Visualizzazioni totali

domenica 23 ottobre 2016

Nonno di Lorys, intervista esclusiva: "Che violenza ho subito da Veronica"

Parla a Cristiana Lodi, il nonno di Lorys: "Le bugie di Veronica per incastrarmi, ma non ha ancora detto tutto"


intervista di Cristiana Lodi



"E quell'angelo? Lei sa che quel bambino se lo sono dimenticati tutti? Tutti. A cominciare da lei: sua madre».

Trent'anni signor Andrea Stival, sua nuora è stata indicata come l'unica assassina in questo primo grado di giudizio. Una sentenza che la scagiona.

"Trenta, quaranta… non fa differenza. Nemmeno cinquant'anni sarebbero bastati per restituire giustizia a Lorys".

Ma trent'anni sono il massimo della pena col rito abbreviato scelto da Veronica Panarello. Il giudice non ha concesso attenuanti.

«Solo chi sta soffrendo questa tragedia può capire che qualsiasi pena non basta. Solo chi ha avuto nel cuore quel piccolo angelo, che resterà sempre con noi, può comprendere che il dolore non avrà mai tregua. E che non ci sarà mai, dico: mai pace per quel bambino che merita giustizia».

C'è una condanna. E un nuovo procedimento per calunnia consumata a suo danno.

«Lei non ha detto la verità. Perché non la dice? Soltanto quando dirà la verità, quella vera e non la "sua" o una della tante "sue", Lorys potrà avere pace e giustizia».

Sua nuora l'ha accusata di essere il suo amante. E l'assassino di Lorys. Come si sente?

«Vede… con quel bambino se n'è andata la metà di quello che ero io: Andrea Stival. Io gli volevo un bene dell'anima (così come ne voglio all'altro piccolino, suo fratello). Io sono sempre stato un nonno e un padre che ha desiderato e fatto il bene dei propri nipoti e dei propri figli. Sono soltanto questo. Come potevo uccidere, io? E poi scusi, mi spiega per quale ragione mia nuora (se aveva qualcosa da dire…) se aveva questa tremenda "verità" dentro di sé e che la scagionava, non lo ha detto subito? Perché ha aspettato un anno e mezzo prima di provare a discolparsi inventando questa bugia assurda? E' una storia che non ha testa né piedi. Una menzogna che fa seguito a tante altre bugie raccontate da Veronica con consapevolezza: "Il bambino l'ho portato a scuola… No, il bambino si è ucciso da solo… ma per favore…" e poi, dopo un anno e mezzo, accusa me con questa cosa assurda».

Come apprese che le aveva dato la colpa?

«Tramite gli organi di stampa. Pensavo fosse un errore dei giornali. Invece no, lei lo aveva detto davvero. Da lì, da quel momento, mi sono rivolto al mio avvocato: Francesco Biazzo, che già mi difendeva come parte offesa nell'omicidio di mio nipote».

L'hanno indagata per concorso in omicidio.

«Ma io non ho mai avuto timore di niente, mai. Sono sempre stato tranquillo. Il sonno semmai l'ho perso per Lorys, il giorno in cui è stato ucciso».

Che rapporto aveva con Lorys?

«Ah… magnifico. Era bellissimo. Sua madre lo portava a casa. Insieme, anche con mia nuora stessa, andavamo in giro. Avevamo un buon legame perché io per Lorys impazzivo. Chi poteva non voler bene a quel bambino. Uscivo pazzo per lui. Gli davo tutto quello che a me è sempre mancato. Io ero il nonno e mi sentivo felice perché avevo tanto tempo per lui e potevo stargli accanto anche più del suo papà, di mio figlio. Per me Lorys era tutto. Avermi tirato in mezzo con quell'accusa infamante è stato pazzesco. Vedere rivoltato l'amore che avevo per quel bambino, è stato tremendo. Anche se le indagini avevano subito escluso un mio coinvolgimento».

Avete avuto timore durante le indagini?

«No, io ho sempre collaborato con la polizia. Con la Procura. Ho raccontato tutto. Io e la mia compagna siamo stati controllati, setacciate le nostre utenze telefoniche, rivoltati come calzini. La nostra vita non era più vita».

Avete riferito agli inquirenti quello che avete fatto quella mattina?

«Completamente. Siamo stati sentiti più volte».

Dove eravate?

