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sabato 4 febbraio 2017

La Fedeli si ribella, schiaffo alla Giannini Golpe al ministero: cosa vuol azzerare

La Fedeli si ribella: schiaffo alla Giannini. Golpe al ministero: cosa vuol azzerare



Sulla Buona Scuola, sulla riforma avviata dal precedente governo, "è mancato il confronto", bisogna invece "avere chiara la strategia e le scelte sulla scuola, i soggetti interessati vanno coinvolti e ascoltati, per costruire insieme". Senza mezzi termini la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, intervenendo a Studio24 su RaiNews sul tema della scuola in Italia e sul cammino nella pratica dei contenuti della legge del governo Renzi e della sua predecessora, Stefania Giannini. Fedeli ha aggiunto: "Spero di riuscirci" in quest’opera di coinvolgimento, "credo si sia già stabilito un rapporto di reciproco ascolto e confronto con tutte le componenti interne della scuola, del sistema di istruzione, con i genitori e altri soggetti". Il ministro - che ha in mente una strategia di riforma del sistema scuola in 10 mosse - ha anche ricordato di aver incontrato il forum delle famiglie e gli studenti: "Se c’è un tema a cui dobbiamo prestare attenzione è che ogni soggetto dev’essere ascoltato, e sono le famiglie, gli studenti, chi lavora nella scuola". Fedeli ha parlato anche di "resistenze al cambiamento, non nego che ci siano anche nella scuola, ma devo dire che la gran parte è pronta a sostenere e partecipare ai cambiamenti". L’importante è "saper impostare per l’oggi e per il domani scelte che vengono condivise dalla politica".

Cancro della vescica sottovalutato "Occorre sensibilizzare le persone"

Cancro della vescica sottovalutato "Occorre sensibilizzare le persone"


di Matilde Scuderi




Occorre sensibilizzare l'opinione pubblica su una patologia trascurata eppure molto diffusa - la quinta neoplasia nel mondo occidentale che colpisce ogni anno 27 mila persone solo in Italia - e profondamente invalidante, il tumore alla vescica. La sua gestione incide significativamente sulla spesa sanitaria: è infatti il tumore che ha il costo più elevato per paziente a causa per le alte percentuali di recidiva, per l’esigenza di un monitoraggio intensivo e il costo complessivo del percorso terapeutico. Si pensi che nel 2012 questa neoplasia ha determinato nell’Unione Europea uscite per 4,9 miliardi di euro, di cui 2,9 per la sola spesa sanitaria, una cifra pari al 5 per cento del costo totale per tutti i tumori. E in Italia - dove si registrano dati epidemiologici preoccupanti, essendo il Paese con un’incidenza tra le più alte in assoluto di Europa - il costo annuo per la gestione della malattia rappresenta il 7 per cento dell’intera spesa sanitaria. Nonostante queste cifre, i progressi registrati nel trattamento negli ultimi 25 anni sono stati modesti, per mancanza di investimenti in ricerca mirata e in innovazione e sviluppo in quest’area. Proprio per portare l'attenzione su questa patologia è stato presentato a Roma il White paper del carcinoma della vescica, su iniziativa della Federazione italiana delle associazioni di volontariato (Favo), alla sua stesura hanno partecipato inoltre tre società scientifiche - l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), la Società italiana di urologia (Siu) e la Società Italiana di Urologia Oncologica (Siuro) - nonché due associazioni di pazienti, ovvero la Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico (Fincopp), l’Associazione Pazienti liberi dalle neoplasie uroteliali (Palinuro) e con il contributo non condizionante di Ipsen e Roche. Il documento fotografa temi come: prevenzione, diagnosi, trattamento, riabilitazione e reinserimento sociale ma non si limita a presentare dati, seppure di intrinseca importanza: infatti le associazioni e le società scientifiche coinvolte nel White paper si sono unite per chiedere alle istituzioni maggior impegno in tre direzioni: una forte sensibilizzazione dei cittadini sui fattori di rischio con la modifica di alcune leggi in materia di salute e sicurezza sul lavoro; l’istituzione di team multidisciplinari per il trattamento in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti e più risorse economiche, sia pubbliche sia private, da investire.

