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sabato 6 agosto 2016

Mare o montagna: e se fosse anche una questione di tiroide?

Mare o montagna: e se fosse anche una questione di Tiroide?


di Eugenia Sermonti



Alla sua terza edizione, torna l’appuntamento voluto dalla Fondazione Cesare Serono per far conoscere e far parlare delle disfunzioni tiroidee, che in Italia arrivano a colpire complessivamente oltre 3 milioni di persone, con una significativa prevalenza di donne. Accorgersi di soffrire di una disfunzione tiroidea non è facile, perché i campanelli d’allarme sono sfumati: aumento ingiustificato di peso e sensibilità eccessiva al freddo nel caso, per esempio, di ipo-tiroidismo e diminuzione ingiustificata di peso e sensibilità al caldo in caso invece di iper-tiroidismo. Inoltre, si tratta di sintomi spesso di lieve entità e poco specifici: per questo si stima che oltre il 50 % delle persone colpite da disfunzioni tiroide e non lo sappia, non si rivolga al medico e non riceva una diagnosi corretta e tempestiva. Con il passare del tempo, se non curata con la terapia appropriata, la disfunzione può peggiorare, con impatti significativi sulla salute e sulla qualità della vita. Da qui, l’importanza della sensibilizzazione: l’edizione 2016 delle Campagna ‘Tiroide: RIFLETTIAMOCI!’, avviata in occasione della Settimana Mondiale della Tiroide a fine maggio, è riuscita a coinvolgere ad oggi già quasi 3 mila persone, che hanno raccolto l’invito a compilare un semplice questionario on line, volto a valutare la conoscenza del disturbo e di quelli che possono essere i suoi segnali d’allarme, così difficilmente riconoscibili. 

Aumentano ulteriormente, rispetto alle precedenti edizioni (83%), le donne: ben il 90% del campione coinvolto è al femminile e si consolida anche il trend dell’età, con oltre il 78% delle utenti che hanno risposto al questionario che si colloca nella fascia 30-50 anni, quella più a rischio. Analizzando le risposte fornite emerge, inoltre, una scarsa consapevolezza sul tema della profilassi della carenza di iodio. Dalla fotografia fornita dall’analisi dei questionari di tiroide riflettiamoci.it, si deduce infatti che ben il 42% non sa se vive o meno in aree a carenza del prezioso minerale. Considerato che fra le cause di una tiroide che funziona poco (ipotiroidismo), ci può essere anche un inadeguato apporto di iodio, questo fattore non è da sottovalutare. L’organismo avrebbe bisogno di assumere 150-200 mg al giorno di iodio, apporto al quale possono contribuire l’acqua che si beve e alcuni cibi che ne sono ricchi come frutti di mare, crostacei e pesce. Frutta e verdura, se coltivati nelle zone costiere, assorbono iodio dal terreno e possono quindi contribuire ad aumentarne l’introito. Se vivere o soggiornare in prossimità di aree marittime può pertanto favorire una maggiore esposizione a fonti di iodio, di solito non basta. Per questo, gli esperti e le autorità sanitarie raccomandano come appropriata ed efficace strategia preventiva per evitare carenze di questo elemento l’uso regolare di sale iodato, raccomandato soprattutto nei soggetti più a rischio di questa carenza e di conseguenti potenziali disfunzioni tiroidee come le donne, in particolare se in gravidanza o in allattamento. Viceversa, chi sa di soffrire di iper-tiroidismo o ne ha una forma silente, sarebbe opportuno che evitasse introiti eccessivi di iodio. In tutti questi casi, quindi, l’importante è sapere se si ha una disfunzione tiroidea  o se si è in una condizione di aumentato rischio.

