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domenica 15 gennaio 2017

Le urla nel locale, il folle colpisce in pieno Speranza: l'accusa sulle armi

Speranza aggredito con un iPad durante la presentazione di un libro



Roberto Speranza è stato colpito da un iPad durante la presentazione di un libro di Zerocalcare. Un ragazzo si è avvicinato al parlamentare e gli ha urlato: "Il Pd vende armi all'Isis" per poi lanciare il suo tablet. Quando sono riusciti a bloccarlo, il ragazzo avrebbe inveito ancora contro Speranza urlando: "Andrebbe ammazzato"". Speranza è stato colpito mentre parlava alla presentazione e, dopo che il giovane è stato fermato e allontanato dalla sala, ha ripreso il suo discorso.

Feltri, lezione finale al prof rosso: così abbatte il mito della sinistra

Feltri, zittisce così Zagrebelsky: la lezione finale al professore


di Vittorio Feltri



Con molta fatica e al prezzo di qualche sbadiglio sono riuscito a leggermi l'intervista svolta dal Fatto Quotidiano al presidente emerito della Consulta, professor Gustavo Zagrebelsky, un nome che riesco a scrivere, copiandolo, ma non a pronunciare. Succede a noi provinciali. Arrivato in fondo al lungo testo, pieno di cose così interessanti che me le sono già dimenticate, non mi resta che contestare all'illustre docente una visione troppo complicata e sofisticata della realtà, che invece è drammaticamente semplice. Per dirne una: Matteo Renzi ha perso il referendum sulle riforme costituzionali per un motivo banale. Gli italiani non le hanno capite. E non potevano capirle perché sono state presentate in modo assurdo. Prendiamo il bicameralismo. Che non è mai piaciuto a nessuno. Nel senso che il povero popolo non si spiegava e continua a non spiegarsi a che servano due Camere gemelle quando è del tutto evidente che ne basterebbe una buona ed efficiente. Ma l'ex premier non ha osato - e ne ignoro il perché - dire chiaramente che intendeva abolire Palazzo Madama. Nossignori. Ha detto ambiguamente: depotenzierò il Senato ma appena appena. Che cavolo significa cancellare il Senato vecchio istituendone uno nuovo più piccolo che agirà in maniera non ben specificata? Ovvio che la gente di fronte a una iniziativa tanto sballata, e aggiungerei cretina, sia rimasta basita e abbia votato contro di essa. Il rimanente contenuto del plebiscito non è neppure stato preso in considerazione.

Chi aveva deciso per il no ha optato per il no sull'intero fronte delle questioni, e il giovin fiorentino, troppo sfrontato e troppo esposto mediaticamente per risultare simpatico alla massa, è stato fregato alla grande. La qual cosa ha fatto godere una moltitudine di aventi diritto al suffragio, che si è illusa - avendo trombato il bullo - di aver riconquistato una libertà che non aveva mai avuto. Era convinta che il Paese sarebbe finalmente cambiato. Supponeva: a casa Renzi, andremo alle urne per rinnovare il Parlamento, vinceranno i partiti migliori (quali?), ci faremo un governo meraviglioso e vivremo felici e contenti.

Nulla di tutto ciò è avvenuto. Non è possibile aprire i comizi perché non abbiamo una legge elettorale applicabile nei due rami del Parlamento, quindi non è praticabile lo scioglimento anticipato delle Camere, cosicché siamo obbligati a mettere in piedi un esecutivo (passateci il termine) provvisorio con la stessa maggioranza raccogliticcia e litigiosa, in pratica una fotocopia sbiadita del gabinetto Renzi con un presidente, Gentiloni, opaco, una brava persona che dopo 30 giorni di lavoro è scoppiata. Ne valeva la pena di litigare come forsennati per sei mesi per avere quanto abbiamo ora, cioè un pasticcio di cui non c' è anima che si dichiari soddisfatta?

