Michele Giarrusso: "Il caso Raggi a Roma? Un complotto, so chi c'è dietro..."
intervista di Andrea Tempestini
@anTempestini
Se lo chiami senatore s’incazza e ti corregge: «Cittadino». I grillini ormai il «senatore» lo hanno digerito, lui no. Su internet gira una foto che lo ritrae in slip azzurri semi-nascosti da un grembiulone da cucina in fantasia-Subbuteo, col disegno di un campo da calcio per intendersi. Nella mano destra forchettone da grigliata, in quella sinistra le pinze per la carne. Le dà fastidio quell'immagine? «Ma si figuri, siamo gente ruspante noi del Movimento». Da buona forchetta mi chiede se è possibile posticipare di qualche minuto l’intervista: «Hanno servito ora la pizza e mi dicono che è già alla temperatura giusta per mangiarla». Diamo tempo alla pizza, allora. E introduciamolo: Michele Giarrusso, corpulento catanese, classe ’65, senatore del M5s (ci perdoni per il senatore), celebre per le sue dichiarazioni avventurose e per la risata contagiosa. Quando disse che «Renzi andrebbe impiccato» perché volò in vacanza a Courmayeur con un aereo di Stato scatenò il finimondo. Si è pentito di quella frase? «Solo di aver pensato di poter distinguere tra una trasmissione satirica come La Zanzara (dove propose il cappio, ndr) e una dichiarazione ufficiale. Non l’avrei mai detto, a lei...».
Finita la pizza?
«Sì, anche caffè e amaro».
Bene. Quanto le stanno sulle palle i giornalisti?
«AHAHAHAH. Non ho pregiudizi su nessuno di voi. Tranne uno abbronzato che mi ha dato dello Shrek su un noto giornale».
Si parla del “grillino” Andrea Scanzi.
«Lo chiamo il cretino lampadato».
A proposito, s’incazza anche se le do del “grillino”?
«Si figuri, animale bellissimo, mi snellisce…»
Primo incontro con Beppe Grillo?
«Sul palco a Taormina, nel 2006. Parlammo del piano rifiuti di Cuffaro, della mafia, degli inceneritori».
Che impressione le fece?
«Lo seguivo da tempo, ma lì capii che aveva in mente la costruzione di un movimento politico a tutto tondo».
Era già attratto dalla politica?
«Ho sempre militato nel movimento antimafia, ma non mi riconoscevo in nessun partito».
Prima del M5s non votava?
«Non votare è una scelta atroce, c’è chi sogna di poterlo fare. Ma c’è uno spartiacque: le elezioni del 2006. La sinistra andò al potere e per prima cosa fece amnistia e indulto. Col voto ho chiuso lì».
Dunque fino al 2006 era di sinistra.
«Vagamente. Quelli di destra dicevano che ero di sinistra e viceversa: poi è arrivato il Movimento e ho risolto la questione».
Che rapporto aveva con Gianroberto Casaleggio? Sembrate agli antipodi...
«Distanti come le Alpi dalle Piramidi. È stato un privilegio confrontarmi con lui, vederlo nei momenti difficili: sapeva di avere poco tempo e ha continuato a combattere».
Un ricordo?
«Le sue telefonate passionali, di un passionale settentrionale. Chiamava di notte, mi mancano quelle chiacchierate. E in un momento come questo la sua esperienza manca a tutto il Movimento: la barra la sapeva tenere».
Il gran casino di Roma...
«Avrebbe dato il suo contributo».
Per Virginia Raggi non il migliore degli inizi.
«Il suo compito è improbo, si prende gran calci nelle gengive. Ma non avevamo mai detto che sarebbe stato facile né che siamo perfetti. A Roma quello infallibile è uno solo, un gesuita che viene “dalla fine del mondo” e che veste in bianco».
Nulla da rimproverare al sindaco?
«Mi scusi, c’è per caso un’accusa mossa alla Raggi sulla gestione della città? Solo roba fumosa, “mi ha detto”, “non ha detto”. Per andare al sodo, quando Virginia dice che Paola Muraro non ha ricevuto alcun avviso di garanzia ha detto la verità».
Ma la Muraro è indagata, e lei e Luigi Di Maio questo lo hanno taciuto.
«Stiamo parlando di un’accusa che al massimo prevede una multa. Se io faccio una denuncia falsa nei suoi confronti e la cito con nome e cognome, in Procura registrano tutto. Poi magari decidono che il senatore Giarrusso ha detto una montagna di cazzate e la faccenda si chiude lì, senza neppure avvisare l’interessato».
Ammetterà che, almeno, c’è stato un errore di comunicazione.
«Ripeto, non siamo perfetti. Gli errori servono a prendere le misure: impariamo, rimoduliamo. Di sicuro contro di noi c’è una reazione violentissima di Mafia Capitale, che ha messo in campo tutti i cannoni mediatici a sua disposizione. Stanno montando una vicenda che ha la consistenza del nulla».
Insomma, dietro c’è una “manina”...
«Scusi, francamente... pensi al fatto della e-mail (quella spedita da Paola Taverna a Di Maio per comunicare che la Muraro era indagata, ndr), agli sms, alle conversazioni private: è finito tutto sui giornali. Una puntualità sospetta, che mi spinge a pensare che dietro ci sia una regia. Parliamoci chiaro: qui c’è in ballo Roma, la possibile vittoria alle elezioni, il governo del Paese».
