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mercoledì 7 settembre 2016

Un muraglia per bloccare gli immigrati: la lezione della Gran Bretagna alla Ue

Un muraglia per bloccare gli immigrati: la lezione della Gran Bretagna alla Ue



Un grande muro a Calais, in Francia, per impedire il passaggio degli immigrati dal nord della Francia. Lo farà la Gran Bretagna, come ha annunciato il ministro dell’Interno.  

Già soprannominata la "grande muraglia di Calais", la barriera sarà alta 4 metri lambirà per un chilometro entrambi i lati della strada principale che porta alla città nel nord della Francia. I lavori inizieranno questo mese e si prevede che termineranno entro la fine dell’anno per un costo di circa 2,7 milioni di euro. A finanziarli il governo di Londra, come previsto da un accordo raggiunto con la Francia a marzo.  

La Bbc conferma la notizia e cita il sottosegretario per l’immigrazione Robert Goodwill che ha sottolineato come la sicurezza intorno al porto sia stata "intensificata ricorrendo ad attrezzature migliori". Il muro servirà a proteggere la strada da eventuali irruzioni da parte degli immigrati, migliaia dei quali vivono nel campo, la cosiddetta “Giungla”. Ma Richard Burnett, direttore esecutivo dell’Associazione autotrasportatori, ha parlato di "cattivo uso del denaro dei contribuenti", aggiungendo che sarebbe molto meglio spendere quei soldi per "aumentare la sicurezza lungo le strade di accesso".  

Il compagno Staino contro i comunisti: "Non sopporto neanche Renzi, però..."

Il compagno Staino contro i comunisti: "Non sopporto neanche Renzi, ma almeno lui..."


intervista di Francesco Specchia



Non ci sono più i comunisti di una volta. Li ha fatti fuori Renzi. Con tutta la sua arte del disincanto, ora l'architetto Sergio Staino, classe '40, Abramo della satira militante, se ne esce con Alla ricerca della pecora Fassina - Manuale per compagni stanchi, incazzati, smarriti, ma sempre compagni (Giunti pp 292, euro 16). Cioè con una «lettura consigliata ad un pubblico adulto accompagnato da figli o conoscenti giovani che possano tenerlo lontano dalla scene più crude» (scrive Ellekappa nella prefazione) in cui il suo Bobo massacra la vecchia guardia del Pci-Pds-Pd; ne allarga la faglia ideologica già dissestata; e viene, naturalmente, incolpato di renzismo, lapidato da una sinistra quasi più inesistente in natura.

Che triste destino, caro Staino: lei che viene trattato da reietto dalla sinistra di cui era il mentore, il personale Jonathan Swift. L' avrebbe mai detto?

«Veramente, mio caro, io sto presentando il mio libello in giro in tutte le feste dell'Unità d'Italia. Proprio ora ascoltavo a Radio Radicale un'intervista a Piero Folena, sostenitore del "No" al referendum per il Senato. Lei se lo ricorda Folena?».

Come no: elegantissimo, bello, il «braccio Armani di D'Alema», diceva il compianto Angese. È ancora vivo?

«Vivissimo. Sosteneva che "bisogna raccogliere tutte le forze del partito, non ne posso più di questo culto del Capo…", e detto questo, si mette con D'Alema l' uomo che del culto del Capo fu il massimo rappresentante».

Come vede, lei, quest'ennesimo attacco della sinistra d'opposizione al premier?

«Io la vedo bene, si può sperare. Perché una sinistra sia onesta, riformista, moderna bisogna farla senza D' Alema. Che è sempre riuscito a spacciarsi come il più intelligente di tutti pur non avendone azzeccata una. Io lo avvertivo "guarda, stiamo attenti a Berlusconi" e lui rispondeva "Ma figurati Berlusconi dura sei mesi". Oppure dicevo: occhio a Renzi ci fa un paiolo così; e lui: "tranquillo non dura". Infatti s' è visto. Io, come altri, non reagivo e intimorito pensavo: "Non è possibile che si sia sbagliato, D' Alema è troppo intelligente».

Ma, scusi, lei non era un estimatore di D'Alema?

