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sabato 22 ottobre 2016

Paura a Londra, evacuato l'aeroporto: la voce terrificante sull'incidente chimico

Paura a Londra, pericolo incendio: evacuato l'aeroporto



L'aeroporto di London City evacuato per un allarme incendio. Sono state le stesse autorità dello scalo nel cuore della Capitale inglese a darne notizia, specificando che sono stati avviati accertamenti. Altre fonti, invece, parlano di emergenza per un non meglio specificato "incidente chimico" nell'aeroporto di Londra. Sul posto le forze dell'ordine e i vigili del fuoco, che hanno fatto allontanare dalla zona a rischio un centinaio di passeggeri. Dopo alcune ore la polizia ha fatto rientrare l'allarme chimico.

Raggi, il dossier (segreto) la inguaia Il siluro contro un suo fedelissimo della grillina

Raggi, ora spunta un dossier segreto. Trema un fedelissimo



Esiste un dossier imbarazzante rimasto chiuso a chiave nel cassetto del sindaco di Roma Virginia Raggi. Dal 7 settembre, il capo della giunta grillina conserva gelosamente la risposta dell'Anac, l'agenzia anticorruzione di Raffaele Cantone, su alcune illegittimità che riguardano membri del suo gabinetto. Era già nota la bacchettata per l'ex capo staff Carla Raineri, diffusa dagli stessi grillini. Non c'erano ancora tracce invece di Salvatore Romeo, capo della segreteria della Raggi, pagato a peso d'oro come dirigente esterno del Campidoglio (nonostante fosse dipendente dello stesso, in aspettativa).

Il caso Romeo aveva segnato le prime settimane dell'amministrazione Raggi, quando il 9 agosto è stato diffuso il suo compenso iniziale di 110 mila euro. Prima della promozione, Romeo ne guadagnava 39 mila. Un bel salto che aveva fatto saltare i nervi anche dei parlamentari grillini, costringendo la Raggi a ridurre il suo salario a 90 mila euro all'anno.

Nella risposta di Cantone, arrivata in Comune il 7 settembre e protocollata solo il 29, viene censurato proprio il salto di stipnedio del 138% di cui ha goduto Romeo. Per il resto il magistrato dovrà aver sudato sette camice per riempire le due pagine spedite alla Raggi, vista la domanda particolarmente vaga fatta dalla grillina. All'Anac, infatti, è stato chiesto se fosse possibile assumere personale già dipendente del Comune e se a questo fosse stato possibile corrispondere un trattamento dirigenziale. Di nomi e cognomi non c'era traccia, ma il riferimento è chiariamente per Romeo. Così l'agenzia ha dovuto tenersi vaga, rispondendo che sarebbe stato necesario prevedere una norma nel "Regolamento sugli uffici e i servizi" dell'ente. Peccato però che la norma ancora non ci sia e non sarà facile inserirla senza incappare in una legge ad personam.

Avete questo farmaco in casa? Attenti L'azienda lo ritira: che cosa controllare

Avete questo farmaco in casa? Attenti. L'azienda lo ritira: l'errore sulla scadenza



La società farmaceutica Sanofi Aventis ha comunicato il ritiro di migliaia di confezioni di Novalgina. L'azienda ha deciso di ritirare dal commercio venti lotti di Novalgina Os Gtt da 20 da 500 milligrami (codice 008679033). Il ritiro è dovuto al fatto che la validità del farmaco si è ridotta di diversi mesi. Per questo è stato sconsigliato il consumo di prodotti che riportano la scadenza tra il 31 agosto 2019 e il 31 marzo 2021. Ad essere interessati sono i lotti A4419 A4420 1A4420 A4421 A4422 A4423 A5424 A5425 A5426 1A5426 A5427 A5428 A5429 A5430 A5431 A5432 A5433 A6434 A6435 A6436. Nel caso in cui siano presenti nelle farmacie, spiega Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, i prodotti non devono essere messi in commercio e se qualcuno dovesse averli acquistati è invitato a restituirli.

L'INVASIONE STRANIERA Dite addio a un pezzo d'Italia: mossa kamikaze sulle banche

L'invasione straniera. Così vendono un pezzo d'Italia: il piano di Renzi e Padoan


di Francesco Pellegrino



È l'8 settembre. Il premier Matteo Renzi va a Firenze per la festa dell'Unità. Sfrutta l'occasione per tornare a parlare della crisi bancaria. «Mai più la politica che mette il naso nelle banche, l'ho detto prima e lo dico adesso». Come al solito, c'è sempre una vistosa asimmetria tra le dichiarazioni e i fatti, tra le parole e i documenti ufficiali. Quello stesso giorno, nel pomeriggio, l'amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola, si era dimesso. Una scelta inattesa che – si scoprirà solo più tardi – è la conseguenza di un intervento a gamba tesa proprio del governo. Renzi prova a prendere le distanze subito dopo, anche se indirettamente. Ma i mercati restano interdetti: a chiedere la testa del manager bancario sarebbe stato il colosso americano Jp Morgan, che deve garantire l’aumento di capitale da 5 miliardi di Rocca Salimbeni programmato per il 2017. La partita è complessa: ragion per cui, la major dello zio Sam pretende di comandare in una realtà ancora zoppicante nella quale impiegherà soldi suoi e assicura di portare quelli di altri investitori internazionali.