Caro professore, la politica italiana non funziona oggi come non funzionava ieri per le solite ragioni. Abbiamo un impianto burocratico mastodontico che soffoca la democrazia rappresentativa, il nostro sistema si regge sulle coalizioni che somigliano ai condomini, nei quali non esistono due inquilini su cinquanta che vadano d'accordo, i partiti non hanno più una identità e si combattono per questioni di bassa bottega, poltrone incluse. Chi cerca di mutare registro ci rinuncia subito per evitare di essere spodestato. Tiriamo avanti alla carlona come abbiamo sempre fatto, lasciando agli intellettuali o presunti tali il compito di analizzare e di proporre l'improponibile. È pacifico che bisognerebbe mutare spartito, poiché però non riusciamo a mutare nemmeno noi stessi, ci tocca suonare sempre la medesima musica. Renzi o Gentiloni siamo comunque dei coglioni.

sabato 14 gennaio 2017

"Questi non ci devono rompere le palle". Intercettato, l'ultima di De Luca

"Questi non ci devono rompere le palle". Intercettato, l'ultima di De Luca



"Non devono rompere le palle", tuona Vincenzo De Luca. Ce l'ha, riporta il Fatto quotidiano con il commissario governativo della Sanità della Regione Campania Joseph Polimeni e i suoi collaboratori, nominati da Matteo Renzi per vigilare sui conti del disastro. "Questi sono venuti per dare una mano non per rompere i coglioni o per fare gli ispettori fiscali, non devono rompere", spiega De Luca al telefono al suo braccio destro in materia di sanità, Enrico Coscioni. "Noi dobbiamo procedere come se non ci fossero (Polimeni e i suoi, ndr), noi dobbiamo procedere facendo le cose che avremmo fatto senza commissario sia per la sanità privata che per quella pubblica e pubblicizzare le nostre cose, perché noi non possiamo correre indietro a questi madonna, caricandoci di responsabilità non nostre". Le intercettazioni del governatore riguardano l'inchiesta sulla sanità della Procura di Napoli che indaga Coscioni per tentata concussione.

Sfregio dei magistrati contro il Governo: cosa vogliono fare ora (mai visto prima)

Pensioni e trasferimenti, toghe infuriate: il gesto estremo dei magistrati



L’Associazione nazionale magistrati diserterà la cerimonia, fissata per il 26 gennaio, di inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione. È la forma di protesta, approvata all’unanimità dal direttivo del sindacato delle toghe, adottata dall’Anm per il "mancato rispetto degli accordi" da parte del Governo sui correttivi, chiesti dai magistrati, al decreto sulla proroga dei pensionamenti solo per alcuni (tra cui il presidente e il pg della Suprema Corte, Gianni Canzio e Pasquale Ciccolo) e sulla legittimazione ai trasferimenti. I rappresentanti dell’Anm parteciperanno invece alle inaugurazioni dell’Anno giudiziario nelle Corti d’appello sabato 28 gennaio. Si tratta della prima volta che viene attuata una protesta delle toghe durante la cerimonia in Cassazione, dove i vertici dell’Anm non svolgono di regola un intervento ma sono presenti tra gli ospiti nell’Aula magna di Palazzaccio. Negli anni passati, invece, iniziative di protesta si erano svolte durante le inaugurazioni nelle Corti d’appello.

Il 26 gennaio, inoltre, il sindacato delle toghe predisporrà un documento che sarà anche illustrato ai giornalisti con una conferenza stampa e che sarà letto dai rappresentanti delle sezioni distrettuali dell’Anm durante le cerimonie nelle Corti d’appello. Sabato 28 gennaio, la Giunta centrale del sindacato delle toghe parteciperà a una delle inaugurazioni in Corte d’appello, presumibilmente la stessa a cui prenderà parte il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il direttivo dell’Associazione nazionale magistrati tornerà a riunirsi il 18 febbraio: in quella sede, discuterà ancora di eventuali iniziative di protesta, anche alla luce degli sviluppi dell’iter di conversione in legge del decreto Milleproroghe, a cui il Governo dovrebbe presentare un emendamento per modificare le norme in materia di legittimazione ai trasferimenti per le toghe.

Voce-terremoto su Papa Francesco "Lascia Roma, ecco dove va a vivere"

Papa Francesco vuole lasciare il Vaticano


di Caterina Maniaci 



Francesco l'ha sempre detto: non gli piace vivere «murato», vuole stare a contatto con la gente, tant'è vero che ha deciso di lasciare l'appartamento nel Palazzo Apostolico, per vivere a Santa Marta, sistemazione molto più semplice e e condivisa. Poi ha sempre detto che la sua visione di Chiesa è «in uscita», verso le periferie del mondo e immersa nella quotidianità della gente. Anche per sfuggire all'atmosfera curiale, a cui il Papa appare alieno per formazione e per costituzione. A partire da questi presupposti potrebbe non stupire più di tanto la «ricostruzione» presentata dal vaticanista Sandro Magister nel suo blog Settimo cielo. In questo articolo, infatti, sulla base di indizi precisi, si lancia un'idea, che a tutta prima potrebbe essere presa per una boutade o una divagazione sul tema.

