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venerdì 9 settembre 2016

TONINO IL SALVATORE L'ex pm va con la Raggi? Che cosa ne pensa Grillo

Un ex ministro nella squadra della Raggi. Ecco l'uomo che può salvare i grillini



Nel marasma di indiscrezioni che si susseguono in queste ore convulse per i il Movimento Cinquestelle di Roma, arriva il nome di Antonio Di Pietro a sparigliare le carte in tavola e, chissà, a risolvere almeno in parte gli affanni di Virginia Raggi nel possibile rimpasto della sua giunta. Secondo l'agenzia stampa il Velino, l'ex ministro potrebbe presto entrare a far parte della squadra della sindaca di Roma. A dirlo sarebbero "fonti ben informate" che avrebbero fatto salire le quote per Di Pietro, dopo che Beppe Grillo avrebbe spinto perché la sindaca si liberasse degli assessori Muraro e De Dominicis, diventati ormai spina nel fianco della grillina. Già quest'ultimo è uscito dai radar grillini, dopo l'annuncio della stessa Raggi dalla sua pagina Facebook: "In queste ore ho appreso che l'ex magistrato e già procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio in base ai requisiti previsti dal M5S non può più assumere l'incarico di assessore al Bilancio della giunta capitolina, pertanto di comune accordo abbiamo deciso di non proseguire con l'assegnazione dell'incarico. Siamo già al lavoro per individuare una nuova figura che possa dare un contributo al programma della giunta su Roma".

Dallo scorso luglio, l'ex pm di Mani Pulite era stato nominato presidente della società autostradale lombarda Pedemontana dalla Regione Lombardia di Roberto Maroni. Un incarico definito più tecnico che politico, ma che di fatto aveva staccato ancora di più Di Pietro dagli ambienti del centrosinistra. Che però ci fosse un legame imprescindibile tra il dipietrismo e il grillismo non è cosa nuova. Di Pietro è tornato in tv sempre più spesso, invitato da diversi talk a commentare le tribolazioni della Raggi e dei grillini a Roma, senza mai far mancare il suo sostegno alla causa grillina.

La prima traccia però di collegamento tra Di Pietro e il mondo grillino però si ritrova nei primi passi in politica dell'ex toga. Quando come responsabile web dell'Italia dei valori c'era un certo Gian Roberto Casaleggio, che curava tutta la comunicazione online del partito. Come ricorda il Velino, proprio Di Pietro aveva commentato recentemente: "Con Casaleggio al mio fianco sarei ancora in politica". Il suo nome potrebbe trovare quindi poche se non nulle resistenze da parte di Grillo e di Casaleggio jr, oltre a spostare un po' della pressione mediatica dalle spalle della sindaca Raggi.

Sondaggio-choc, Renzi nel panico: le cifre da "sprofondo negli abissi"

Sondaggio-choc, Matteo Renzi e il PD nel panico: le cifre da "sprofondo negli abissi"


Ci sono i sondaggi sui quali tutti possono mettere occhi e mani. Poi ci sono sondaggi riservati, commissionati dai leader e che planano soltanto sulle scrivanie dei loro uffici. Qui si parla di uno di questi ultimi, citato da Dagospia e planato sulla scrivania non di un leader, ma di un premier: Matteo Renzi. Un sondaggio che turba ulteriormente il sonno del presidente del Consiglio.

Si tratta, ovviamente, del referendum costituzionale sul quale l'Italia voterà tra la seconda metà di novembre e i primissimi giorni di dicembre. Secondo quanto si legge nel report riservato, il "no" prevarrebbe del 6 per cento. Un abisso. Cifre che rendono la rimonta molto, molto difficile. E, lo si ricorda, soltanto poche ore fa Renzi ha confermato che in caso di sconfitta al referendum, ovvero in caso di vittoria del "no", si dimetterebbe.

E oltre ai sondaggi riservati, ci sono quelli pubblici. Nel dettaglio c'è quello proposto da Enrico Mentana al suo TgLa7 e commissionato all'istituto Emg. Anche in questo caso, in vantaggio sono i "no", con il 28,6% (in calo dell'1,1%), mentre i "sì" si fermerebbero al 26,9% (in calo addirittura del 2%). Per Emg, ad oggi, la fetta più grande riguarda gli indecisi, al 44,7% e in crescita del 3,1 per cento. L'astensione viene data al 46 per cento. Nessuna buona notizia, per Renzi.

La vendetta di Schettino su De Falco Cos'è successo a "torni a bordo, ca..."

