Visualizzazioni totali

mercoledì 21 settembre 2016

Raggi si piega a Grillo, No alle Olimpiadi e Malagò la sfida: "Dimmelo in streaming"

"Niente Olimpiadi a Roma nel 2024": Raggi si piega a Grillo



Virginia Raggi si piega a Beppe Grillo, almeno secondo l'agenzia di stampa Adnkronos: sarebbe già pronta la mozione per dire no alla candidatura di Roma alle Olimpiadi nel 2024, che verrà presentata in assemblea dopo l'incontro in agenda tra la sindaca e il numero uno del Coni, Giovanni Malagò. Viene così annullata la delibera precedente, datata giugno 2015 e risalente all'era Marino, con la quale la Capitale venne candidata ai giochi olimpici. Secondo le indiscrezioni, è questo l'iter che seguirà il M5s per uscire dal "guado olimpico".

Secondo le indiscrezioni di queste ultime, turbolente, settimane, la Raggi avrebbe voluto avallare i giochi olimpici. Netto, invece, il rifiuto di Grillo e del direttorio del M5s, che avrebbe minacciato la sindaca di sottrarle il simbolo in caso di "niet" alle Olimpiadi. Dunque, stando alle indiscrezioni - e come, in parte, previsto -, avrebbe prevalso la linea di Grillo.

La Raggi ha respinto la la sfida lanciata da Malagò e Luca Pancalli chiedendole di trasmettere l'incontro a Palazzo Senatorio in diretta streaming in nome di quella trasparenza da sempre invocata dai pentastellati. "Sembra coerente poter documentare un momento importante per il futuro del paese e della città" ma lei ha declinato l'invito: "Nella conferenza stampa la sindaca parlerà pubblicamente ai cittadini e alla stampa - così una fonte qualificata del Campidoglio a corriere.it- . Rincresce che un incontro privato voglia essere utilizzato per alimentare soltanto confusione nell'opinione pubblica proprio a ridosso dell'incontro con la stampa".

"TI SALVERAI SOLO COSÌ" Feltri mette Renzi all'angolo: cosa fare per non "morire"

"Ti puoi salvare solo così". Feltri mette Renzi all'angolo: cosa fare per non "morire"


di Vittorio Feltri



Matteo Renzi ha commesso molti errori. Il più grave dal punto di vista della politica interna è stato quello di attribuire al referendum confermativo una importanza vitale: se non lo vinco - disse - e non passano le riforme costituzionali mi dimetto. Cosicché il plebiscito non riguarda più i cambiamenti della Carta (discutibili almeno in parte) ma il premier in persona. In sostanza il popolo non voterà se sia o meno opportuno ridimensionare il Senato, abolendo il bicameralismo che rallenta la vita democratica, e togliere alle Regioni un potere che contrasta con quello centrale, bensì se confermare il premier oppure mandarlo a casa. Ma questo penso che ormai lo abbiano capito anche coloro che non capiscono nulla. In prospettiva, il problema è un altro: come si comporterà l’Italia in questa Europa illecitamente dominata dai tedeschi, dai banchieri e dagli speculatori che di tutto si preoccupano, specialmente delle loro tasche, e se ne infischiano dei popoli del continente? Renzi a Bratislava ha preso il cappello e se n’è andato via furibondo con la Merkel e con Hollande. Ma qualche giorno prima a Ventotene, dove nacque la idea sciagurata di costituire la Ue, egli si era dimostrato amico dei gestori del baraccone di Bruxelles.

A quale delle due facce del presidente del Consiglio dobbiamo dare credito? All’amicone della cancelliera e del suo compare oppure al contestatore determinato di entrambi, fautori di una politica comunitaria che ha ucciso la nostra economia riducendoci in miseria? Questo è il punto fondamentale. Se Renzi avesse il coraggio - e ne servirebbe molto - di rigettare gli accordi comunitari e avviare l’uscita dall’Europa nonché dall’euro, magari attraverso un referendum analogo a quello che si è recentemente svolto in Inghilterra, egli si potrebbe presentare ai connazionali come il salvatore della Patria. Se invece, per paura o eccesso di prudenza, dovesse nicchiare e non decidere quale via intraprendere, allora, in questo caso, non scommetteremmo sulla sua longevità istituzionale. Perché troppi partiti e troppi suoi compagni ce l’hanno con lui per questioni di potere. In altri termini, o Renzi è capace di agire in sintonia col popolo, che non ne può più dei diktat europei tendenti a immiserirci e a soffocarci a forza di immettere profughi sul nostro territorio, oppure sarà costretto a fare i conti non solo con un elettorato sfinito e privo di fiducia nei confronti di ogni leader politico, ma anche con avversari che gliela hanno giurata, come tutti ben sanno.