Magister, infatti, sostiene che il Pontefice potrebbe essere tentato, per così dire, di lasciare il Vaticano per andare a vivere non molto distante, ma nella «periferia estrema». Per la precisione a Guidonia, una cittadina di circa 80mila abitanti, alle porte della Capitale, con molti pendolari e molti stranieri. E dove nel pomeriggio di domani, domenica 15 gennaio, papa Francesco si recherà in visita alla parrocchia di Santa Maria a Setteville, nella sua funzione di vescovo della diocesi di Roma. 

Delle oltre 300 parrocchie romane questa è la dodicesima che accoglierà il Papa. «Ma c'è un elemento curioso che rende questa visita speciale», spiega Magister. Perché, a ben guardare, è già la terza visita a parrocchie di questo territorio, che fa parte della diocesi di sua stretta competenza. Come mai, si chiede l'autore, il Papa ci va più spesso? Viene citata l'intervista a Religión Digital dello scorso giugno all'arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández, definito teologo di fiducia di Jorge Mario Bergoglio e «suo ascoltatissimo consigliere». L'arcivescovo aveva dichiarato, infatti, che «non necessariamente il Papa deve abitare tutto il suo tempo a Roma», poiché è anche «pastore supremo di tutta la Chiesa».

Ma anche in qualità di vescovo di Roma, ha aggiunto, «niente impedisce che vada ad abitare a Guidonia Montecelio», che è un altro comune ma fa pur sempre parte della sua diocesi. Ed è una di quelle «periferie geografiche ed esistenziali» che sono il fulcro della pastorale di papa Bergoglio.

Nello stesso tempo, tornano a circolare le voci di possibili dimissioni da parte di Francesco. Già più volte smentite dallo stesso Pontefice, ma, evidentemente, considerate non del tutto prive di fondamento. Per qualcuno tutto ciò sarebbe sintomo di una «insofferenza» di Francesco per la vita «vaticana». Per contro, la volontà di riformare la Curia romana è stato e continua ad essere uno dei punti-cardine del suo Ponteficato. Una battaglia difficile, già ingaggiata dai suoi predecessori. A cominciare da quello diretto, papa Benedetto XVI. Nel suo incontro con la Curia per gli auguri di Natale, il 22 dicembre scorso, Francesco ha sferzato i porporati ricordando che la riforma deve procede, che cambierà il personale, ma non solo e che non si tratterà di «un lifting per abbellire l' anziano corpo curiale». Le resistenze «malevole» Francesco le ha definite «opera del demonio».

Bisognerà ricordare, comunque, che già a partire dalle origini il papato non ha avuto sempre una «fissa dimora» dentro le mura vaticane. Tutt' altro. In principio la residenza dei pontefici si trovava nel Laterano. Nel Medioevo, poi, i papi vagarono da una citta all'altra. Per tutto il Duecento furono lontani da Roma per sessanta dei cento anni del secolo. Scappavano dalla calura estiva, ma soprattutto cercavano di sfuggire congiure, pressioni sui cardinali e dei cardinali e guerre intestine varie. Se ne andavano ad Anagni, Assisi, oppure a Orvieto, Perugia, Rieti, Tivoli, Viterbo. Nel XIV secolo il papato si trasferì ad Avignone, in Francia (la cattività di Avignone) e fu solo con Martino V (1417-31) che i Pontefici tornarono stabilmente a Roma, anche se spesso fuori città. Nel Seicento si scelse il Quirinale e fino alla perdita del potere temporale nel 1870, la situazione fu la seguente: residenza del Papa-re il Quirinale, sede del Papa vescovo il Vaticano.

Il guru, la profezia senza speranza: "Così l'Occidente non si salva più"

Terrorismo, la profezia senza speranza: "Perché l'Occidente sta per morire"



L'Occidente sta morendo, il terrorismo vince. I sintomi della malattia? "Col Rinascimento cade il primo pezzo del domino. Montaigne, Cartesio, gli Illuministi, Nietzsche che annuncia la morte di Dio, ma anche Marx e Freud provocano la successiva serie di crolli".

Lo sostiene il filosofo Michel Onfray in Décadence (edizioni Flammarion), secondo tomo della trilogia Breve Storia del Mondo, da pochi giorni in libreria. "Dal 1989", prosegue l'intellettuale in un colloquio con il Messaggero, "data del mio primo libro, iscrivo il mio lavoro in una prospettiva nietzschiana e d' altra parte tutti i miei libri si aprono con una citazione di Nietzsche. Sottoscrivo l' idea di una genealogia al di là del bene e del male. Si deve capire da dove viene il reale evitando di darne una definizione morale".