«Ci siamo svegliati alle 9. Forse Lorys era già morto. Chissà. Alle 10 mezzo siamo usciti e ci siamo diretti verso la piazza. Abbiamo bevuto un caffè. Dalla piazza siamo andati in farmacia, poi dalla farmacia ci siamo diretti a Punta Secca e da lì siamo andati al negozio vicino a casa di Veronica».

In un primo interrogatorio avevate omesso di dire questo dettaglio alla polizia, perché?

«Una dimenticanza che è stata ingigantita. Hanno detto e scritto che eravamo agitati, scossi. Quel 29 novembre tutto si poteva pensare ma non che noi fossimo andati lì perché mia nuora aveva ucciso il bambino. Il fatto di non averlo detto non significa nulla, perché noi non abbiamo niente da nascondere. Questa è una tragedia immane e accusarci di questa dimenticanza è assurdo. Noi siamo stati sentiti, i nostri alibi controllati, siamo tranquilli e non abbiamo nulla da dimostrare a nessuno. I tabulati telefonici hanno provato che eravamo a casa. I testimoni pure. Nessuna telecamera ha ripreso me entrare in quella casa. Lei, invece, è stata filmata dall'inizio alla fine. E nonostante questo ha mentito e mente».

Prima della sentenza, lei si era dichiarato pronto a un confronto con Veronica.

«Certamente, lo ero. Il pubblico ministero non ha ritenuto di doverlo fare, ma io mi sono messo a disposizione per qualunque cosa fosse necessaria ad provare la verità. Non avevo niente da nascondere, ero e sono solo dalla parte della giustizia per quel piccolo».

Anche Veronica ha chiesto il confronto.

«Avrei davvero voluto che venisse concesso e lei trovasse il coraggio di dire questa inaccettabile bugia davanti a me, presente il magistrato. Avrei proprio voluto sentirla dire davanti a me che noi avevamo un rapporto, che ho ucciso il bambino. Queste menzogne non sono accettabili. Non lo sono per Lorys, non lo sono per me e nemmeno per mio figlio Davide».

Cosa vi siete detti, voi due?

«Davide conosce Veronica, sa quando mente. Lo ha fatto mille volte anche con lui. A Davide è venuto a mancare tutto: un figlio che adorava, una famiglia, il lavoro. Ora si aggrappa al piccolino, è in lui che cerca la forza di vivere. Ha bisogno della forza di quel bambino, così come lui ha bisogno del suo papà».

Davide ha subito creduto alla sua versione?

«Certo che sì. Noi siamo sempre stati legati, io so cosa pensa mio figlio. Lui conosceva la verità fin dall'inizio. Soprattutto sapeva che io non avrei mai potuto fare una cosa simile».

Poco prima dell'arresto, Veronica, le ha lanciato una bottiglia? Perché?

«Si. Veronica era in casa con tutti noi della famiglia. Cercavamo di capire cosa potesse essere successo. Chi poteva avere preso Lorys, e perché. Lei era stata interrogata più volte, le indagini e i sospetti erano concentrati su di lei. Dissi che tutti potevamo essere indagati. Di colpo, su quelle parole, lei si alzò dal divano e con un balzo si scagliò contro di me, lanciandomi la bottiglia d'acqua. E mi disse di uscire da quella casa. Ovviamente denunciai l'episodio».

Il giudice che ha condannato, ha anche inviato gli atti alla Procura ritenendo che lei sia vittima di una calunnia. Le dà sollievo?

«Ripeto, io ho smesso di dormire da quando Lorys è stato ucciso. Non ho mai avuto timore di niente, perché non ho fatto niente. Ora la giustizia continuerà a fare il proprio corso. Spero venga data davvero pace a quel bambino. Io l'ho visto il giorno prima: il 28 novembre 2014. Sono già passati due anni anche se sembra ieri. Era felice Lorys. Nonno andiamo? Nonno facciamo? Quel pomeriggio abbiamo giocato molto. Mai avrei pensato fosse l'ultimo».

Addio Equitalia? Il nuovo mostro: multe, una costosissima sorpresa

Addio Equitalia, verrà sostituita dall'Agenzia delle Entrate




Addio, Equitalia. Ma siamo sicuri che sia un vero addio, quello stabilito nella manovra appena varata dal governo Renzi? In verità, il "mostro" cambia il nome, ma non la sostanza. Si scopre ora, infatti, che Equitalia sarà sciolta e a partire dal primo luglio 2017 al suo posto sarà istituito un ente pubblico economico, denominato "Agenzia delle Entrate-Riscossione", che sarà sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Mef. Lo si legge nel testo del decreto fiscale bollinato dalla Ragioneria di Stato e datato 21 ottobre. Il presidente dell'ente sarà il direttore dell'Agenzia delle Entrate. 