Passaggio chiave è l’individuazione precoce del problema, rivolgendosi al medico per valutare tutti gli strumenti terapeutici da mettere in campo per tenere la disfunzione sotto controllo, incluse terapie farmacologiche ad hoc, ove opportuno. Ma il primo passo verso una migliore gestione del problema, è la conoscenza. “Alla luce di una consapevolezza ancora limitata esistente sulle disfunzioni tiroidee che questi primi risultati del test ci confermano, quest’anno abbiamo deciso di rinnovare il nostro impegno nel sensibilizzare quante più persone possibile: l’informazione viaggerà in rete, con strumenti accessibili anche dai luoghi di vacanza grazie ai dispositivi mobili, e sarà protagonista anche all’interno del presidio per eccellenza della salute dei cittadini sul territorio: la farmacia”, dichiara Gianfranco Conti, direttore della Fondazione Cesare Serono. Poster con superfici riflettenti e opuscoli informativi, accompagnati dal messaggio ‘Tiroide: riflettiamoci!’, sono disponibili nelle farmacie aderenti, grazie al patrocinio e al supporto di Federfarma. In farmacia, i cittadini potranno ricevere indicazioni per compilare il questionario online disponibile sul sito www.tiroideriflettiamoci.it, dove sarà possibile trovare anche altre preziose informazioni, incluso un breve video esplicativo dei sintomi di ipo- e iper-tiroidismo a confronto e altri due test, uno per persone che hanno già ricevuto la diagnosi di un’alterazione della funzione della tiroide e uno rivolto ai medici.

Estate in sicurezza per i bambini “Ecco i 10 consigli per i genitori”

Estate in sicurezza per i bambini  “Ecco i 10 consigli utili”


di Eugenia Sermonti



Un ‘suggerimento’ che viene dal ‘Telefono Azzurro’, una onlus nata nel 1987 con lo scopo di difendere i diritti dell'infanzia. L'associazione è stata fondata a Bologna dal professor Ernesto Caffo, docente di neuropsichiatria infantile all'Università di Modena e Reggio Emilia. Obiettivo di questo ‘Decalogo’ è quello di garantire una maggiore sicurezza per il bambino e una maggiore tranquillità per i genitori, nel momento in cui si prende questa decisione:

1) Oltre l’età, valutare la maturità, il senso di responsabilità e l’autonomia del bambino, per stabilire se e per quanto tempo lasciarlo solo è una scelta da considerare

2) Definire insieme, prima di lasciarsi, quali attività e/o compagnie faranno parte dell’agenda del bambino per le sue ore ‘in autonomia’

3) Assicurarsi di poter monitorare, anche in assenza, le attività del bambino, ad esempio attivando opportuni filtri per la navigazione sui supporti tecnologici a disposizione (computer, smartphone, tablet, etc.)

4) Mostrate ai vostri figli di essere sempre disponibili ad ascoltarli e fate capire loro che non è mai troppo tardi per riferire se qualcuno o qualcosa, durante la navigazione in rete in vostra assenza, li ha turbati, o li ha messi a disagio, senza il timore di essere giudicati o puniti

5) Definire le modalità per comunicare eventuali aggiornamenti e richiedere autorizzazioni nel caso in cui ‘i piani condivisi’ cambiassero. Preferire sempre modalità di aggiornamento dirette, come le chiamate telefoniche, in modo da parlare direttamente con il bambino

6) Assicurarsi che il bambino sappia chiaramente che qualunque novità o imprevisto dovrà essere condiviso prima di prendere qualunque iniziativa (ad esempio aprire a qualcuno che dice di aver un pacco per la mamma)

7) Assicurarsi che l’accesso ai locali nei quali si troverà il bambino siano sicuri ed accessibili solo a determinate persone e con determinate modalità

8) Identificare degli adulti di riferimento che il bambino (o eventualmente il genitore stesso) potrà contattare in caso di necessità o emergenza e fornirli al bambino, possibilmente in almeno due modalità (ad esempio registrare il numero del ‘pronto-aiuto’ sul telefono ma anche su una rubrica cartacea o su un post-it sul frigo)

9) Ricordare che i bambini sono capaci di sorprenderci e che tali sorprese saranno tanto più meravigliose ed entusiasmanti, quanto più saremo in grado di rappresentare per loro un punto di riferimento, una fonte di informazioni e un supporto, anche quando emerge il bisogno di lasciarli da soli

10) Per qualsiasi dubbio, richiesta di aiuto o supporto, bambini, adolescenti e adulti possono contattare la linea gratuita di Telefono Azzurro 1.96.96, attiva 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno e la linea 114 Emergenza Infanzia, per casi di pericolo immediato.