«Stato dalemiano, bersaniano, preservatore della specie. La colpa, lo confesso, è anche mia. Ma oggi questi si lamentano di Renzi, che hanno inventato loro, tra l' altro. D' Alema sputa fuoco - badi bene- dal giorno stesso in cui ha scoperto che avevano nominato al Comitato economico sociale europeo la Polverini, al suo posto...».

Ribadisco: mi risulta che Renzi lei l'abbia sempre combattuto. E oggi, nel libro, lei invece disegna Sabino Cassese come un cartomante, Cofferati come un vecchio rincoglionito, Prodi come un trombone che parla nello stile cadenzato dell' I Ching cinese ma sfancula in bolognese. Non è un voltafaccia alla sua stessa storia?

«Nient' affatto. Non sono renziano. Anche se, tra gli insulti, sono in molti compagni a rinfacciarmelo. Come premier credo che Renzi qualcosa di buono Renzi l' abbia fatta, le riforme piaccia o non ci sono. Ma come segretario del Pd è un casino, oggi il suo è un non-partito; s' è perso il contatto umano, c' è il distacco con la base, s' è persa l' anima. E dire che la fortuna di Renzi è stata proprio il rapporto con la gente».

Azzardo che l' uomo voglia mantenere il doppio ruolo istituzionale per avere potere di vita e di morte sulle liste elettorali. Concorda?

«Ma certo. Ma a che serve se poi i tuoi non ti votano più?».

Lei disegna il premier come un Superman narcisista che vuole candidare a sindaco di Roma Bono degli U2, però lo dipinge come il male minore.

«Guardi, Matteo Renzi lo conosco molto bene, sin da quando, sindaco di Firenze, ci promise dei finanziamenti per manifestazioni culturali. Passò il tempo. Al mio sospetto di promessa mancata mi telefonò dicendo: "'A Sergio ma ti sei bevuto il cervello? Ma ti pare che non ti dò i soldi?"».

E i soldi arrivarono?

«Mai».

Ecco, appunto.

«Renzi era un florilegio di annunci non mantenuti già da allora. Ma almeno lui si muove, c' ha spirito, è fantasioso, lontanissimo dalla figura isterica e farisaica dei nostri dirigenti del Pd. Poi puoi anche non esser d' accordo con lui; a me, per esempio, non piace l' Italicum né la riforma costituzionale, ma capisco che se voto "No" le cose non cambieranno mai».

E Renzi ha vinto un congresso.

«E una volta che uno vince democraticamente il congresso, be', è giusto che comandi e che noi gli ci si metta a disposizione».

Non è che lei mi racconta la rava e la fava renziana perché è in predicato per la direzione dell' Unità?

«Come direttore dell' Unità mi sono proposto io; penso al mio Bobo come punto di raccordo del vecchio partito col nuovo, il simbolo dell' unione di tutta la sinistra che va dalla Boschi a Fassina, l' anima di una forza politica di libertà, non schienata sul capopartito (come invece è ora l' Unità, lontana anche dal progetto iniziale di Renzi). Non basta affidarsi a Facebook, che è, per i rapporti sociali, la cosa che più annichilisce».

Ma scusi, allora non andava bene anche Gianni Cuperlo?

«Esatto. E io, infatti, pregai Cuperlo: prendi tu la direzione del giornale, puoi trasformarlo in qualcosa di bello. Ma lui mollò sotto pressione della minoranza interna che voleva boicottare Renzi a tutti i costi. Anche a me diedero del "servo di Renzi". Il che è davvero ridicolo».

Lei ha vissuto una stagione formidabile di satira. Eravate dei fenomeni: lei, Altan, Vauro, Angese, Andrea Pazienza. Perché ora quella satira è sparita?

«Perché non c' è la passione politica che c' era allora. Oggi è stata sostituita dal rancore che non solo è improduttivo, ma porta alla morte della satira stessa. Oggi la carta stampata è mangiata poi, più che dalla tv, da Internet. Le vignette di Zerocalcare on line ti divorano tutta la satira Rai messa insieme».

Quindi noi tutti dobbiamo rassegnarci a spegnere i sorrisi della satira?

