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martedì 7 febbraio 2017

Dopo il terremoto, bomba politica C'è il piano: secessione dall'Italia

La carta disperata di Pirozzi: "Senza No Tax area secessione di Amatrice"





"Siamo pronti ad un piano B se non verrà prevista una no tax area nei Comuni del cratere con zona rossa, siamo pronti a creare la Contea di Amatrice". Lo ha annunciato il sindaco Sergio Pirozzi, intervenuto ai microfoni di Mi manda Rai Tre. "Questa e la partita della vita. Sappiamo che per far ripartire tutto quel tessuto di micro-imprese che sono state azzerate dal terremoto è necessario dare concretezza ai contributi ai quali queste imprese stanno ricorrendo, e per fare questo è necessario creare una no tax area nei comuni del cratere con zona rossa, dove si consideri l'esenzione dalle imposte per tutte quelle attività economiche e commerciali che altrimenti lasceranno definitivamente questo territorio".

Il tema della creazione di una zona franca urbana è per Pirozzi centrale per il futuro economico di Amatrice: "La creazione di questa zona franca urbana, che è prevista già dal nostro ordinamento nazionale, non potrà essere estesa a tutti i Comuni del cratere, perché se così fosse si sforerebbero i parametri europei, ma dovrà essere applicata a quei Comuni che hanno avuto danni importanti. Questo è il tema, se il governo e le forze politiche avranno la capacità di capire questa cosa ben venga, altrimenti andremo avanti con il nostro piano B".

L'agente insegue il moldavo e muore Rabbia della Polizia: l'accusa finale

Agente morto mentre inseguiva delinquente moldavo, la rabbia della Polizia



Dopo il dolore e il cordoglio è l'ora della rabbia, quella della Polizia. Lo scorso 3 febbraio il 28enne Francesco Pischedda, agente della Stradale di Bellano, è morto precipitato da un cavalcavia a Colico (Lecco) durante l'inseguimento di un ladro moldavo fuggitivo. Da quel momento su Facebook si è diffusa a macchia d'olio la protesta di amici e colleghi di divisa, che hanno accusato lo Stato assente, colpevole di non fornire uomini, armi e tutele agli agenti, per poi puntare il dito contro la Giustizia che protegge delinquenti e criminali lasciando nello sconforto i tutori della legge.

Parole durissime, condivise a migliaia, che hanno trovato sponda nell'ispettore capo alla Questura di Lecco, Alessandro Camerota, 47enne vicesegretario regionale del Coisp (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia): "Non è morto solo Francesco, con lui siamo morti tutti noi poliziotti - spiega commosso al Giorno -, perché quando un nostro collega muore in servizio è come se morisse una parte di tutti noi. Quello che è successo a lui poteva e potrebbe succedere a ognuno di noi. Ogni volta che cominciamo il turno siamo consapevoli che potremmo non terminarlo vivi". "Era giovane e per noi rappresentava un patrimonio insostituibile, come tanti di noi aveva lasciato la propria terra per servire i cittadini e lo Stato. Sapeva quello che rischiava, lo sappiamo tutti, ma quando capita quello che è capitato a lui ci si chiede se ne valga la pena...".

Giovedì scorso Pischedda aveva cominciato il turno alle 19, avrebbe dovuto terminarlo all'una ma quell'intervento dell'ultimo momento gli ha prolungato fatalmente il servizio. "Ogni criminale che riesce a scappare è una sconfitta personale per noi - spiega il collega -, un delinquente non si molla mai, se lui gira l'angolo tu giri l'angolo anche se non sai cosa trovi dietro, se lui salta anche tu salti perché se lo fa lui puoi farlo anche tu e non puoi permettere che continui a far del male a qualcuno".

lunedì 6 febbraio 2017

Esclusiva il Notiziario / Intervista al Prof. Dott. Marco Plutino Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino

Esclusiva il Notiziario / Intervista al Prof. Dott. Marco Plutino Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino



intervista a cura di Gaetano Daniele



Prof. Dott. Marco Plutino
Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino

L'indomani del referendum costituzionale segna uno scenario difficile per il paese. I mercati sono nervosi e la situazione politica sembra quantomai ingarbugliata, non tanto per quanto riguarda l'azione di governo - incanalato verso una sorta di ordinaria amministrazione - ma circa lo scenario politico. Come incide in questo contesto la recente sentenza della Corte Costituzionale?