Non aprite questo annuncio su Facebook: "Così vi clonano la carta di credito"

Occhio, a questo annuncio su Fb: "Vi clonano la carta di credito"



Lo abbiamo ricevuto in tanti. Un messaggio, anche allettante, su Facebook. Un'offerta che sta invadendo il social. Ma si tratta di un'ennesima truffa via social. La Polizia postale, tramite la pagina Facebook 'Una vita da social', ha avvertito gli utenti della presenza di annunci falsi relativi a modelli scontati di Ray Ban: "l’offerta Ray Ban promossa su Facebook sembra un’operazione di beneficenza ma nasconde una truffa". Come riconoscerla?  L'annuncio online sponsorizza occhiali Ray Ban a 19,99 euro.

L'elemento distintivo però è un altro: nel messaggio online si legge che metà dell'importo verrà devoluto in beneficenza. "Cliccando sul banner pubblicitario si attiva un virus che 'invita' la lista dei contatti a fare lo stesso", avverte la Polizia, "inoltre, non appena si effettua la transazione per acquistare gli occhiali, il numero di carta di credito viene clonato". Per rimediare all'errore bisogna subito cambiare la password Facebook e poi controllare le transazioni della carta di credito che, se si rivelano sospette, devono subito essere denunciate alla polizia.

Occhio all'esodo da "bollino nero" Dove e a che ora non dovete partire

Esodo, occhio al weekend da bollino nero. Dove e a che ora non dovete partire



Il primo weekend di agosto si preannuncia impegnativo per i milioni di italiani che si metteranno in viaggio verso le località di villeggiatura. Autostrade per l'Italia annuncia infatti, nelle previsioni sul traffico dell'esodo estivo, una circolazione intensa sulle autostrade italiane nelle giornate di sabato 6 e domenica 7 agosto.

In particolare è previsto un sabato da bollino nero: nella fascia oraria compresa tra le 9 e le 15 il traffico raggiungerà livelli massimi nelle tratte autostradali tra Bologna-Firenze, Roma-Frosinone e Bologna-Ancona. Sarebbe preferibile quindi che chi ha in programma di trascorrere le vacanze sulla riviera romagnola o sul litorale laziale anticipasse la partenza di qualche ora per evitare di passare l'inizio delle ferie intrappolato in auto.

Saviano, ma quale icona di sinistra Imbarazzante: "A Buttafuoco disse..."

Ma quale icona di sinistra. Saviano, dettaglio imbarazzante: "A Buttafuoco disse che..."


di Giacomo Amadori



Mi sono accorto con ritardo (mica pretenderete che uno si legga Saviano il 3 agosto!) che l' autore di Gomorra mi ha dedicato più di qualche riga sulla Repubblica dell' altro ieri, in un articolo dal titolo suggestivo: "Camorra, la fabbrica dei dossier". In realtà me lo ha segnalato un amico della Direzione investigativa antimafia con un sms divertito: «Se ti hanno arrestato sono disposto a verbalizzare le tue confessioni». Dopo di che ci ho messo un giorno a decrittare le frasi di questo Milionario dell' Anticamorra e ho scoperto che mi dà del giornalista «borderline» e, se ho tradotto bene dal savianese, mi accusa pure di essere contiguo alla camorra.

Nella sua lenzuolata ha ricordato un mio scoop dei tempi in cui lavoravo per Panorama, riguardante un' inchiesta che coinvolgeva l' allora premier Silvio Berlusconi: una fuga di notizie per cui la procura di Napoli ha indagato per un paio d' anni anche su di me e sul direttore del settimanale mondadoriano Giorgio Mulè. I pm partenopei dispiegarono un vero e proprio dispositivo di «spionaggio» che consentì di ascoltare per settimane decine di migliaia di telefonate sulle utenze di diversi giornalisti di Panorama. Per questo fa sorridere che oggi Saviano mi appiccichi addosso, citando il pm Vincenzo Piscitelli, un' accusa di «spionaggio» che fa a pugni con il decreto di archiviazione del gip di Roma. Giudice che ha ereditato l' inchiesta da Napoli per la palese incompetenza territoriale degli inquirenti campani e che ha riconosciuto che io e Mulè non abbiamo fatto altro che il nostro lavoro.

Le accuse a Berlusconi - Nell' articolo il criptico Saviano è poi partito per la tangente e ha raccontato del rapporto «assai stretto» che avrei avuto con l' avvocato Michele Santonastaso, ex difensore di diversi boss della camorra. Dal 2010 è rinchiuso in cella per i presunti rapporti pericolosi con i suoi assistiti e anche per le minacce rivolte allo stesso Saviano. Ma all' epoca in cui lo incontrai, nel 2008, era solo un legale e molti giornalisti avevano una certa consuetudine con lui, visti i nomi dei clienti.
Un giorno per esempio lo incrociai in un bar mentre parlava con la collega Rosaria Capacchione, divenuta poi senatrice del Pd.