«Ma no. Credo che ci possa essere spazio per un progetto satirico multimediale, l' unico che potrebbe farlo forse è Cairo. L' importante è non fare come nel caso di Charlie Hebdo, le cui vignette, parliamoci chiaro, sono volgarità senza senso. L' ultima vera vignetta divertente loro fu quando Papa Ratzinger diede le dimissioni; tutti ad arrovellarsi sul perché l' avesse fatto, e Charlie Hebdo disegnò il Pontefice abbracciato a una guardia svizzera che sospirava: "Finalmente liberi!". Ecco in Italia nessuno avrebbe pubblicato una cosa del genere. Forse voi di Libero che siete di una bella rozzezza creativa. Lo dico come complimento...».

Chiude un partito del centrodestra Dopo anni, la resa di un leader

Chiude per sempre un partito nel centrodestra. Si arrende: "Non ci siamo riusciti"



Italia Unica, il movimento politico fondato due anni fa da Corrado Passera, chiude i battenti: «Non siamo riusciti - ha detto l' ex ministro ed ex banchiere - a convincere abbastanza italiani che serve un cambiamento fortissimo per riportare fiducia e speranza nel Paese». Sul suo futuro, Passera ha dichiarato di voler «continuare ad essere utile al Paese come so di esserlo stato da manager, da imprenditore, da servitore dello Stato e anche da presidente di Italia Unica. Con indipendenza di giudizio e libertà di pensiero».

Madre Teresa, il titolo-choc di Avvenire: "Perché deve fare del male" / Guarda

Madre Teresa, clamoroso titolo di Avvenire: "Deve far male..."



L'amore per essere vero deve "far male". E' il titolo quantomeno ambiguo che Avvenire dedica a Santa Madre Teresa di Calcutta. Certamente nell'apertura di pagina 6, il quotidiano dei vescovi non si riferiva a una pratica sessuale o una sorta di amore sadico ma ad una ben più profonda frase di Madre Teresa.

Che presa nella sua interezza, però, è tutt'altra cosa: "Ha fatto male a Gesù amarci, gli ha fatto male. Non voglio che mi diate del vostro superfluo, voglio che mi diate finché vi fa male". 

Dieta mediterranea ‘non plus ultra’ per il cuore vegetali, pesce e noci!

Dieta mediterranea Per il cuore vegetali, pesce e noci


di Eugenia Sermonti



Che la dieta mediterranea fosse uno dei pilastri della prevenzione, della salute e della longevità era noto, ma pochi studi epidemiologici ancora avevano indagato il ruolo del modello alimentare mediterraneo nel pazienti con patologie cardiovascolari conclamate. “Lo hanno fatto i ricercatori dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli – spiega Leonardo Bolognese, direttore della cardiologia dell’ospedale di Arezzo e ESC Local Press Coordinator – nell’ambito del mega trial Moli-sani in un troncone della ricerca su 1197 individui con una storia di malattia cardiaca arruolati nella popolazione generale (età media 67 anni, maschi nel 68% del campione). La storia clinica includeva patologie coronariche (n=814) ed eventi cerebrovascolari (n=387) e i dati sul regime alimentare è stato registrato con il ‘food frequency questionnaire’ di EPIC e l’aderenza alla dieta mediterranea è stata valutata con il Mediterranean Diet Score (MDS)”. Al termine del periodo di follow up durato 7,5 anni si sono verificati 208 decessi ma confrontando i dati con la dieta è saltato agli occhi che un incremento di 2 punti nel MDS era associato ad una diminuzione del rischio di morte del 21% in media (con un picco del 34%) e la maggiore aderenza alla dieta sana, abbassava il rischio del 37%. E isolando i singoli elementi è stato possibile calcolare il ‘peso’ degli elementi protettivi: l’elevato apporto di vegetali influisce per il 26%, il pesce fornisce un beneficio del 23%, l’assunzione di frutta e noci contribuiscono per il 13,4% e un elevato apporto di acidi grassi monoinsaturi e saturi per il 12,9%.

