Visualizzazioni totali

domenica 18 settembre 2016

Milik altra doppietta Napoli, 3-1 contro il Bologna

Milik ci prende gusto: altra doppietta. Napoli 3 Bologna 1



Il Napoli supera 3-1 il Bologna nell'anticipo della quarta giornata di Serie A e si porta in testa alla classifica con 10 punti. A segno Callejon al 14' del primo tempo, prima del pareggio di Verdi all'11' della ripresa. Poi si scatena Milik che regala i tre punti agli azzurri con una doppietta al 23' e al 33'.

Primo caso di eutanasia su un bambino È terminale, via libera alla dolce morte

Primo caso di eutanasia su un bambino. E' terminale, via libera alla dolce morte



Primo caso di eutanasia al mondo su un minore in Belgio. La dolce morte - secondo quanto riferiscono i media locali - è stata applicata su richiesta del giovane e con il consenso dei genitori, come prevede la legge, entrata in vigore nel 2014. Il presidente della Commissione federale sul controllo e la valutazione dell'eutanasia, Wim Distelmans, ha confermato la notizia e sottolineato che si è trattato di un caso eccezionale.

"Esistono fortunatamente pochi casi di questo tipo, ma ciò non significa che abbiamo il diritto di negare loro il diritto ad una morte dignitosa", ha dichiarato il professore. L'età del minore non è stata precisata, né sono emersi dettagli sul caso, se non che il minore soffriva di una malattia in fase terminale.

Il Belgio è l'unico Paese al mondo ad aver esteso la pratica dell'eutanasia ai bambini, senza porre limiti di età, contrariamente ai Paesi Bassi che hanno fissato la soglia minima a 12 anni. La legge si applica a minori "capaci di intendere e di volere", che soffrono di una malattia incurabile allo stadio terminale, cui si aggiunga una sofferenza fisica costante e insopportabile che non può essere alleviata. Il bambino o l'adolescente deve farne richiesta, che viene poi valutata da una équipe medica e da uno psichiatra o psicologo. I genitori devono dare il proprio consenso.

Parisi: "Renzi è un pericolo per l'Italia" Avviso di sfratto: "Adesso siamo pronti"

Il siluro di Parisi: "Renzi pericolo per l'Italia". E lancia una frecciata ai big di Forza Italia



Se Stefano Parisi riuscirà a vincere lo scetticismo dei big di Forza Italia, forse potrà dirlo solo il tempo. Ma almeno a chiusura dei due giorni di convention a Milano, il manager ci ha tenuto almeno a lanciare un avviso di sfratto per Matteo Renzi in vista del prossimo referendum costituzionale. "Renzi non è un pericolo per la democrazia - ha detto Parisi - ma per lo sviluppo dell'economia. Non c'è pericolo di un colpo di stgato, ma della morte del Paese che è molto più grave".

Alla fine del primo evento organizzato dal manager già candidato sindaco a Milano per il centrodestra, il bilancio è positivo almeno sugli intenti: "Sono stati due giorni densi ed essere così tanti ad ascoltare relazioni così intense e piene di contenuto è importante". Lo spirito di fondo sul quale Parisi insiste è rendere più inclusiva la coalizione: "Molti dei miei colleghi di Confindustria votano No perché hanno paura che dopo ci sia il caos - ha aggiunto Parisi - cosa che non sarà perché ci sarà una forza politica, il centrodestra, che sostituirà Renzi al governo. Siamo pronti se siamo uniti".