Noi abbiamo la sensazione amara che il premier punti a rimescolare le carte europee e a ricostruire una Ue meno germanocentrica e più attenta alla realtà drammatica di vari paesi che hanno adottato, loro malgrado, la moneta unica, fonte di sciagure inaudite. È proprio ciò che Renzi invece è obbligato a evitare se desidera uscire dalla infinita crisi di cui siamo vittime. È illusorio credere di poter raddrizzare le gambe ai cani. Nessuno ha la forza di modificare gli attuali disequilibri se non ricorrendo a uno strappo simile a quello inglese e a quello a cui si stanno predisponendo a compiere gli olandesi, gli austriaci, gli ungheresi e forse i danesi nauseati dalla inconcludenza di Bruxelles, in particolare nella gestione della massa invadente dei profughi. Tema questo che ha indotto la stessa Merkel a pentirsi: se tornassi indietro, ha detto, mi comporterei diversamente. Se Renzi tirasse fuori le unghie e proponesse un distacco dall’Unione avrebbe contro le élite ideologizzate che attualmente difendono a spada tratta l’Ue senza validi argomenti, ma sarebbe sostenuto dalla maggioranza degli italiani. Scelga: o sta con i fighetti autoproclamatisi intellettuali, e va a fondo, oppure sta con noaltri gente volgare, e si salva.

martedì 20 settembre 2016

I leghisti che Salvini vuol rottamare Tutti i nomi (ci sono pure tanti big)

Lega, Salvini: no alla terza candidatura. Tutti i big che perderebbero il posto


di Matteo Pandini



Salvini s'è detto d'accordo con la proposta dei Giovani padani: dopo due mandati consecutivi, un leghista non potrà più ricandidarsi. È lo stesso principio che impedisce ai sindaci di tentare il tris. Se la regola fosse già in vigore (dovrà essere discussa nel prossimo congresso federale, e quindi chissà quando) l'attuale pattuglia di diciotto deputati sarebbe praticamente azzerata, con solo cinque di loro che rimarrebbero in corsa.

Cadrebbero le teste, tra gli altri, di Umberto Bossi (nel 1987 è entrato al Senato e poi è rimasto alla Camera dal 1992 a oggi), di Giancarlo Giorgetti (questa è la sua quinta legislatura di fila), del leader della Lega Lombarda Paolo Grimoldi (la prossima volta sarà al quarto giro). Niente da fare anche per altre storiche colonne del partito: da Gianluca Pini a Davide Caparini, fino all'attuale capogruppo Massimiliano Fedriga e al vice Nicola Molteni: gli ultimi due sono a Montecitorio dal 2008.

Al Senato, invece, finirebbero in fuorigioco un paio di lumbard su dodici. Ma si tratta di mostri sacri: Sergio Divina, entrato a Palazzo Madama nel 2006, e soprattutto Roberto Calderoli che frequenta Roma dal 1992. È stato a Montecitorio fino al 2001, per poi trasferirsi sull'attuale scranno dove è uno dei vicepresidenti dell'assemblea. Attenzione però: quasi la metà dei senatori leghisti hanno alle spalle un'esperienza più o meno lunga alla Camera: si tratta di Silvana Comaroli, Nunziante Consiglio, Jonny Crosio, Raffaele Volpi e Giacomo Stucchi. Tecnicamente, potrebbero tentare il bis a Palazzo Madama. Peraltro - e vale soprattutto per i deputati - l'opzione di passare all'altro ramo del Parlamento potrebbe dribblare il paletto, ma se entrerà in vigore la Riforma di Renzi (che ridisegnerebbe poteri e composizione del Senato) anche questa strada verrebbe sbarrata.

Discorso a parte meritano gli ex berlusconiani approdati tra i salviniani. È il caso, per esempio, della deputata Barbara Saltamartini: quella attuale è la sua prima legislatura e quindi potrebbe sperare nella conferma. Più complicata la situazione di chi ne ha già due nel curriculum come gli ex azzurri Giuseppina Castiello e Guglielmo Picchi. La rivoluzione invocata dai Giovani padani fermerebbe anche l'eventuale caccia al tris del governatore veneto Luca Zaia. In Lombardia, invece, Roberto Maroni avrebbe via libera. Conseguenze pesanti a Bruxelles, dove sui sei europarlamentari attuali potrebbe ricandidarsi solo Angelo Ciocca (subentrato al compianto Gianluca Buonanno).