Il modello di controllo teneva conto di età, sesso, introito calorico, assunzione di uova e patate, livello di educazione, attività fisica, rapporto vita-spalle, abitudine al fumo, ipertensione, livello di colesterolo, diabete e cancro. L’evidenza è invece che gli anziani spesso si nutrono poco e male: secondo alcune stime sarebbero circa il 50% gli anziani over 65 che non si alimentano correttamente (dati SINUC rilevati in occasione di un ricovero ospedaliero). E la malnutrizione può essere pericolosa per la salute tanto quanto l’obesità: complicazioni e infezioni aumentano di tre volte. Si registra spesso uno scarso apporto di proteine per problemi di masticazione ed economici, gli stessi che fanno limitare l’apporto di frutta e verdura. Eppure un recente studio americano condotto alla Tuft University presentato al congresso dell’American Heart Association ha suggerito che politiche di contenimento dei prezzi di alcuni alimenti potrebbe avere effetti diretti sulla salute pubblica con milioni di vite salvate. Il modello matematico sviluppato ha calcolato che anche solo una diminuzione del 10% del prezzo dei vegetali freschi ridurrebbe le morti per malattie cardiovascolari dell’1,2% in 5 anni e del 2% nei successivi cinque, con una diminuzione del 2,6% del numero di infarti. E se in percentuale sembra poca cosa basta tradurre in numeri assoluti: si tratta di  evitare 515 mila morti per malattie cardiache. 

Bambini asmatici e attività fisica "Niente ansie, lo sport è benefico"

MEDICINA DELLO SPORT Bambini asmatici e attività fisica "Niente ansie, lo sport è benefico"


di Fabio Sermonti



Asma e sport? Si grazie. Quando questa patologia, che colpisce tra il 5 e 10% della popolazione pediatrica, è tenuta sotto controllo lo sport è benefico per la salute e può essere praticato persino a livello agonistico. Previa, ovviamente, valutazione funzionale e certificazione del medico dello sport. Basti pensare che una percentuale di atleti asmatici compresa tra il 4.2 e il 7.7 % ha partecipato alle diverse edizioni dei giochi olimpici tra il 2002 al 2010, e tra questi atleti, dal 5.4 al 15.6 %, hanno vinto una medaglia. L’attività fisica migliora l’efficienza cardiorespiratoria e previene l’insorgenza di sovrappeso o obesità, ansie e paure dei genitori non dovrebbero porre inutili limitazioni alla pratica sportiva perché il vero rischio per la salute è rappresentato dalla sedentarietà, avvertono gli specialistici della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP). Spiega la professoressa Marzia Duse, presidente SIAIP e direttore del Servizio di Immunologia e Allergologia Pediatrica dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma: “Sovrappeso e obesità registrano percentuali importanti tra i bambini asmatici. Questi fattori, da un lato, possono aggravare la sintomatologia dell’asma e, dall’altro lato, possono predisporre all’insorgenza di malattie dell’età adulta, quali diabete, osteoporosi, rischi cardiovascolari e asma stessa. Uno stile di vita corretto, che contempli una regolare attività fisica, è importante per tutti i bambini, ma lo è, per questi motivi, ancor di più per i bambini asmatici. La promozione dell’attività fisica e dei corretti stili di vita in età evolutiva per la prevenzione delle malattie respiratorie croniche è un obiettivo molto importante condiviso con la Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI)”.

Decisivo è il ruolo dei genitori. Genitori iperprotettivi sono ostacolo alla pratica sportiva. Questo è uno degli aspetti presi in considerazione da una recentissima revisione sistematica della letteratura scientifica sulla relazione tra asma, sovrappeso ed effetti dell'attività fisica in età evolutiva (Annals of Epidemiology, 2016;7:504-510) che ha comparato 75 studi condotti tra il 2000 e il 2014. Sebbene non sia stata ancora del tutto chiarita la correlazione tra asma e obesità, l’attività fisica risulta essere un fattore in grado di incidere su questa correlazione e di avere un impatto positivo sulla salute nei bambini e negli adolescenti. Ciononostante, conclude la ricerca, le paure dei genitori su possibili effetti secondari dell’asma rimangono i principali ostacoli alla pratica dell’attività sportiva. A conclusioni simili giunge uno studio italiano effettuato su 195 bambini asmatici e 205 controlli, presso il Dipartimento di Pediatria dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ in bambini che afferivano al Servizio Medicina dello Sport. I risultati della ricerca sono stati presentati al congresso dell’American Thoracic Society nel 2015 (Am J RespCrit Care Med 191,2015,A3364). “Anche da noi i genitori tendono a considerare allergia e asma come una barriera allo svolgimento di una regolare attività fisica – afferma Giancarlo Tancredi, tra gli autori dello studio e responsabile del Servizio di Medicina dello Sport del Dipartimento di Pediatria de ‘La Sapienza’ Università di Roma – Ad esempio solo il 21 % dei bambini asmatici esegue una visita specialistica allo scopo di conseguire il certificato di idoneità sportiva agonistica (necessario di solito dopo i 12 anni), nel resto dei casi la valutazione funzionale è finalizzata solo a monitorare lo stato di salute. Numeri ben diversi (79 %) si registrano tra i bambini che non hanno asma e allergie. Un altro dato da sottolineare è che la percentuale di soggetti sovrappeso e obesi è del 32.5 % nei bambini asmatici rispetto al 21.1 % dei controlli”.

