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lunedì 29 agosto 2016

Giordano, la chiamata alle armi L'islam dobbiamo combatterlo così

Giordano: c'è voglia di combattere l'integralismo islamico


di Mario Giordano



Caro Mario nonché Giordano, ho letto l' articolo e la risposta che ha dato ieri al lettore Prando e mi trova d' accordo ma la mia domanda è: lei risponde nel finale che ci sono due strade e la preferibile è la seconda che io ripeto condivido pienamente ma il dubbio è che la pensiamo così lei io e pochi altri non certo i così detti politici; sa essere pusillanimi e codardi nella vita di tutti i giorni ci permette di essere qui ad interloquire e non al fresco di un qualsiasi cimitero... Attendo con ansia e rispetto la sua risposta...

Franco Menici - Sansepolcro (Ar)

Moderi l' ansia, caro Franco, e cerchi di essere un po' più chiaro nelle sue esposizioni. Non è detto che tutti abbiano letto la lettera di Luciano Prando di un paio di giorni fa e, soprattutto, non tutti sono tenuti a ricordare quali erano le due strade che indicavo. In sostanza, rispondendo a una domanda sul burkini dicevo che l' Europa deve interrogarsi seriamente se vuole dialogare con quell' Islam che umilia e sottomette le donne o se invece vuole combatterlo. Mi pare infatti, e lo ribadisco, che nella sostanza il divieto di burkini abbia pochi effetti pratici, ma che sia un importante segnale culturale per chi vuole dire no agli islamici che ci hanno dichiarato guerra (e quelli che impongono alle donne il burkini sicuramente ci hanno dichiarato guerra perché non sono integrabili con la civiltà occidentale).

Ora lei dice che siamo in pochi a pensarla così. Forse è anche vero. Ma proprio per questo ho salutato con gioia quel provvedimento da parte di alcune amministrazioni comunali francesi: perché si tratta di un atto pubblico, di un' ordinanza immediatamente esecutiva, una presa di posizione netta da parte dei sindaci nei loro pieni poteri. E il fatto che i medesimi ora si oppongano alla sospensione dell' ordinanza da parte del Consiglio di Stato francese (filo-islamico pure quello?) è una piccola luce nella buia notte dell' Occidente: c' è qualcuno che ha voglia di lottare. E non soltanto fra noi poveri scribacchini o voi poveri lettori: c' è qualcuno che ha voglia di lottare quando si siede sulle poltrone che contano e dove quelle decisioni si possono prendere davvero. Dicono: ma il sindaco di Cannes dice no all' Islam solo per prendere voti. E io rispondo: perfetto. Meno male. È quello che ci vuole. Forse i politici si cominciano davvero a rendersi conto che non siamo solo due gatti a pensarla così. Ciò mi dà forza per continuare la battaglia delle idee con ancor più forza, e spero che lo stesso effetto faccia a lei e a tutti i lettori (con o senza ansia).

"L'hanno ucciso": Buonanno, incidente morte e complotto. Due mesi dopo, arriva la verità

Buonanno, l'incidente in auto e il complotto: due mesi dopo la morte, la verità



La morte dell'eurodeputato leghista Gianluca Buonanno è stato uno choc. Sull'incidente stradale avvenuto sulla Pedemontana lo scorso 5 giugno è stata aperta un'inchiesta, mentre molti suoi estimatori in questi mesi hanno addirittura avanzato l'ipotesi non solo di "omicidio colposo" (su cui si sta effettivamente indagando) ma quella di "omicidio" tout-court. Un complotto per eliminarlo, insomma. Ora, quasi tre mesi dopo, arriva la verità.