Stop a Mara Bizzotto, Mario Borghezio, al vice di Salvini Lorenzo Fontana e allo stesso segretario federale. Salvini dovrebbe mollare la capitale belga e Strasburgo, ma non potrebbe candidarsi nemmeno in Comune a Milano: attualmente è consigliere, ma frequenta Palazzo Marino dai primi anni Novanta (il primo cittadino era il lumbard Marco Formentini). Una presenza costante, che ha attraversato i due mandati del sindaco Gabriele Albertini e quello di Letizia Moratti: Salvini era in Comune anche durante l'era di Giuliano Pisapia, ma poi si dimise per i troppi impegni. È poi tornato approfittando delle recenti elezioni vinte da Beppe Sala.

Nel curriculum di Salvini ci sono anche due elezioni alla Camera, nel 2008 e nel 2013, ma in entrambe le occasioni ci restò pochissimo, preferendo dedicarsi all' Europarlamento. I Giovani padani hanno lanciato la proposta dei due mandati nel loro congresso federale di sabato, assise che ha confermato il coordinatore Andrea Crippa. Salvini s' è detto d' accordo il giorno dopo, durante l' intervento di Pontida. L'
idea non è originale, nel senso che anche in passato i leghisti ne avevano discusso. Era stata un cavallo di battaglia, per esempio, dell' ex ministro Giancarlo Pagliarini (che da tempo ha lasciato i lumbard).

Adesso Salvini rispolvera il progetto, così da avere la possibilità di cambiare radicalmente la classe dirigente senza dover fare per forza la faccia cattiva. Ammesso e non concesso che il progetto diventi realtà, c' è da dire che potrebbero sempre esserci delle deroghe. Di sicuro, Salvini ha ripetuto in più di una occasione che non ricandiderà chi non è in regola con i contributi al partito. Ma attenzione: «Non voglio rottamare nessuno» ha giurato dal pratone bergamasco, perché «mi fa schifo» pensare a come si è comportato il Rottamatore per eccellenza, ovvero Renzi, «che ha detto a Letta "Enrico stai sereno" mentre stava già lavorando per prendergli il posto».

COMPRAVENDITA SENATORI Anche i giudici si arrendono Ma Berlusconi gode a metà

Compravendita Senatori, anche i giudici si arrendono. Ma Berlusconi gode a metà



Il sostituto procuratore generale Simona Di Monte ha chiesto che sia confermata la responsabilità e dichiarata la prescrizione nei confronti dell'ex premier Silvio Berlusconi e dell'ex direttore de L'Avanti Valter Lavitola al processo di appello per la presunta compravendita di senatori che avrebbe determinato la caduta del governo Prodi. I giudici, dunque, s'arrendono alla prescrizione, pur chiedendo che venga confermata la responsabilità diretta dell'ex premier.

La richiesta è stata formulata dal pg al termine di una requisitoria durata circa tre ore. In primo grado Berlusconi e Lavitola furono condannati a tre anni per corruzione. I fatti contestati si riferiscono ad un arco di tempo che va dal 2006 al 2008. Il processo, davanti alla seconda sezione della Corte di appello di Napoli, riprenderà il 18 ottobre.

MERKEL FA MEA CULPA: "Ammetto: ho sbagliato tutto l'ultima promessa all'Italia"

Angela Merkel fa il mea culpa: "Ho sbagliato tutto e fa una promessa all'Italia"



E alla fine arriva il mea culpa della Merkel. Dopo il disastro nelle urne a Berlino con la sua Cdu al di sotto del 18%, la Cancelliera ha ottenuto il peggior risultato nella storia della Repubblica Federale. "A Berlino è stato un risultato amaro e me ne assumo la responsabilità. Se potessi - continua - tornerei indietro nel tempo". Poi fa una promessa sul futuro: "Non ci sarà un arrivo di massa come nei mesi scorsi. Giá adesso ne giungono sempre meno". Poi la promessa: "Non possiamo lasciare sole l'Italia e la Germania. L' arrivo di oltre un milione di profughi ci ha colto in parte impreparati". 

La mossa del Pontefice su Renzi: voci sul clamoroso piano per farlo cadere

Referendum, nella Chiesa avanza l'ipotesi "no"



A pesare potrebbe essere la freddezza del governo e del Pd in materia di politica familiare e di economia. Il via libera alle coppie di fatto. O, chissà, la storica ritrosia di una parte della Chiesa al cambiamento, pur in una fase storica in cui a guidarla è uno come Jorge Bergoglio. Fatto sta, scrive il Corriere, che se fino ad alcune settimane fa il fronte del "sì" sembrava predominante, i "no" alla riforma costituzionale di Renzi paiono guadagnare terreno tra le schiere ecclesiastiche. Certo, la Chiesa con quasi assoluta certezza non si schiererà mai per una posizione o per l'altra.