Inoltre, si apprende che le multe sono escluse dalla rottamazione delle cartelle prevista dal decreto fiscale. Nel testo del provvedimento su "Disposizioni urgenti in materia fiscale per il finanziamento di esigenze indifferibili", si specifica che tra i carichi esclusi dall'operazione compaiono anche "le sanzioni amministrative per violazione del Codice della strada".

Sostituita, ma si tiene i 300mila euro: chi "ruba" il posto alla Bignardi / Foto

Rai3, Bignardi chiede aiuto a Santoro: nuovo super-consulente di viale Mazzini?


di Enrico Paoli



Da una parte c’è Michele Santoro, il grande epurato a cui è bastata una sola puntata di Italia, il suo nuovo programma di Rai Due, per trasformarsi nel grande resuscitato (ed anche molto corteggiato). Dall’altra c’è il direttore di Rai Tre, Daria Bignardi, moderna Alice nel paese dei talk show, caduta dalle nuvole quando lo share della sua creatura preferita - Politics, il talk del martedì sera di Rai Tre condotto da Gianluca Semprini - l’ha riportata sulla terra. Il contenitore che ha sostituito Ballarò, dovendo silurare Massimo Giannini, è sempre più a corto di ossigeno e di share. Certo, la crisi del programma di Semprini è anche figlia della generale disaffezione del pubblico televisivo nei confronti del bla bla politico, ma è pur vero che quando qualcosa non funziona è necessario correre ai ripari.

E così la Bignardi, con la scusa di fare il punto sul programma di Bianca Berlinguer nel quale Santoro doveva avere il ruolo dell’architetto, finendo per abbandonare la «casa» non condividendo il progetto dell’ex direttore del Tg3, ha chiesto a Michele un po’di idee per risollevare Politics. Santoro, ovviamente, non si è tirato indietro ed ha elargito alla Bignardi un bel po’ di consigli, vestendo i panni del consulente. «Ma niente di più», dicono in coro in Rai. Perché Michele Chi? di traslocare da Rai Due a Rai Tre non ne ha nessuna intenzione. Anzi, ora che è rientrato a Viale Mazzini, il vero progetto del conduttore sarebbe quello di diventare l’uomo delle idee della tv pubblica, creatore di nuovi format e allenatore dei futuri conduttori. In pratica la Rai dovrebbe avere il coraggio di seguire le sue indicazioni, sostiene chi conosce bene il Santoro pensiero, avendo inanellato sino ad oggi solo e soltanto clamorosi flop. Nemo e Sunday Tabloid, entrambi su Rai Due, sono gli esempi più clamorosi.

Per quanto potrà sembrare paradossale Santoro non mira ad avere una conduzione settimanale, ma un programma sì. Da gestire e far crescere, con il quale entrare nelle case degli italiani una volta al mese. Non di più. Il problema è che il suo ritorno in Rai è condizionato dal fatto che l’azienda non sembra fidarsi troppo del giornalista, tanto che gli ha offerto sono uno strapuntino con cadenza mensile. Ora che conduttori e direttori di rete lo stanno corteggiando, le regole d’ingaggio potrebbero anche cambiare. Ma soltanto dopo il referendum. Prima è letteralmente impossibile. La Rai, non volendo disturbare il manovratore di Palazzo Chigi, ovvero il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha congelato la situazione, facendo di necessità virtù. Una necessità che mette in secondo piano anche gli ascolti.

Un paradosso, quello del contingente legato al referendum, che rischia di vanificare anche gli sforzi fatti dalla Bignardi. Al netto del caso Politics («che va sistemato eccome, altrimenti che sperimentazione sarebbe», dicono a Rai Tre) il terzo canale della tv pubblica registra una sostanziale tenuta negli ascolti, tanto da posizionare la rete fra le prime nella hit delle emittenti generaliste. Ma come spesso accade non è sempre il bene a fare notizia.