La sentenza della Corte sulla legittimita' della legge elettorale per la Camera dei Deputati era attesa da molti mesi e la politica ha ritenuto preferibile attendere il pronunciamento della Corte anziché provare ad anticiparlo. Un segno evidente di debolezza. La Corte pero' aveva paletti molto stretti per muoversi e ha sanzionato i punti più grossolanamente incostituzionali della legge, stando bene attenta a preservare la sua immediata applicabilità per consentire il voto in qualunque momento. La Corte però non poteva farsi carico della garanzia di una sufficiente omogeneità tra i due sistemi elettorali delle Camere, sulla cui necessità c'era un monito del Presidente della Repubblica. Ad oggi la classe politica è in bilico sia sulla doverosità di un intervento di razionalizzazione sia sul tipo di intervento da realizzare. A questo proposito la legge elettorale attualmente vigente per la Camera dei Deputati prevede un premio di maggioranza al primo turno che può essere incamerato soltanto se la lista più votata consegue almeno il 40% dei consensi.

Quali sono le opportunità e limiti di questa soluzione?

La soluzione attuale ha fatto risorgere un dibattito che sembrava superato. Dal 1998 si parla di partiti a vocazione maggioritaria ovvero tendenzialmente autosufficienti per costituire il governo. In realtà cio' non è mai avvenuto perché alle elezioni si sono presentate coalizioni palesi o mascherate. La pretesa egemonia del PD si e' infranta sui risultati delle elezioni amministrative, su quelli del Referendum e infine sulla caduta del governo. Renzi e' il segretario Pd ma non è un parlamentare. Attualmente abbiamo un sistema di partiti molto frammentato con tre poli grosso modo con la stessa capacità di attrazione del consenso: una delle situazioni peggiori che si possono immaginare in astratto. Il dibattito investe appunto l'opportunità di trasformare il premio alla lista in un premio esplicito a liste collegate, quindi ad una coalizione pre-elettorale come sostiene ad esempio Franceschini, ovvero se mantenere il premio alla lista. Dibattito in parte nominalistico, in parte no. La lista che si presenta alle elezioni può ben essere infatti una coalizione a tutti gli effetti gia' oggi, sia pure soltanto alla condizione che i partiti minori accertino di confluire nella lista del Partito maggiore con il suo simbolo, perdendo visibilità. Per alcuni partiti medi o medio-piccoli questo non è accettabile. Diversamente devi immaginarsi la presentazione di un simbolo apposito e quindi una coalizione a tutti gli effetti sia pure in forma monolista. Anche tale soluzione però potrebbe stare stretta ad alcuni partiti, come la Lega. In tal caso non resterebbe, se si coagula un consenso sufficiente, che modificare la legge elettorale per consentire apparentamenti formali. Personalmente andrei al sodo della questione, oltre questo profilo: non ritengo che valga la pena da parte di alcuno provare a conseguire quel 40%, che oggi appare a tutti gli analisti peraltro assolutamente irrealistico raggiungere. Punterei ad una situazione da annozero, ovvero la presentazione di ciascun partito in solitaria tenendo conto dei non irrilevanti sbarramenti esistenti, di modo che i cittadini possano ricominciare a ritrovarsi nell'identità delle formazioni politiche fino ad oggi bistrattata il nome di un mandato popolare che si è rivelato in ogni cosa impossibile da perseguire per le agitate vicende dei governi di questa cosiddetta Seconda Repubblica. L'incontro eventuale, determinato da necessità numeriche per far nascere il governo, avverrebbe in Parlamento con una seria e pubblica negoziazione e la fissazione di un programma dettagliato, come avviene nelle grandi democrazie europee, a partire dalla Germania. Questo non vuol dire in alcun modo voglio precisare andare alle elezioni manifestando la volontà o la certezza di produrre un consimile accordo innaturale, perché cio' regalerebbe un prezioso spazio al Movimento 5 Stelle, che per statuto non si coalizza. Una condizione, questa, che al tempo stesso realizza la forza, che appunto è quella dell'identità e della purezza, e il limite, ovvero l'estrema difficoltà e forse l'assenza di disponibilità a divenire forza di governo.