Il messaggio più politico è riservato ai dirigenti del partito berlusconiano, quando Parisi ribadisce che la base di partenza resta il manifesto liberale di Berlusconi del '94, ma da aggiornare "perché il Paese è cambiato". Per i big forzisti l'appello è chiaro: "Dobbiamo trovare un nuovo spirito, la capacità di lavorare gomito a gomito, superando la logica dell’invidia che ormai pervade questo Paese. Occorre uscire dal linguaggio del pensiero dominante e perseguire il linguaggio della verità. Superare quell'invidia che spinge un capo o un dirigente che ha un collaboratore più bravo di lui a metterlo da parte". Questi, dice: "sono i giochi di un' amministrazione nella quale è impossibile generare energie positive. A noi - prosegue Parisi - interessa far lavorare quelli bravi. E se c’è qualcuno che ha più benzina, è bene lasciarlo andare". Quindi: "Abbiamo bisogno di un approccio nuovo che ci consenta di essere una forza in grado di far tornare l’Italia ad essere un grande Paese".

Terremoto, parla il sindaco di Amatrice: "Via dalle tende": c'è anche la data

Terremoto, l'annuncio del sindaco di Amatrice: "Via dalle tende". C'è anche la data



"Il tempo dell’emergenza è alle spalle. Ora iniziamo una nuova fase, siamo pronti a partire con lo smontaggio delle tendopoli, che inizierà venerdì prossimo". È quanto ha dichiarato il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. "Entro il prossimo weekend, d’accordo con le istituzioni regionali - ha sottolineato Pirozzi - daremo avvio alle operazioni per consentire in tempi ragionevoli il rientro dei cittadini di Amatrice in edifici più consoni. Abbiamo le liste di chi ha scelto il contributo per la sistemazione autonoma, quelle di chi potrà rientrare nella prima casa perché agibile, quelle di chi ha messo a disposizione la propria seconda casa per chi non ha più un tetto e l’elenco di quanti preferiscono gli alberghi. Dal prossimo weekend - ha concluso il sindaco - iniziamo a costruire la nuova Amatrice".

L'intervista - Doris, la sua profezia dopo la Brexit: "Italia fuori dall'euro? Si può se..."

Doris, la profezia dopo la Brexit: "Uscire dall'euro? Solo se..."


intervista di Giuliano Zulin



Presidente Ennio Doris, a "La Gabbia" su La7, ha detto: «Se fossi inglese, avrei votato per la Brexit». Lo diceva anche prima del referendum o lo afferma adesso, dopo i buoni dati britannici?

«Lo dicevo anche prima del referendum del 23 giugno. Pensavo che qualche conseguenza immediata di carattere negativo ci sarebbe stata perché i cambiamenti e l' incertezza generano negatività. E anche per il pessimismo che si era diffuso, ad esempio sono convinto che una serie di imprese abbia rinviato di mesi decisioni importanti».

Lei è forse l' unico, almeno in Italia, a pensarla così nel mondo dei banchieri e della finanza. È lei che ama andare sempre controcorrente o sono gli altri che stanno sbagliando tutto?

«Le racconto questo episodio: subito dopo il referendum inglese ero in Spagna, a un incontro con le principali case d' investimento mondiali. Ho parlato con uno strategist di una grande casa, la persona adatta, immaginavo, per comprendere la Brexit. Gli ho chiesto: cosa prevede dopo il voto di Londra? E lui: "calo del Pil britannico intorno al 4-6%". Ho provato a rispondere che avevo letto le stesse catastrofiche previsioni anche quando la Gran Bretagna era rimasta fuori dall' euro: si diceva che gli investimenti multinazionali avrebbero preferito l' Eurozona e che fosse minacciata la leadership londinese come mercato finanziario. Poi però è successo il contrario. Controreplica dello strategist: "Si sono salvati perché hanno svalutato". Bene, allora dico io, ma anche adesso hanno svalutato la sterlina...»

E lo strategist?

«A quel punto ha farfugliato...»

Come mai lei era sicuro di questo esito?