Marina militare, il comandante Gregorio De Falco trasferito al Demanio della Marina



Da quel 13 gennaio 2012 quando il comandante Francesco Schettino sulla Costa Concordia effettuò la manovra che costò la vita a 32 persone, per il comandante che coordinò le operazioni di soccorso, Gregorio De Falco, è iniziato un calvario che sembra non avere fine. 

Il comandante in un'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano spiega per quali motivi, a suo modo di vedere, è stato costretto a trasferimenti in questi quasi quattro anni: "Durante i soccorsi, mio malgrado, divenni protagonista mettendo in ombra i livelli più alti. Prima mi hanno trasferito all'ufficio relazioni esterne. Ho fatto ricorso al Tar che lo ha respinto per una mancanza formale, ora è al Consiglio di Stato. Ho chiesto io di andare alla Marina  militare di Napoli, ma sono stato mandato a dirigere l'ufficio del Demanio dove non sfrutterò l'esperienza nel coordinamento dei soccorsi".

"Evidentemente ero scomodo - ha concluso il comandante - basta leggere le ultime due righe dell'encomio solenne attribuitomi in cui si precisa che la ricompensa mi viene data solamente perché espressamente richiesta da un sottosegretario del governo. Una chiara presa di distanza da parte della Marina Militare. Mi chiedo: sarà un caso che sia io che il mio collega, che abbiamo collaborato alle indagini, siamo stati trasferiti dalla Capitaneria?".

Trema la banca rossa, si è dimesso il capo Il mistero: quanto intascherà adesso

Trema la banca rossa, si è dimesso il capo. Il mistero su quanto intascherà ora



Fabrizio Viola lascia la guida di Mps dopo quattro anni e mezzo. Raccolta all’inizio del 2012 la pesantissima eredità lasciata dalla coppia Mussari-Vigni, conti in profondo rosso e una lunga bufera giudiziaria, firma tutti i passi di un difficile processo di risanamento e pulizia, ancora in corso: nel gennaio 2013 rettifica per 730 milioni i suoi tre principali derivati; nel giugno 2014, dopo un braccio di ferro con la Fondazione, arriva il primo aumento di capitale da 5 miliardi di euro; l’anno successivo, a giugno 2015, il secondo aumento di capitale da 3 mld.

Intanto, nel primo trimestre 2015, si registra il ritorno all’utile. A luglio 2016 arriva la maxi-cessione di sofferenze, quasi 10 mld, chiesta dalla Bce e la previsione di un nuovo aumento di capitale da 5 mld. Lo stesso Viola, in un’intervista al Sole24Ore, parla di questo passaggio come di «una svolta fondamentale nella storia degli ultimi anni; la fase finale di un lungo riassetto avviato nel 2012". Un percorso che Viola ha condiviso con il presidente della banca, Alessandro Profumo prima e Massimo Tononi poi. Proprio Tononi, dopo le prime indiscrezioni circolate sull’ipotesi di un avvicendamento al timone della banca, era intervenuto recentemente per ribadire la fiducia nel suo amministratore delegato.

Poi la decisione, condivisa con il cda, di fare un passo indietro. L’ad uscente «lascia la banca solida e in utile, con un piano, presentato al mercato lo scorso 29 luglio, che comprende una soluzione strutturale e definitiva per gli npl", ricorda il board, ringraziandolo all’unanimità "per l’alta qualità del lavoro svolto nell’interesse di Banca Monte dei Paschi di Siena, esprimendo "un forte apprezzamento per la grande competenza, la totale dedizione e trasparenza con cui ha guidato efficientemente la banca per più di quattro anni".

Fabrizio Viola, nato a Roma nel 1958 , si è laureato in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano. È stato Direttore Generale di Banca Popolare di Milano, dal settembre 2004 allo stesso mese del 2008 prima di essere nominato Amministratore Delegato della Banca Popolare dell’Emilia Romagna. Nella prima parte della sua carriera ha lavorato in importanti società del settore della consulenza e della finanza per poi entrare nel settore dell’ asset management, assumendo la responsabilità della gestione di alcuni fondi comuni di investimento di dimensione internazionale.

Tra le esperienze professionali più rilevanti, l’ingresso, nel 1987, nel Gruppo IMI, nell’ambito del quale è stato Direttore e responsabile del portafoglio azionario italiano delle gestioni patrimoniali private e istituzionali presso Sige. Nel 1990 entra nel Gruppo Fondiaria e, nel 1995, entra nel Gruppo Bpm, come vice direttore generale e direttore investimenti in Ges.Fi.Mi, responsabile dell’attività di asset management del Gruppo Banca Popolare di Milano.