I motivi per cui ho contattato Santonastaso sono limpidi e certificati. In particolare lo avevo cercato per provare a realizzare un' intervista con il più celebre latitante dei Casalesi, Antonio Iovine, detto O' Ninno. Conservo ancora copia delle domande che gli consegnai. Informai anche il capo della squadra mobile di Caserta del tentativo che stavo facendo e lui tra il serio e il faceto mi propose di imbottirmi di microspie. Ovviamente rifiutai considerando la cosa troppo rischiosa. Alla fine non so se Santonastaso abbia mai consegnato quel mio lungo questionario, di certo le risposte non mi arrivarono. In quegli stessi giorni Santonastaso mi confidò che aveva recuperato delle intercettazioni esplosive e che le avrebbe rese pubbliche. Nei brogliacci il pentito Carmine Schiavone parlava di presunte pressioni subite da pm e investigatori per fargli accusare Silvio Berlusconi. «Da quando stava quel piecoro di omissis che andava cercando che io accusassi Berlusconi. Eh, io gli dissi: ma chi c… lo conosce!», diceva in una telefonata Schiavone. All' epoca il presidente di Forza Italia era premier e la notizia era di grande rilevanza mediatica.

Il praticante maldestro - Per potermi consegnare quei brogliacci Santonastaso decise di allegarli a un' istanza di rimessione, ovvero a una richiesta di trasferimento del cosiddetto processo Spartacus ad altre toghe. I tempi erano ristretti e l' avvocato chiese a un suo praticante, tale Davide, di redigere l' atto. La sera prima del deposito il giovanotto entrò nello studio di Santonastaso, dove ero seduto anche io, e iniziò a leggere il documento che aveva preparato. Il linguaggio era colorito e minaccioso e si rivolgeva direttamente a tre presunti nemici dei boss, che secondo Santonastaso imbrogliavano le carte della tenzone giudiziaria: il pm Raffaele Cantone, Roberto Saviano e la già citata Capacchione. Mi sembrò tutto improvvisato e pasticciato. I termini erano decisamente sopra le righe e il giorno dopo successe il patatrac che tutti sanno.

L' avvocato dei boss lesse quello squinternato atto d' accusa in aula e subito i giornali rilanciarono la notizia delle minacce dei Casalesi a tre paladini dell' Anticamorra. Il risultato fu che a Saviano fu confermata la scorta che aveva dall' anno prima. Anche per colpa della fretta e di un praticante alle prime armi.

Nel novembre 2014 per quelle minacce venne condannato il solo Santonastaso che evidentemente per i giudici non aveva mandanti. Ma io già lo sapevo e ne informai lettori di Panorama, quando decisi di intervistare l' avvocato sul putiferio che era scoppiato e di cui ero in piccola parte responsabile avendo tanto insistito per avere quelle intercettazioni. Nell' intervista (disponibile su Internet per chi voglia verificare come il taglio delle domande fosse di riprovazione rispetto all' iniziativa dell' avvocato) tentai in tutti i modi di far recitare un mea culpa a Santonastaso, che ammise: «Probabilmente il tono era sbagliato. Solo che a scrivere ero io e non i miei clienti. I casalesi non hanno minacciato nessuno, non avrebbero potuto farlo tramite me». I giudici lo hanno confermato.

Il plagiatore - Peccato che quella innocua intervista nella testolina di Saviano, forse troppo impegnato a guardare puntate di Gomorra, sia diventata un messaggio inquietante o per lo meno questo mi sembra di aver inteso negli involuti periodi che Saviano ha propinato ai suoi coraggiosi lettori agostani.