«C' era una tale pressione contro la Brexit, da parte dell' Europa e degli enti finanziari, come non avevo mai visto. Io, che istintivamente mi fermo quando tutti vanno in un' unica direzione, ho quindi letto con spirito critico le dichiarazioni dei vari Juncker e Schäuble, capendo che si trattava prevalentemente di messaggi elettorali: la Germania esporta 100 miliardi nel Regno Unito... »

Messaggio elettorale? Ma qua si gioca con i soldi e il lavoro di centinaia di milioni di persone…

«Le dico di più: è un discorso di democrazia. Per conquistare la sovranità in casa propria tanta gente ha dato la vita. Io sono europeista convinto, fin da bambino, ero innamorato di Schuman, De Gasperi, Adenauer. Sono del 1940, la guerra me la ricordo bene, e una volta finita anch' io capivo che c' era il desiderio di dire basta. Basta confini, creiamo un' unica comunità. Poi un giorno ho incontrato la Thatcher, che non mi piaceva tanto perché era anti-europeista: mi sono innamorato perché parlando di democrazia e sovranità disse: "Non accetterò mai che un ente esterno all' Inghilterra, che non ha ottenuto il suffragio del popolo, possa imporre leggi contrarie ai nostri usi e alle nostre regole. La UE deve essere rispettosa delle peculiarità dei singoli Stati».

Detto questo l'economia non va nemmeno meglio...

«L' Italia ha un virus, ha la febbre. Quando si ha l' influenza le medicine sono due: la tachipirina, che abbassa la temperatura ed è anti-infiammatoria, ma non basta a guarire, e quindi servono anche gli antibiotici. Per intenderci: la tachipirina sono i tassi di interesse, gli antibiotici sono invece le tasse».

La tachipirina c'è, la dà Draghi

«Sì, ma la si usa male. La stessa cura viene data per abbassare la temperatura a tutti, così la Bce compra titoli italiani e tedeschi, solo che la febbre italiana era a 38, mentre la Germania non ce l' aveva. La tachipirina funziona, noi scendiamo da 38 a 37,5, ma in Germania da 36,5 crollano a 35,5. Fa male anche la temperatura così bassa, cioè i tassi negativi. Allora la Germania dice: basta tachipirina, ma vuole toglierla a tutti, noi però abbiamo ancora la febbre…»

L'Unione Europea è al servizio dei tedeschi...

«Stiamo mantenendo il vantaggio a favore della Germania. Allora l' Inghilterra dice, le medicine me le scelgo io. E l' economia non potrà che andare meglio».

Noi cosa possiamo fare?

«Forse l' uscita dell' Inghilterra potrebbe favorirci, la Spagna ad esempio è stata graziata sul deficit-Pil alto. Ma bisogna battere i pugni sul tavolo a Bruxelles...».

Per battere i pugni bisogna essere forti...

«Sì, ma forti in Italia. Ci vorrebbe un governo forte, che lavori per cinque anni. Come prima cosa bisognerebbe tagliare 10 miliardi di spesa pubblica e conseguentemente 20 miliardi di tasse, cioè gli antibiotici di cui dicevamo prima. Allora potremmo battere i pugni. Renzi ha detto bene: ci prenderemo quello che ci serve…»

Ma uscire dall'euro, no? 

«È difficilissimo, però o l' Europa cambia o le cose possono precipitare, il rischio che salti l' euro c' è. Quando si stava aderendo all' euro, io, da europeista, ero contro, perché lo ritenevo un pericolo per l' Europa unita... Concordavo con Antonello Zunino, autore del libro L' insostenibile pesantezza dell' euro che diceva: quando è nato l' euro la Baviera quanto il Veneto sono diventate regioni di tutti ma con leggi diverse, senza più le rispettive valute che facevano da cuscinetto».

Renzi, referendum. Lei vota Sì?

«Il problema non è il referendum, sono le medicine da dare all' economia. Ci vuole subito una riduzione delle imposte ai lavoratori, per stimolare i consumi e ridare fiducia. Poi una cosa radicale: riduzione fiscale alle imprese, così partono gli investimenti. Nel breve aumenta il deficit, ma solo nel breve. Due esempi: l' Irlanda negli anni '80 avevano debito-Pil peggio del nostro, poi hanno tagliato tasse e spese e sono arrivati quasi al 25%. Secondo esempio: a inizio anni '80 l' aliquota familiare negli Usa era al 71%, quando arrivò Reagan il primo provvedimento fu ridurla al 50% e nel secondo mandato al 28%. Ebbene, da lì è partito il grande sviluppo americano fino al 2001. La crescita si fa con meno tasse, non tagliando il debito».