La ricostruzione - A mettere la parola fine su versioni fantasiose e illazioni ci ha pensato il pm Luca Pisciotta, firmando la richiesta di archiviazione del fascicolo.  Nessuna conseguenza per il guidatore della Mercedes che trasportava alcuni turisti inglesi a Malpensa, centrata in pieno dalla vettura di Buonanno. A uccidere il popolare politico della Lega Nord, sindaco di Borgosesia, è stata una distrazione mentre stava viaggiando a 100 km/h: probabilmente stava cercando il telefonino scivolato sotto il sedile per rispondere a una chiamata e ha perso il controllo dell'auto, che ha iniziato a sbandare verso destra fino a travolgere l'auto di turisti ferma sulla corsia d'emergenza da soli 47 secondi.

domenica 28 agosto 2016

"Il prete se la fa con la parrocchiana" Scandalo (in Italia): nomi e cognomi

Scandalo sessuale, il prete e la parrocchiana: nomi e cognomi 



Un sexgate alla milanese, con un prete e la sua parrocchiana. Come riporta Il Giorno, a Cisliano, paese in provincia di Milano, i fedeli si sono svegliati con una sorpresa piccante: su un muro erano stati disegnati il nome del parroco, don Mario Manzoni, 62 anni e docente di teologia all'Università Cattolica, e quello di una parrocchiana, uniti da un cuore. Il murale è stato replicato anche sull'asfalto di una via nei pressi del cimitero locale. Uno scandalo sessuale alla Uccelli di rovo, un'accusa infamante.

Don Mario non parla ("Se ne occuperà la Curia), il sindaco Luca Durè condanna il gesto ("Sono cose che fanno male a una comunità. Oltre a scrivere sui muri hanno pensato di calunniare delle persone") ma intanto Cisliano s'interroga. Nel 2012 don Mario era stato vittima di un ricatto sessuale da parte di una ragazza romena e tre suoi connazionali: avrebbe dovuto pagare 25mila euro altrimenti la banda avrebbe rese pubbliche immagini del prete con un'altra romena che cercava di sedurlo. Nell'ottobre 2015, ricorda ancora Il Giorno, un incendio doloso ha distrutto l'auto del parroco prima di un pellegrinaggio. Lo scorso luglio, invece, la Curia aveva ricevuto lettere di lamentela contro don Mario. Per ora i carabinieri escludono collegamenti tra questi fatti.

Attenti al cibo che state mangiando: così i terroristi islamici ci avvelenano

Attenti a quello che mangiate: così i terroristi islamici ci avvelenano il cibo


di Pierangelo Maurizio



Avvelenare i cibi in ristoranti e supermercati, i serbatoi d’acqua, ma anche provocare paurosi incidenti stradali. La follia criminale jihadista non conosce confini. È l’ultimo appello dell’Isis intercettato sul web dai nostri apparati di sicurezza, forze di polizia e servizi. L’invito a colpire con ogni mezzo è rivolto direttamente ai cosiddetti lupi solitari, «fratelli e sorelle che vivete nelle terre abitate dal popolo della miscredenza, che Allah vi permetta di conquistarle».

Dagli analisti è considerato un vero e proprio manifesto della nuova fase stragista in nome della guerra santa. Naturalmente, come nelle migliori tecniche del lavaggio del cervello, fa leva su una causa «nobile», ovvero la necessità di vendicare i musulmani «colpiti da guerre scandalose». Si ricorda poi che l’uccisione degli infedeli - cioè noi - «è lodata». Quindi si passa a suggerire una serie di attentati, con prodotti di uso comune, che «permette di uccidere migliaia di persone». Un autentico manuale di «consigli per le stragi», riservato ai fuori di testa (e come purtroppo la cronaca insegna ce ne sono parecchi).

Si va dalla proposta di usare il topicida sui cibi, magari iniettandolo nella «carne di maiale che mangiano e nel vino che bevono questi porci»: consiglio espressamente indirizzato a chi lavora nei mattatoi e nei locali famosi. Si continua con l’idea di sciogliere il veleno - topicidi vari - nei serbatoi d’acqua, rivelando in questo una visione degli approvvigionamenti idrici secondo probabilmente il modello mediorientale, ma, purtroppo, con qualche aggiustamento non è difficile attuare questo attacco alle bocche di approvvigionamento degli acquedotti delle nostre città. Ancora meglio, secondo il vademecum del terrore spicciolo, introdurre il topicida o un altro veleno nei sistemi di areazione. Così - si precisa - «potrete uccidere in pochi secondi centinaia di questi maiali», che saremmo sempre noi.

Un altro suggerimento è quello di provocare spaventosi incidenti stradali cospargendo la carreggiata di olio di motore sulle strade di montagna e prima di curve particolarmente pericolose, o cambiando la segnaletica stradale per indurre in errore.