"O si fa così, o sarà l'inizio della fine" La minaccia di un Padoan mai visto

Padoan alla Ue: "O accetta la manovra o sarà l'inizio della fine"



"L’Europa deve scegliere da che parte stare. Può accettare il fatto che il nostro deficit passi dal 2 al 2,3% del Pil per far fronte all'emergenza terremoto e a quella dei migranti. Oppure scegliere la strada ungherese, quella che ai migranti oppone i muri e che va rigettata. Ma così sarebbe l’inizio della fine". Così il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervistato da Repubblica. Toni durissimi, tranchant, contro Bruxelles, in scia a quelli recentemente usati dal premier, Matteo Renzi.

"Dal 2011 in poi l’Italia ha speso miliardi e miliardi per affrontare una emergenza migranti che non era e non è un problema solo suo - ha aggiunto Padoan - ma dell’intera Unione. E nessuno finora ci ha riconosciuto questo impegno economico. 

Qualche mese fa alla Turchia sono stati riconosciuti dall’Europa 3 miliardi proprio per far fronte a all'emergenza migranti. L’Italia ha speso più di tutti per questa emergenza e ha reso un servizio agli altri stati - continua il ministro dell’Economia - ha difeso un ’bene pubblicò comune. È un problema politico, che riguarda il futuro del continente".

Padoan ricorda che "le indicazioni che vengono dal G20 sono tutte indirizzate alla crescita, contro l’austerità e per contrastare le diseguaglianze. In questo senso l’Italia con questa manovra può essere un modello per l’Europa. Oggi il problema non è dire sì o no all’Europa, ma dire sì a un’Europa diversa, che non stia ferma e invece si muova". Il ministro infine sottolinea il suo "rapporto dialettico e collaborativo" con il presidente del Consiglio Renzi e afferma che al referendum voterà "un sì convinto, perché la riforma costituzionale avrà un effetto di traino su tutte le altre riforme".

Boschi-Carfagna, duello sul palco: lo "scambio al cianuro" tra signore

Boschi-Carfagna, duello sul palco: sfida sul referendum costituzionae, Di Maio 5Stelle scappa


(di R.P)



Mica il “No” era un “No” alle riforme tout court, ha esordito. «È che queste riforme sono un pasticcio, non risolvono i problemi che ha il Paese, consentono risparmi minimi al Senato che resta aperto, ma aumentano le disparità, tolgono autonomia a Regioni che funzionano come la Lombardia, non toccano quelle a Statuto speciale, che sono incredibili centri di spesa». Per avere un faccia a faccia come si deve tra l’ex ministro per le Pari Opportunità e il suo successore - che preferisce farsi chiamare al femminile e oggi è più nota per la delega alle Riforme - ci volevano i Giovani Industriali, il 31esimo convengo di Capri. La prima a rispondere alle domande di Enrico Mentana è stata Mara Carfagna, uno dei “volti” che il centrodestra sta spendendo di più nella campagna referendaria.

Camicia bianca, jeans e scarpa senza tacco ha sfidato nella tarda mattinata una platea piuttosto difficile, dal momento che il presidente dell’associazione, Marco Gay, era fresco di endorsement al “Sì”. «Entrando qui ho visto un uomo che scappava a gambe levate: era per caso Luigi Di Maio?», ha scherzato, alludendo alla sedia vuota lasciata dal quasi-leader del M5s, che ha preferito non presentarsi all’appuntamento. «Paura di noi?», ha scherzato. La forzista ha parlato del merito, certo, ma anche del metodo: «Spaccano il Paese per trovare col referendum quella legittimazione popolare che il premier non ha avuto nelle urne, essendo entrato a Palazzo Chigi per la porta di servizio», ha aggiunto la forzista. Nessuna battuta personale, nessun riferimento al loro essere donne e - in tempi diversi, forse - bersagliate dalla stampa, stalkizzate dai paparazzi.