Regia di...?
«Ci sono tanti e tali di quegli apparati... non ultima la manovra di Renzi per mettere un suo amico a capo dei servizi...»
Marco Carrai.
«...proprio per fare spionaggio informatico. Non escluderei che dietro a questa puntualità ci sia una regia che non ha nulla a che fare con fonti interne al Movimento».
Quando la Taverna, prima del voto, disse che «c’è un complotto per farci vincere a Roma» le risero dietro. Mi sta dicendo che era una mezza verità?
«Paola è vorace e spontanea, ma dietro a questa maschera nasconde una capacità di analisi molto rapida, coglie i punti: lei, che è addentro alla palude romana, potrebbe aver intercettato prima degli altri qualche segnale. Quella frase è stata profetica».
Mi sta dicendo che gli elettori vi faranno pagare il pasticcio di Roma?
«No, intendiamoci: negli Stati Uniti questi attacchi li chiamano shit storm (tempesta di merda, ndr): una volta passata, la gente si rende conto che si trattava di fango buttato al vento. Si stanno arrostendo gli altri, non noi».
Ottimista.
«Assolutamente».
Poi vincete il referendum.
«Vinceranno gli italiani».
Ovvero vincerà il “no”. Dunque trionfate alle elezioni.
«Non sarà così semplice. Proprio come per il referendum cercheranno di posticipare il voto: si inventeranno una guerra, la venuta degli alieni. Il Pd proverà a far dimenticare che Renzi e Boschi facevano parte della loro compagine: vogliono arrivare alle urne dicendo che “noi quelli non li conosciamo”».
Dà per certe le dimissioni di Renzi in caso di sconfitta al referendum.
«Di scontato non c’è nulla».
Del premier disse che Berlusconi, al confronto, è un dilettante: mi spiega?
«Berlusconi, nel bene e nel male, mi è sempre sembrato un vero imprenditore, con tutti i difetti degli imprenditori che fanno politica. Renzi invece è un personaggio costruito scientificamente per due obiettivi. Il primo, scalare con un’Opa ostile il Pd. Il secondo, governare il Paese per conto di poteri oscuri. Rispetto a Berlusconi, dietro ha una costruzione molto più articolata».
Mi parla di massoneria?
«Le idee di Renzi non arrivano dal Pd, ma sono partorite da pensatoi precisi: quelli dell’ultra-destra americana che considera il partito repubblicano un covo di socialisti. Un pensatoio micidiale, che sicuramente ha dei centri, anche massonici, con cui esprime la sua forza».
...quanto vi manca il Pd di Bersani.
«AHAHAH. Quello bello casereccio!»
Ma non siete stati troppo teneri neppure con lui...
«Non potevamo esserlo».
Di Salvini che ne pensa?
«Io Salvini lo vedo bene con la ruspa. Ma davanti. E molto ben lanciata. AHAHAH».
Immagine efficace. Lei cannoneggiò contro Napolitano («i mafiosi hanno più dignità», ndr) ma non ricordo attacchi a Mattarella. Salva almeno lui?
«Mattarella chi?».
Ah, ecco...
«Sa, Napolitano interveniva a piè sospinto: in commissione Giustizia abbiamo avuto ingerenze enormi. Insider del Pd mi hanno riferito che, ai tempi del governo Letta, il ministro della Giustizia prendeva indicazioni da lui in persona. Ha avuto un influsso nefasto sul nostro Paese. Ora siamo passati a un presidente che io definisco “punto interrogativo”: dov’è?»
A cena con la Boldrini o la Santanchè?
«Ma per piacere! Con gli amici, che è meglio».
Ci sarà pure un politico di un altro partito che le è simpatico...
«Non gliene saprei indicare nemmeno uno: in Senato le sorprese non sono mai piacevoli».
Duri e puri.
«Più duri che puri. AHAHAHAH, si scherza, ma noi del Movimento non ci facciamo molti amici».
E col “cittadino” Vito Crimi ha chiarito?
«Che?»
Giugno 2013. In giunta elezioni dovevate votare l’ineleggibilità di Berlusconi, Crimi si perse tra i palazzi romani, niente voto e lei gliene disse di ogni.
«AHAHAHAH. Ancora non ci conoscevamo, ero arrabbiato, le mie sfuriate sono conosciute. Abbiamo risolto».
Al tempo si immaginava che oggi sarebbe stato ancora in Senato?
«Non avevo dubbi, le avevo viste le facce a Palazzo Madama: era chiaro, avrebbero resistito fino all'ultimo».
Il secondo mandato lo farà?
«Decideremo in famiglia, se me lo permettono...».
Faticaccia fare il “cittadino”?
«Eh, mica solo per gli affetti. Mi piaceva la mountain bike ma non ci posso più andare, anche perché ho preso peso AHAHAH. A pesca non ci vado più. Ogni tanto faccio un giro in moto. Per rilassarmi ascolto musica classica e barocca, l'unica passione per cui mi resta il tempo: ho una collezione di 2mila long play».
Un rimpianto?
«Le cito Dalla Chiesa: avrei voluto gli alamari “cuciti sulla pelle”».
E dopo la politica?
«Mi godo il mio Paese».
A Cinque Stelle?
«AHAHAH».
Questa risata è scaramanzia.