La minaccia è presa terribilmente sul serio dall’antiterrorismo e dai nostri servizi. Per una serie di ragioni. Il messaggio è firmato dalla Nashir Foundation, uno degli strumenti della propaganda di morte dell’Isis. Secondo gli esperti è direttamente riconducibile al portavoce dello Stato islamico, quell’Abu Mohammad al-Adnani ritenuto più che pericoloso. Ogni volta che parla, entra in azione in Europa una cellula jihadista o qualche «lupo solitario», che poi non è mai così solitario. Ad esempio un suo intervento audio diffuso sui social il 21 maggio ha preceduto la strage con il tir a Nizza (86 morti) del 15 luglio. Al-Adnani è uno dei più fervidi teorici che ammazzare un «crociato» civile - bambino, uomo, donna, giovane o vecchio - o un militare non fa alcuna differenza. In precedenza ha ordinato: «abbiate fiducia in Allah e uccidete in ogni modo… se non avete un proiettile o una bomba, usate una pietra per rompergli (ndr, all’infedele) la testa, o un coltello, o investitelo con l’auto… o avvelenatelo». 

Tutti «suggerimenti» messi tragicamente in pratica. «Site», il sito di Rita Katz specializzato in terrorismo islamico, da giorni sta monitorando come tra i sostenitori dello Stato islamico ha suscitato entusiasmo e un acceso dibattito l’idea dell’olio di motore da cospargere sulle nostre strade per provocare ecatombi a costo zero. A ben vedere la propaganda armata del jihad ha qualche punto in comune con quella del nostro terrorismo politico del secolo scorso.

Basta sventolare una giusta causa - vendicare le «guerre scandalose» contro i musulmani o i torti subiti dal proletariato - e svuotare di ogni essenza umana i bersagli - poliziotti e magistrati «servi del capitalismo» o i noi «crociati» considerati «maiali» - ed il gioco è fatto. La differenza maggiore, i jihadisti affondano metodi e mezzi nel medioevo. Un medioevo che riguarda l’islam. Ma in mezzo ci siamo noi. 

SCIACALLI E LINCIAGGI La vergogna nel terremoto: chi fingevano di essere

Sciacalli del terremoto: fermati altri due, evitato il linciaggio. Chi fingevano di essere



Si spacciano per agenti di polizia e carabinieri, esponenti della Protezione civile o semplici volontari. Invece di angeli del terremoto, però, sono sciacalli. Ieri ne sono stati arrestati due nella martoriata Amatrice: si aggiravano con fare sospetto tra le rovine di uno stabile sgomberato, gli agenti del contingente della Polizia di Roma Capitale, in attività sul posto, si sono subito avvicinati fermandosi per un controllo. Sospettati di sciacallaggio, sono stati condotti presso la base operativa, anche per allontanarli dalla folla che iniziava ad inveire e voleva linciarli. I sospettati, due, italiani di 30 anni circa, hanno dichiarato di aver viaggiato per 700 km e di essere lì per aiutare: agli accertamenti, condotti con l'ausilio di una stazione mobile dei Carabinieri, sono risultati pregiudicati con numerosi precedenti specifici tra cui furto e rapina. Indagini sono tuttora in corso per stabilire se avessero nascosto eventuali beni. Nelle stesse ore un uomo si era spacciato per agente in perlustrazione, è stato allontanato da una donna che gli ha chiesto il tesserino. 

Occhio al nome, Renzi ha già scelto: ecco chi guiderà il post-terremoto

Terremoto, Renzi ha scelto il commissario per la ricostruzione: sarà Vasco Errani



Il commissario per la ricostruzione di Amatrice e delle zone distrutte dal terremoto Matteo Renzi l'ha già scelto: sarà Vasco Errani, già governatore dell'Emilia Romagna e uomo fortissimo del Pd nella regione più rossa d'Italia. Una nomina molto politica, perché Errani, oltre a essere stimato a Palazzo Chigi, è anche un uomo vicinissimo a Pierluigi Bersani e all'ala sinistra dei democratici. Un nome, dunque, che metterà d'accordo tutto il partito ed eviterà a Renzi insidie, critiche e veleni interni. Tra l'altro, Errani è gradito anche a tutti i presidenti delle Regioni interessate dalla devastazione, che si sono detti d'accordo.