La vittoria del SI al referendum ci avrebbe precipitato in uno scenario completamente diverso?

Bisogna distinguere. Non sono tra quelli che ricollega la pronuncia di incostituzionalità della legge elettorale alla vittoria del No al referendum. Era risaputo che la legge elettorale presentasse profili di pressocche' certa incostituzionalità e non è certamente per motivi di opportunità che la Corte Costituzionale li ha rilevati. Detto questo, la vittoria del SI al referendum a mio avviso avrebbe chiuso la questione della grande riforma istituzionale, ma ammodernare in modo significativo la nostra organizzazione costituzionale non avrebbe affatto chiuso la transizione. La quale in realta' dipende non da l'inadeguatezza delle regole, ma della debolezza nella politica e dalla mancata strutturazione di un sistema partitico dopo il crollo di quello precedente. Soltanto ripartendo dalla cultura e dall'attenzione per le organizzazioni sarà possibile chiudere la transazione italiana recuperando le storture che si sono realizzate a beneficio dei poteri tecnici, della magistratura e anche dell'Unione Europea. La quale, preciso, non ci impone nulla ma semplicemente porta ad esecuzione quanto è già stato deciso con il consenso del nostro paese, ancorche' spesso in modo poco consapevole. Tuttavia non nascondo il fatto che la debolezza nella politica ha portato anche ad una interpretazione distorta della nostra forma di governo, e qui prima ancora che l'inadeguatezza delle regole costituzionali mi sembra evidente l'inadeguatezza della loro interpretazione. Quando facevo riferimento alla normativa sulle coalizioni pre-elettorali facevo riferimento esattamente ad uno dei possibili esempi di questo eccezionalismo italiano che non ci ha risollevato, ma anzi probabilmente ha contribuito al declino del paese. Ricordiamo che la nascita e l'incredibile progressione del Movimento 5 Stelle è stato il diretto frutto del quasi default del paese, per sterili alternanze al potere di coalizioni pre-elettorali tanto capaci di vincere le elezioni quanto incapace di governare. fino al punto che il sistema tutto ha perso di credibilità. Un problema di idee e di classe dirigente, evidentemente.

Sabato 11 Febbraio 2017: XXV Giornata Mondiale del Malato / Video

Don Luciano Pellino, Direttore della Pastorale della Salute: “Celebrazione sia punto di partenza per un impegno solidale da parte di tutti”



intervista a cura di Don Francesco Riccio
Post a cura di Gaetano Daniele



Sabato 11 Febbraio 2017 verrà celebrata la XXV Giornata Mondiale del Malato e la Festa della Madonna di Lourdes. Anche nella diocesi di Aversa è in programma la Celebrazione Eucaristica che si terrà sempre sabato 11 febbraio nella Chiesa Cattedrale a partire dalle ore 17,30.

L’evento diocesano è organizzato dall’Ufficio della Pastorale per la Salute ma, sottolinea il direttore don Luciano Pellino, anche cappellano all’Ospedale Moscati di Aversa, “lavoriamo in stretta sinergia con altri uffici diocesani e con numerose fondazioni e associazioni di volontari. Questi organismi svolgono sul territorio una lodevole e costante opera di assistenza ai tanti bisognosi di cure e conforto proprio nel momento più fragile della vita di una persona: quello della malattia. Cercheremo di vivere l’intenso momento della Celebrazione Eucaristica come un punto di partenza che sia destinato a produrre i suoi frutti anche nel futuro”.

UN SOGNO TERRIFICANTE La figlia si schianta e muore La madre: "La notte prima..."