Come scegliere lo sport più adatto. “I bambini asmatici possono praticare la maggior parte degli sport. La regola più importante è rispettare le attitudini e le inclinazioni dei bambini che devono naturalmente contemperarsi con le esigenze economiche e logistiche della famiglia. In generale sono sconsigliati solo gli sport  estremi in cui il bambino o l’adolescente può essere soccorso con difficoltà (parapendio, deltaplano), le immersioni subacquee in profondità e le attività svolte in ambienti fortemente inquinati” aggiunge Tancredi.  L’aspetto più importante da considerare è che l’asma deve essere tenuta sotto controllo. A questo proposito oltre ad assicurare l’aderenza alla terapia è bene far sì che il bambino sia seguito da un lavoro di squadra tra genitori, pediatra (o specialista curante) e istruttori i quali devono essere informati sulle condizioni di salute del bambino, sulle norme comportamentali e terapeutiche utili a evitare la crisi asmatica e, in caso di insorgenza, sulle azioni da adottare.


            I consigli per praticare in sicurezza l’attività sportiva


1) Rispettare le terapia prescritta del medico per tenere sempre sotto controllo l’asma; 
2) È sempre opportuna una fase di riscaldamento precedente l’attività fisica ed è preferibile la respirazione attraverso il naso, perché riduce il contatto con gli allergeni; 
3) L’attività sportiva va praticata in ambienti poco inquinati e con bassi livelli di concentrazione allergenica (acari, pollini);
4) Evitare di praticare attività sportive nelle fasce orarie più calde anche per la presenza di ozono;
5) Evitare discipline sportive che si svolgono in situazioni ambientali sfavorevoli (come ad esempio l’esposizione ad aria fredda e secca) sport estremi e immersioni subacquee;  
Non praticare attività sportiva in presenza di sintomi (tosse, sibili, affanno) e durante la crisi d’asma.


I cinque falsi miti su asma e sport


1) I bambini asmatici possono praticare solo il nuoto

Falso. E’ una credenza che appartiene al passato. I bambini asmatici possono praticare la maggior parte degli sport anche a livello agonistico. Sono sconsigliati gli sport estremi.

2) I bambini asmatici non possono fare sport a livello agonistico

Falso. Un bambino asmatico può praticare attività fisica a livello agonistico previa valutazione funzionale e certificazione del medico dello sport. Basti pensare al nuotatore Mark Spitz (sette medaglie d’oro alle olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972), o all’atleta etiope Haile Gebrselassie, recordman mondiale per la maratona a Berlino nel 2007 e vincitore di sei medaglie d’oro.

3) Lo sport può far venire l’asma da sforzo

Falso. L’attività fisica può scatenare l’asma da sforzo (tosse, sibili, affanno, senso di costrizione al torace) e può far pensare ai genitori che il bambino asmatico non debba fare sport. In realtà, questa condizione è un indice di uno scarso controllo dell’asma. Per questi motivi lo sport si può svolgere dopo aver prescritto una corretta terapia per l’asma e l’asma sia sotto controllo.

4) Il cloro delle piscine aggrava i sintomi dell’asma

Falso. Benché alcuni studi condotti su nuotatori di élite e operatori delle piscine abbiano rilevato che il cloro contenuto nelle piscine può aumentare l’iperreattività bronchiale ed il rischio di asma, una revisione sistematica della letteratura indica che il nuoto è ben tollerato nei bambini e negli adolescenti con asma stabile, migliora la funzionalità respiratoria e la fitness cardiopolmonare (Cochrane Database Syst Rev. 2013).