Usa bombardano (per sbaglio) 62 soldati A un passo dalla guerra: la furia di Mosca

Gli Usa bombardano 62 soldati siriani. Venti di guerra



Sarebbero almeno 62 i soldati dell’esercito siriano rimasti uccisi e un centinaio quelli feriti nell’attacco aereo della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti nell’area montuosa di al Tharda, nella Siria orientale. Lo riferisce il Ministero della Difesa russo. «Oggi, nelle zone vicine all’aeroporto di Deir ez-Zor, la Coalizione internazionale contro lo Stato islamico (Is) ha effettuato quattro attacchi aerei contro le truppe governative siriane circondate da terroristi», ha detto in una dichiarazione il portavoce del ministero, generale Igor Konashenkov, aggiungendo che gli aerei militari sono entrati nello spazio aereo della Siria dal confine iracheno. Il bilancio sarebbe invece di almeno 30 vittime secondo l’Osservatorio siriano sui diritti umani. Se confermato, sarebbe la prima volta che la coalizione a guida Usa prende di mira le forze governative siriane. Secondo fonti vicine all'esercito Usa, il bombardamento sarebbe partito per errore, avendo scambiato la postazione delle forze siriane per una postazione dell'Isis. Le forze della coalizione hanno comunque sospeso i raid. 

Canone Rai in bolletta: è un bidone Quanti soldi (nostri) hanno già perso

Flop del canone Rai in bolletta, è un bidone: quanti soldi ha perso Viale Mazzini



Un'operazione fallimentare. Il tanto discusso canone Rai in bolletta si sta rivelando un vero e proprio flop. Da una indagine condotta da ItaliaOggi, la metà degli italiani si è rifiutato di versare l’obolo alla tv pubblica, versando solo l’importo dei consumi elettrici. A comunicare la notizia all’Agenzia delle Entrate sono state le società elettriche, secondo cui l’evasione ha raggiunto punte del 60% al Sud mentre al Nord i valori medi non superano il 50%.

Solo chi riceve a casa il bollettino postale può decidere di non pagare. Se avete l’utenze domiciliata in banca, invece, non c'
è scampo. Nel caso del bollettino postale, dovete prenderne uno bianco e compilarlo con il numero di conto corrente del gestore elettrico, inserendo l’importo della fattura sottraendo la voce del canone.

Attualmente l’Agenzia delle Entrate è all’opera per verificare l’avvenuto pagamento della tassa sulla tv e controllare le dichiarazioni di esenzione, i mancati pagamenti e le certificazioni di non possesso, inviate dai contribuenti per non pagare il canone. Manca all’appello una buona fetta degli incassi previsti: i dati presi in considerazione riguardano il solo mese di luglio e manca un mese di fatturazione. È tuttavia da escludersi che l'operazione canone in bolletta possa avvicinarsi a quel 100% auspicato dal governo Renzi, che rischierebbe di dover affrontare un flop e di dover abbandonare l’idea della riscossione attraverso l’utenza elettrica.

Il Fatto Quotidiano, che riporta uno studio  della Cgil, sostiene che con un'evasione a zero l'extra-gettito sarebbe di 220 milioni, che si riducono a 100 con un' evasione al 4%. Con quella provvisoria fornita dall' Enel (cioè 2,1 milioni di evasori) l' importo finale supera di poco gli 1,6 miliardi e non c'è extra-gettito. Dal numero complessivo dei paganti stimato, vanno infatti tolti gli 820 mila utenti che hanno chiesto l'esenzione all'Agenzia e i 300 mila ultra-settantacinquenni con reddito fino a 6.850 euro annui che lo sono per legge.