Guidonia, la madre di una delle vittime: "Lo avevo sognato la notte precedente"



Un sogno bruttissimo. Tragico, premonitore. È quello che ha fatto la madre di uno dei quattro ragazzi morti nel fatale sorpasso alla periferia di Roma, dove sono morti quattro diciottenni. La signora Elsa, la notte prima, aveva sognato la sua Ambra. Oggi la donna compie 40 anni, il compleanno più triste della sua vita. Quando il marito l'ha chiamata per dare la notizia che la figlia era morta, lei era già in preda al panico. "Stavo piangendo perché sognavo che Ambra e Jessica si erano improvvisamente allontanate da me", racconta, "che erano sparite. Ambra correva verso un'autostrada e io mi disperavo perché non la vedevo più e tutte quelle macchine erano pericolose". Lo riporta il Messaggero.

Elsa, arrivata alla caserma di Tivoli, è stremata. Cerca di stare in piedi. Dice che aveva visto in sogno anche i poliziotti. "Ambra e Jessica erano indivisibili e io ho sognato che prendevo la macchina per accompagnare mia figlia dall' estetista, a Roma.

Che passavamo a prendere anche Jessica. Una volta arrivate, scendiamo e facciamo per entrare in un posto". Prosegue mamma Elsa: "Ma davanti si è parato un poliziotto, con la divisa. Signora qua non è l' estetista, è per altre cose, non può passare. In quel momento Jessica spariva alla mia vista e pure Ambra si allontanava verso quella strada piena di macchine. Non le trovavo più, non riuscivo a raggiungerle e allora sono scoppiata in lacrime per l' angoscia". Un racconto che fa gelare il sangue nelle vene di chi lo ascolta.

L'ombra del trappolone contro la Raggi: su chi indavaga "quello dell'alta finanza"

Chat Marra-Romeo: "Senti quello dell'alta finanza per indagare su Paola Muraro"



"Ho buttato giù le possibili assunzioni negli uffici di diretta collaborazione indicando gli importi". Questo il messaggio indirizzato lo scorso giugno, a notte fonda, da Raffaele Marra, da lì a poco vicecapo di gabinetto di Virginia Raggi, a Salvatore Romeo. Insomma, dall'inchiesta emerge la piena sintonia tra Marra e Romeo, già in tempi non sospetti: perseguono i loro obiettivi, non necessariamente coincidenti con quelli della Raggi.

Tra i due lo scambio di messaggi è continuo, anche nel cuore della notte. Si arriva poi al momento della corsa elettorale. Romeo, poco dopo aver intestato la polizza alla Raggi, come sottolinea La Stampa scrive a Marra: "Il candidato sindaco del M5s è Virginia Raggi. E adesso inizia il bello". E dopo il ballottaggio, Virginia iniziano a parlare di poltrone. Scrive Marra a Romeo: "Il Dipartimento servizi scolastici e educativi è compromesso. Tu penserai che la Turchi è stata fatta fuori? Invece no. Complimenti".

I due, per inciso, non apprezzano neppure la difesa dell'assessora Paola Muraro, voluta dalla Raggi. Scrive ancora Romeo a Marra, che è ex ufficiale della GdF: "Chiedi al tuo amico della Finanza di indagare sulla Muraro". L'intento due è chiaro: conservare la loro influenza sulla sindaca e, dunque, sulla gestione del Campidoglio. Ma non tutto andrà come previsto: loro due saranno costretti a lasciare prima di Natale gli incarichi, mentre la Raggi resisterà. Nonostante il misterioso "amico della Finanza".

Così il doppio euro ci farà fallire Horror: che cosa accadrà all'Italia

Doppio euro, debito e import più cari: perché all'Italia non conviene



di Ugo Bertone



Ancora una volta, con il piglio del capo, Angela Merkel ha spiazzato i partner europei. L’Europa a più velocità? Si può fare, ha detto in contraddizione con quanto sostenuto fino alla vigilia dai difensori della moneta unica (compreso Mario Draghi). Anzi, facciamola al più presto perché «non tutti parteciperanno ai prossimi anni dell’integrazione europea». E così Frau Angela, consapevole che per certe operazioni la rapidità è essenziale, propone che «questa nuova Europa» potrebbe veder la luce nella dichiarazione finale del prossimo vertice di Roma.