“Il carcinoma della vescica - dichiara Francesco De Lorenzo, presidente di Favo e della European cancer patient coalition (Ecpc) - è ancora oggi un tumore dimenticato, nonostante rappresenti in Europa la quarta causa di morte per tumore nell’uomo e la decima nella donna. Il documento che oggi abbiamo illustrato - aggiunge De Lorenzo - già presentato da Ecpc per sensibilizzare il parlamento europeo e la commissione europea, con riscontri incoraggianti sia sul piano dell’aggiornamento delle direttive comunitarie che su quello del potenziamento dell’attività di ricerca, intende sensibilizzare associazioni dei pazienti, curanti, istituzioni e opinione pubblica per fronteggiare le criticità che impediscono ai pazienti con tumore della vescica di ottenere i migliori risultati sia in termini di trattamenti terapeutici che di riabilitazione e facilitazione del ritorno a una vita autonoma e attiva. Al White paper- conclude De Lorenzo - frutto della collaborazione tra volontariato oncologico, mondo accademico e società scientifiche, si è ritenuto opportuno aggiungere un approfondimento sulle criticità e i nuovi orizzonti del cancro della vescica in Italia”.

Il fumo rappresenta la causa più importante nello sviluppo del carcinoma della vescica con percentuali che, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si aggirano intorno al 40-70 per cento di tutti i casi. Così come l’esposizione nei posti di lavoro ad alcune sostanze chimiche come coloranti, diserbanti, idrocarburi, polveri e fumi metallici, rappresenta un fattore di rischio elevato: il 21-27 per cento dei carcinomi della vescica nella popolazione maschile e l’11 per cento in quella femminile sono da attribuirsi a cause professionali. Il White paper raccomanda quindi: continuo impegno da parte dei Paesi UE nella lotta al tabagismo promuovendo campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione; riduzione e maggior controllo all’esposizione di sostanze chimiche cancerogene nei posti di lavoro. In Italia vivono circa 254mila persone dopo la diagnosi. Piemonte, Campania, Lombardia e Isole sono le regioni che registrano il numero più elevato di nuovi casi e una più alta mortalità: tra le possibili ragioni, l’elevata età media della popolazione e il maggior rischio di esposizione professionale. Fattore indispensabile, come per le altre forme di tumore, risulta essere la diagnosi precoce: per 8 pazienti su 10 la sopravvivenza a cinque anni aumenta se la malattia viene diagnosticata in fase iniziale, a fronte di 1 paziente su 10 nel caso di diagnosi in stadio avanzato. Un ostacolo alla possibilità di individuare la malattia nei primi stadi è dato dall’eterogeneità dei sintomi che non sempre vengono riconosciuti. Lo screening universale per la malattia asintomatica è di difficile applicazione sul piano clinico, a causa dei costi e dell’invasività di alcuni accertamenti: resta quindi cruciale, la figura del medico di medicina generale che deve essere in grado di riconoscere i sintomi iniziali della malattia e di educare i pazienti a rischio a riconoscerli. “Un concreto passo in avanti a favore della diagnosi precoce è oggi possibile ricorrendo a una nuova metodica di diagnosi fotodinamica che, grazie a un mezzo di contrasto fotosensibile, permette di scoprire focolai di forme preneoplastiche invisibili a occhio nudo – osserva Vincenzo Mirone, ordinario di urologia presso l'Università Federico II di Napoli, e segretario generale della Società italiana di urologia - Rispetto alla normale cistoscopia a luce bianca, la cistoscopia con mezzo di contrasto a luce blu è in grado di evidenziare sulla parete vescicale delle microalterazioni neoplastiche, anche infinitamente piccole, che diversamente sfuggirebbero all’attenzione del chirurgo”. Anche le ricerche volte all’individuazione di marcatori tumorali promettono di dare una svolta significativa alla gestione di questa neoplasia, offrendo la possibilità di ulteriori metodologie per la diagnosi precoce ma anche per il monitoraggio post-trattamento e della recidiva. In una malattia così eterogenea sia dal punto di vista molecolare che anatomo-patologico, i marcatori biomolecolari permettono di delineare un quadro più preciso delle caratteristiche della malattia del singolo paziente: proprio le caratteristiche molecolari potrebbero contribuire a spiegare l’ampia variabilità che si osserva nella risposta alle strategie di prevenzione ed essere di supporto nella definizione di nuove terapie personalizzate. La scelta del trattamento dipende dalla stadiazione clinica ma, in generale, la prospettiva esclusivamente chirurgica ha lasciato spazio a un intervento multimodale.

