché il centrodestra può vincere



di Vittorio Feltri



Per adesso i soli politici che hanno vinto sono i 600 parlamentari che il 17 settembre matureranno il diritto a riscuotere il vitalizio relativo alla chiusura della corrente legislatura. Se si votasse prima dell’autunno la pensioncina spettante a onorevoli e senatori in carica andrebbe a farsi benedire. Dato che ormai è assodato che ci si recherà alle urne all’inizio del 2018, l’assegno a lorsignori è garantito. Poca roba, un migliaio di euro al mese, ma è sempre meglio di due dita negli occhi.

Tutti gli altri rappresentanti del popolo che volevano a ogni costo procedere alle consultazioni anticipate, e per questo avevano bocciato il referendum del 4 dicembre, se la sono presa in saccoccia. Seggi chiusi almeno fino a febbraio del prossimo anno. Lo dice Mattarella, lo dice la Consulta, lo dice Berlusconi e ora perfino Renzi si è rassegnato al rinvio.

Noi nel nostro piccolo lo avevamo previsto non certo perché siamo più intelligenti di altri, ma davanti all’ipotesi di rinunciare al vitalizio immaginavamo come si sarebbero comportati gli onorevoli: vade retro suffragio universale, nemico del portafogli. Così è stato e non poteva essere diversamente. Mancano quindi dodici mesi alla verifica elettorale.

Frattanto governerà Gentiloni, ex estremista di sinistra rabbonito dal potere che non esercita ma che gli dà la libidine di sentirsi importante, il quale Gentiloni, consapevole di essere un premier precario, è ben felice di allungare il suo contratto a termine. Chiamalo scemo. In attesa della remota apertura dei comizi, i partiti ne approfittano per automassacrarsi. I grillini, che parevano lanciati in un galoppo sfrenato verso la vetta della classifica dei consensi, hanno subìto una battuta d’arresto a causa della Raggi della morte, che ha provocato un crollo nei sondaggi relativi ai pentastellati. Le vicende romane hanno disgustato persino i tifosi acritici del Movimento comico. Se la discesa di Grillo nel gradimento nazionale sarà confermata nei prossimi mesi, addio speranze di Beppe di diventare il primo partito.

La qual cosa potrebbe giovare al Pd - ancora in testa alla graduatoria - se non fosse che i democratici hanno preso a sbranarsi tra loro con l’intento di conquistare la leadership. Renzi contro tutti e tutti contro Renzi, all’improvviso diventato antipatico anche ai suoi amici e sodali di un tempo. Il tempo delle mele si è così trasformato in tempo dei veleni. Se gli ex di Botteghe Oscure andranno presto a congresso per decidere chi dovrà dirigere l’orchestra ne vedremo delle belle. Aspettiamo pazientemente il match. Siamo persuasi che qualora assistessimo a una scissione a sinistra, il Pd seguirebbe a ruota il M5S nel precipitarsi a valle, sbattere sul fondo e lì stare (poesia vecchia).

Rimangono da valutare i piani del centrodestra, ammesso che esistano. Se Berlusconi, pur azzoppato, dovesse riuscire ad allearsi organicamente con Salvini, Meloni, Nuovo centrodestra alfaniano e Ala verdiniana sarebbe autorizzato a puntare alla vittoria, numeri permettendo. Il problema è quello di capire come sia possibile trovare un denominatore comune che faccia da collante tra le quattro componenti citate.

Dipenderà molto dalla legge elettorale che sarà servita sulla tavola politica. Ma soprattutto dipenderà dalla convenienza che ciascun leader dei sullodati partiti e partitini avrà nel recuperare un accordo siffatto. Forza Italia è europeista, sia pure tiepida, tanto è vero che Tajani è presidente del bordello di Bruxelles. Salvini viceversa è ostile alla Ue e la Meloni è favorevole alle sovranità nazionali. Alfano e Verdini sono contro le salvinate e le melonate. Chiudere nello stesso serraglio cani, gatti e vari galli non sarà una operazione semplice da portare a termine, eppure è l’unica da cui possa sortire un centrodestra competitivo e capace di superare gli avversari dem e grillini.

Noi, cari amici antiprogressisti, una soluzione ve l’abbiamo indicata. Tocca a voi adottarla col desiderio di applicarla sino in fondo, cioè alla vittoria, seppur consapevoli di un particolare: quand’anche riusciste a sconfiggere la sinistra, poi, una volta al governo, comincereste a beccarvi l’un l’altro. Come avete sempre fatto in passato. Ma questo è un altro discorso che faremo presto.