Dopo un’esperienza di circa tre anni come Vice Direttore Generale di Banca Popolare di Vicenza, rientra nell’ottobre 2001 nel Gruppo BPM con il ruolo di Condirettore Generale e membro del Consiglio di Amministrazione di Bipiemme Gestioni Sgr. Nel 2002 assume la carica di Direttore Generale della stessa società. Dal 12 gennaio 2012 è direttore Generale di Banca Monte dei Paschi di Siena e, dal 3 maggio 2012, ricopre anche l’incarico di Amministratore Delegato dell’istituto di credito senese. Oggi l’annuncio del passo indietro.

LA LETTERA DI FELTRI A RENZI "Ti dico io che cosa stai sbagliando"

La lettera di Vittorio Feltri a Matteo Renzi: ti spiego perchè sulle pensioni sbagli tutto


di Vittorio Feltri



Illustre presidente, martedì a Porta a Porta ha parlato a lungo delle pensioni minime e molto basse, annunciando l' intenzione di aumentarle in misura tale da consentire a chi le riscuote di sopravvivere. Apprezzo i suoi buoni propositi, ma avrei da fare qualche obiezione che non ho potuto esprimere nello studio di Bruno Vespa, per il semplice motivo che vi sono entrato quando l' argomento era stato esaurito e quindi archiviato. Provvedo adesso.

Sono circa 8 milioni gli anziani che hanno diritto a un ritocco dell' assegno, oltre il 50 per cento dei pensionati. Pertanto la somma che l' Inps dovrà versare in più si aggira attorno ai 6 miliardi. Dato che le casse dell' ente sono disastrate, mi domando dove si andranno a prendere tanti quattrini. Le farei notare che le cosiddette pensioni sociali (poco meno di 450 euro mensili) sono circa 850mila e vanno a persone che nella loro vita non hanno mai versato un euro di contributi. Occorre poi aggiungere 3 milioni e mezzo di italiani che ricevono il cosiddetto minimo pur avendo pagato tasse irrisorie e pochi contributi, ma che hanno comunque diritto per legge a un assegno di sostentamento.

Infine vi sono altri 800mila vecchietti che Berlusconi gratificò con un milione di lire al mese, nel 2002, che tradotti in euro sono oggi suppergiù 638. Praticamente, coloro che introitano denaro dalla Previdenza senza aver sganciato contributi superano i 5 milioni. Un numero spaventoso.

Gente che per altro non è soggetta a trattenute Irpef, contrariamente ai pensionati regolari, cioè che hanno lavorato e pagato fior di «marchette», i quali non sono affatto esentati dalle imposte indirette. Doppia ingiustizia. Difatti, lei va ad accrescere le pensioni di chi non se le è guadagnate, ma le incamera per una questione di equità sociale, mentre non solo trascura di incrementare il reddito di chi ha arricchito le casse dell' Inps, ma continua a costringerlo a girare allo Stato i tributi richiestigli.

E qui viene il bello, anzi il brutto. La Previdenza in sostanza penalizza i lavoratori in quiescenza che l' hanno sostenuta con denaro sonante (il proprio più quello dei datori di lavoro) per agevolare soggetti che si sono sempre sottratti, volontariamente o involontariamente, all' obbligo di contribuire: disoccupati cronici, casalinghe, poveracci sfruttati da imprenditori malandrini.

Ora il discorso è semplicemente drammatico. I fondi previdenziali, costituiti col sacrificio pecuniario dei lavoratori, non vengono utilizzati per garantire esclusivamente una vecchiaia dignitosa agli stessi lavoratori, ma servono anche a finanziare le pensioni sociali, la maternità, la cassa integrazione guadagni e perfino l' acquisto di immobili (in quantità smisurata) che poi vengono assegnati, a pigione agevolata, ai soliti raccomandati. È completamente saltata la logica previdenziale originaria.

I soldi dell' Inps, caro Renzi, non possono essere impiegati per fare beneficenza alle persone bisognose, che vanno sì aiutate ma tramite l' assistenza ovvero con i capitali della fiscalità generale, non con quelli accumulati dai lavoratori attivi e contribuenti.