“La prossima disponibilità di inibitori di PD-L1 o PD-1 quali atezolizumab prima e pembrolizumab in un momento successivo, oltre ad altri possibili approcci immunoterapici, cambierà l’approccio terapeutico ai timori uroteliali della vescica dopo oltre 30 anni di assenza di significative novità per il trattamento di questi tumori – dichiara Sergio Bracarda, consigliere nazionale Aiom e direttore della unità operativa di oncologia medica di Arezzo e del dipartimento oncologico dell’Istituto toscano tumori - L’importanza di questi dati rende ancora più importante, per noi oncologi, mantenere, o adottare, un approccio multidisciplinare alla patologia al fine di ottimizzarne il trattamento in ciascun paziente con l’obiettivo, da una parte di essere più efficaci nel trattamento di questo tumore e dall’altro, di ridurre significativamente la possibilità di effetti collaterali derivanti da trattamenti farmacologici potenzialmente meno efficaci e, oltretutto, in grado di influenzare negativamente la qualità di vita del paziente: insomma uno scenario terapeutico in rapido divenire”. La possibilità per il paziente di accedere a trattamenti oncologici innovativi, purtroppo, fa registrare ancora profonde disparità nei vari Paesi. Considerando le 37 nuove terapie introdotte nel quadriennio 2009-2013, gli Stati Uniti sono il Paese che ha garantito il più facile accesso (ben 31 trattamenti), mentre la Spagna ne ha messi a disposizione solo la metà. Per l’Italia, la percentuale si attesta attorno al 60 per cento. Tali differenze, sono destinate a divenire ancora più marcate in vista dell’imminente cambio di paradigma introdotto dall’immunoterapia. È evidente la necessità che, sia a livello europeo sia a livello italiano, vengano fatti rapidi passi in avanti per garantire l’accesso dei malati a queste nuove promettenti terapie.

Sul fronte degli studi clinici con terapie innovative, in Europa, la situazione risulta essere ancora difficile e subottimale. Nel caso del tumore alla vescica una difficoltà all'accesso agli studi clinici è rappresentata principalmente dalla mancanza nell'ospedale di riferimento di un team multidisciplinare dedicato. Unità multidisciplinari per la cura del carcinoma della vescica devono includere urologi, oncologi medici, radioterapisti, anatomo-patologi, radiologi, psico-oncologi, fisiatri e specialisti di cure palliative. "Questo approccio multidisciplinare - sostiene Renzo Colombo, coordinatore di Area di attività oncologica presso l'ospedale San Raffaele di Milano e coordinatore nazionale del gruppo di lavoro 'Oncologia vescicale' della Società italiana di urologia - potrebbe contribuire a migliorare la prognosi per molti pazienti e dovrebbe essere sostenuto con convinzione a livello comunitario".