«O' premio Pulitzèr», come lo ha soprannominato qualcuno, pensa di svelare complotti che non ci sono e di trovare chissà che talpe. E se non fosse chiaro il suo intento, su Facebook esplicita sobriamente il concetto: «"Sbirri" venduti, giornalisti e faccendieri, ecco la rete di spioni che trama in segreto per politici e clan, compromettendo la democrazia». Bum! Io, il bravissimo collega napoletano Simone Di Meo e pochi altri giornalisti non identificati saremmo un rischio per la democrazia. Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Su Di Meo urge aprire una parentesi: è il giornalista che ha avuto la colpa di vincere con la sua casa editrice sino in Cassazione la causa intentata contro Saviano per plagio, perché «o' Pulitzèr» è anche un signor copiatore. Tanto che dall' undicesima ristampa di Gomorra, a pagina 141, è scritto nero su bianco che diversi passi del libro sono appunto di Di Meo, coautore a sua insaputa. Purtroppo due giorni fa Saviano non ha informato i suoi lettori, mentre attaccava Simone, di questo piccolo conflitto d' interesse.

Comunque se il Saviano imbronciato (quanto gli piace ostentare la sua aria pensosa) scrive su di me falsità, io adesso vi voglio raccontare due o tre cose vere che so di lui e per esperienza diretta.

Macho man e il braccino - Era il 2006 e in Mondadori, dove lavoravo, si favoleggiava di un libro su cui l' azienda puntava molto. Anzi moltissimo. Era di un giovanotto campano sponsorizzato da un grande critico letterario, campano pure lui, di nome Goffredo Fofi. Rita Pinci, all' epoca vicedirettore di Panorama, mi chiamò alla sua scrivania per affidarmi un delicato compito. Avrei dovuto leggere il tomo (bisogna dirlo: la più grande operazione di marketing editoriale degli ultimi vent' anni) e presentarlo in anteprima mondiale sul nostro giornale. Mi consegnarono una bozza cartacea, in gran parte riscritta e tagliata (l' originale, Saviano lo portava in giro con la carriola) dai fenomenali editor della casa editrice di Segrate. Iniziai il primo capitolo e dopo poche righe mi ero quasi appisolato. Con un occhio semiaperto domandai in Mondadori il numero di cellulare di questo Roberto, all' epoca uno sconosciuto ventisettenne, e dandogli del tu gli chiesi di scegliere in mia vece i capitoli più interessanti. Di mio pugno volli aggiungere un breve biografia. Gli domandai due o tre informazioni personali e lui, garbatamente, mi rispose. Tra l' altro mi disse che amava la pallanuoto (non era ancora un fanatico della boxe) e che era fidanzato. Lo scrissi. Apriti cielo. Quando gli rilessi la breve bio, lui, evidentemente già compreso nel personaggio, mi chiese di cancellare quei due particolari «da rivista di gossip». Gli dissi che non ci trovavo niente di disdicevole e lo lasciai che bofonchiava. Quando tornai al giornale il vicedirettore mi disse che Saviano aveva contattato i vertici dell' azienda per far togliere quelle due righette e che dai piani alti avevano telefonato al compianto direttore Pietro Calabrese. Ma le righette rimasero al loro posto. Con grande scorno del Nostro.

Nel 2009 mi trasferii nella redazione di Roma e mi piazzai nella postazione di fronte a un vero scrittore, Pietrangelo Buttafuoco, che tutto divertito mi raccontava dell' imbarazzo di Saviano per l' essere diventato un' icona della sinistra, lui che era «un vero camerata». Ridendo mi leggeva alcuni passaggi dei loro scambi epistolari. Secondo lui Saviano aveva ambizioni superomistiche e sognava di andare a fare il paracadutista in Afghanistan al seguito dei carabinieri. Non so se fosse vero, ma un' amica dell' autore di Gomorra, che aveva la ventura di incontrarlo in privato e che lo conosceva da quando era studente, me lo descrisse più che come un pensoso intellettuale di sinistra, come un ardito con la passione per i pugni e gli approcci ruvidi verso le donne.

L'ultimo aneddoto riguarda la premiata coppia Fabio Fazio-Saviano. I due insieme con la scorta di sette persone al seguito del Sommo Scrittore sostarono per pranzo in un lussuoso ristorante della Riviera di Ponente, di proprietà di un mio amico. La coppia scelse il tavolo migliore, mentre i bodyguard vennero fatti accomodare un po' distanti. Fazio si avvicinò allo chef: «Una portata a testa per quei signori la offro io» disse soddisfatto della sua magnanimità. Saviano nemmeno si alzò. E il mio amico li fulminò: «Le altre portate per la scorta le offrirò io».