5) I farmaci per la terapia dell’asma, salbutamolo e corticosteroidi per via inalatoria (CSI), sono doping.

Falso. Negli atleti asmatici il salbutamolo somministrato per via inalatoria fino ad un dosaggio giornaliero di 1600 mcg ed i CSI non costituiscono doping. È vietato l’uso degli stessi farmaci per via sistemica o dosaggio elevato (salbutamolo>1600 mcg/die).

L'intervista - Banche e terremoti, mazzata di Boldrin: "Nel declino l'Italia ci sguazza sempre"

Banche e terremoti, la mazzata di Boldrin: "Nel declino noi italiani ci sguazziamo"


intervista di Pietro Senaldi



«Dovevamo fermare il declino, alla fine il declino ha fermato noi. Niente da fare, ormai non vale neppure più la pena di tentare».

Storia di un insuccesso?

«Il successo è stato introdurre la parola declino nello storytelling italiano, per rubare un' espressione a Renzi».

A proposito, non avevate avuto un abboccamento?

«Ci speravo in Renzi. Noi di NoiseFromAmerika (prima di provare con altri creando Fermare il Declino) l' avevamo cercato quando diceva di voler rottamare tutto, ma lui era determinato a restare nel Pd».

Mica scemo...

«A lui interessa vincere, poco gli importa come e per fare che cosa. Se confronto le promesse ai risultati ottenuti, ha prodotto solo schie, come direbbero nel mio Veneto».

Schie? 

«Piccoli gamberetti della Laguna, che possono avere uno storytelling ottimo se fritti e abbinati alla polenta».

In Veneto, il padovano Michele Boldrin in realtà non ci vive da 33 anni, quando volò negli Usa per prendersi un Ph.D. in Economia e da lì iniziò a peregrinare per gli States e a insegnare. Quattro anni fa, la tentazione di provarci con la politica insieme a un gruppo di economisti amerikani come lui e altri tre italiani d'orientamento liberale. Ottime premesse, poi all'improvviso tutto si sgonfiò, il movimento fu affossato dal suo stesso front-man, Oscar Giannino, che malgrado quanto dicesse in giro da anni, la laurea non ce l'ha mai avuta, e tantomeno il Ph.D... «A pochi mesi dalla nascita eravamo già al 4%, sarebbe stato un grande successo elettorale, ma non voglio far polemiche, ho chiuso».

Giannino mi ha confessato di essere vittima di difetti congeniti incontrollabili, uno psicanalista mi ha detto che è posseduto da una patologia specifica, pseudologia fantastica sarebbe la diagnosi… «Credo che stavolta dica la verità e che questa si applichi anche ad alcune persone di cui si era circondato».

Ma per la destra italiana non c'è speranza oggi?

«È un dramma politico ed è un dramma antico che ora si sta aggravando, perché in Italia una destra vera e civile non esiste. Esistono Salvini e Meloni, che reputo al limite della follia. Il loro merito è aver riportato alla luce del sole quella destra fascio-razzista, che stimo intorno al 20% della popolazione, che è sempre esistita, ma che la retorica della Liberazione ha tenuto sommersa fino agli anni '90».

Quando parlavo di liberali italiani mi riferivo più all'area forzista...

«Un' Armata Brancaleone di orfani che sono stati assieme perché il collante Berlusconi permetteva loro accesso a posizioni di potere. Ora non più».

Perché l'Italia non ha mai avuto un leader liberale?
«Culturalmente siamo fermi al periodo delle Signorie, mentre economicamente e socialmente la struttura portante è ancora quella fascista, con corporazioni protette dalla concorrenza, micro-imprese scarsamente produttive, dirigismo e tanto Stato assistenziale. Non abbiamo mai avuto un leader liberale perché manca la base elettorale. Chi non è di sinistra, in Italia, solitamente non è liberale ma anarco-individualista, pensa a sé e guai a chi si intromette. Il concetto che la libertà altrui è un limite alla nostra non ci appartiene. Il mantra di ognuno è: meno tasse pago meglio è».

Parla da comunista, non da ultraliberista. D'altronde gli amori giovanili non si scordano mai, giusto?