Un altro tema importante affrontato dal White paper riguarda l'attenzione alla qualità della vita e come questa sia profondamente minata dal carcinoma alla vescica, sia dal punto di vista fisico sia psicologico e in particolar modo per i pazienti che hanno un lavoro. Sono necessarie linee guida con indicazioni chiare su come condurre i controlli post-trattamento per consentire ai medici  di aiutare i pazienti ad affrontare la malattia nel lungo periodo. La riabilitazione riveste grande importanza e deve essere considerata come parte integrante dell'iter terapeutico, poiché consente ai pazienti di ritrovare una migliore qualità della vita, aiutandolo a superare alcuni aspetti di forte penalizzazione. "La cistectomia radicale è una delle più traumatiche operazioni chirurgiche in ambito oncologico in termini di impatto di qualità di vita, esponendo il paziente a rischio di complicanze funzionali quali problemi nella sfera sessuale e incontinenza urinaria. Interventi riabilitativie terapeutici intrapresi con tempestività, sia sul versante dell'andrologia sia sul versante dell'urologia funzionale sono cruciali per consentire un recupero funzionale, che può essere anche significativo - dichiara Roberto Carone, presidente della Società italiana di urologia e direttore della struttura complessa di neuro-urologia della Città della salute e delle scienze di Torino - in particolare oggi in Italia possiamo contare sulla presenza di elevate competenze nell'ambito dell'urologia funzionale e della uro-riabilitazione, a all'alto livello qualitativo non corrisponde una distribuzione sul territorio nazionale omogenea e quantitativamente adeguata"

EpaC onlus: ‘Vogliamo 0 Epatite C‘ Serie A e tanti testimonial in campo

EpaC onlus: ‘Vogliamo 0 Epatite C‘ Serie A e tanti testimonial in campo



di Eugenia Sermonti





Ogni anno sono circa 1.200 i nuovi casi di contagio diagnosticati in Italia, e dal 2015 sono finalmente disponibili cure efficaci e risolutive, ma il virus dell’Epatite C è ancora diffuso. In Italia sono circa 10 mila le persone che ogni anno muoiono a causa dell’Epatite C e delle gravi complicanze che da essa derivano (come cirrosi e tumore del fegato). EpaC onlus (www.epac.it), lancia ‘Vogliamo Zero Epatite C’ campagna di informazione e sensibilizzazione sulla malattia, sulle  sue gravi conseguenze e sulle nuove efficaci cure, oggi finalmente disponibili. La campagna sarà veicolata su tutti i mezzi di informazione e supportata da uno spot istituzionale e da video appelli realizzati grazie all’impegno a sostegno di EpaC di numerosi testimonial: il capitano del Milan e centrocampista della Nazionale, Riccardo Montolivo; l’attaccante della Lazio e della nazionale italiana Ciro Immobile; l’allenatore ed ex calciatore Hernán Crespo, il campione olimpico, oro nel fioretto a Rio 2016, Daniele Garozzo, il giornalista sportivo Gianluca di Marzio e la conduttrice e scrittrice Rosanna Lambertucci. L’iniziativa ha il patrocinio di Lega Serie A con visibilità sui campi di gioco nella 23ma giornata di Campionato in corso anche oggi.

La raccolta fondi: il numero solidale 45544. Alla campagna informativa è legata la raccolta fondi con sms solidale al 45544 fino al 20 febbraio. I fondi raccolti contribuiranno a realizzare un Numero Verde EpaC a disposizione dei cittadini, promosso dall’Associazione come strumento fondamentale per essere ancora più vicina e raggiungibile per le persone colpite da Epatite C, dai loro familiari che necessitano di un’informazione accurata e autorevole sulla malattia, sulle possibili cure e sui modi e luoghi dove ottenerle.

Il numero verde EpaC. Al numero verde, che l’Associazione vuole realizzare con il contributo di tutti, risponderanno operatori dell’Associazione EpaC, in collaborazione con  infettivologi e gastroenterologi qualificati, specializzati nell’attività di counselling in grado di fornire sostegno e indicazioni utili e scientificamente corrette prima e dopo la diagnosi di Epatite C, indirizzando le persone ai centri qualificati più vicini e seguendole durante il percorso di un'eventuale terapia.