Ma quali caratteristiche dovrà avere la «nuova Europa»? I nodi sono tanti, ma è evidente che il cuore del problema sta nel futuro dell’euro. La moneta unica, con la sua rigidità, si è rivelata una trappola per le economie più deboli, bisognose di apporti di capitali dall’estero. Oppure, a pensar male, è stata strutturata fin troppo bene dagli architetti della Bundesbank: l’euro, più debole del marco, ha consentito alla Germania di prosperare in maniera ottimale a vantaggio del suo export sui mercati internazionali (come accusa Peter Navarro, consigliere economico di Donald Trump) senza subir troppi danni dalla concorrenza del resto di Eurolandia, ormai inglobata nel gioco del made in Germany. È assai dubbio, in sostanza, che una svalutazione dell’euro del Sud rispetto a Berlino, anche se sostanziosa, possa portare benefici durevoli a Italia o Spagna.

Rispetto alla fine degli anni Novanta, la struttura dell’economia è cambiata in maniera sostanziale: le aziende tedesche hanno ormai affidato all’esterno le lavorazioni meno sofisticate conservando la leadership in quelle a più alto valore aggiunto. Per queste ragioni è assai dubbio che convenga accogliere il consiglio del Nobel Joseph Stiglitz, pensando all’adozione delle due monete: l’euro del Mediterraneo e quello dell’area del marco. In teoria la formula ha senso: un po’ perché esiste il precedente storico del «serpentone» monetario, un po’ perché le due monete, fluttuando dentro bande di oscillazione concordate, potrebbero favorire il riequilibrio delle bilance commerciali, oggi clamorosamente a favore dell’export tedesco. Ma la formula, che poteva funzionare prima del boom della globalizzazione, oggi sembra inefficace, se non dannosa.

La crisi italiana non deriva dal deficit della bilancia commerciale, che gode di discreta salute (in buona parte perché l’economia viaggia a velocità frenata) ma semmai dalla deflazione imposta dalle regole dell’Unione alla tedesca. In questo contesto, il passaggio ad una moneta di «serie B» rischia di essere una nuova trappola: la novità, da sola, comporterebbe un aumento secco del debito in valuta forte a partire dai mutui. Oltre ad un aumento durevole dello spread sul bond tedesco e un maggior costo delle importazioni (anche di semilavorati). Il vantaggio per una parte della società italiana, in pratica limitato solo a chi vende all’estero, sarebbe perciò pagato a caro prezzo dal Paese, se ci limitassimo ad una svalutazione una tantum senza incidere sui rapporti di forza dentro l’Unione europea.

Per sbloccare la situazione, la «nuova Europa» dovrebbe procedere ad una vera unione bancaria, mutualizzare il debito e destinare gli eurobond ad un effettivo piano di sviluppo utilizzandoli per realizzare un piano di investimenti pubblici molto maggiore di quelli attuali. Ovvero, quello che la Merkel non intende né vuole fare. La mossa della Cancelliera è dettata da evidenti difficoltà elettorali all’interno, di fronte ad un’opinione pubblica che chiede «meno» Europa perché ostile alla politica di espansione monetaria della Bce che ha inciso sui rendimenti delle polizze vita e sugli altri strumenti cui sono agganciati i rendimenti delle pensioni. E all’esterno, dove la Germania deve fronteggiare il pressing della amministrazione Trump che minaccia forti dazi a carico dell’auto tedesca negli Usa.

In questa cornice (senza dimenticare la Brexit) la proposta di Frau Merkel ha il sapore di una ritirata tattica: la «nuova Europa» riduce sì gli impegni dell’Europa «periferica», ma senza concedere assolutamente nulla. Meglio, a questo punto, riguadagnare la piena sovranità monetaria con una lira nuova di zecca. A quel punto, ma solo a quel punto, si potrà ragionare di un nuovo sepentone.