Ma sul referendum, scrive sempre il quotidiano di via Solferino, si scarica l'ortodossia costituzionale di alcune aree dell'episcopato, che si mescola e si aggiunge ai malumori da delusione verso il governo. Il referendum mette in gioco qualcosa che va al di là di un governo e di un premier: la democrazia in Italia», arriva a dire un influente cardinale italiano. "Registriamo gli ottimi propositi di velocizzare le leggi e di risparmiare soldi. Ma se il prezzo da pagare è una concentrazione di potere impressionante, la risposta è no: il prezzo è troppo alto".

È una tesi che raccoglie consensi tutt'altro che unanimi, ma di certo non è affatto isolata. Gli elementi che alimentano i dubbi nei confronti del referendum sono diversi. Il primo è di metodo. Ad alcuni non sono piaciuti il modo in cui il premier ha difeso inizialmente la sua riforma elettorale, l'Italicum, sostenendo che era intoccabile; e poi la rapidità con la quale si è offerto di modificarla in cambio di un atteggiamento diverso degli avversari, in testa la minoranza del Pd, sul referendum costituzionale.

Inoltre, viene giudicato semplicistico lo schema secondo il quale "chi dice Sì guarderebbe avanti, chi è per il No sarebbe retrogrado, oscurantista e innamorato del potere. Così non si informa l'opinione pubblica, mentre è essenziale che sappia su che cosa è chiamata a votare". In realtà, come si fa notare in Vaticano, anche gli anti-renziani che esagerano i pericoli per la democrazia fanno propaganda. Il secondo motivo di irritazione è il coro internazionale che sostiene Renzi. Fra alcuni esponenti della Cei, l'appoggio martellante al Sì di istituzioni finanziarie e governi esteri ha creato sconcerto, se non fastidio.

La previsione dell'esperto grillino: "Raggi cadrà presto: ecco quando"

Parla l'esperto del M5s "La Raggi non dura: quando cadrà"



Lo dice l'esperto di M5s: "Entro qualche settimana Virginia Raggi si dimetterà o sarà sospesa, e a quel punto l'impatto del caso Roma distruggerà M5s nazionale". Mauro Suttora, inviato di Oggi e appassionato del fenomeno Cinque Stelle, descrive un quadro drammatico della situazione a Roma, e non solo.

Secondo il giornalista, nel movimento grillino "sta saltando tutto". "Beppe Grillo ha dovuto compiere questa difesa di Virginia Raggi perché altrimenti si sarebbe dimessa, non prima di avere detto sì alle Olimpiadi. Dopo essere stata attaccata da Roberta Lombardi, la Raggi ha chiamato Grillo e gli ha comunicato che se non avesse scritto un post in cui la difendeva, lei sarebbe ricorsa a misure estreme. La Raggi sa bene che se il Comune approvasse il sì alle Olimpiadi certificherebbe il fallimento di M5s".

Il direttorio si è già sfasciato, in quanto la Ruocco, Fico e Sibilia sono contro Di Maio, prosegue Suttora. Per lui, Di Maio "per ora è appoggiato soltanto da Di Battista. Quest' ultimo però è il più popolare del Movimento, e quindi alla fine fatalmente saranno Di Maio e Di Battista i due galli nel pollaio che si beccheranno".

Tutto, come dalla notte dei tempi, ruota intorno al potere. "Finalmente i grillini hanno capito che da tremila anni a questa parte la politica significa lotta per la distribuzione del potere, in barba a tutti i loro irenismi, utopie e sogni di democrazia diretta". "Secondo me", prevede Suttora, "nel giro di qualche settimana la Raggi sarà sospesa come il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, o le salteranno i nervi e si dimetterà. È possibile anche che il sindaco cerchi di sopravvivere, ma sappiamo già oggi che su 29 consiglieri comunali di M5s lei ne ha dalla sua soltanto sei. Dodici in caso di rottura starebbero con il Movimento, mentre gli altri 11 per ora sono indecisi. In un' eventuale votazione sulle Olimpiadi lei riuscirebbe a fare passare il sì, appoggiandosi però sulle opposizioni. Pd e Forza Italia voterebbero a favore, però a quel punto ci sarebbe la rottura della maggioranza".