La malattia. In Italia si stima siano circa 300 mila le persone con diagnosi accertata di Epatite C, per lo più ricomprese nella fascia di età di 35-75 anni. Un numero imprecisato di soggetti deve ancora scoprire l’infezione. Ogni anno sono circa 1.200 le persone alle quali viene diagnosticato il contagio da HCV e circa 10 mila sono coloro che muoiono a causa delle complicanze dell’Epatite C (come cirrosi e tumore del fegato). L’Epatite C è una malattia dovuta all’infezione del virus HCV (Hepatits C Virus) che causa l’infiammazione del fegato con danni progressivi che possono essere anche molto gravi. A differenza delle epatiti A e B, a tutt’oggi non è disponibile alcun vaccino.

Le cure. Curare l’Epatite C è possibile: oggi il 95 per cento delle persone con questa malattia può essere completamente guarito dall’infezione con un ciclo terapeutico di 3-6 mesi attraverso la somministrazione di farmaci per via orale, chiamati antivirali ad diretta, con effetti collaterali minimi se non assenti. In Italia, negli ultimi due anni su un totale stimato di 300 mila pazienti con Epatite C circa 66 mila malati hanno potuto accedere alle cure con i nuovi farmaci garantite dai protocolli del Servizio Sanitario Nazionale, guarendo totalmente dall’infezione. Si tratta di una vera rivoluzione scientifica. Ma non basta. Proprio in virtù di questa rivoluzione terapeutica, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente messo a punto una strategia globale per l’eliminazione dell’Epatite C nel mondo e si è posta importanti obiettivi per il 2030: ridurre le nuove infezioni di epatite virale del 90 per cento e ridurre il numero di morti a causa di epatite virale del 65 per cento. “Dobbiamo agire velocemente per informare tutti quei pazienti che hanno l’Epatite C - ha detto Ivan Gardini, presidente EpaC onlus - ma ancora non si sono recati presso un centro specializzato per agevolare il loro percorso terapeutico sino alla guarigione, evitando che la malattia peggiori. Quella dell’OMS è una strategia ambiziosa, ma abbiamo gli strumenti per raggiungere gli obiettivi annunciati. Ad oggi non esiste un vaccino per l'Epatite C, ma l'introduzione dei nuovi farmaci antivirali ad azione diretta, rende possibile la guarigione della quasi totalità dei pazienti trattati entro 3-6 mesi. Ci aspettiamo che le autorità sanitarie garantiscano in tempi molto brevi e una volta per tutte l’accesso a questi nuovi farmaci per tutti i pazienti eleggibili ad una cura”.

Al via la rivoluzione dello zucchero. Coca Cola, addio: ora cambia tutto

Coca Cola, la rivoluzione dello zucchero per risparmiare 1,5 miliardi all'anno



Coca Cola, la rivoluzione è iniziata. Da settimane, infatti, l'azienda è impegnata a predisporre un piano per migliorare i margini dell'attività che, negli ultimi decenni, ha registrato una importante diminuzione dei guadagni. La strategia è seguita dal vice presidente esecutivo, Marcos de Quinto, che in occasione del suo passaggio a Roma ha spiegato: "Il progetto prevede la riorganizzazione dei marchi Coca Cola, Coca Cola Life, Coca Cola Zero, Coca Cola light, finora strutturati come unità di business distinte e autonome".

La principale novità? Riguarderà lo zucchero. Già, perché una bibita a base di zucchero costa il 10% in più rispetto a una bevanda per la quale si usano dolcificanti. Una differenza non di poco conto per un'azienda, come The Coca Cola Company, che acquista zucchero per circa due miliardi di soft-drink all'anno. Dunque, per risparmiare, si taglierà proprio su quello, sullo zucchero (anche se non è dato sapere in che misura). Altro intervento riguarderà l'imbottigliamento: tutte le bottiglie e le lattine avranno lo stesso design. Un pacchetto di misure che, secondo le stime, dovrebbe garantire risparmi per circa 1,5 miliardi di euro l'anno.