Già subito dopo il sisma il premier aveva lanciato la linea della "concertazione" tra maggioranza e opposizioni in Parlamento, linea che ha trovato subito sponda in Silvio Berlusconi, che si è detto pronto a votare le misure varate dal governo. "Noi dobbiamo far sentire a questa gente che lo Stato c'è e, nel contempo, dobbiamo far capire che vogliamo rispettare la volontà dei sindaci dei paesi coinvolti", ha spiegato Renzi, di fatto ribaltando l'impostazione che il leader di Forza Italia usò dopo il terremoto dell'Aquila. Saranno i sindaci a scegliere come gestire il post-sisma e la ricostruzione, se cioè creare new town oppure (è questa l'ipotesi favorita) intervenire negli stessi luoghi colpiti.

Feltri, la verità amara sul terremoto: "Pensano ai morti, ignorano i vivi"

Feltri, la verità amara sul terremoto: "Perché pensano ai morti, ignorano i vivi"



Di solito succede questo: le grandi tragedie nazionali mobilitano i mezzi di comunicazione, che per qualche giorno non fanno altro che parlarne in tutte le salse fino alla saturazione. Le maratone televisive, che riprendono da ogni angolazione i danni provocati dal terremoto, durano meno di una settimana, sempre le stesse, i soliti cumuli di pietre, mani nude che scavano, cadaveri, gente disperata, lacrime.

D'altronde che altro potrebbero fare i giornalisti se non raccontare ciò che hanno sotto gli occhi? Ma la ripetitività a lungo andare spegne le emozioni che si tramutano in noia. Tra un po' i riflettori si trasferiranno dall’Umbria, dalle Marche e dal Lazio in altri luoghi e anche l'ultima sciagura sarà archiviata, salvo tornare a bomba quando si scoprirà che qualche malfattore, approfittando del dolore altrui, avrà trovato il modo di arricchirsi: appalti, stecche, prezzi gonfiati.

C'è una regola che non muta mai: le disgrazie sono occasioni d'oro per chi non ha scrupoli. L'esperienza ci ha istruiti. Cosicché alla fine di settembre saranno pochi, oltre ai terremotati, a ricordarsi del flagello che ha martoriato il Centro Italia. Compariranno qua e là notizie riguardanti la ricostruzione, che tarderà a cominciare, il recupero dei capitali necessari a finanziare le opere, le beghe tra le imprese che cercheranno di accaparrarsi gli appalti. Nulla di appassionante. E le nostre coscienze si quieteranno. Ecco quanto è sempre successo e succederà ancora. Le brutte abitudini sono le più resistenti.

Personalmente, in veste di cronista ho seguito parecchie calamità: il sisma che distrusse il Friuli nel 1976, quello che sbriciolò l'Irpinia nel 1980, quello di Perugia e dintorni nel 1997 e, assai recente, quello che ha violentato l'Emilia. L'indomani di ogni catastrofe si è assistito alle medesime immancabili scene e si sono uditi i medesimi discorsi improntati a buone intenzioni, a prescindere dal colore del governo in carica: faremo, brigheremo, ci impegneremo affinché le prossime scosse non ci colgano impreparati.

Parole, parole, soltanto parole. Esportiamo in vari Paesi le nostre tecnologie da applicarsi agli edifici al fine di renderli sicuri, ma non le applichiamo in Patria. Siamo bravi nella cura di ogni territorio tranne quello che calpestiamo. Perché? Si possono avanzare soltanto ipotesi: non siamo capaci di organizzarci, abbiamo una classe politica scucita e perennemente in polemica con se stessa. Risultato, anziché fare, discutiamo. Si pensi che non abbiamo ancora un piano per le zone attualmente disastrate. Le istituzioni, la Boldrini in testa, si dannano per ottenere esequie collettive per le vittime. Sono più preoccupate dei morti che dei vivi. Spendono molti quattrini per i profughi e lesinano aiuti per i nostri connazionali bisognosi. 

Insomma, questa è la situazione e non promette niente di buono. C'è il timore che i terremotati siano costretti a stare in tenda mesi, mentre gli extracomunitari si crogioleranno in belle camere d'albergo, ben pasciuti, nutriti e riveriti. L'accoglienza e la solidarietà sono solo per individui di importazione.