Onfray tocca anche il tema del terrorismo: "La questione che deve porsi a me filosofo è: cosa lo ha reso possibile? E non: che brutta cosa il terrorismo. Per questo lascio la parola ai giornalisti e ai preti. La decadenza non è un concetto etico, ma clinico. La liberazione, che esprime un sollievo, una positività, non è un concetto clinico, ma etico. Né ridere né piangere ma capire, diceva Spinoza". "La civiltà giudeo-cristiana, l' Occidente, si oppone all' Islam conquistatore da quando esiste", dichiara, "basta ricordare la rapidità delle conquiste dell' Islam politico nel secolo che segue la morte del Profeta, le crociate, gli arabi fermati a Poitiers, il califfato di Nimes, la Spagna islamica, la battaglia di Lepanto, le risposte coloniali dell' Occidente nel XIX secolo e, più di recente, l' 11 settembre, la dichiarazione di guerra all' Occidente di Bin Laden fino ad arrivare ai giorni nostri e al Califfato dell' Isis. Per il momento, l' uso sfrenato di tecnologia militare contro l' Isis non riesce ad arrestare il terrorismo, che è l' avanguardia di questo Islam conquistatore".

La battaglia contro il terrore è dunque una perdita di tempo, una sfida persa. "Vince chi riesce a imporre il proprio calendario", chiarisce il pensatore, "e nessuno può negare che non è, o non è più, l' Occidente a imporre il suo. Sono i terroristi che dettano e che costringono il Presidente, il governo, la polizia, l' esercito, i servizi segreti ad arrivare a cose fatte e ad accontentarsi del Verbo: discorsi marziali, intimidazioni, promesse di raid di ritorsione a migliaia di chilometri su popolazioni civili musulmane, invito a scendere per le strade e ad accendere candele Chi è forte? Chi è debole? Giudicate voi".

venerdì 13 gennaio 2017

Caivano (Na): E' Caos Bilancio Beffa La Prefettura diffida il Comune

Caivano (Na): E' Caos Bilancio Beffa La Prefettura boccia Monopoli


di Gaetano Daniele



Semaforo rosso. Il Collegio dei Revisori dei Conti, diffida il Comune di Caivano guidato dal Sindaco Simone Monopoli. E con testuali parole emana la diffida: "Questo collegio, a conclusione, non può che esprimere parere non favorevole allo schema di Bilancio 2016/2018, nei risultati di competenza e, conseguenzialmente ai documenti ad esso allegati, non avendo rilevato la congruità, la coerenza e l'attendibilità contabile delle previsioni in esso contenute". Insomma, la Giunta di "Alto Profilo" ancora una volta ha danneggiato l'immagine di tutti i consiglieri comunali, con la speranza che gli stessi consiglieri comunali non siano chiamati a pagare per l'inefficienza grave di Sindaco e Giunta.

Antonio Angelino
Segretario PD
Ma sulla questione interviene il Segretario nonchè consigliere comunale del PD, Antonio Angelino, che nota: "Direttore in data 12/01/2017, è pervenuta a tutti i consiglieri comunali la nota con la quale la Prefettura diffidava il comune di Caivano per il mancato invio presso il Ministero dell'Interno, di un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato per l'esercizio 2016, poichè l'amministrazione venendo meno all'art. 259, comma 1, del Tuel, che disciplina l'invio entro il termine perentorio di 3 mesi dalla data di emanazione del Decreto di cui all'art. 252 Comma 2, del Decreto legislativo 267/2000, ossia la nomina da parte del PDR dell'organo straordinario di liquidazione. Già quanto detto, basterebbe a darci la misura di quanto sia competente ed efficace l'amministrazione di Monopoli, ma nell'ultima ora ad aggravare ancora di più le posizioni del Sindaco "del fallimento" è intervenuto il parere del Collegio dei Revisori che ha espresso "parere non favorevole allo schema di bilancio 2016/2018". E nota: "Nei risultati di competenza ed ai documenti allegati, non avendo rilevato la congruità, la coerenza e l'attendibilità contabile delle previsioni in esse contenute". Direttore, veda, in questi casi le parole stanno a zero, questa volta per fortuna dei cittadini caivanesi parlano i documenti "ufficiali", non resta che restituire la parola ai cittadini e andare a nuove elezioni.