"Non ci sono dubbi, è la mucca pazza" Italia, torna il terrore: dove si muore

Roma, morte sospetta: "È mucca pazza, non ci sono dubbi"



È morto mercoledì sera, al Policlinico di Tor vergata, un ingegnere elettronico di 62 anni per un sospetto contagio di mucca pazza. L'uomo si era recato in ospedale qualche settimana prima con i primi sintomi del morbo, come la vista sdoppiata e le difficoltà di memoria. Entrato in ospedale il 5 gennaio, riporta Il Messaggero, solo cinque giorni più tardi era stato portato nel reparto di neurologia: le sue condizioni, peggiorate in breve, mostravano i primi segni del morbo come la demenza e improvvisi attacchi epilettici. La salma, ora custodita presso l'istituto nazionale per le malattie infettive di Lazzaro Spallanzani, sarà sottoposta all'autopsia che potrà così confermare o meno il morbo di Creutzfeldt-Jacob, di cui la mucca pazza è una variante, ancora senza cura.

Da una prima risonanza ed encefalogramma sarebbero già evidenti i buchi con sostanza biancastra nell'encefalo, tipici della meningoencefalite spongiforme. I familiari non hanno dubbi sull'esito dell'autopsia, come spiega una cugina dell'ingegnere, medico chirurgo del Gruppo San Raffaele di Milano: "I risultati del prelievo del liquor cefalorachidiano effettuato nei primi giorni di degenza e inviato a Verona sono arrivati il giorno prima della morte e non hanno lasciato spazio a dubbi, evidenziando il prione (una proteina alterata) del morbo. Mio cugino è morto mercoledì sera alle nove tra le mie braccia, circondato dall'amore infinito della moglie e dei due figli, una femmina e un maschio, poco più che ventenni. Ma com'è possibile morire ancora, nel 2017, di mucca pazza? Perché la ricerca si è fermata o non viene incoraggiata? Perché ci siamo dovuti sentire dire da medici impotenti che non c' era nulla da fare per salvare la vita di un uomo intelligente e brillante come lui? Per questo vogliamo denunciare l' accaduto perché non cali l' attenzione su questa malattia".

Boom Arriva la Boschi all'università, piovono insulti: l'attacco feroce contro Maria Elena

Polemiche alla Normale di Pisa dopo un invito a Maria Elena Boschi



Neanche a Pisa hanno intenzione di accogliere con calore Maria Elena Boschi. La sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio è stata invitata dal prestigioso ateneo per la giornata mondiale contro le mutilazioni femminili. In un annuncio sulla pagina Facebook della Normale viene spiegato che la Boschi è stata invitata per offrire "una prospettiva contemporanea e con uno sguardo al futuro".

La faccenda però non è andata giù a tantissimi studenti. Per qualcuno, riporta il Corriere della sera, la Boschi non avrebbe il "curriculum da Normale". Ma per altri quello sarebbe l'ultimo dei problemi: "Degna persona per far da portavoce ai diritti! - ha commentato un'utente, Anna Salvietti - Diritti dei risparmiatori?". Altri la buttano sul ridere: "Con l'occasione - ha scritto Frnaco Fiorentino - verrà proiettato il film 'Mio Dio come sono caduto in basso', buona visione!".

Raggi da Mentana, ora vuota il sacco: "Io dimettermi? Ecco cosa ho deciso"

Virginia Raggi vuota il sacco da Mentana: "Dimissioni? Ecco cosa ho deciso"



"Assolutamente no": Virginia Raggi risponde così alla domanda sulle sue possibili dimissioni, alla registrazione di Bersaglio Mobile di ieri sera in onda su La7.  "Io voglio credere alla buona fede, credo abbia commesso una grande leggerezza", dice a Enrico Mentana. "E' un problema, non andrò più al bar": ironizza così con Mentana in merito alla chat "Quattro amici al bar" con Romeo, Marra e Frongia durante Bersaglio Mobile andato in onda su La7.

"Credo che le difficoltà che abbiamo affrontato in questi mesi avrebbero sfiancato un toro. Non posso dire di non averci pensato, ma abbiamo un grande progetto per Roma, che i romani hanno scelto, credo meriti rispetto", ha detto la Raggi.