«Lo dice lei che parlare così è da comunista. Nella subcultura della destra italiana ricordare i principi base dello Stato liberal-democratico è parlare da comunista. In ogni caso, per farla felice, ecco l' aneddoto: in terza media mi cacciarono da scuola perché la professoressa diede un tema sulla strage di Piazza Fontana e io attaccai con "Valpreda è innocente, la strage è di Stato...". Fu il putiferio, d' altronde che colpa ne ho se ho avuto una maturità precoce e Valpreda era effettivamente innocente? Ma ho lasciato il Pci a 22 anni, comunista in fondo non lo sono mai stato, non mi piacevano Mao e Stalin. E nemmeno Cuba. Al massimo comunistoide, se vuole affibbiarmi l' epiteto».

E libertario lo è davvero, o lo è almeno stato?

«Mai detto di esserlo. I libertari sono la versione individualista dei comunisti, stesse utopie pericolose. Predicano che, se educato, l' uomo diventa buono e costruisce il Paradiso in terra. Assurdità contraddette da storia e scienza».

Ma la ricchezza di uno poi non casca a pioggia su tutti?

«Il mercato privo di regole è violento, è la giungla. Quello regolato in modo concorrenziale premia i migliori e conduce all' efficienza e l' efficienza serve a tutti. Ma non è "giusto" a priori, semplicemente è il miglior mezzo a disposizione per organizzare la nostra vita economica. Schumpeter, il migliore, sostiene che il mercato è solo un' organizzazione umana nella quale lottiamo (producendo, innovando e commerciando) per il potere e la ricchezza. La qual cosa è molto preferibile al farlo fuori dal mercato, rubando, distruggendo e uccidendo».

Gli italiani oggi sembrano diventati tutti grillini...

«Noi non abbiamo mai avuto una visione dello Stato sociale. Viviamo in una cultura che mischia il signore che fa l' elemosina al popolino e il popolino che insorge contro il signore. La nostra sinistra è un insieme di lobby che pastura e distribuisce prebende. Oggi che c' è poco da distribuire è emerso M5S, che mischia l' eterna fascinazione per la rivoluzione alla decrescita felice, al mare bello, all' ambientalismo primitivista e a tutti quegli altri concetti che ci siamo inventati per impoverire senza sensi di colpa, anziché rimboccarci le maniche e progredire».

La sua narrazione non spiega gli anni del Boom: siamo arrivati a essere la settima potenza economica al mondo, è stata una casualità?

«Eravamo settimi perché non ce n' erano otto grandi abbastanza nel mondo libero. Quanto si sta bene non si vede dal prodotto interno lordo, ma dal reddito pro capite, e lì non siamo mai stati tra i primi. Gli anni '50 e '60 sono stati l' eccezione, il Paese si è industrializzato favorito da pressioni esterne e da una manodopera a basso costo. Eravamo i cinesi d' Europa e una classe imprenditoriale si stava formando, ma le generazioni successive non sono state all' altezza. E poi…».

E poi cosa? 

«E poi l' Italia non è tutta uguale. Nelle città del Nord e di parte del Centro esiste una borghesia di livello europeo che si dà da fare. Discende da quella dei Comuni e in parte dall' influenza dell' Impero austroungarico con qualche spruzzo francese. Ma qui al Sud, dove sono da tre mesi, siamo fermi quasi al Medioevo o alle Signorie, con il potente locale che attraverso lo Stato distribuisce briciole alla plebe. Sono qui in Sicilia: è tutto bellissimo, il mare, le montagne, i templi, il barocco, la cucina, ma quasi nulla di tutto questo è stato fatto dai siciliani di oggi; è stato ereditato e, francamente, non mi pare gestito al meglio».

Restiamo un popolo ricco...

«Sempre meno. Siamo ricchi di case, ma a parte posti come Venezia, Portofino, il centro di Firenze, Milano, Roma, quanto valgono? Hanno perso in pochi anni il 30% del valore. Siamo ricchi di immobili, ma non di azioni, le nostre imprese sono sotto capitalizzate e per lo più non investono».

Negli Stati Uniti, dove vive otto mesi l' anno, come ci vedono?