E fin qui nulla di male, se non fosse che il licenziamento di Viola è frutto di una scelta politica del Tesoro, attuata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, probabilmente su pressioni arrivate dagli Usa, secondo le dettagliate ricostruzioni postume. La singolare triangolazione è stata al centro di aspre polemiche ed è stata oggetto, tra altro, di un duro attacco di Ferruccio de Bortoli dalle colonne del Corriere della sera. L’ex direttore del quotidiano di via Solferino ha tirato in ballo anche Marco Carrai, amico e consigliere del premier nonché protagonista, secondo de Bortoli, dell’anomalo spoil system a Siena. Carrai si stizzisce, ma il caso non si smonta. Fatto sta che l’intromissione della politica non è stata gradita nemmeno dal presidente del Monte, Massimo Tononi, che poco dopo l’uscita di Viola – poi rimpiazzato dal discusso Marco Morelli – annuncia il suo addio (e il successore al vertice è ancora da trovare).

Di là dai tentativi di ridimensionare il caso e dalla rettifiche di rito, è chiaro che, a cominciare dal terzo gruppo del Paese, l’esecutivo ficca il naso - eccome - ai piani alti delle banche. Lo ha fatto nell’ambito del dossier più delicato, quello appunto dell’ex istituto del Partito democratico, del quale il Tesoro è l’azionista principale con una quota del 4%: obiettivo di via Venti Settembre è mettere in sicurezza Mps per evitare scossoni a catena che potrebbero pregiudicare la stabilità dell’intero settore, minando la fiducia dei correntisti e prestando il fianco alla speculazione. Ecco perché  la regia di palazzo Chigi è estesa a tutto il sistema bancario italiano. Al quale - con buona pace del mercato e della distanza di sicurezza sbandierata da Renzi -  il governo detta vere e proprie linee guida. Messe nero su bianco in un capitoletto seminascosto della nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Quell’atto politico del governo - sotto i riflettori in queste ore nei quartier generali dei principali istituti di credito e nelle stanze che contano all’Abi - è stato presentato in Parlamento il 27 settembre: meno di tre settimane dopo le parole pronunciate a Firenze, il presidente del consiglio viene smentito da un suo stesso documento ufficiale.

Documento nel quale, in sostanza, il governo scrive per “conto terzi” il piano industriale di sistema, che si fonda principalmente su due pilastri: svendita delle sofferenze (vale a dire i prestiti non rimborsati da imprese e famiglie che sono a un passo dal diventare perdite secche sui bilanci degli istituti) e aumenti di capitale a raffica. In tutte e due le circostanze, visto il disastrato stato di salute della finanza tricolore, si tratta di opportunità appetitose per i player stranieri, da una parte desiderosi di fare affari con l’attività di recupero dei cosiddetti crediti deteriorati, dall’altra di investire capitali freschi nelle deprezzate banche italiane (magari arrivando a controllarle): a piazza Affari sono in calo costante e dunque valgono poco, si comprano a saldo. La scalata, insomma, non è una mission impossible. Da questo punto di vista Jp Morgan sta facendo da apripista nel Monte dei paschi creando i presupposti per altre scorribande dentro i nostri confini.

Inutile dire che con altri inquilini a palazzo Chigi (uno a caso: Silvio Berlusconi) si sarebbe gridato allo scandalo e taluni avrebbero invocato financo le piazze. Ma tant’è. Scrivono Renzi e Padoan: «L'operazione di dismissione di crediti in sofferenza (e di conseguente ricapitalizzazione) recentemente annunciata dalla terza banca italiana (Mps, ndr), se imitata in altri casi ove necessario, dovrebbe portare ad un graduale miglioramento della disponibilità di credito all'economia». Una presa di posizione che non piace ai vertici del settore, che rifuggono da improvvide generalizzazioni: sia sulle sofferenze sia sui rafforzamenti patrimoniali bisogna analizzare caso per caso. Tesi sostenuta, non in sedi ufficiali, anche da alcuni alti dirigenti dell'Associazione bancaria, i quali sottolineano come una realtà come Intesa, non solo «non ha bisogno di ricapitalizzazioni, ma soprattutto può gestire con serenità e in casa lo smaltimento dei finanziamenti marci, senza rivolgersi al mercato dove i prezzi di cessione sarebbero penalizzanti». Diverso il caso di Unicredit che gestisce con attenzione diversa entrambi dossier.