Ma è possibile che lei non abbia ancora capito che Previdenza e assistenza vanno separate per non danneggiare i pensionati che la pensione se la sono sudata e non viene loro regalata dal governo, bensì costituisce il rimborso delle cifre che essi hanno versato in anni e anni di lavoro? La prego. Smettiamola di considerare i vecchi a riposo un peso per lo Stato. Non lo sono. Pretendono di riavere i denari che hanno anticipato allorché sgobbavano.

giovedì 8 settembre 2016

"Regeni? È stato usato come lavagna". Torture, l'ultima abominevole scoperta

"Regeni? È stato usato come lavagna". Torture, l'ultima abominevole scoperta



Il corpo senza vita di Giulio Regeni è pieno di segni, forse lettere dell'alfabeto incise sul cadavere. Il suo corpo "usato come una lavagna": queste le parole devastanti usate della mamma Paola e dal legale della famiglia, l'avvocato Alessandra Ballerini.

Questi i risultati dall'autopsia svolta in Italia, che la Procura di Roma ha messo a disposizione dei Regeni e ha consegnato nell'aprile scorso ai magistrati egiziani. Elementi che smentirebbero, una volta di più, la tesi della rapina degenerata in omicidio ad opera della banda criminale annientata nel marzo scorso, nel blitz da cui saltarono fuori il passaporto e altri effetti personali del giovane ricercatore friulano.

I medici legali Vittorio Fineschi e Marcello Chiarotti hanno individuato sul corpo del ragazzo di Trieste sono ferite superficiali che sembrano comporre alcune lettere dell'alfabeto, apparentemente slegate tra loro, in punti diversi. Tagli e marchi che potrebbero avere un significato. Probabilmente tracciate con un coltello, o un oggetto acuminato. La più chiara è quella tracciata sulla schiena, "regione dorsale, tratto toracico, a sinistra della linea spondiloidea".

Lo sfregio all'Italia devasta Charlie: "Fai schifo". La rissa in redazione

Lo sfregio all'Italia devasta Charlie: "Fai schifo"



La vergognosa vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto che ha massacrato il centro Italia finisce per spaccare anche la redazione del settimanale satirico. A prendere carta e penna è Robert McLiam Wilson, collaboratore del Charlie, che mette nero su bianco tutto il suo disgusto per quel disegno. "Ho visto le vignette in questione per la prima volta domenica sera - premette -. Ero assente, lontano dai giornali e lontano da internet. Non avevo letto l’edizione settimanale di Charlie — perché il mondo non gira attorno a Charlie, anche se sei un articolista di Charlie. Ho acceso il computer. Ho visto la vignetta".

Dunque, l'attacco frontale: "Effettivamente si tratta di spazzatura, non c’è ombra di dubbio. Capisco che abbiano scatenato tanta rabbia e risentimento, anzi, mi meraviglio che non ci siano state reazioni più violente. Quelle vignette non hanno alcun merito, di nessun genere. Sarebbe questa la satira? Che genere di satira? Dove? In quale dettaglio? No, è uno schiaffo in faccia, una provocazione crudele e insensibile. Non raggiunge alcuno scopo qualsivoglia, politico, polemico o morale. È un gigantesco nulla, un vuoto sgradevole e inutile".

"Non conosco l’autore delle vignette, tale Felix - prosegue Wilson -. Non conosco le sue intenzioni. Voleva forse prendere di mira la mafia? In tal caso non è riuscito nel suo intento, e io non sono certo stupido". Dunque, aggiunge: "Non posso difendere questa aggressione vuota, offensiva e deplorevole. Non ho pensato alle reazioni rabbiose degli italiani, quando ho visto le vignette. La rabbia si sazia di se stessa. Ho pensato invece a tutti coloro che sono rimasti sconcertati e feriti da quelle immagini. Soprattutto quanti sono rimasti offesi".

Una presa di posizione particolare, soprattutto perché arriva dall'interno. Infatti Wilson spiega che "non parlo a nome di Charlie Hebdo, non ho il diritto di farlo". E ancora: "So bene che il protocollo in questi casi suggerisce la discrezione e serrare i ranghi a fianco dei colleghi". E poiché "difendo con tutte le mie forze il concetto di libertà di espressione", "difendo anche il mio diritto alla libertà di espressione. Se ce l'hanno loro, ce l'ho anch'io. E qui dico che sono molto dispiaciuto per quanto accaduto, e mene vergogno. Hai fatto una versa schifezza, Charlie. Ero così fiero di scrivere per te. Eppure, per nessun motivo, ti hai offeso tante persone senza alcuno scopo". Touché.