«Con grande simpatia, per l' arte, il turismo, il cinema, perché le persone sono amichevoli e accoglienti e si mangia bene. Ma dalla Silicon Valley ci valutano solo una variante sofisticata e divertente della Grecia, un museo popolato da persone ferme al Medioevo, dove ogni tanto nasce qualcosa o qualcuno di nuovo e intelligente».

Non c' è proprio nulla da cui ripartire per venirne fuori?

«Quattro anni fa le avrei detto i 10 punti di Fermare il declino, ma ormai abbiamo sprecato troppo tempo. Se proprio devo dire una cosa, rispondo che si deve ripartire dalla scuola».

Se siamo messi così male non ne abbiamo il tempo, non crede?

«Il problema culturale è profondo. Le nuove generazioni sono del tutto impreparate a vivere in un mondo globale, non italo o euro-centrico, dove ci sono persone brave e preparate ovunque e l' orizzonte non si ferma alla pasta, alla pizza e al Rinascimento».

Non è un giudizio troppo severo?

«Precisione, conoscenza, concorrenza e rispetto di regole e accordi sono le armi con cui si combatte nel mondo oggi. E se perdi, non ci sono sussidi. Le sembrano principi compatibili con l' Italia? Ancora ci crediamo un faro di civiltà».

Professore, mi ha montato addosso una malinconia...

«Pensi agli scandali delle banche e al terremoto. Il modo in cui stiamo affrontando queste due calamità dice molto del Paese».

Partiamo dalle banche: non se la prenderà mica con i truffati?

«Insomma. I titoli di Stato a cinque anni rendono lo 0,19% e i risparmiatori credono a chi promette loro guadagni senza rischi. Nessuno si responsabilizza, nemmeno rispetto al proprio denaro, crediamo ai miracoli».

Mi scusi, ma io tendo a dare più colpe alle banche...

«La Popolare di Vicenza ha lasciato sul lastrico 130mila famiglie, in pratica una provincia. Ma Zonin era riverito come un doge a Vicenza, nei 25 anni in cui è stato presidente dell' istituto tutti facevano a gara per compiacerlo. Ancora oggi, chi lo tocca? Negli Usa il miliardario Bernie Madoff è stato condannato a 150 anni di carcere per aver truffato i suoi investitori. Conosco persone a cui ha fatto perdere soldi, ma tutti quando ne parlano per prima cosa dicono "sono stato uno stupido", non "lui è un criminale", malgrado perfino Wikipedia lo definisca così».

Con i terremotati perché ce l' ha?

«Non ce l' ho con i terremotati, ma con il modo in cui stiamo gestendo il sisma, una reazione solo emotiva condita da tanta retorica e propaganda».

Non è vero, il Paese si sta interrogando sulla mancata prevenzione, stiamo aprendo inchieste...

«È impopolare dirlo, ma vale la pena ricostruire paesini quasi abbandonati su terreni altamente sismici? Come l' esempio di Norcia prova, i morti si sarebbero potuti evitare se le amministrazioni locali avessero fatto il loro dovere! E anche se lo Stato avesse detassato le ristrutturazioni antisismiche o avesse attuato seri piani nazionali come hanno fatto Cile e Giappone, dove scosse del 6° scala Richter producono danni limitati e uccidono solo pochi sfortunati. Finiamola con le sinfonie patriottiche consolatorie».

Mi lasci con un messaggio positivo, la prego… 

«Il mio messaggio è positivo. Per cambiare occorre conoscere gli errori e riconoscerli! Qualsiasi società cresce se a quel 5-10% di cittadini in grado di far le cose meglio degli altri e vogliono farle è consentito lavorare. Il restante 90-95% va a rimorchio, meglio riconoscerlo. Quel 5-10% c' è anche in Italia: facciamolo lavorare in pace».

Basta questo?

«È già qualcosa. Ma il vero problema è che in Italia ci sono milioni di confusi e sottomessi, convinti di essere dei privilegiati perché ricevono 80 euro in più o una pensione anticipata o lo sgravio fiscale. Un' immensa illusione sociale in cui i servi non si rendono conto della propria condizione perché il padrone ogni tanto getta loro una bistecca. L' Italia fermerà il declino se i servi romperanno l' omertà con le signorie. Ma lo possono fare solo le prossime generazioni, e qui si torna all' importanza della scuola».