Ora vista la parsimonia di cotanto Autore, temo che non apprezzerà la mia richiesta di risarcimento danni. Ma purtroppo, io che non ho mai citato in giudizio nessuno, mi trovo costretto a farlo per l' enormità delle accuse. In attesa di incontrarlo in Tribunale, lo rassicuro: anche se ho visto più volte il Padrino, dall' 1 al 3, non sono un picciotto e i suoi libri non mi disturbano per il contenuto, ma solo perché sono mal scritti.

Disastro Monti, lo spreco miliardario La lettera dei giudici: così ci ha inguaiati

Disastro Monti, lo spreco miliardario. La lettera dei giudici: così ci ha inguaiati


di Attilio Barbieri



La procura della Corte dei Conti intima a Morgan Stanley di restituire 2,9 miliardi all' Italia. Quelli utilizzati da Mario Monti, all' epoca dei fatti capo del governo, per chiudere un derivato acceso dalla banca d' affari Usa a copertura del debito pubblico italiano. Un derivato molto speciale perché contemplava una clausola capestro: nel caso in cui fosse peggiorato il merito di credito attribuito all' Italia l' emittente, cioè Morgan Stanley, avrebbe potuto chiederne la copertura. E così avvenne.

La vicenda si dipana nel periodo a cavallo fra la fine del 2011 e l' inizio dell' anno successivo. A Palazzo Chigi siede il senatore a vita Mario Monti che ha preso il posto di Silvio Berlusconi il 16 novembre 2011. Lo spread fra i nostri titoli di Stato a 10 anni e i pari scadenza tedeschi, i Bund, è alle stelle, sopra i 500 punti base. La speculazione colpisce duramente il debito pubblico italiano. Nel mezzo della bufera, nella notte tra il 19 e il 20 settembre, l' agenzia di rating Standard & Poor' s declassò il debito pubblico italiano al livello BBB.

Tanto bastò a far scattare una clausola del contratto di finanziamento prevista dal derivato, sottoscritto dal Tesoro italiano nel 1994 con la merchant statunitense. Monti è comparso lo scorso anno al Tribunale di Trani come testimone dove è in corso un processo a carico proprio dei funzionari di Standard & Poor' s e Fitch chiamati a rispondere proprio per i declassamenti inflitti al nostro Paese in quel periodo, ritenuti ingiusti da molti esperti.

Ad annunciare la richiesta della Corte dei Conti, che propone a Morgan Stanley una transazione amichevole con la restituzione di 2,9 miliardi di euro, non sono i magistrati contabili. Ne dà conto la merchant americana nella relazione trimestrale dove si legge, riferisce l' agenzia Reuters, che la quantificazione del danno erariale è stata ricevuta l' 11 luglio scorso. La Corte dei Conti è dell' idea che almeno alcune delle operazioni in derivati fossero «improprie», così come la loro chiusura.

Secondo il Tesoro, la posizione con Morgan Stanley era unica e non esistono altri accordi che contemplino simili clausole di estinzione complessiva.

Secondo i calcoli dell' Eurostat, tra 2012 e 2015 i derivati hanno avuto un impatto negativo sul bilancio pubblico per 21 miliardi. Complessivamente il valore nominale dei contratti derivati stipulati dal Tesoro per coprirsi dagli sbalzi sui tassi del nostro debito pubblico, ammontano a 163 miliardi di euro.

Morgan Stanley respinge la ricostruzione della Corte dei Conti che giudica «improprie» alcune delle operazioni in derivati, così come la loro chiusura. «Riteniamo questa proposta di transazione priva di basi e ci difenderemo con vigore», fa sapere un portavoce della merchant newyorkese citato dalla Reuters che insiste sulla validità della clausola unilaterale definita tecnicamente Additional termination events: se il Tesoro fosse stato esposto oltre un certo livello al rischio determinato dal rating, la banca americana avrebbe potuto pretendere la chiusura anticipata del portafoglio. In realtà il contratto contestato prevedeva che l' Italia avrebbe potuto scongiurare il rimborso anticipato offrendo una garanzia collaterale sotto forma di titoli di Stato o contante. Una possibilità scartata dal Tesoro perché avrebbe fatto crescere il deficit.

Che al contrario si voleva schiacciare per farsi trovare pronti all' appuntamento con l' euro. Nel 1993, l' anno precedente all' apertura dei derivati, era entrato in vigore il trattato di Maastricht che imponeva ai Paesi contraenti vincoli di bilancio stringenti, a cominciare dal rapporto deficit-Pil non superiore al 3% e debito entro il 60%.