«Maria Elena Boschi? Le auguro buon lavoro, continui con la correzione di rotta, tardiva ma sicuramente giusta», ha chiuso l’ex ministro berlusconiano. La renziana si è presentata sul palco subito con un -ben più evidente - vestito da sera scuro. Voilant sulla scollatura e l’immancabile tacco alto, la deputata diventata “famosa” alla Leopolda, ha giocato di rimessa: «Come ha riconosciuto l’onorevole Carfagna, Fi in Parlamento aveva votato la riforma, compreso la parte sul Senato». Su questa ha insistito Boschi, impegnata in un tour de force di comizi. «A palazzo Madama ci saranno sindaci e consiglieri eletti dai cittadini», ha sottolineato. Quindi l’assicurazione sulla vita dell’esecutivo, in linea con quanto va dicendo il premier: «Il referendum è sulle riforme, sui prossimi 30 anni, non vuole essere un plebiscito. Il voto sul governo sarà alle Politiche, nel 2018», ha aggiunto Boschi, prima di salutare tutti e ripartire. 

sabato 22 ottobre 2016

INCREDIBILE Triangolo Bermuda, storica scoperta Perché spariscono le navi e gli aerei

Triangolo delle Bermuda, la scoperta: navi e aerei scompaiono a causa delle nubi esagonali



Arriva una nuova teoria sul Triangolo delle Bermuda. Questa volta, a cercare di dare una spiegazione agli strani fenomeni che coinvolgono la misteriosa parte di Oceano intorno alle isole omonime, sono un gruppo di scienziati convinti di aver risolto il caso. La ragione per la quale scompaiono navi e aerei in transito nei pressi del Triangolo, spiega il Daily Star che dà conto dei risultati dello studio, sarebbe da ricercare in nubi dalla forma esagonale presenti anche in un tratto del Mare del Nord nei pressi dell'Inghilterra.

"Non è semplice vedere nubi disposte in ordine", ha spiegato a Science Channel il meteorologo satellitare Steve Miller della Colorado State University. "La maggior parte del tempo le nuvole sono infatti distribuite a caso". Usando un radar satellitare per misurare cosa accade al di sotto di queste particolari nuvole, gli scienziati avrebbero scoperto che la velocità del vento sul mare arriverebbe a toccare oltre i 273km/h. Una forza abbastanza potente da generare onde alte oltre 13 metri, delle vere e proprie "bombe d'aria" lanciate contro l'oceano. 

Gli scienziati avrebbero anche notato la presenza delle massicce nubi ad ovest delle Isole, tra le 20 e le 50 miglia di distanza. "Questo tipo di nubi esagonali sopra l'oceano sono essenzialmente bombe d'aria - ha spiegato ancora il meteorologo Randy Cerveny -. Le nuvole formano microesplosioni, che sarebbero in grado quindi di diffondersi all'esterno spingendosi una velocità tale da essere più che sufficiente da capovolgere navi e aerei e spingerli verso il basso". 

Caivano (Na): Dissesto, Crisi politica, Cittadini disperati e i .......... di Monopoli su Facebook

Caivano (Na): Dissesto, Crisi politica, Disperazione e i .......... di Simone Monopoli su Facebook


di Gaetano Daniele


Dott. Simone Monopoli
Sindaco di Caivano

La politica è una cosa seria e i panni sporchi non si lavano sui giornali. La politica è una cosa seria, non è pettegolezzo, esibizionismo o peggio ancora improvvisazione. Insomma, quello che sta accadendo alla politica locale ha dell'inverosimile. Non scriviamo di Dissesto Finanziario, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: dalle mamme che lamentano diritti alla spazzatura. Non scriviamo neanche di crisi politica, perchè anche quest'ultima è sotto gli occhi di tutti i caivanesi: dalla fuoriuscita dalla maggioranza della Lista Civica La Svolta ai socialisti di Giamante. Questa volta vogliamo portare all'attenzione del lettore, il rapporto umano tra il Sindaco Monopoli e parte di cittadini stanchi. Sì, non lo nascondiamo, a volte si esagera, possono arrivare critiche forti, ma il dovere di un primo cittadino è capire, ascoltare, ma soprattutto dialogare. Quello che si sta verificando in queste ultime ore su Facebook, ha dell'inverosimile. Il Sindaco Simone Monopoli, istiga gli animi dei cittadini stanchi rispondendo con dei (...) punti. Forse non ha più nulla da dire? 




Questi alcuni riscontri da chi dal Primo cittadino si aspettava risposte concrete, fattive, proposte e non (........) Puntini puntini. 

Francesca Gigliotti: Mi sento veramente offesa per questo!!! Che significa che non sono neppure degna di una risposta? O forse pensa che io come persona non valgo niente? Da lei non me lo sarei mai aspettata!

Nunzia Marmolino: Belli i puntini. È un altro gioco?

Alfonso Mormile: Ha imparato a leggere ma ha dimenticato come si scrive... Una cosa alla volta, siate clememti