La scossa del governo agli istituti è arrivata. E riguarda, nello specifico, anche le piccole banche: che l’esecutivo considera fonte di «preoccupazione» perché «non coperte dagli stress test» delle autorità europee. Palazzo Chigi rivendica, poi, la «riforma delle popolari e del credito cooperativo introdotte nel 2015-2016 che hanno segnato un deciso passo in avanti verso la ristrutturazione del settore». Ma premier e ministro non si sono limitati a mettere sul tavolo le direttrici, hanno dettato i tempi di attuazione del programma di riassetto del credito: spingono sull’acceleratore, invitando i banchieri a procedere spediti: «La questione è se questo processo sta avvenendo con la dovuta rapidità». Come dire: «Fate presto».

venerdì 21 ottobre 2016

Caivano (Na): Video consiglio comunale / Crisi politica sempre più acuta Monopoli sempre più solo

Caivano (Na): Crisi politica sempre più acuta Monopoli sempre più solo La Svolta e Giamante passano all'opposizione



di Gaetano Daniele


Dott. Simone Monopoli


Crisi sempre più tangibile all’interno della maggioranza a Caivano, dove si rincorrono voci di dimissioni di assessori per ora non formalizzate, mentre l’ultimo atto è l’abbandono della Lista Civica La Svolta e del Consigliere socialista, Alibrico Giamante dai banchi della maggioranza. Una sbattuta di porta in faccia che ha lasciato alle spalle l'antipolitica. 

Qualunque cittadino di Caivano può immaginare con quale sentimento di tristezza e con quale senso di incapacità politica, il Sindaco Monopoli e quel che gli rimane di un gruppo di consiglieri comunali, si accingono imperterriti a commentare, volendo a tutti i costi continuare ad urlare senza dire niente o peggio a scaldare le sedie del Civico Consesso, come accaduto ieri nell’ultimo Consiglio Comunale. 

Certamente,  analizzare  in questo contesto quanto avvenuto nell’ultimo Consiglio Comunale assume, alla luce di questi drammatici eventi, una connotazione dal sapore amaro ma è, comunque, atto doveroso da parte di chi fa informazione, consigliare all'attuale Sindaco di dimettersi per il bene del Paese, anche perchè vedere una mamma che lamenta o elemosina i propri diritti, quando lo stesso Sindaco Monopoli aveva promesso in campagna elettorale il reddito di cittadinanza, è veramente qualcosa di triste per non ripetere frasi forti come citate da qualche consigliere comunale, completamente fuori luogo, considerata la disperazione di un quartiere abbandonato da troppi anni. 

Reddito di Cittadinanza. Controllo del territorio tramite Droni. Mai più spazzatura. Insomma, tutti cavalli di battaglia che il Sindaco Monopoli aveva cavalcato alla Burt Lancaster in "L'ultimo Apache" pur di vincere le elezioni comunali. Invece no. Questa cavalcata è durata pochi mesi, fino a quando lo stesso sindaco Monopoli si è reso conto di aver promesso tanto in contesti politici pietosi, e quindi, meglio correre subito ai ripari e dichiarare dissesto finanziario prima che al cavallo si rompesse una gamba, e perchè no, tanto la colpa è delle passate amministrazioni. Forse, e sottolineamo il forse, è proprio sua, perchè Monopoli è stato assessore di maggioranza nella Giunta Papaccioli, anno 2008/2009. Oppure quando era consigliere provinciale di maggioranza? Senza offesa al suo presidente del consiglio comunale, Raffaele Del Gaudio, visto che come Burt Lancaster di cavalcate in questi ultimi 35 anni se ne è fatte tante (politicamente parlando). 



Vettel: "Il mio contratto? Non è una priorità"

Vettel: "Il mio contratto? Non è una priorità"



Sebastian Vettel è stato uno dei protagonisti della conferenza stampa per la presentazione ufficiale del Gran Premio degli Stati Uniti che si svolgerà questo weekend ad Austin, in Texas. L’obiettivo posto dalla Ferrari è sicuramente fare meglio del Giappone, dove a Suzuka Seb ha concluso con il 4° tempo, forse a causa di una strategia errata: “In Giappone abbiamo compiuto degli evidenti progressi e questo è positivo, però è stato un po’ il riassunto della nostra stagione; la cosa più importante è che abbiamo lottato e dato tutto quello che avevamo, saremmo potuti andare un pochino meglio, ma è andata così, speriamo di farlo in questa gara”, ha dichiarato.