A parere della Corte dei Conti i derivati sarebbero stati «non idonei» a stabilizzare il debito e il Tesoro non avrebbe dovuto stipularli. Dunque sarebbe nulla anche la clausola capestro fatta valere dagli americani. Soprattutto se si considerano gli incroci societari che legano Morgan Stanley a Standard & Poor' s e che possono configurare, vista la successione di eventi che portarono alla restituzione anticipata dei 2,9 miliardi, un conflitto d' interessi.

La tranche di derivati al centro della disputa risale al periodo in cui ministro del Tesoro era dapprima Piero Barucci con Carlo Azelio Ciampi a Palazzo Chigi e poi Lamberto Dini, con Berlusconi premier. Alla direzione generale del ministero del Tesoro si trovava niente meno che Mario Draghi.

Vittorio Feltri, mannaia sui buonisti: "L'accoglienza ci fa fare questa fine"

Vittorio Feltri, mannaia sui buonisti: "L'accoglienza ci farà fare questa fine"


di Vittorio Feltri



Si accorgono adesso i signori progressisti e molti signori cattolici, e lo fanno con notevole ritardo, che la teoria dell' accoglienza è sbagliata, anzi dannosa. Il buonismo imperante ha indotto vari nostri governi a spalancare le porte agli stranieri e il risultato è che in Italia sono arrivati tutti: gente disperata, affamata e forse meritevole di essere soccorsa, ma anche fior di delinquenti con l' attitudine a garantirsi la sopravvivenza pascolando sui terreni della criminalità, magari aggregandosi agli eserciti occulti del terrorismo.

L' immigrazione indiscriminata in sostanza sarebbe (è) causa di guai ancor maggiori rispetto al disordine pubblico che essa provoca nelle nostre città invase da sbandati cui non sempre siamo in grado di assicurare vitto e alloggi decenti.

L' esperienza ci ha insegnato che quando in un Paese sbarcano pressoché quotidianamente migliaia di sconosciuti , provenienti da zone disastrate del mondo, il rischio di ospitare una cospicua percentuale di malviventi è assai alto. In effetti, è un dato di fatto che dalle nostre parti abbondino ormai personaggi che spesso si rivelano in qualche modo legati all' Isis e a similari organizzazioni violente. Questo dovrebbe almeno farci riflettere, e alcuni - in numero crescente - hanno riflettuto e cominciano a ricredersi sulla accoglienza che fino a ieri avevano considerato indispensabile. Di sicuro, allorché giunge sulla penisola una folla di disgraziati (tra cui bambini e povere donne), è facile commuoversi e intenerirsi. Lo spirito umanitario è nel dna degli italiani. Quando però verifichiamo che tra coloro che salviamo (malamente o no) abbondano islamisti o farabutti generici che ambiscono ad annientarci, non possiamo essere contenti e dobbiamo cambiare idea: il buonismo - ci rendiamo conto - fa rima con l' autolesionismo. Primum vivere. Ecco perché occorre accantonare la teoria dell' accoglienza e adottare una politica che preveda il respingimento delle navi stracolme di profughi, per usare un termine gentile.

Certamente, accettare chiunque ci chieda di essere assimilato alla nostra comunità è facile e ci fa sentire generosi, ottimi cristiani ubbidienti a papa Bergoglio, ma quando valutiamo le conseguenze di ciò bisogna ammettere che è una follia non stringere le corde. E, sia pure con la morte nel cuore, siamo obbligati a difendere la patria da una invasione che minaccia non soltanto la nostra identità, ma la quiete o addirittura l' esistenza del popolo. Se insistiamo con la politica del «tutti dentro» perché dove si mangia in cento si mangia anche in duecento, faremo una brutta fine. Nel senso che, non distinguendo i buoni dai cattivi, saremo dominati dai peggiori che mirano a farci fuori. In altri termini, se daremo ancora spazio a cani e porci, prima o poi o diventeremo noi stessi cani o porci, oppure ne saremo sbranati, massacrati, sgozzati.

Chi non si protegge dai prepotenti (specialmente se armati e privi di scrupoli) è fatale che ne sia vittima. La buffonata dell' accoglienza tout court va stroncata, cari buonisti. Toglietevi dai piedi a lasciateci lavorare anche per il bene vostro, fessi che non siete altro.