Scontate le domande sul suo futuro visto il contratto in scadenza 2017: "Credo che siamo tutti impegnati a concentrarci sulle 4 gare che ci rimangono e sull'anno prossimo, è su questo che siamo concentrati in particolare. Non è dunque importante pensare a dettagli quali il mio contratto visto che è già tutto a posto per l’anno prossimo“, ha detto Vettel non entrando molto dei dettagli. “Con tutte le cose che stanno succedendo in fabbrica a Maranello, credo e so che tutti sono molto occupati e anche io voglio che rimangano concentrati su questo” ha concluso il ferrarista.

Bomba sotto la poltrona della Appendino: una bruttissima sorpresa firmata Fassino

Bomba sotto la poltrona della Appendino. Una bruttissima sorpresa firmata Fassino


di Elisa Calessi



Un presunto buco nel bilancio 2015 di 5 milioni di euro. Questa è l' ipotesi al centro dell' inchiesta che ha portato, ieri, la Guardia di Finanza negli uffici del comune di Torino. Per ora l' inchiesta, guidata dal gruppo della procura che indaga sui reati economici, è senza indagati. E senza ipotesi di reato. Ma il bersaglio è l' amministrazione comunale allora guidata da Piero Fassino. Si punta a fare luce su una presunta «discrasia» fra i conti dell' amministrazione e quelli di alcune società partecipate, fra cui quella di trasporti Gtt e quella per le infrastrutture legate ai trasporti InfraTo. Tutte partecipate dal Comune al cento per cento.

Subito il M5S, che ora con Chiara Appendino governa la città, ha cavalcato la vicenda. «Mancano 5 milioni di euro al bilancio 2015 firmato Fassino. Il mito della buona amministrazione della sinistra di Torino», scrive su Twitter Beppe Grillo. E sul blog ha dedicato un intero post alla faccenda: «Mentre la città si riempiva di poveri, milioni di euro sparivano dal bilancio comunale. Eppure quella di Fassino veniva descritta come l' amministrazione perfetta e tutti i giornalisti si sorprendevano della vittoria del Movimento 5 Stelle, solo i torinesi avevano capito tutto e ci hanno dato fiducia. Chiara Appendino e la sua giunta con i cittadini al loro fianco rimetteranno in piedi la città».

Dal punto di vista politico, il tentativo del M5S è di usare l' inchiesta per attaccare il Pd anche a livello nazionale e recuperare rispetto alle difficoltà incontrate da Virginia Raggi a Roma: «Se Torino sta così», continua Grillo nel post, «figuratevi Roma, la città del Pd e di Mafia Capitale, stiamo riparando i danni che hanno creato in decenni di malgoverno e illegalità diffusa. Oggi nessuno del Pd parla. Neppure fiatano. Bene. Continuate così. State zitti e lasciateci lavorare».

L' ex sindaco Fassino, in una nota, difende il suo operato: «Le politiche di bilancio», scrive, «sono sempre state gestite con rigore e trasparenza, nel rispetto delle leggi e dei principi contabili, sottoposto periodicamente agli organismi di verifica contabile, conseguendo sempre gli equilibri di bilancio e realizzando in cinque anni una consistente riduzione dell' indebitamento della città di oltre 500 milioni». E facendo riferimento all' indagine sui bilanci 2015 del Comune e di alcune partecipate: «In ogni caso un' inchiesta non può essere commentata prima di conoscerne i rilievi precisi che valuteremo quando saranno noti».

A sollevare il caso, provocando l' iinizativa della procura e della Corte dei Conti, erano stati dei consiglieri di opposizione di centrodestra, tra cui Alberto Morano, ex candidato sindaco indipendente di Lega Nord e Fratelli d' Italia. Si si trovassero riscontri, l' ipotesi è che si proceda per falso in atto pubblico. La storia era emersa a settembre su alcuni giornali. In pratica nel rendiconto del Comune di Torino, riferito al 2015, non c' erano crediti e debiti con due partecipate, Gtt e InfraTo. Non solo: nella relazione allegata al bilancio compariva la situazione debiti-crediti di tutte le società partecipate, tranne quelle due. Secondo il quotidiano La Stampa, che si è occupato della vicenda, i funzionari del Comune, rispondendo al consigliere di opposizione Morano che chiedeva spiegazioni, ammisero che «quei dati non sono stati mai forniti».

Ma le stranezze non finivano lì. Nel bilancio 2015 di una delle due partecipate, la Gtt, compare un credito di 40 milioni verso il comune di Torino che manca, invece, nel bilancio comunale. Chiara Appendino, appena insediata, si era accorta di queste anomalie e aveva incaricato una società di consulenza di fare una revisione sui conti. Ora, la cosa è nelle mani dei magistrati.